A Pasqua, ma non solo
Siviglia è stato un viaggio molto bello: il flamenco, le tapas, le casetas. In pratica per una settimana la piazza si riempie di stand (casetas, appunto), ognuno dei quali è promosso da una famiglia, da un’azienda o da un’istituzione. Si balla, si beve e si mangia. Le più allegre sono quelle dei Gitani, che qui rappresentano una minoranza etnica e culturale importante. Le strade (15 giorni dopo la Settimana Santa, ancora ricoperte dalla cera delle candele delle processioni), sono piene di gente e di sfilate (ad esempio, quella delle carrozze d’epoca) e i locali tipici (le famose tapas che poi sono state copiate in tutto il mondo), sono stracolmi. Purtroppo sono pieni anche gli alberghi. Ma questo è certamente un periodo buono per visitare in generale l’Andalusia, che gode di un clima primaverile invidiabile.
Siviglia è anche la città della Carmen di Bizet (c’è un monumento davanti alla Plaza de Toro), è la città dell’Esposizione Internazionale Iberoamericana del 1929 e successivamente dell’Expo del 1992, che hanno lasciato palazzi e ville architettonicamente interessantissimi. Se visitate i monumenti, non potete ignorare la storia che li ha generati. La Giralda e la Cattedrale (dove c’è il Mausoleo di Colombo con i giapponesi che gli toccano il piede perché pare porti fortuna) sono un esempio chiaro: prima era una moschea, poi è diventata la terza chiesa più grande del mondo. Il fatto è che dal 700 d.C. qui sono arrivati gli arabi, che hanno riempito l’Andalusia di monumenti e università. Poi, dalla metà del 1200, sono arrivati i cristiani che, ovviamente, hanno perseguitato i musulmani e trasformato le moschee in chiese. Ma per secoli qui si sono mischiate le tre culture (cristiana, araba, ebrea), finché non sono arrivati i cristianissimi re di Spagna: dalla fine del 1400 fine della festa e Siviglia è diventata la capitale dell’Inquisizione. Ma dopo la scoperta dell’America la città si è sviluppata moltissimo: è diventata, in esclusiva, il centro commerciale che smistava le merci in arrivo dall’America, finché la peste e l’impantanamento del fiume Guadalquivir (alla fine del 1600) non l’hanno condannata a un periodo di decadenza. Siviglia è anche la città dei 3 mila morti trucidati dai fascisti di Franco tra il 1936 e il 1937.
Noi siamo andati anche nei quartieri periferici, dove abitano i gitani, che ci hanno accolto in casa. E, naturalmente, abbiamo ficcato il naso nelle tante scuole di flamenco. Se andate a Siviglia, passate il ponte sul Guadalquivir e cercate del locale dell’Anselma: se c’è ancora, passate una serata in uno dei posti più tipici e tradizionali della città. Buon viaggio…