Lanzarote, un’isola eco-compatibile

È già difficile ricordarsi tutti in fila i nomi dei sette nani, figurarsi quelli delle sette isole maggiori che compongono l’Arcipelago delle Canarie, al largo delle coste africane, in Atlantico…
Patrizio Roversi, 30 Dic 2011
lanzarote, un’isola eco-compatibile
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Tenerife, Fuerteventura, Gran Canaria, La Palma, La Gomena, Lanzarote, El Hierro. Ci siamo stati, in occasione del nostro giro del mondo in barca, e non poteva essere altrimenti: le Canarie stanno alla rotta atlantica come l’area di servizio Cantagallo sta all’autostrada del Sole, cioè sono una tappa obbligata lungo la strada di venti e correnti che porta dall’Europa alle Americhe. Anche Adriatica, la nostra barca da velistipercaso, ha fatto tappa a Gran Canaria. Mentre Patrizio (con Cino Ricci) espletava tutti i riti tipici della traversata (la preparazione della barca, la cambusa, il graffito che ogni equipaggio lascia a suo ricordo sul muro del Porto di Las Palmas, vedi filmati su velistipercaso.it), io alle Canarie mi occupavo di ben altro…

CHE STORIA!

È incredibile come gli Storici (quelli accademici, con la S maiuscola), in linea di massima, approfondiscano con accanimento scientifico alcuni aspetti e non ne vedano altri, importantissimi: ad esempio, a volte trascurano la posizione geo-strategica dei luoghi. Le Canarie, appunto, sono una tappa fondamentale lungo la rotta degli alisei, i venti che soffiano soprattutto da novembre ad aprile da est verso ovest, e questo è stato storicamente un dato fondamentale. Persino una cassetta di frutta, persino una Volkswagen-Maggiolino riempita di poliuretano espanso (storico!), spinte da venti e correnti, arrivano dall’altra parte dell’Oceano. Persino un equipaggio di velistipercaso ce l’ha fatta! Quindi è molto probabile (per me è quasi certo) che i Fenici, che hanno frequentato le Canarie, da qui siano arrivati in America, ben prima di Colombo. Ci sarebbe, poi, il mistero dei Guanci, una popolazione antichissima, di uomini alti e biondi, che vissero qui fin dal 3.000 a.C.: da dove venivano? Ci sono le piramidi di Guimar, scoperte da Thor Heyerdahl, per non parlare di mura poligonali ciclopiche ritrovate qui alle Canarie sott’acqua, scoperte da un nostro connazionale, che testimonierebbero in modo inconfutabile la presenza da queste parti di una misteriosa civiltà sommersa. Le Canarie riservano buffe sorprese: recentemente è affiorata una nuova isola dal fondale marino, come successe per la leggendaria isola di San Borondon che appariva e scompariva, merito dei vulcani sottomarini che fanno uscire lava dal fondo del mare. Ma – per stavolta – non vorrei parlare di misteri, bensì di ambiente e turismo, un binomio indissolubile, un argomento che le Canarie mi hanno sollevato in modo chiaro. Quindi mi fermo ai dati storici universalmente accettati. Come, ad esempio, il fatto che furono gli italiani (in particolare i genovesi) a ri-scoprire le isole, o meglio, a riattivare questa rotta: Ugolino e Vadino Vivaldi scesero lungo le coste africane, ma non se ne seppe più nulla. Seguendo le loro tracce, Lanzarotto da Varazze, nel 1336, sbarca appunto sull’isola che poi si chiamerà Lanzarote.

LANZAROTE LA VULCANICA

E stavolta vorrei appunto parlarvi, in particolare, del mio viaggio a Lanzarote, un’isola che è anche un esempio significativo di buona politica del turismo e del territorio (pur con tutte le sue contraddizioni). Va detto, prima di tutto, che è bellissima, nera, assolutamente vulcanica. Un pezzo di Sahara che galleggia nell’oceano e che, per fortuna, è temperato dagli alisei. Il paesaggio e il panorama sono particolari e me ravigliosi. Il territorio è naturalmente aspro e apparentemente ben poco fertile. Eppure l’uomo, anche qui, compie miracoli, quando davvero si adatta alla natura: mi hanno colpito soprattutto le particolarissime vigne. Immaginatevi un deserto, interrotto da “virgole” a forma di semicerchio, fatte con muretti a secco di pietra vulcanica. Servono, appunto, a riparare piccoli appezzamenti di terra o, meglio dire, lava e terra, dove si piantano le vigne. La pietra vulcanica porosa lascia passare l’aria, ma ferma il vento. Le vigne vengono ricoperte da sabbia vulcanica, che trattiene la rugiada della notte che, come si sa, è anche un potente mineralizzante. Il risultato è un vino pregiatissimo (mi pare un tipo di Malvasia). Per la sua bellezza e il grado di conservazione Lanzarote era stata dichiarata area protetta della Biosfera dall’Unesco. Ho scritto “era stata” per due motivi: il primo è che non si sa che fine farà l’Unesco dopo che gli Usa hanno deciso di non dargli più neanche un dollaro per essersi macchiato del delitto di riconoscere lo Stato della Palestina; il secondo motivo è che bisogna vedere se Lanzarote saprà conservarsi. Ma come mai Lanzarote – finora – è stata preservata dallo sviluppo eco-IN-compatibile?

È TUTTO MERITO DI CESAR MANRIQUE

Perché qui, nella capitale di Lanzarote, ad Arrecife, nel 1920, nasce per caso Cesar Manrique (poi purtroppo ci muore anche, in un incidente, nel 1992). Manrique è stato un artista a 360 gradi: pittore, scultore, architetto ma, soprattutto, paesaggista ed ecologista. Ha lavorato in tutto il mondo, in particolare in Spagna e America, ma poi è tornato nella sua isola. E con tutta la sua competenza e la sua autorità ha fatto di tutto per preservarla da uno sviluppo turistico dissennato, per non commettere qui a Lanzarote gli stessi errori commessi altrove. E c’è riuscito: Lanzarote è la sua opera d’arte. Mentre Silvia (la mia guida) mi accompagna alla sua casa-museo (a Taro de Tahiche, vicino ad Arrecife), mi racconta che Manrique stese un vero e proprio manifesto per la sostenibilità di Lanzarote, un po’ come l’appello all’Unesco che fece Pasolini per San’a in Yemen. Per fare un esempio: Manrique – da pittore ma anche architetto e urbanista – prima di tutto ha tracciato i confini cromatici entro i quali si doveva costruire o ristrutturare le case. I colori adatti a Lanzarote, secondo lui, sono il bianco (per creare contrasto col terreno vulcanico), ma nel contempo il marrone (per assecondare il colore della terra desertica), e poi il verde (per valorizzare la vegetazione) e il blu (in armonia col mare). Soprattutto ha progettato un’architettura non squadrata e spigolosa (come gli edifici a forma di scatole tanto care agli architetti), bensì sinuosa (io direi femminile), che segua la natura e i movimenti mammellosi della terra dell’isola. Grazie a Manrique e alla sua capacità di coinvolgere i suoi concittadini, Lanzarote è diventata, appunto, un esempio straordinario di armonia fra sviluppo economico (agricoltura e turismo) e ambiente (territorio e paesaggio).

COTTURA AL VULCANO

Lanzarote ha tutto per svilupparsi in modo naturale. L’ho capito anche solo andando al ristorante (ovviamente, uno fatto da Manrique). Detto per inciso: tra i primi esploratori dell’isola ci fu anche, a metà del ‘300, un certo Nicoloso da Recco, che però pare non abbia importato la famosa focaccia di Recco: qui il cibo è diverso. Per esempio ho mangiato le papas arrugadas (patate dolci con aglio e yogurt) lessate però… al vapore del vulcano. Nel ristorante, in pratica, la cucina era alimentata dai vapori vulcanici. Anche il riscaldamento (che qui effettivamente serve a poco) è prodotto naturalmente. Insomma, si può dire che Lanzarote sia davvero il Paradiso? Alfredo Diaz è una autore vignettista ecologista. E mentre mi accompagna verso il Parco naturale nazionale di Timanfaya, mi racconta tutta la sua preoccupazione. Dice che secondo lui la famosa isola-protetta è ormai un ricordo, uno slogan. Lanzarote è in pericolo.

LA SPIAGGIA DEI GUANCI

Alfredo ha insistito per portarmi su una spiaggia, e non perché fosse bella, perché è un luogo significativo. Era una spiaggia popolata da piccole casette di pescatori. Poi l’hanno riempita di terra, facendo in pratica arretrare il mare di diversi metri, e soprattutto coprendo completamente un sito archeologico degli antichi Guanci. E, quando ci sono stata, le ruspe avevano abbattuto le casette e nel grande spiazzo stavano costruendo un grande centro commerciale. Perché? Per il turismo. Alfredo e gli altri suoi amici erano affranti e davano la colpa all’amministrazione, che tradiva le regole lungimiranti di Manrique. Mi è tornata in mente l’Isola Elefantina, lungo il Nilo, in Egitto, dove hanno costruito due alberghi: uno bello e storico, che rispetta l’ambiente, l’altro moderno e brutto. E in quel caso il dilemma era: andiamo in quello bello, con il problema che dalla finestra si vede quello brutto che deturpa il magnifico panorama? Oppure andiamo in quello brutto, che se apri la finestra non lo vedi e quindi godi della bellezza del luogo? E la domanda delle domande è “perché mai il turista deve proprio stare in un albergo, costruito proprio sul posto bello che vuole vedere, se per fare ciò lo rovina ?”. Per me, però, a Lanzarote, è parso fin troppo facile dare la colpa solo a scelte economiche sbagliate: con l’aiuto della traduzione dei miei accompagnatori, ho provato a chiedere il parere dei turisti. Abbiamo spiegato cosa c’era prima, sulla spiaggia. E cosa stavano costruendo. Abbiamo anche accennato alla mutazione del mercatino di prima. E abbiamo chiesto appunto ai turisti: cosa ne pensate, vi piace cosi? Qualcuno ha detto di no, si è dimostrato addolorato e indignato. Ma qualcun altro ha detto che sì, una bella spiaggia con un bel supermercato gli andava bene, gli faceva comodo. E allora la conclusione non può che essere la stessa, a Lanzarote, sul Nilo, come alle Cinque Terre dove il territorio maltrattato si è vendicato, così come in Turchia dove un prorompente sviluppo sta facendo cose belle ma anche brutte, o in Polinesia e in qualunque altro posto: siamo noi turisti a determinare tutto questo. Se la smettiamo di chiedere gli albergoni o i centri commerciali, se disertiamo i luoghi in cui si fanno queste scelte, diamo un segnale forte e inequivocabile. E il famoso mercato, quella che viene definita “l’offerta”, dovrà rispondere alle nostre domande. Per questo la nostra domanda deve essere forte e chiara. E dobbiamo assumerci le nostre responsabilità! A proposito: io sono stata a Lanzarote qualche anno fa. E adesso, com’è? Se ci siete stati recentemente, ci fate sapere? Hanno, poi, davvero fatto il centro commerciale sulla spiaggia dei Guanci e dei pescatori? E, se vi apprestate ad andarci, per favore andate a controllare! Facciamo girare la voce, perché mi dite che senso ha fare i turisti in un mondo distrutto?!

Buon viaggio!