100 ore di diretta televisiva
Facciamo un po’ di “Amarcord”? Eravamo nel 1987, alla Festa nazionale dell’Unità a Bologna. Avevamo fatto su Italia 1 “Lupo solitario” che era andato abbastanza bene. Eravamo rimasti eccitati e avevamo energia da sfogare. Allora ci è venuta in mente un’idea. Insieme Syusy, a Davide Parenti, Claudio Canepari, Marco Schiavina, Janna Carioli partorimmo il progetto di un’impresa assolutamente inutile e assolutamente necessaria, quella di battere il record di durata di diretta televisiva. Abbiamo preso il Guinness dei primati. Il precedente record era una roba da ridere: 25 ore. Allora abbiamo deciso di fare una cosa più eroica, cioè 100 ore e abbiamo chiesto alla Festa dell’Unità di darci una mano. Loro ci hanno messo a disposizione un palco sotto a un tendone, e lo abbiamo arredato come se fosse una casa: c’era cucina, bagno, soggiorno, camera da letto, angolo palestra, angolo cottura e ingresso. Insomma, lo spaccato di una casa, ovviamente con la quarta parete aperta. Ci siamo messi d’accordo con una emittente emiliano-romagnola (Retesette) che consentì di rivoluzionare il proprio palinsesto e praticamente di darci 100 ore di fila di trasmissione.
E fu un successo Già! Andò molto bene. Abbiamo cominciato a fare questo spettacolo in diretta, venne la gente dal vivo, come se fosse stata a teatro e gli altri cominciarono a guardarla in televisione. Non era chiaro cosa stavamo facendo anche per noi stessi che avevamo avuto per primi l’idea. Il resto è venuto un po’ da sé. A un certo punto, finito lo spettacolo, abbiamo cominciato a fare chiacchiere, a invitare persone. Alle due di notte io sono andato a letto, ovviamente sempre ripreso dalla televisione e quando sul teleschermo è apparso uno che russava (perché io ho dormito tranquillamente e mi sono immediatamente calato in questa dimensione di naturalezza), a quel punto qualcuno ha cominciato a guardarci anche di notte per partecipare a questa strana situazione cioè uno che ti accompagna sempre e si fa riprendere sempre. Allora la televisione aveva una flessibilità e una forza propulsiva molto maggiore. Adesso tutto è stato fatto e quindi si è arrivati all’esasperazione. Allora la televisione non era quello che è adesso, era ancora una cosa curiosa.
Quanta componente voyerista c’è in questo tipo di trasmissioni? Adesso per il “Grande Fratello” si può parlare voyerismo, allora era curiosità. La differenza è sottile ma esiste. Comunque, la gente cominciò a guardarci di mattina, di sera, di notte. Elio e le Storie Tese fecero la canzone d’amore più lunga del mondo (si chiamava “Ti amo” e durava 12 ore). Poi arrivarono gli Schiantos e alcuni amici cominciarono a leggere libri interi per riempire la notte. E io ero sempre lì che dormivo. Poi la gente ha capito che quella era una finestra e poteva venire come ospite. La trasmissione è diventata un enorme contenitore dove sono venute non centinaia ma migliaia di persone a esibirsi, a raccontarsi, a mostrarsi, a offrire dei cuccioli abbandonati, a fare delle rubriche di varia umanità e cultura in cui ognuno poteva dare il proprio contributo. Uno spaccato di varia umanità in cui non so dire chi sia venuto perché in realtà sono venuti tutti, tutti quelli che avevano qualcosa da dire o da fare. La cosa è cresciuta ed è diventata un po’, un fenomeno, e così siamo andati avanti per 5 giorni e 4 notti.
Ma tu, a sentirti così osservato cosa provavi? Io mi sentivo assolutamente a mio agio. C’entra certamente anche il mio narcisismo ed esibizionismo; c’è però anche la voglia di mettersi in gioco, aprirsi totalmente, disarmarsi. L’ho capito dopo, quando giravo per Bologna in ciabatte, messo male, non dico in mutande.
Perché? Perché io non avevo più niente da nascondere. È stato un rilassamento assoluto. Quella di entrare di confidenza è stata una scoperta, una grande conquista e riguarda me come quelli che sono venuti a fare le cose che avevano in mente di fare. Però, non c’era voyerismo perché c’era la massima consapevolezza da parte di tutti: io ero una persona che si faceva riprendere per 100 ore ma ne ero continuamente cosciente. E penso che da parte di tutti sia stata una rappresentazione in cui il livello di verità era molto alto. Non eravamo topolini inconsapevoli, osservati da una telecamera nascosta. Eravamo delle persone avvertite che si esibivano davanti a delle telecamere palesi. È stata un esplosione di varia umanità consapevole, festosa e giocosa che si è autorappresentata. Quindi, siamo molto lontani e molto diversi da questo “Grande fratello”.
Lo guarderai? Assolutamente sì, perché sono convinto che la realtà sia complessa. È un alibi per non giudicare mai, però io sono fatto così. Su tutte le cose ci sono aspetti contraddittori; quindi anche il Grande fratello avrà delle cose simili alle nostre e noi abbiamo avuto delle cose simili al Grande fratello. Ci sono sempre degli ingredienti che tornano. La differenza che più mi salta in mente è la dimensione: la nostra era una dimensione regionale quindi molto più intima, da villaggio non globale, ma sempre da villaggio. C’era gente che all’inizio era perplessa poi invece moltissimi andavano a letto tenendo accesa la televisione su di me che dormivo. Gente che viveva normalmente, poi dopo tre ore accendeva la televisione e diceva ‘cosa sta facendo? stanno ancora lì? Ma dai!”. Adesso nessuno si potrebbe permettere di fare una cosa così, tanto meno nazionale ma nemmeno regionale. La televisione era veramente un’altra cosa. Loro vogliono diventare famosi, io volevo solo diventare familiare. Famosi ci si diventa con la televisione normale e un minimo di popolarità noi l’avevamo già. Con le 100 ore di Lupo solitario in diretta Tv noi non dovevamo vincere nessuna gara, né dimostrare nulla a nessuno. Volevamo farlo e basta.