Islanda 4

Non è sicuramente un Paese dai costi propriamente accessibili, ma organizzandosi per tempo, ed accontentandosi di sistemazioni semplici, ma pulite, è possibile risparmiare
Scritto da: kipling
islanda 4
Partenza il: 03/08/2019
Ritorno il: 18/08/2019
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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PIANIFICARE UN VIAGGIO IN ISLANDA

VOLO

Easy Jet diretto da Ginevra. 285 Eu. Andata 3/8/19 e ritorno 18/8/19.

Ho raggiunto Ginevra con Flixbus da Torino (18.90 + 18.90 Eu), e ho dormito una notte in camerata al Geneva Hostel (34.50 Eu)

CAMBIO

La valuta dell’Islanda è la Corona (ISK)

1 ISK = 0.00712 Eu

PERNOTTAMENTO

Per cercare di economizzare il più possibile, mi sono mossa per tempo. Ho dormito ovunque, tranne che in hotel. Camerate in ostello, stanze private in ostello, in fattorie o guesthouses (trovate sui siti Hey Iceland e Inspired by Iceland), in case di privati, prenotate con Air Bnb o Booking. Scegliendo la cosiddetta “sleeping bag accomodation” ho potuto beneficiare di uno sconto sul prezzo delle singole. Questo tipo di sistemazione prevede che l’ospite provveda a portare con sè sacco a pelo ed asciugamani, la struttura risparmia quindi i costi legati a lavaggi e sostituzione della biancheria

Ho dormito alcune notti in singola, in altre ho condiviso la doppia con la mia compagna di viaggio. Ecco i dettagli:

3 agosto – Skalholt, foresteria della chiesa, singola 35 Eu, via email direttamente con loro

4 agosto – Vik, Eystrisolheimar, singola 30 Eu, via email direttamente con loro

5 agosto – Kirkjubaejarklaustur, campeggio, 182 Eu il bungalow, via Air bnb

6 agosto – Hof, Svinafell Campground, singola sleeping bag, 36 Eu, via email direttamente con loro

7 agosto – Hofn, Hofn Hostel, doppia 151 Eu, via Booking

8 agosto – Egilsstadir, Mjdanes Accomodation, singola 45 Eu, via Booking

9 agosto – Asbyrgi, Grimshus Guesthouse, singola 56 Eu, via Booking

10 agosto – Myvath, Hlid Hostel, letto in camerata 40 Eu, via Booking

11 agosto – Akureyri, Lonsà Guesthouse, singola 63 Eu, via Booking

12 agosto – Laugarbakki, Guesthouse Langafit, doppia 56 Eu, via Facebook

13 agosto – Isafjordur, Gamla Guesthouse, singola 55 Eu, via email direttamente con loro

14 agosto – Reykholahrepp, Midjianes, singola 60 Eu, via Booking

15 agosto – Hellisandur, Gamla Rif, doppia 102 Eu, via Booking

16 agosto – Reykjiavik, doppia 111 Eu, via Airbnb

17 agosto – Keflavik, singola 33 Eu, via Airbnb

Tutte le strutture scelte erano dotate di cucina, questo ci ha permesso di risparmiare notevolmente

AUTO

890 Eu per auto di tipo medio (una Citroen C3 Aircross, un piccolo SUV, ma non aveva le 4 ruote motrici), per due settimane, compreso assicurazione a copertura completa, tramite Rentalcars, che poi si è appoggiato a Thrifty. Abbiamo percorso in totale 3598 Km, e speso in totale 325 Eu di benzina

Come guide ho usato la Lonely Planet, e poi una mappa cartacea, Reise Know How, comprata in libreria a Torino, molto accurata.

SPESE

285 Eu volo, + 50 Eu mia quota per un bagaglio a stiva condiviso

162.5 Eu mia quota di benzina (percorsi 3598 km)

758 Eu di alberghi

445 Eu mia quota di noleggio auto

90 Eu mia quota di cibo

Totale: 1790.50 Eu

CIBO

Ci siamo portate parecchia roba dall’Italia (dadi, scatolette di tonno, sgombri, carne/pollo Montana, insalatissime Riomare, minestre liofilizzate, bustine di zafferano, barrette ai cereali, pasta di legumi). Come frutta, abbiamo comprato solo mele e banane, le più economiche. Per quanto riguarda la verdura, abbiamo notato che broccoli e spinaci surgelati costavano poco, tipo 299-399 ISK, e spesso li abbiamo privilegiati. Inoltre, i pomodori vengono coltivati localmente in serra, ed anch’essi non sono carissimi. Per il cibo abbiamo fatto cassa comune, spendendo in tutto 24000 ISK (170 Eu). Non abbiamo mai comprato al Bonus, semplicemente quando ci passavamo davanti o non avevamo bisogno di nulla, oppure era chiuso. La spesa l’abbiamo fatta di solito al Kronan, al Netto, e nell’unico supermercato presente nei paesini piccoli.

CLIMA

Innegabilmente, freddo. I primi giorni al sud siamo state piuttosto graziate, cielo abbastanza aperto, e temperature miti, sui 14/15°.

Da Egilsstaðir in poi, sino a Stikkishòlmur, abbiamo preso pioggia, freddo e vento. La temperatura ad Akureyri e Ísafjörður è scesa sui 2/3°, con ammanti di neve sulle colline circostanti. Il whale watching a Husavik il giorno 11/8 ci è stato annullato per maltempo, ed abbiamo rinunciato al periplo della penisola di Trollaskagi perchè la nebbia era bassa e non si vedeva una cippa. Da Patreksfjörður in poi abbiamo rivisto il sole, ma si è levato un vento fortissimo.

Indispensabili: scarponcini alti impermeabili, berretto, pantaloni (comprati al Decathlon, 18 Eu) e giacca antipioggia e antivento, ed alcuni strati di indumenti caldi sulla parte superiore del corpo. Nei giorni più freddi, avessi portato anche i guanti sarei stata felice.

Sono abituata ai climi freddi, abito a Torino, ma non possedevo abbigliamento tecnico perchè non vado in montagna. Mi sono portata quindi un po’ di pile che uso in inverno, ed una giacca a vento leggera. I miei scarponi economici si sono presto inzuppati, per cui, non volendo investire centinaia di Euro per quelli in goretex in vendita da 66 North e Icewear, mi sono presa in un supermercato degli stivaletti di gomma che sono serviti egregiamente allo scopo, spendendo 40 Eu circa. Inoltre, la mia mantellina antipioggia Quechua si è praticamente squarciata alla prima raffica di vento, l’ho rimpiazzata con una simile, ma più robusta, acquistata da Icewear.

COMUNICAZIONI

Il mio gestore, Ho, mi ha concesso 3 GB free, e chiamate e sms illimitati. Ho comunque utilizzato quasi sempre il wifi gratuito messo a disposizione dalle strutture.

SHOPPING

Non ho acquistato i tipici maglioni (lopapeysur) perchè troppo pesanti per il nostro clima, preferendo abbigliamento tecnico presso i marchi locali (Icewear e 66North). Ad Akureyri c’è un outlet 66North dove si possono fare affari. Altri prodotti tipici interessanti, che non costano molto, e sono pratici da trasportare sono gli infusi di timo artico. Oppure i caratteristici cristalli di sale di lava nero.

SICUREZZA

Non c’è assolutamente nulla di cui preoccuparsi. Le auto a noleggio vengono fornite senza la cappelliera posteriore, per cui il contenuto del bagagliaio è visibile dall’esterno. Noi ci avevamo messo sopra un sacco di nylon nero dell’immondizia i primi giorni. Nessuno ha toccato niente. Anche le altre vetture erano nelle nostre stesse condizioni. Nei vari forum, mai nessuno si è lamentato. Le strade, anche le sterrate, sono in buone condizioni. Parlo ovviamente di quelle percorribili da una normale vettura a 2 ruote motrici, non le F roads.

CHE COSA HO AMATO DI MENO

Il freddo indubbiamente, e, se proprio si vuole trovare il pelo nell’uovo, una certa monotonia di paesaggio tranne che al sud, premettendo che non ho visitato gli altopiani interni. Ciò che mi ha più messo a disagio non sono state le basse temperature, cui sono abituata, ma il misto di pioggia e vento (inutile l’ombrello)

CHE COSA HO AMATO DI PIU’

La scarsa densità di concentrazione umana, ed il silenzio. La civiltà del popolo islandese, il rispetto del pubblico. La pulizia. La luce calda del sole dalle 17 in poi. Gli spazi vuoti. Il senso di desolazione di alcune spiagge sferzate dal vento e dalla pioggia, tutt’altro che negativo, anzi . Le pulcinelle di mare. La parità di genere. La luce fredda dei ghiacciai, che mai avevo visto prima. Le foche. Il verde brillante dell’erba sotto i raggi del sole.

FOTO

Http://randagianelmondo.altervista.org/category/islanda/

DIARIO DI VIAGGIO

IL SUD DELL’ISLANDA

Nonostante l’atterraggio dell’aereo sia stato puntuale, abbiamo perso un po’ di tempo in aeroporto a ritirare soldi agli ATM, e trovato un po’ di coda all’agenzia di noleggio auto, che abbiamo raggiunto con una navetta (non è comunque distante, e con pochi bagagli la si raggiunge a piedi in 5 minuti, al ritorno abbiamo fatto così). A dire la verità, mi sono dilungata parecchio a periziare lo stato d’uso della vettura che mi è stata consegnata, scattando parecchie foto e richiamando l’impiegato per fare aggiungere sul verbale tutta una serie di precisazioni relative alla presenza di graffi e bolli. Meglio comunque essere pignoli, secondo me, per evitare poi discussioni alla restituzione. Almeno altri tre quarti d’ora sono stati dedicati alla nostra prima spesa islandese, con sosta ad una serie di centri commerciali sulla tangenziale di Reykjiavik. Il Bonus purtroppo era già chiuso (normalmente abbassano le serrande alle 18), per cui ci siamo adattate al Kronor. Parecchie cose ce le siamo portate dall’Italia, ma comunque abbiamo perso parecchio tempo ad individuare tutto quello che costava meno….

Sulla strada per Skalholt, ci siamo fermate a visitare il Þingvellir National Park, una radura ove, nel 930, venne fondato l’Alþingi, il parlamento islandese, uno dei primi al mondo ad essere costituiti. E’ possibile in questa zona camminare fra due gole parallele, si tratta infatti di una frattura (l’Almannagjà) che si è formata a seguito dell’allontamento delle faglie a seguito di momenti tellurici. L’assemblea si riuniva all’aperto, una volta l’anno, per legiferare e prendere decisioni importanti per il paese. Dopo aver visitato il museo di Holmavik, apprenderò che qui si svolgevano anche i processi per condannare al rogo gli accusati di stregoneria. Vista l’ora tarda, non c’è praticamente nessuno.

Raggiungiamo Skàlholt senza fatica grazie a Maps verso le 20, quello che invece stentiamo ad individuare è l’esatta casa dove dobbiamo dormire. Dopo un po’ di peripezie, e telefonate alla nostra host, riusciamo finalmente a sistemarci in una specie di villetta con diverse stanze da letto, e cucina e bagno comuni, però ci siamo solo noi, e quindi ci allarghiamo come nababbi.

Skàlholt è un importante centro religioso, sede della curia vescovile. Oltre alla nostra foresteria è presente una bellissima guesthouse, che credo si prenoti via booking, molto più cara però, e che abbiamo perlustrato il mattino seguente, prima della partenza, anche perchè dovevamo pagare le nostre due singole (35 Eu, nulla era stato richiesto alla prenotazione, avvenuta via email, neppure il numero di carta di credito).

La cattedrale è andata distrutta in un terremoto, rimane una piccola chiesa con i tetti in torba, che fotografiamo prima di lasciare Skàlholt, e partiamo alla volta della valle di Haukadalur, per ammirare i suoi numerosi geyser, di cui il più famoso è quello di Geysir, il più antico storicamente conosciuto, che ha quindi esteso il nome a tutti i fenomeni di questa tipologia. L’ingresso al sito è libero, ed è già gremito di gente alle 10.00 di mattina. Il Geysir nei giorni attuali ha esaurito la potenza di un tempo, per cui la star è ora Strokkur, che erutta circa ogni 20 minuti. E’ possibile passeggiare nei dintorni, ammirando solfatare e pozze bollenti.

Il centro commerciale che sorge accanto al parcheggio, poi, è fornitissimo non solo di souvenirs, ma anche di pregiati capi di abbigliamento, anche tecnico, ed ospita bar e ristorante presi d’assalto dai turisti. Decidiamo di proseguire verso le cascate di Gullfoss, pure affollatissime sul belvedere principale, anche se, noto con piacere, il mio treppiede mette un po’ soggezione, ed almeno l’80% per cento dei presenti prima di pararcisi dinnanzi aspetta che io abbia azionato il pulsante della fotocamera. Non è così, invece, ahimè, quando lo metto nel bagagliaio e scatto a mano libera. Allontanandosi dal parcheggio, ad ogni modo, l’assembramento umano diminuisce molto, ed è possibile passeggiare su un costone, ammirando le cascate dall’altro, quasi senza la presenza di umani.

Come area di sosta per il pic nic scegliamo il prato di ingresso di un grazioso campeggio, che confina con una fattoria nei cui recinti pascolano numerosi cavalli.

Dopo il pranzo al sacco, che ci siamo preparate al mattino prima di partire, seguendo il flusso turistico sostiamo a Seljalandsfoss, la famosissima cascata dietro la quale è possibile passare (obbligatoria la mantellina di nylon se non ci si vuole infradiciare). Dicono che questa cascata sia particolarmente spettacolare al tramonto, purtroppo noi ci arriviamo che sono circa le 15, e nel frattempo il sole si è nascosto dietro ad una distesa di nuvole a pecorella, per cui le foto non sono granchè. Notevole invece la vista passeggiando verso altre cascate attigue.

Verso tardi, quando il sole oramai è definitivamente sparito dietro una fitta coltre di nembi, arriviamo a Skògafoss. Percorriamo i 700 gradini per osservare la cascata dall’alto, da qui si diparte il sentiero di Laugavegur. Il nostro primo giorno in questa terra è uno continuo stupore davanti alla maestosità dei paesaggi.

Dormiamo a Eystrisolheimar, una fattoria poco prima di Vik, sistemate in due singole. Io ho richiesto la più economica sleeping bag accomodation (30 Eu) per cui non ho a disposizione gli asciugamani, ed i letti sono privi di coperte e lenzuola. A dire la verità, i materassi sono però coperti da un telo che ha tutta l’aria di essere un lenzuolo, ma non so se sia pulito. Mi sistemo il sacco a pelo. Una coppia di francesi sta consumando cibo pronto al microonde, noi invece ci cuciniamo un sontuoso risotto allo zafferano. I padroni di casa vivono nell’appartamento soprastante. Dopo cena, verso le 22, esco a fare una perlustrazione del cortile, per ammirare il basso sole che sta tramontando, e fare amicizia con alcuni cavalli.

Il mattino seguente, troviamo le indicazioni che segnalano la presenza del fotografatissimo relitto aereo di un DC-3 a Sòlheimasandur, ma decidiamo che non è il caso di perderci tempo, e proseguiamo verso Sólheimajökull, il nostro primo ghiacciaio, E’ possibile, dal parcheggio, raggiungerne le propaggini con una breve e facile passeggiata. Vengono anche organizzate escursioni con ramponi. E’ assolutamente sconsigliato avventurarcisi privi di attrezzatura adeguata. Nonostante il cielo bigio, molte sono le opportunità fotografiche.

Dopodichè, è la volta del promontorio di Dyrhólaey, dalle cui scogliere a picco sul mare si possono vedere un arco di pietra lavica ed alcuni faraglioni, nonché, se si ha fortuna, parecchi pulcinella di mare.

Consumiamo il pranzo al sacco vicino al faro, poi ci avviamo alla volta della spiaggia nera di Reynisfjara, contornata da colonne basaltiche originate da colate laviche, affollatissima I turisti si arrampicano ovunque, come formiche. Il tempo è inclemente, con cielo grigio e vento sferzante. Molti sono vestiti in modo inadeguato, con abiti primaverili adatti ai selfie modaioli, e così presi a scattarsi foto che spesso non si accorgono del sopraggiungere delle onde, e ne vengono investiti. Reynisfjara, dove è presente una forte risacca, è tristemente nota per le onde anomale, che in certi casi hanno travolto turisti disattenti, portandoli al largo e facendoli annegare. Ho letto una interessante teoria sul web a riguardo, per cui pare che arrivino a gruppi di 3 o 4. La più impetuosa è sempre l’ultima, che ti frega quindi quando magari credi di esserti già messo in salvo dalla prima e ti riavvicini all’acqua. Reynisdrangar è invece il nome delle grosse rocce di grandi dimensioni che affiorano dal mare di fronte alla spiaggia. Secondo le saghe islandesi sarebbero dei trolls pietrificati mentre cercavano di trascinare a riva una nave, in effetti la rupe più grande, vista da alcune angolazioni assomiglia ad un vascello. In realtà, invece, Reynisdrangar erano parte della catena montuosa Reynisfjall, e se ne sono distaccate a causa dell’erosione degli agenti atmosferici.

Dedichiamo una breve visita a Vik, prima al suo grande supermercato, con negozi annessi, e poi alla sua deserta e selvaggia spiaggia.

Prima di raggiungere il nostro campeggio, attraversiamo sotto la pioggia una desolata landa molto particolare, Skaftareldahraun, costituita da distese laviche ricoperte di muschio verde creatisi nel 1783. E’ ritenuta una delle colate di lava più grandi al mondo originate da un’unica eruzione. Un percorso ad anello delimitato da corde permette di fotografare il paesaggio. Sono presenti in zona alcune grotte.

Finalmente giungiamo al campeggio di Kirkjubæjarklaustur, prenotato tramite Air BnB (182 Eu, sic!), stasera dormiamo insieme in un bungalow da due letti a castello, piuttosto angusto, situato tuttavia in un paesaggio spettacolare. Piove sia all’arrivo che durante la notte, la visita ai bagni per le docce ed il resto non è del tutto agevole, ma penso a quelli nelle tende e mi sento fortunata 🙂

Il mattino seguente al risveglio splende il sole, il paesaggio intorno è favoloso. Prima di approdare alla nostra prima tappa di oggi, una delle più attese per me, il Fjaðrárgljúfur, passiamo accanto alla Systrastap rock. La visita al Fjaðrárgljúfur mi delude un pochino, perchè ci sono percorsi obbligati da seguire tassativamente, e non è possibile allontanarsi a piacimento. A seguito di un videoclip girato da Justin Bieber, la zona è stata presa d’assalto da turisti provenienti da ogni parte del mondo, che hanno deturpato l’ambiente. Il canyon è stato in seguito chiuso per manutenzione, e la delimitazione dei sentieri è stata decisa per salvaguardare il paesaggio. A parte questo dettaglio, la vista dai belvedere è magnifica, soprattutto quando, verso tarda mattinata, il sole fa capolino.

Successivamente, è la volta del Vatnajökull National Park, il più grande ghiacciaio europeo e la quarta calotta di ghiaccio più vasta al mondo, comprendente una varietà di paesaggi alpini e vulcani, la cui attività crea ogni anno una serie di caverne di ghiaccio visitabili credo solo d’inverno. Il Vatnajökull forma tutta una serie di lingue di ghiaccio, fra cui Skaftafell e Jökulsárlón, e l’annesso Skaftafell.

La sosta al belvedere che credo si chiami Haoldukvisl, e poi la cascata di Svartifoss, incastonata fra rocce nere basaltiche, e raggiungibile dopo una passeggiata di circa un’ora in salita.

Dormiamo a Hof, allo Svinafell Campground che comprende, oltre all’area dedicata a tende e camper, anche sistemazioni in camere in diversi edifici. Io ho nuovamente a disposizione una singola (36 Eu) in sleeping bag accomodation, e queste volta non mi danno neppure il cuscino. La cucina in comune ha una vista splendida.

Il quarto giorno raggiungiamo la laguna ghiacciata di Jökulsárlón, anche questa molto turistica ed affollata, tuttavia è impressionante notare come la maggior parte dei turisti si accalchi nelle immediate vicinanze del parcheggio, per cui, se appena si decide di camminare poco oltre, si gode di una discreta solitudine, e molto silenzio, disturbato soltanto dai tour dei gommoni, che personalmente abolirei, dal momento che non aggiungono nulla di speciale al panorama che si gode dalle rive. Qui i blocchi di ghiaccio sono di un bianco accecante, e fluttuano lentamente verso il mare. Le foche nuotano incuranti dei flash dei fotografi.

Diamond Beach, una grande spiaggia di sabbia nera, è all’imbocco dell’estuario. Fiumi di persone sono intente anche qui a fotografare gli iceberg che si arenano a riva.

Dopo un pranzo al sacco consumato in spiaggia, ritorniamo di pochi km indietro per visitare Fjallsárlón. Azzeccata quindi la nostra scelta di fiondarci al mattino subito a Jökulsárlón, perchè Fjallsárlón è molto meno visitato, per cui non ci si trova grande affollamento neppure verso le 14, quando invece Jökulsárlón è una bolgia.

Proseguendo oltre, incontriamo il grazioso villaggio di Þórbergssetur, con il suo Thórbergur Center, edificio curiosamente a forma di libro.

Approdiamo a Höfn piuttosto presto. L’ostello è formidabile. Noi abbiamo questa volta prenotato una doppia, tramite Booking (171 Eu). I bagni sono modernissimi e puliti, la cucina è dotata di attrezzature professionali.

Il nostro quinto giorno inizia alla laguna di Stokksnes, che riflette il massiccio del Vestrahorn. Tecnicamente quest’area fa ancora parte del Vatnajökull.

In seguito raggiungiamo il villaggio di Djúpivogur, e la sua curiosa esposizione di sculture a forma di uova “Eggin í Gleðivík”. Dal paesino si dirama una serie di passeggiate ad anello, con bella vista sul fiordo e sui promontori. Il tempo è decente sino alle 14.

Rientriamo dalla nostra escursione e facciamo pranzo in macchina nel parcheggio del locale supermercato (fuori si è alzato il vento e fa freddo mangiare sedute sulle panchine che pure avrebbero una splendida vista). Raggiungiamo Egilsstaðir sotto una pioggia non molto fitta ma comunque fastidiosa, accompagnata da una nebbiolina che ci preclude la vista sui paesaggi maestosi dei fiordi orientali. Lascio Cristina all’ostello in città (la accompagno e nel frattempo do un’occhiata, è anch’esso molto bello e moderno), e mi dirigo, non senza difficoltà, perchè l’indirizzo indicato da Booking non è corretto, verso la mia sistemazione, che è Mjóanes Accommodation, una bella fattoria a qualche km da Egilsstaðir. Camere (45 Eu la singola, prenotata tramite Booking) e bagni arredati deliziosamente. La nostra host, credo il nome sia Elsa, gentilissima e molto disponibile. Mi aggiorna sul peggioramento delle condizioni meteo, e fornisce preziosi su come raggiungere la tappa del giorno successivo.

IL NORD DELL’ISLANDA

La permanenza nel nord dell’Islanda è stata funestata dal maltempo, che non ci ha permesso di portare a termine i nostri programmi. Non siamo riuscite a vedere le balene a Husavik, e non abbiamo percorso alcune strade panoramiche costiere invase dalla nebbia.

La tappa da Egilsstaðir a Asbyrgi è piuttosto impegnativa. In teoria avrei dovuto percorrerla passando da Þórshöfn via Raufarhöfn per poi arrivare a Kopasker lungo la costa (strada 870). Visto però le condizioni del tempo, la mia host della Midjnaes Accomodation a Vallanes mi ha consigliato di tagliare la penisola, e seguire la 85. Ci siamo alzate prestissimo, e abbiamo lasciato Egilsstaðir verso le 8. Abbiamo raggiunto la Grimshus Guesthouse verso le 14, lasciando i bagagli in una specie di deposito. Le parti comuni della guesthouse non erano modernissime, invece le stanze ed i bagni erano molto carini. La mia singola è costata 56 Eu (prenotata via Booking).

Ci siamo subito fiondate verso il Canyon di Asbyrgi. Il nome significa “riparo degli dei”, ha una forma di ferro di cavallo, e si dice che si sia formato dopo un’alluvione del fiume Jokulsa. Ha un’ampiezza di circa 1.5 km, con un anfiteatro di rupi a picco alte circa 100 mt. Nella conca è possibile passeggiare fra la vegetazione seguendo degli itinerari segnalati, alcuni non in modo precisissimo. La cosa più divertente è stato arrampicarsi per salire in cima alle scogliere (ci sono ad un certo punto dei gradini e corde a cui appigliarsi). La cosa meno divertente è stata la pioggia, soprattutto quando ho scoperto che le mie scarpe, in teoria waterproof, in realtà non lo erano affatto!!

Il giorno successivo, la prima attività a saltare è il whale watching. Al molo di Husavik scopriamo che tutti i tours sono sospesi per il forte vento e mare agitato. Ci consoliamo indugiando più del dovuto al museo della balena, ben riscaldato. Nell’area souvenir riesco a trovare le infusioni di timo artico, e non me le lascio scappare, fortunatamente, visto che neppure a Reykjiavik le ritroverò.

Raggiungiamo in seguito le formazioni di lava di Dimmuborgir, un campo di lava originatosi 2300 anni fa da una fuoriuscita di magma dal terreno, che formò un lago che si raffreddò velocemente dopo essere entrato in contatto con le acque del Mývatn. Le molte grotte e caverne furono originate dal vapore intenso. Come in altri luoghi, le leggende narrano che queste formazioni dalle forme fantasiose siano state dimora di elfi ed altri spiriti. Pare che tali storie fossero inventate per dissuadere i bambini dall’uscire all’aperto in inverno, perchè in caso di smarrimento a causa del buio e del freddo potevano rischiare la morte.

Hverir è di una bellezza eccezionale, nonostante il maltempo. Ci impantaniamo le scarpe in maniera scandalosa, ed imbrattiamo oscenamente i tappetini della nostra auto, questa è la giusta punizione divina per aver schernito al parcheggio i turisti cinesi che scendevano da un bus con i piedi avvolti nelle babbucce in nylon da piscina.

Selfoss, seguita da Dettifoss e Hafragilsfoss, generate dal fiume Jökulsà, sono meravigliose nonostante tutto. Ci arriviamo dal lato ovest, con strada asfaltata (862 + 886). La pioggia, il vento, le avversità metereologiche non tolgono nulla alle bellezza di questi luoghi, che nulla perdono e nulla guadagnerebbero sotto un sole splendente. La potenza e la forza con cui l’acqua fangosa si getta nella gola del canyon Jökulsárgljúfur sono assolutamente impressionanti e paurosi. Il salto venne generato da un violento terremoto originaato da un’eruzione vulcanica che spostò l’alveo del fiume verso una profonda faglia nella pianura basaltica. La potenza dell’acqua solleva spruzzi che si vedono a 1 km di distanza. La potenza d’urto è tale da scavare la sottostante forra al ritmo di diversi centimetri l’anno.

Ultima tappa del giorno sono i bagni termali di Mývatn, che vediamo solo da fuori.

Una volta raggiunto Mývatn, è semplice individuare la reception dell’ostello, (Hlid Hostel) che si trova ben segnalata vicino al campeggio, un po’ meno invece scovare l’esatto edificio dove dormiremo. Tutte le sistemazioni in città, a parte la nostra, sono costosissime. Ci siamo adattate alle camerate (40 Eu a testa, prenotate via Booking). A dire la verità, ho dormito benissimo comunque, gli occupanti dell’altro letto a castello era una coppia di canadesi molto educata. Le recensioni sono discordanti, sicuramente i bagni sono da rivedere, ma la vista dalla sala pranzo è impagabile. La cucina è piccola, e se arrivano gruppi è meglio organizzarsi per preparare i pasti prima che come cavallette questi invadano i locali, ed occupare i tavoli. Una caratteristica non proprio piacevole, all’inizio, è l’odore fortemente sulfureo dell’acqua che esce dai rubinetti. Però, è sufficiente attendere un attimo, ed al palato risulta completamente neutra. In zona ci sono moltissime cose da vedere, e penso sia meglio fermarsi almeno due notti.

Il mattino seguente, bypassiamo Stóragjá, non siamo fans de “Il trono di spade”, ed andiamo di corsa.

Il lago Mývatn si trova tra la faglia euroasiatica e quella europea, in costante allontanamento. La zona è ricca di attività vulcaniche di ogni tipo.

Sulla strada per arrivare a Hverir, in prossimità del bivio per le sorgenti termali, scorgiamo un piccolo lago fumante di un colore pazzesco, un turchese quasi fosforescente, nonostante la giornata bigia. Cartelli avvisano di prestare attenzione ed assolutamente non bagnarsi, in quanto le temperature possono raggiungere i 100°. L’odore di zolfo è fortissimo, sembra di stare all’inferno!!

Proseguiamo poi verso la caldera del Krafla, che include uno dei due più famosi crateri Vìti con un lago all’interno, l’altro si trova nell’Askja (“vìti” in islandese significa “inferno”). Tutti i sentieri sono chiusi, e non ci resta che una misera sosta di pochi minuti per le foto al parcheggio.

Prima di lasciare per sempre la zona, compiamo il periplo del lago.

La bella cascata di Goðafoss è facilmente raggiungibile dal parcheggio, e grazie ad un ponte è possibile ammirarla da entrambi i versanti.

Raggiungiamo prestissimo Akureyri, lasciamo le nostre cose alla Lonsà Guesthouse, (63 Eu la singola, prenotata con Booking) e ci dirigiamo in città.

Il centro è ricco di attività commerciali, bar, ristoranti, e vanta una discreta scena musicale. Nel porto fanno scalo le grandi navi da crociera. I negozi di abbigliamento sono presi d’assalto da disperati, impreparati alle avverse condizioni climatiche. Una famiglia di colombiani in giacchetta e Converse lascia con nonchalance alla cassa almeno 1000 EU in scarponcini goretex. Avere i piedi freddi e bagnati ti rende capace di qualsiasi cosa, anche spese folli. Sono nella loro stessa situazione, ma mi accontento di stivali di gomma da 40 Eu in saldo, ed un cappellino giallo da pescatore di merluzzo. Segnalo anche la presenza di un outlet della 66North, marca islandese (anche qui riesco a impoverire il portafoglio).

Dopo aver lasciato Akureyri col solito tempo da lupi, facciamo tappa a Holmavik, con visita al museo della magia e stregoneria, tappa che avrei volentieri evitato col bel tempo se ci fosse stato qualche posto all’aperto dove passeggiare. L’ingresso è di 1000 ISK. Viene consegnato un libretto di spiegazioni disponibile in varie lingue, italiano compreso. Fra rituali, monili, simboli, papiri, pergamene, bacchette, spiccano i nábrók, un paio di pantaloni fatti di pelle umana, che le leggende raccontano fossero in grado di donare ricchezza a chi li indossava. La procedura secondo la Lonely Planet era piuttosto complicata: occorreva infatti mettersi d’accordo prima del trapasso con qualcuno disposto a cedere il proprio corpo. Dopodichè era necessario scuoiare il cadavere dalla cintola in giù, badando bene a non sbrindellarlo, pena la vanificazione di tutti gli sforzi. Il posizionamento di una moneta nella sacca dello scroto avrebbe portato alla magica moltiplicazione della stessa.Tutta la storia è talmente una boiata che già gli abitanti del tempo dovevano averla trovata assurda, al punto che si sono sempre ben guardati dall’utilizzarli.

Ciò che mi ha interessato di più sono le cronache dei processi di stregoneria. Mi hanno veramente lasciato sbalordita i futili motivi per cui i malcapitati venivano accusati, vicende veramente allucinanti, bastava mettere in giro la voce che per colpa di un certo tizio, che magari ti stava antipatico, le pecore non producevano più latte, e senza pensarci troppo ecco che lo sfigato di turno veniva condotto al Þingvellir e processato, quasi sempre con esito tragico per lui. Uso il maschile con cognizione di causa: gli islandesi in termini di difesa delle quote rosa sono sempre stati avanti rispetto a noi del Sud Europa e quindi, contrariamente ai nostri lidi, qui i condannati al rogo erano principalmente uomini, e non donne.

A Litlibær, dopo un caratteristico caffè, avvistiamo gruppi di foche spiaggiate su banchi di sabbia al largo. E’ necessario uno zoom per fotografarle decentemente. Nel parcheggio c’è un banchetto incustodito con marmellate fatte in casa in vendita, ed una cassettina dove lasciare i soldi. Potrebbe sembrare un’usanza curiosa per noi italiani, ma per me non è nulla di nuovo, la stessa pratica è in uso in Australia, e probabilmente in altri paesi civili.

Raggiungiamo Laugarbakki sotto un cielo inclemente, delle bellezze del fiordo circostanti non riusciamo a vedere nulla. Non riesco neppure ad uscire dalla macchina per visitare la piccola chiesa di Viđimýrarkirkja (ingresso 1000 ISK), una delle poche rimaste con il tetto in torba.

La guesthouse Langafit, prenotata contattando la proprietaria tramite Facebook, una doppia 56 Eu, merita un momento di gloria sul blog. A vederla da fuori, non si direbbe affatto essere ciò che è, in quanto si trova ad un distributore di carburante, nel cui negozio la proprietaria vende di tutto, dai maglioni ad originali souvenirs. Sul retro, invece, 4 stanze molto graziose, con cucina e piccolo bagno in comune. Dalla cucina un porta comunica direttamente con il negozio. Anche un campeggio viene gestito, l’ho capito perchè durante la serata alcune persone sono piombate in cucina chiedendo appunto info in merito dopo aver visto il cartello al distributore. In pratica, davanti alle nostre camere, c’è un prato dove la gente può sostare con tende e camper, e sono a disposizione alcuni bagni comuni.

L’ISLANDA OCCIDENTALE E REYKJIAVIK

Lasciamo Laugarbakki alle 8 di mattina, il tempo a vista sembra promettere bene, dopo pochi km degenera. Le previsioni sono pessime e già di fronte alla chiesetta di Prestsbakki ci ritroviamo immerse nella nebbia, e bagnate dalla pioggia.

La visibilità in strada è buona, ma come potete vedere dalle foto, il quadro che scorgiamo dal nostro parabrezza oltre il manto asfaltato è piuttosto limitato! Il magnifico panorama sui fiordi ci è dunque precluso. Il lato positivo è che comunque le strade sono in perfette condizioni.

Raggiungiamo Ísafjörður abbastanza presto, le alture intorno sono immerse in una coltre bianca di nubi, non ci resta che un breve giro in città, la più importante della regione, fondata nel nono secolo ed importante fulcro di attività legate alla pesca. Il centro, con le case colorate in legno ed il porto, è grazioso. La Gamla Bakaríið è una rinomata panetteria, ma purtroppo sta chiudendo quando ci passiamo davanti. Ciò che più mi colpisce sono dei lavori in maglia appesi in prossimità delle colonne e muri di un edificio, forse davanti ad un negozio che li vende; in effetti credo di aver letto che oltre alla pesca un’altra fonte di ricchezza per l’economia locale sia costituita appunto dalla produzione di maglieria, e qui si possano trovare i migliori lopapeysur del paese.

Fortunatamente, la Gamla Guesthouse, dove ho prenotato una singola a 55 Eu contattando direttamente la struttura, è molto confortevole, non altrettanto si può dire dell’Ísafjörður Hostel dove alloggia invece la mia compagna di viaggio.

La seconda tappa del brevissimo tour dei fiordi occidentali, da Ísafjörður a Reykhólar si rivelerà piuttosto lunga ed impegnativa, vista la presenza di un lungo tratto di sterrato, partendo dal bivio con la 62 e poi lungo tutta la strada 612 che arriva a Latrabjarg. Pur con una vettura a due sole ruote motrici non abbiamo avuto problemi, procedendo prudentemente a bassa velocità, anche per evitare danni all’auto con conseguenti sanzioni pecuniarie da parte dell’autonoleggio. Come le strade asfaltate, anche quelle sterrate sono tenute in ottime condizioni.

Il primo punto di interesse lungo il tragitto, a parte i panorami mozzafiato fra i tornanti in discesa, sono le cascate di Dynjandi, molto meno presenti di altre su Google Immagini, (queste strade sono molto meno battute rispetto alla N1) ma non meno spettacolari, sono le più imponenti della regione. Sono composte da 7 differenti salti, con un’altezza di circa 100 mt. Mi ricordano un velo da sposa.

E possibile salire in cima ma purtroppo il tempo è tiranno e dobbiamo proseguire dopo essere arrivate un po’ prima della metà. Successivamente è molto suggestiva la spiaggia di Breiðavík, detta anche “i Caraibi d’Islanda”. La sabbia è di un bel colore dorato, con il sole deve essere splendida. Non abbiamo tempo di deviare e scendere sino al litorale, ma il gia con il cielo cupo il colpo d’occhio dalla strada soprastante è eccezionale.

Finalmente approdiamo, accolte da un vento incredibile, al promontorio di Latrabjarg, il punto più occidentale d’islanda e d’Europa, popolato di avifauna, primi fra tutti i simpatici puffins, o pulcinelle di mare, ma anche gabbiani, sule, cormorani e gazze marine. La Lonely Planet dice che si possono anche avvistare le foche sulle rocce in mare, ma non siamo state fortunate. Lasciata l’auto al parcheggio, è possibile percorrere un sentiero sul perimetro delle scogliere, che si estendono per una decina di chilometri. Non ci sono bagni, per cui è meglio pensarci prima di arrivare 🙂 ricordo di aver visto dei gabbiotti adibiti a tale uso sulla sinistra andando in direzione di Latrabjiarg, poco dopo aver lasciato la spiaggia di Breiðavík. Non si può sbagliare, sono segnalati, ed in ogni caso c’è sempre qualche macchina parcheggiata davanti.

Raggiungiamo la nostra guesthouse di Reykhólar verso le 21.30. (una singola 60 Eu tramite Booking). Avendo avvisato del ritardo i nostri hosts, non troviamo nessuno ad accoglierci, ma la porta di ingresso è comunque aperta, con le chiavi infilate nella toppa. Ci troviamo in un edificio annesso ad una fattoria, isolato, splendidamente silenzioso, con una magnifica vista dalle finestre della cucina e della sala.

Il mattino successivo, durante la colazione, il simpatico proprietario viene a farci visita, e ci delizia con una serie di aneddoti e consigli sulle cose interessanti da visitare nei dintorni. Il tempo è in ripresa, ma non ancora del tutto stabile.

In certi tratti gli elementi della natura ci graziano, liberandoci dalla pioggia durante la nostra tappa a Stykkishólmur, nella parte nord della penisola di Snæfellsnes, villaggio popolato di gabbiani, con grande coscienza ecologica ed economia basata su turismo e pesca. Il ferry Baldur congiunge la città con Brjánslækur, ma sinceramente su queste litoranee preferisco guidare, piuttosto che navigare. Riesco a godermi molto di più i paesaggi. Ecco comunque il link dove trovare orari e prezzi. Passeggiamo lungo la penisola di Sùgandisey, alle spalle del porticciolo.

Il maltempo però ci flagella nuovamente alle fotografatissime cascate di Kirkjufellsfoss. Trovare un posto per lasciare l’auto qui è un’impresa. Mi spiace segnalare che molti turisti di origine asiatica, apriamo una parentesi, che in genere guidano da cani, forse non abituati alle strade strette e tortuose, parcheggiano a ca@@o ovunque, anche nei posti dove ci sono segnali di divieto, e fregandosene se il loro mezzo ostacola le manovre ed il rientro in strada degli altri.

E’ definitivamente rasserenato nel tardo pomeriggio, quando raggiungiamo la nostra guesthouse a Rif, vicino ad Ellissandur. Gamla Rif, una doppia 102 Eu prenotata tramite Booking

Ci dirigiamo verso Ellissandur. Una splendida luce calda ci allieta mentre scarpiniamo in un paesaggio vulcanico sino ad un belvedere situato nel cratere di Saxhòll. Si tratta di una breve e facile camminata, il sito è raggiungibile con un strada sterrrata breve che si dirama dalla N1, e per arrivare in cima hanno addirittura costruito delle rampe di scale.

Rientrando, passeggiamo in spiaggia, sempre ad Ellissandur, e visitiamo la chiesetta di Ingjaldshóll, che si dice sia stata visitata da Cristoforo Colombo nel 1477, e poi i vivaci murales.

Al bivio fra la N1 e la strada che conduce al porto ci tratteniamo in ammirazione davanti a pozze d’acqua e stagni popolati di uccelli, ci sono anche dei capanni per osservarli senza arrecare loro disturbo.

La nostra guesthouse ci accoglie verso le 21, ci prepariamo la cena e ci rilassiamo.

Il mattino seguente, finalmente con uno splendido sole, abbiamo raggiunto Djúpalónssandur, o black lava pearl beach, cui dedichiamo parecchio tempo, camminando dapprima sull’arenile partendo dal sentiero di Nautastigùr, ossia il sentiero del toro, attraverso enormi formazioni di lava. Da un orifizio situato all’interno di una rupe denominata Gatklettur si riesce a vedere il ghiacciaio Snæfellsjökull. Il macigno più grande, dalla forma quadrata, con un colore più tendente al mattone (si vede nelle foto), è detta Söngklettur (la roccia che canta). Si dice che sia una chiesa degli elfi. Secondo le leggende new age, è bene non arrampicarsi su questi massi eletti a dimora dagli elfi, la disobbedienza genera una lunga sequela di sfortune. Inoltre, le saghe islandesi raccontano che alcune di queste rocce fossero in passato dei trolls, trasformatisi appunto in sassi dopo aver visto la luce del giorno. E’ possibile inoltre camminare anche sui costoni che circondano la spiaggia.

Fiancheggiamo quindi lo Snæfellsjökull (il monte Snæfell su cui il ghiacciaio si trova è citato anche nel libro di Jules Verne “Viaggio al centro della Terra”), prima di giungere ai faraglioni di basalto di Londrangar.

Arriviamo poi al villaggio di Hellnar dove abbiamo ammirato le scogliere popolate di gabbiani, e Arnarstapi, dove abbiamo pranzato.

Hellnar ed Arnastapi, oltre che dalla N1, sono collegate da un sentiero costiero che immagino meraviglioso, a giudicare da ciò che si vede guidando.

Poco dopo, altri splendidi panorami a Langaholt.

Dopo un’altra sosta a Borgarnes e Akranes, abbiamo finalmente raggiunto la capitale Reykjavík, alla cui vista da distante pare una metropoli, e la nostra guesthouse prenotata con Air BnB, molto vicina al centro (111 Eu una doppia). Per cena, abbiamo deciso per una volta di non cucinare (la nostra guesthouse è comunque fornitissima di roba lasciata da altri guests) e provare le prelibatezze locali in un bistrot molto rinomato su Tripadvisor, Icelanding street food, ma non siamo rimaste particolarmente colpite. La mia purea di stoccafisso e patate, simile al brandacujun ligure, era passabile, ma niente di che. La zuppa di gamberetti di Cristina direi di no, una specie di liquame, poco denso, dove galleggiavano tristi pochi crostacei. Trascorriamo la serata ed il giorno successivo alla visita della città, che a dire il vero non mi entusiasma. Le zone che ho preferito sono quelle intorno al vecchio porto, le passeggiate intorno al bacino di Tjornin, e le architetture dell’Harpa Concert Hall and Cultural Centre.

Ci sono comunque parecchie possibilità di shopping per chi, come me, ci si dedica sempre all’ultimo secondo, lungo la Skólavörðustígur, la via che dal centro arriva alla Hallgrímskirkja, la cattedrale che l’architetto Guðjón Samúelsson ha progettato ispirandosi alla cascata di Svartifoss, e le vie attigue.

Visto che il volo di rientro è alle 8 di mattina, trascorro l’ultima sera nei dintorni dell’aeroporto, in un ottimo Air BnB con singola scovata a 33 EU. L’indomani mattina, le procedure di restituzione del mezzo all’autonoleggio sono velocissime, mentre invece in aeroporto si formano lunghe code per i check-in. Ho come l’impressione che la capacità di accoglienza della struttura non sia più proporzionata al flusso di passeggeri da gestire, in costante crescita.

LA RINGROAD IN ISLANDA

La stragrande maggioranza degli stranieri che visitano l’Islanda si mantiene sulla strada perimetrale che percorre le coste dell’isola ad anello. L’asfaltatura è stata completata negli ultimi anni, ed il manto stradale è in perfette condizioni, nonostante le avversità del clima. Il periplo completo, correndo un po’, alcuni riescono a completarlo anche in una settimana, in estate. In due settimane, io sono riuscita a vedere, un po’ velocemente, purtroppo, anche i fiori occidentali. Alcuni segmenti di strada in questa regione non sono asfaltati, ad esempio la strada 612 che arriva a Latrabjarg partendo dal bivio con la 62. La tappa più lunga del mio itinerario, ma direi che ne è valsa la pena, nonostante il tempo non proprio clemente, è stata proprio Ísafjörður – Reykhólar, dove siamo arrivate dopo le 21, stanche morte. Non eravamo le sole a guidare una semplice auto a due ruote motrici su queste strade, ma quelle contrassegnate dalla F sono obbligatoriamente percorribili solo dai veicolo con trazione integrale, e, dopo averne visto l’imbocco di alcune, mai mi sarei sognata di avventurarmici! Noi abbiamo deciso di percorrere l’anello in senso antiorario, ed abbiamo dedicato più giorni al sud, rispetto al nord, anche perchè qui si trova la maggior parte delle attrazioni più turistiche. Nella parte meridionale dell’Islanda abbiamo trovato un tempo decente, e temperature accettabili, sui 14/15 gradi. Da Egilsstadir in poi, per via delle condizioni meteo avverse, non siamo riuscite a completare il nostro programma di viaggio. Da Þórshöfn, ad esempio, abbiamo tirato dritto tagliando la penisola sino a Kopasker, senza percorrere la frastagliata costa. La camminata nel canyon di Asbyrgi e la passeggiata a Dettifoss sotto una pioggia battente non sono state il massimo, ma forse proprio grazie alle avverse condizioni abbiamo percepito la bellezza selvaggia dell’Islanda in tutta la sua gloria. Ad Akureyri non siamo riuscite a vedere le balene, tutti i tours erano stati annullati per via del mare mosso. Anche la penisola di Tröllaskagi non l’abbiamo percorsa, intanto era tutta avvolta nella nebbia, e non si vedeva nulla.

Questo il mio itinerario: Skalholt – Vik – Kirkjubæjarklaustur – Hof – Höfn – Egilsstaðir – Asbyrgi – Myvath – Akureyri – Laugarbakki – Ísafjörður – Reykhólar – Hellissandur – Reykjiavik – Keflavik

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