Le figlie di Eolo

Alla scoperta delle isole di Andros e Tinos
Scritto da: giubren
le figlie di eolo
Partenza il: 03/07/2020
Ritorno il: 19/07/2020
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
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Premessa – viaggiare in tempo di COVID significa accettare rischi ma anche rispettare tutte le regole di contenimento della pandemia che non mirano a discriminare, ma a tutelare la salute pubblica del Paese ospitante. Viaggiare nei primi giorni di luglio verso le isole (ad oggi rimaste immuni dal contagio) ha comportato una certa ansia relativamente alla modalità applicativa delle nuove norme che il governo greco aveva fatto entrare in vigore dall’inizio del mese, disponendo test a campione sui turisti in arrivo. Già prima di metterci in viaggio delle rassicurazioni ci erano state date dal proprietario degli studios di Batsi (Andros), per cui siamo partiti piuttosto tranquilli. Al nostro arrivo all’aeroporto di Atene non siamo stati sottoposti al tampone, per cui tutto è iniziato nel migliore dei modi e senza inconvenienti di sorta. Smaltire lo stress accumulato nei mesi antecedenti la partenza non è stato facile, ma sono stati soprattutto i greci ad averci aiutato, invitandoci a smettere di parlare della pandemia e di pensare solo alle nostre vacanze…

Albeggia sul porto di Rafina; il nostro traghetto parte la mattina presto raggiungendo Gavriosull’isola di Andros in circa 2 ore. Andros è per estensione la maggiore delle Cicladi dopo Naxos e si localizza nella parte settentrionale dell’arcipelago, risentendo dell’influenza culturale ed architettonica delle isole poste più a nord. A differenza delle sue consorelle cicladiche, Andros ha un paesaggio verdeggiante e ricco di fonti d’acqua, per cui boschi di platani ed agrumeti crescono rigogliosi nelle vallate e sulle scoscese montagne dell’entroterra.

L’antica città dell’epoca classica sorgeva sulla baia dell’attuale Paleopoli; ben poche sono le rovine superstiti, tuttavia il sito è visitabile percorrendo un piacevole percorso di trekkinged il locale museo archeologico aiuta a farsi un’idea dell’antica ricchezza dell’isola, tanto che l’imperatore Nerone sottrasse dal sito diverse statue per abbellire le sue residenze a Roma.

Raggiungiamo Batsi, la cittadina che di solito accoglie la gran parte dei turisti stranieri e che si trova a pochi chilometri dal porto. Le strutture sono occupate solamente al 20% e gran parte dei visitatori sono ateniesi che amano nel fine settimana recarsi nelle isole prossime alla capitale.

Gli edifici hanno il caratteristico aspetto cicladico, ma con tetti di tegole rosse e sono raccolti attorno alla chiesa principale ed al porto, dove attraccano pescherecci ed imbarcazioni private.

Batsi è sicuramente il luogo più animato dell’isola, con i suoi ristoranti e locali eleganti ma rimane – come l’intera Andros del resto – un posto estremamente tranquillo anche in tempi normali, oltre ad essere una buona base per esplorare l’isola e le sue spiagge poste più a nord, in particolare Agios Petroscon un arenile molto ampio ed acque tranquille.

Meritano le baie di Vitali e di Zorkas, soprattutto nelle giornate senza vento, per le sfumature dei colori del mare grazie alla presenza di ciottoli bianchi e grigi. Per raggiungerle, si percorrono piacevoli strade fiancheggiate da paesaggi verdi di bassi cespugli spinosi che terminano con qualche chilometro di sterrato. Lungo il tragitto, si incrocia la torre ellenistica di Agios Petros che ancora troneggia con i suoi 20 metri d’altezza, fiancheggiata da due cappelle cristiane. Rispetto a similari edifici presenti su altre isole, la torre appare ancora in ottimo stato di conservazione.

Il centro abitato maggiore nel sud dell’isola è Korthi, con un lungomare di piccoli ristoranti (quasi tutti vuoti vista l’assenza degli stranieri). Da qui, inerpicandosi sulle vicine montagne, raggiungiamo il Pano Kastro, altrimenti noto come Kastro Faneromenis. Trattasi dei resti del più grande castello medioevale costruito dai veneziani durante il dominio della Serenissima sulle Cicladi su preesistenti strutture romane. Sorge in un promontorio a picco sul golfo di Korthi (Ornos Korthiou) ed aveva la fama di essere imprendibile. La leggenda vuole che i turchi riuscissero ad occuparlo grazie al tradimento di una donna anziana che poi, per il rimorso, si gettò in mare rimanendo pietrificata. In prossimità infatti si trova la spiaggia battezzata con il singolare nome di Gries to Pidìma(il salto della vecchia), con uno sperone di roccia che si erge sulle acque.

Da Batsi ci trasferiamo nella Chora di Androsper le nostre ultime 2 notti.

Il centro principale dell’isola si trova esattamente sulla costa opposta a quella dove sorgeva l’antica polis. Lungo la strada, facciamo una breve e rinfrescante deviazione nel villaggio di Menites, immerso in una fitta boscaglia di platani e cipressi con scroscianti sorgenti. Caratteristica la fontana da cui sgorga l’acqua da teste di leone, che tanto ricorda quella del villaggio cretese di Spilì, di chiara ispirazione veneziana.

La Chora è ricca di edifici storici in stile neoclassico e cicladico, con chiare influenze venete e turche, costruiti su una stretta penisola che si allunga verso l’Egeo. All’estremità, un vasto piazzale immerso di luce ospita il museo marittimo e una grande statua di bronzo dedicata ai marinai, che da qui salpavano verso i porti del Mediterraneo orientale.

Con l’indipendenza greca, il porto di Andros divenne il secondo per importanza del Paese e ciò spiega il notevole benessere che questo centro raggiunse negli anni ’30. Durante il secondo conflitto mondiale la Chora venne pesantemente bombardata dai tedeschi: il forte veneziano (Kato Kastro), costruito su un isolotto collegato all’estremità della penisola da un piccolo e caratteristico ponte di pietra, riportò gravissimi danni ed appare oggi totalmente in rovina: qui vi si era stabilito Marino Dandolo, il conquistatore veneziano dell’isola, e fino al 1943 era rimasto pressoché integro.

La cittadina conserva un aspetto genuino con i suoi vecchi negozi cristallizzati agli anni ’70 lungo la strada pedonale e la tipica taverna Platanos, che da circa 2 secoli sforna i piatti tipici dell’isola a prezzi modici. Nella platìaè stato realizzato lo straordinario museo archeologico che espone mirabili collezioni che vanno dal Paleolitico all’epoca bizantina. Il pezzo forte è la magnifica statua dell’Hermes di Andros, inizialmente esposta ad Atene e poi restituita all’isola in cui venne dissotterrata. La statua è una replica in marmo ben conservata di una bronzea attribuita a Prassitele.

A breve distanza c’è un’altra notevole esposizione di arte moderna dove sono raccolte diverse opere di artisti greci della diaspora.

Molto interessante persino il cimitero dove gli armatori nel corso dell’800 hanno realizzato grandiose tombe monumentali in marmo.

Alloggiamo in un piccolo albergo realizzato in una vecchia villa neoclassica, proprio all’inizio della strada pedonale. Trasferirsi nella Chora ci ha permesso di apprezzare meglio i ritmi rilassati del vecchio centro storico, oltre che gli interessanti dintorni. Oltrepassato il caratteristico villaggio di Stenies, nella località di Apikiasi possono visitare le fonti Sarìza, dove l’acqua viene imbottigliata e distribuita nel Paese. Con un breve trekking, si raggiungono le cascate di Pitharainserite in un contesto bucolico e verdeggiante del tutto insolito.

Sui crinali delle montagne a nord della Chora, raggiungiamo alcuni dei monasteri di Andros. Il primo è Agia Irini, realizzato in pietra d’ardesia in epoca medioevale e chiuso dagli ottomani per incamerare i beni ecclesiastici oltre che per controllare meglio i monaci concentrandoli in strutture più numerose. Caduto in rovina, i restauri sono terminati solo nel 2016 ed oggi il monastero, non più in funzione, ospita piccole esposizioni dedicate ai minerali dell’isola, alla botanica, agli strumenti musicai e alla storia della scrittura.

Monì Agios Nikolaos, più appartato, è abitato da 4 monaci piuttosto severi. È permesso l’accesso solamente al katholicon(la chiesa principale), impreziosito da un’antica iconostasi e da una icona miracolosa della Vergine che sprigiona un intenso profumo di rose.

Lasciamo Andros e ci imbarchiamo per Tinos, l’isola delle colombaie e nota agli ortodossi per essere un’importante luogo di pellegrinaggio. La Chora ha un aspetto piuttosto moderno con pochi angoli caratteristici, ma acquista in bellezza soprattutto se osservata dall’alto apparendo come un abbacinante conglomerato di case bianche sul mare. Dal porto una strada in salita conduce al grande Santuario della Panagia Evangelistria; sul lato destro corre una lunga guida che permette ai fedeli più osservanti di percorrere in ginocchio l’intero percorso fino alla sacra icona della Vergine, custodita all’interno della chiesa. La domenica, mentre nel grande cortile riecheggiano le litanie bizantine della messa, una lunga fila di persone omaggia l’icona, ricoperta di gioielli. Dal soffitto pendono ex votodi ogni genere, a testimonianza delle grazie ricevute.

L’edificio principale, affiancato da scalinate monumentali, è stato realizzato nell’800 a seguito del ritrovamento dell’icona in un pozzo, esattamente nel luogo che la Vergine, apparsa ad una monaca, aveva indicato. La sacra immagine raffigura l’annunciazione e pare risalga al periodo in cui il cristianesimo incominciò a diffondersi nelle isole dell’Egeo.

Su una collina sovrastante la Panagia Evangelistria si trovava l’Acropoli di Tenos, il centro di epoca classica, i cui manufatti più pregevoli sono custoditi nel locale museo archeologico. A qualche chilometro di distanza dalla Chora, nei pressi della località di Kionia, rimangono i resti del basamento del Tempio dedicato a Poseidone e ad Anfitriti, di stile dorico arcaico. Sono stati ritrovati anche i resti di una fontana, di una Stoà e di un altare, a testimonianza della sacralità dell’isola intesa sin dall’antichità come luogo di pellegrinaggio, poi perpetuatosi in epoca cristiana.

Kionia sarebbe stata la nostra base principale. Qui la crisi del turismo è più palpabile e molte delle case in affitto e dei ristoranti sulla spiaggia sono malinconicamente vuoti. In questa località si estende una stretta spiaggia sabbiosa ma ci sono anche piccole calette di ciottoli, come quella di Agios Markossu cui incombe l’omonima bianchissima chiesetta.

Tinos è nota per il forte meltemiche spira durante i mesi estivi e che talvolta rende difficilmente praticabili le spiagge del versante affacciato verso Mikonos. Alzandosi la sabbia, i lettini finiscono per essere indispensabili ed è necessario cercare i litorali meno esposti: la spiaggia di Agios Romanosè senz’altro quella più riparata ed attrezzata con un frequentatissimo beach bar. Altre spiagge invitanti sono quelle delle baie di Kardiani ed Isternia oltre ad Agios Fokassubito a sud della Chora che termina con il promontorio di Vriokastro. Oltre il promontorio, su cui sono stati ritrovati i resti di un antichissimo insediamento paleolitico, abbiamo quasi per caso “scoperto” una scuola di belle arti ad accesso libero circondata da bianche sculture moderne.

Un luogo estremamente fotogenico quanto terribilmente esposto alla furia di Eolo.

Malgrado i possibili inconvenienti dovuti alle giornate di forte vento, l’isola di Tinos è una meravigliosa destinazione per i suoi numerosi villaggi bianchi (se ne contano una cinquantina) oltre che per le chiesette sparse su tutto il territorio, che creano scorci pittoreschi.

Gli edifici più caratteristici di Tinos sono però le colombaie: attualmente se ne contano almeno 500 su tutta l’isola ed ognuna si caratterizza per il proprio stile peculiare. L’edificazione di queste singolari strutture pare risalga all’epoca veneziana che durò 3 secoli. L’agricoltura cercò di sfruttare al massimo gli spazi, così come evidenziato dai numerosi terrazzamenti contornati da muri a secco; l’apporto proteico degli abitanti non riuscì ad essere interamente soddisfatto dagli allevamenti di ovini e bovini, per cui le colombe furono la giusta soluzione anche per la produzione di fertilizzante.

La colomba, sacra alla dea Afrodite e intermediario divino che annunciava il fato ai comuni mortali, divenne in epoca cristiana messaggero di pace e, nell’iconografia tradizionale, simbolo della Santa Trinità. I bianchi volatili così, fonte di sostentamento ed infaticabili messaggeri con le altre isole, trovarono a Tinos dei sontuosi ripari ed i locali artigiani si sbizzarrirono nel decorare le colombaie con intricati merletti in ardesia e marmo che ancora oggi si trovano sparpagliate non solo nei villaggi ma anche sui picchi e gli angoli più remoti.

La maggiore concentrazione di colombaie si trova nei pressi di Tarambados, in una piccola vallata retrostante il villaggio oltre che ai piedi di Agapi. AKampos, piccolo centro di case bianche e vicoli ombreggiati, sorge lo straordinario museo di arte moderna dedicato all’artista locale Costas Tsoclis.

L’esplorazione dei villaggi dell’entroterra rappresenta senz’altro una delle attività più piacevoli a Tinos, ognuno sembra avere un carattere proprio che lo contraddistingue dagli altri, seppur nella riproposizione del più puro stile cicladico. Candide salite, antichi lavatoi e piazzette collegate da sentieri coperti lastricati con chiesette imbiancate a calce lasciano senza fiato non sapendo dove posare gli occhi o l’obiettivo.

Inoltrandosi nei vicoli tranquilli e silenziosi, ci si ritrova al riparo dal meltemi. Alcuni villaggi hanno ristoranti caratteristici dove poter assaggiare piatti della tradizione isolana, una valida alternativa ai vivaci locali della Chora dove si concentra gran parte della movida.

Ci sono paesi più noti (come Tripotamos, Triantaros, Falatados, Dio Choria), altri meno tuttavia conviene fermarsi anche in quelli meno segnalati qualora dovessero catturare l’attenzione.

Vale la pena non mancare Volax, il villaggio dei cestai (tutt’ora in attività), circondato da un altipiano di singolari massi tondeggianti che i locali chiamano meteoriti. La platìaha diversi ristoranti e piccole rivendite di miele prodotto localmente. Alcune porte di case abbandonate sono state decorate con delle poesie.

Sbarrato l’accesso dei turisti invece al monastero di Kechrovouni (Monastiri) causa COVID, per tutelare da possibili rischi la salute delle anziane monache che vi risiedono.

Ai piedi del monastero cattolico del Sacro Cuore si raggiunge Exonvurgo, la montagna a 600 metri dal livello del mare e che contraddistingue il profilo dell’isola. Sulla cima, dove c’era una grande fortezza veneziana circondata dal centro abitato, oggi domina una grande croce di marmo.

Nel 1715 la guarnigione veneziana preferì arrendersi agli ottomani, tuttavia la cessione fu il frutto di un accordo che permise all’isola di autogovernarsi mantenendo costumi e tradizioni propri. I turchi non si insediarono mai sull’isola, limitandosi ad esigere i soli tributi, per cui Tinos continuò a prosperare sviluppandosi nella manifattura e nel commercio.

La fortezza venne fatta saltare dai turchi per evitare che gli antichi occupanti se ne potessero riappropriare, riducendola ad un cumulo di modeste rovine. Dall’alto, nelle giornate terse, è possibile scorgere persino il profilo di Santorini oltre che delle altre isole più vicine.

Lungo la costa sud-ovest, il villaggio Kardianisi affaccia sul mare, biancheggiando sull’omonimo golfo. Nel cuore del paesino, un delizioso caffè accoglie i visitatori con i suoi tavolini nei vicoli.

Segue Isternia, nota per i suoi sunset-baraffollati all’ora del tramonto. Mentre si sorseggiano cocktails cullati da musica lounge, spazia la vista sulle Cicladi vicine, molte delle quali visitate negli anni passati. Quei contorni sull’orizzonte fanno affiorare i ricordi delle estati precedenti con la malinconia del tempo che passa… ma osserviamo anche Siros (la più prossima) e le retrostanti Kithnos e Kéa in cui ancora non ci siamo recati.

Appena superato il villaggio di Isternia, la strada degrada sul versante opposto di Tinos. Prima della discesa, compare una fila di mulini in rovina e la chiesa dedicata a Sant’Atanasio dalla facciata in marmo, circondata da altre cappelle minori ed un faro.

Raggiungiamo Pyrgos, il villaggio più turistico dove trascorriamo 2 notti in un bellissimo appartamento a due piani, con terrazze che si affacciano sulla campagna di ulivi sul retro e davanti sul vicolo fiorito di bougavilles e la chiesa principale. Pyrgos è noto per le sue cave di marmo di alta qualità che hanno richiamato moltissimi artisti presso la locale scuola di scultura. Con l’indipendenza greca e l’esigenza del nuovo Stato a darsi un carattere più specificamente legato al glorioso passato, si diede un ulteriore impulso allo stile neoclassico per abbellire e caratterizzare i principali centri amministrativi nazionali.

Nel centro del villaggio un museo raccoglie i calchi in gesso di opere realizzate dagli scultori tiniani ed in prossimità è stata conservata la casa di Yannoulis Halepas, con i suoi bozzetti e l’atelier dove l’artista (il più noto tra i neoclassici) realizzava le sue opere.

In questo luogo il marmo è un po’ dovunque, anche la fermata del pullman e gli stipiti delle porte sono realizzate con il prezioso materiale. La platìaha anch’essa una fonte monumentale in marmo bianco ed è affollata sul far della sera dagli avventori dei piccoli caffè ombreggiati da un grande platano secolare.

A pochi minuti di macchina si raggiunge il porticciolo di Panormos, un incantevole borgo marinaro incastonato sulla costa settentrionale. La località è nota per gli ottimi ristorante di pesce ed i tavoli posizionati a ridosso della banchina. Da qui si raggiungono facilmente le spiagge sabbiose diThalassae di Rochari. Quest’ultima dispone sull’ampio litorale di teloni di canapa che consentono di mettersi al riparo – se necessario – dal forte vento e di un allegro beach bardall’aria fricchettona. Nei pressi dell’isolotto di Planitis, sul cui braccio di mare che lo separano dal corpo principale di Tinos spira un forte meltemi, c’è la spiaggia di Kavalourkodalle bizzarre formazione rocciose venate di marmo.

Su una scogliera è stato scolpito il profilo di Eolo, il re dei venti… sicuramente non poteva esserci un luogo più suggestivo ed appropriato per la sua realizzazione.

Le nostre due settimane di vacanza sono già terminate; il traghetto ci riporta in tre ore al porto di Rafina sul far della sera e poi, un volo semivuoto alle prime ore del mattino, in Italia.

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Pyrgos



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