Un weekend nella regione che non esiste: il Molise
Il Molise è una terra misconosciuta. Nonostante la vicinanza era… l’unica regione italiana in cui non avevo mai messo piede. Poi la scoperta di siti archeologico/monastici interessanti. E il New York Times che lo annovera tra i 52 posti nel mondo (sì, nel mondo) da non perdere nel 2020. Buoni motivi per partire alla scoperta.
Da Roma, puntando verso sud si arriva in meno di due ore.
La prima tappa è l’Abbazia di San Vincenzo al Volturno, vicino a Venafro, già in provincia di Isernia, ai bordi della porzione molisana del Parco nazionale d’Abruzzo, nella valle ai piedi delle Mainarde. È il complesso benedettino più vasto dell’alto medioevo, un vero e proprio Parco archeologico che racconta la ricchezza e la potenza del luogo in epoca carolingia, scoperto casualmente nella prima metà del ‘900 per un incidente occorso a un contadino della zona. Qui, nella cripta di Epifanio sono stati rinvenuti affreschi risalenti al IX secolo, che è possibile ammirare in piccolissimi gruppi e per non più di qualche minuto: sia per preservarli che per gli spazi angusti. Ma tutto il complesso monumentale risulta di grande interesse: gli scavi archeologici hanno portato alla luce luoghi di culto e ambienti diversi che ricalcano i tipici spazi attorno ai quali si organizzava la vita monastica, la cui ampiezza testimonia l’importanza del sito. Stupiscono sotto questo profilo il refettorio che poteva ospitare ben 300 commensali e la Basilica Maggiore. Il percorso nel Parco archeologico è scandito da cartelli esplicativi ben congegnati, le cui informazioni sono rese disponibili anche in rete con brevi audioguide, cui collegarsi tramite QR. È un sistema che consente di acquisire le informazioni utili alla lettura dei resti e non fa rimpiangere di non aver organizzato la visita con l’ausilio di una guida. A poche centinaia di metri dal Parco archeologico, sull’altra sponda del Volturno si trova la chiesa attuale, ricostruita nel ‘900 sulla base di una chiesa abbaziale risalente al periodo romanico, nel tempo andata distrutta. Dal punto di vista artistico la chiesa non riveste grande interesse, ma si colloca in un bel contesto ambientale e paesaggistico, preceduta da un ampio prato verde e dai resti di un porticato in pietra. Il Volturno ha la sua sorgente nelle vicinanze. Qui è un piccolo fiume, poco più di un torrente, dalle acque limpide che lasciano trasparire la ricchezza di piante acquatiche che crescono sul suo letto.
Ci addentriamo verso nord-est in un paesaggio boscoso e verdissimo, punteggiato da paesi arroccati giusto sotto le cime dei monti: tanti i castelli che si vedono in lontananza. Siamo diretti verso Castel del Giudice e la strada percorre il confine con l’Abruzzo. Costeggiamo l’Altopiano delle Cinque Miglia e facciamo una breve sosta a Castel di Sangro.
A Castel del Giudice abbiamo trovato una sistemazione in un albergo diffuso: è un tipo di ospitalità che abbiamo sperimentato in altre occasioni e che in genere consente di recuperare le costruzioni abbandonate di piccoli borghi. E questo è uno dei motivi per cui la preferiamo. Anche qui è stata condotta un’operazione è di questo tipo, con il restauro delle case situate in una parte del paese, che si raccolgono attorno a un vasto spiazzo nel quale sono state mantenute le fontane che una volta fornivano l’acqua. Il lavoro fatto è molto accurato e l’ambientazione veramente gradevole. Colpisce solo la “separazione” esistente tra il borgo dell’albergo diffuso e il paese Castel del Giudice: due luoghi contigui, ma separati. Abbiamo fatto una passeggiata lungo le ripide stradine del paese e abbiamo incontrato pochissime persone, tutte anziane, gentili e sorridenti, disponibili a parlare, che amano questo luogo dove hanno le proprie radici, ma lamentano la mancanza di bambini e di fatto … di un futuro. Tantissime case sono disabitate e qualcuna sta andando in malora. Altre, più vecchie, del tutto diroccate.
Il giorno dopo siamo diretti verso Agnone. Complice un errore nell’imboccare la strada giusta, passiamo per strette strade interpoderali, pressoché deserte. Continuiamo a salire e la strada passa in mezzo a prati coltivati a foraggio. Il paesaggio è ampio. In lontananza, oltre il limite dei boschi, si notano formazioni rocciose a strapiombo.
Arriviamo a Pescopennataro a 1275 metri di altezza. Rimaniamo colpiti da un imponente sperone roccioso che sovrasta il paese a cui sono abbarbicate alcune costruzioni. Decidiamo di fermarci e fare un giro. Il panorama che si ammira dalla cima del paese è vastissimo: è una bella giornata limpida e in fondo verso est, per un lungo tratto si vede chiaramente l’azzurro dell’Adriatico. È domenica, non ci sono molte persone in giro: un gruppo di escursionisti, qualche persona anziana, qualche bambino. Incontriamo un paio di botteghe artigiane, sono aperte. Entriamo. Facciamo qualche domanda per cercare di capire come si vive a Pescopennataro. Lo spopolamento di questi paesi è il refrain che ci viene ripetuto, ma anche il desiderio di tornare alla propria “base”, vuoi per motivi affettivi, vuoi per motivi economici: la vita in un paese di questo tipo costa comunque meno di quella di città e un’attività artigianale avviata si può svolgere anche qui. Certo, c’è la solitudine e d’inverno, un gran freddo.
Alla fine siamo ad Agnone: è una cittadina vivace, la strada principale affollata. Il centro storico si sviluppa lungo il crinale della collina: è curato e ben preservato. Tantissime le chiese, molte chiuse. La passeggiata è molto gradevole. I negozi aperti consentono di approfittare per l’immancabile acquisto di prelibatezze locali, tra cui gli ottimi latticini dello storico caseificio Di Nucci, vincitore di premi nazionali.
Proseguiamo ancora verso est per raggiungere Roccavivara e il santuario di Santa Maria di Canneto, ormai in provincia di Campobasso. È la chiesa, che risale all’XI-XII secolo, di un complesso abbaziale benedettino ormai scomparso. È immersa in un giardino ben curato ed è un piccolo capolavoro di arte proto-romanica: gli altorilievi dell’ambone all’interno e della lunetta all’esterno costituiscono il tipico esempio di scultura religiosa romanica che affascina con il suo primitivismo delle forme. Accanto alla chiesa, scavi archeologici hanno portato alla luce i resti di una villa rustica romana.
Lungo la via del ritorno ci fermiamo a Bagnoli sul Trigno, ancora un paese abbarbicato a uno sperone di roccia, dominato dai resti di un castello medievale.
Percorrendo con l’auto strade secondarie incontriamo a più riprese indicazioni del passaggio di “tratturi”, le vie della transumanza che consentivano ai pastori abruzzesi e molisani di portare le pecore a svernare in Puglia. Ci ripromettiamo per una futura visita della zona di recuperare maggiori informazioni.
Il nostro primo “assaggio” del Molise è stato ampiamente soddisfacente. I paesaggi sono splendidi. I paesi sono tenuti con cura, pieni di fiori e pulitissimi, anche se spesso abbiamo notato un … abuso di alluminio anodizzato. Complice l’altitudine non abbiamo sofferto il caldo (meta adattissima quindi in piena estate). Avevamo altre indicazioni di siti archeologici che abbiamo preferito rinviare a una prossima visita, per evitare l’esperienza del “mordi e fuggi”. Le persone con cui abbiamo parlato sono comunicative e disponibili a raccontarsi e a raccontare i propri luoghi. Concordiamo con il New York Times: una regione che vale la pena scoprire.