Thailandia, paradiso all’improvviso

Spiagge da sogno, siti archeologici mozzafiato e sorrisi sconfinati
Scritto da: federica21
thailandia, paradiso all'improvviso
Partenza il: 06/12/2019
Ritorno il: 20/12/2019
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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Sono del parere che ci vorrebbero delle ferie per pianificare un viaggio, poi altre ferie per fare la valigia forse con un attimo più di calma invece che “traventare” due paia di costumi dentro a casaccio quando sei già sull’uscio di casa e hai già chiuso la manopola del gas.

Uno strano silenzio accompagna l’atterraggio in terra cinese per uno scalo che è più una sosta perché dobbiamo uscire, cosa che non è stata poi così tanto semplice tra impronte digitali e altri millemila controlli, riprendere il bagaglio, per poi rientrare e riconsegnare il bagaglio al desk per un altro check in. Altra fila, altro volo per atterrare finalmente a Bangkok e dopo mille peripezie raggiungiamo anche l’hotel a pochi metri dalla metropolitana. Camera pulita, spaziosa e silenziosissima: una buona base d’appoggio per goderci al meglio la città. È tardi, siamo provati da un viaggio lunghissimo, ma abbiamo una spasmodica voglia della prima volta con la cucina Thai. I profumi acuti e i vapori ti entrano nel naso, nella gola e gli occhi che non smettono di bruciare. Poi si placano e sembra tutto più familiare.

Non lontano dal nostro hotel c’è un centro commerciale immenso dove al pian terreno è riprodotto un floating market di street food prettamente Thai e lei è così carina e prepara delle bellissime zuppe fumanti e profumate attingendo da ciotole colme di vari ingredienti e attira la nostra attenzione. La mia zuppa tradizionale (70b) mi fa innamorare all’istante; i gamberetti essiccati, le foglie di combava, le polpettine di carne e i noodles si amalgamano in un sapore agropiccante unico. Come si dice love at first sight. Con Le labbra ancora piacevolmente informicolate ci dirigiamo all’uscita sul fiume dove è tutto addobbato e illuminato per natale e scopriamo che Icon Siam (il nome del centro commerciale) ha una barca a motore che fa la spola gratuitamente fino all’altra sponda del fiume. E perché l’impatto sia forte ci facciamo anche gran parte di China Town, con la miriade di bancarelle del cibo più disparate, incorniciato dalle insegne luminose e dal traffico della via, tra i clacson, lo sfigolio dell’olio bollente e il rumore delle scodelle sui tavolini. I tuoi sensi, tutti, si sentono come un calzino dopo la centrifuga della lavatrice. Storditi, ma piacevolmente stupiti, ci trasciniamo fino all’albergo con una lunga passeggiata.

Il vantaggio di uscire all’alba ti fa vedere il lato nascosto e ancora un po’ assonnato delle grandi metropoli, ma a Bangkok non si smette mai di mangiare e non è affatto raro incontrare i monaci buddisti che raccolgono offerte.

Prendiamo prima il bus n57 e poi il 511 per SAI MAI TAI o southern bus station e poi da lì con soli 70b a testa raggiungiamo il Daemnang Seduack floating market e con 300b a testa ci godiamo il mercato galleggiante a bordo di una tradizionale barchetta a motore. La parte centrale del mercato è affollatissima nel weekend che in alcuni punti non si riesce neanche a vedere l acqua che in questi canali ha il colore della terra con cumuli di alghe che galleggiano, strappati dal fondale per le lunghe eliche dei motori. Con un taxi e 100b a testa raggiungiamo in appena 15minuti il Maeklong Railway market e capisci che quello che hai visto prima di arrivare sui vari blog era reale. La merce è esposta fino alla longarina di ferro del binario da entrambi i lati e i tendoni delle bancarelle si toccano sulle nostre teste. Alle 14e30 un fischio in lontananza fa ritirare i tendoni uno a una e i carrelli delle merci esposte più in alto. Poi i fischi si fanno più forti e prolungati e arriva la motrice colorata che con il suo lento passaggio sfiora appena, talvolta sovrastandola, la merce posta più in basso tra i turisti esterrefatti. Non mi ero mai trovata con la faccia a pochi centimetri da un treno in movimento, seppur lento, tra lo stupore e la paura che portasse via qualcosa.

Dalla stazione dei minivan rientriamo a Bangkok in poco più di 1h e mezza per 100b a testa.

Con la metro e lo skaytrain raggiungiamo prima il Wat Suthat in cui entriamo gratuitamente perché forse in ristrutturazione. L’oro, il bianco e il rosso spiccano illuminati del buio della sera in questo bel tempio buddhista con la preghiera dei monaci di sottofondo. Subito fuori si staglia la Sao Ching-Cha, l’altalena gigante in stile cinese. Ceniamo con un ottimo padthai al Thipsamai per una manciata di bath (140) rigorosamente accompagnato con la loro aranciata a pezzettoni. Il padthai è forse il piatto più famoso e rappresentativo della Thailandia, una montagnetta di noodles ben conditi avvolti in una sottile frittatona dove è possibile aggiungere granella di arachidi, succo di lime e foglie di aglio fresco thailandese. Subito fuori, a destra dell’uscita del locale, un piccolo chiosco gestito da due donne sforna i dolcetti al cocco più buoni che abbiamo mai mangiato. Piccoli sformatini dolci, caldi, perfettamente adagiati su foglie di banano intrecciato e ricoperti di cocco disidratato grattugiato. Addolciti da tanta bontà rientriamo alla base per ricaricare le pile: domani ci aspetta un’altra giornata intensa e piena di scoperte.

Sempre di buon ora raggiungiamo con la metro la stazione di MOCHIT, qui un gentile poliziotto ferma un minivan per portarci alla stazione di MOCHIT II, dove realmente partono una miriade di altri minivan come api operaie nel loro favo per mille destinazioni. 70b a testa e dal 93 si parte per Ayutthaya.

Come scendiamo dal minivan una guida locale ci accalappia subito per proporci un Tour di 5h accompagnato in tuktuk per godere di tutto il parco archeologico per 1500b in 2. Ma ci sembra un po’ spropositato e contattiamo per 700b solo per la parte esterna dell’isola, qualche moina e accettano, si parte. Effettivamente con il sennò di poi, fare questa parte in bicicletta come descritto nella guida è lunga, pericolosa perché si devono attraversare una strada a 4 corsie e da sciagurati sotto questo sole cocente. Saltiamo il floating market e il giro in elefante (extra tariffa pattuita) che ci avrebbe fatto perdere più tempo che altro è visitiamo il War Yai Chau Mongkhon (20b) con uno dei più bei Buddha sdraiati, successivamente il Wat Phanan Choeng (20b) con il suo Buddha dorato alto 19 metri. Con il nostro tuktuk a tutto gas raggiungiamo le rovine del Wat Chai Wattanaram (50b) dove incontriamo una bellissima coppia di sposini in abiti tradizionali scambiarsi effusioni a favore del fotografo. Erano così belli e teneri che qualche scatto glielo abbiamo fatto anche noi.

Saliamo i numerosi e ripidi scalini del Wat Phu Khao Thong, chiamato anche the Golden Mountain sebbene sia il bianco che riflette i raggi del sole ad accecarti. La nostra guida ci lascia di fronte all’entrata del Wat Mahathat (50b) tra le rovine più belle di tutto il sito e dove si trova la testa del Buddha incastonata dalle radici intrecciate di un albero. Con una bella passeggiata immersi nel verde visitiamo le rovine del Wat Phra Si Sanphet, il tempio Wihan Phra Mongkhon Bophit fino al War Lokayasutharam con il suo Buddha sdraiato lungo 42 metri. Ci siamo fatti prendere un po’ la mano e il rientro ci fa accelerare il passo perché i minivan che ripartono per Bangkok non sono nello stesso punto di dove ci hanno scesi e soprattutto l’ultima corsa è alle 17 e non dobbiamo mancarlo. Inutile dire che da come eravamo stravolti non ci siamo neanche accorti della partenza del minivan e ci siamo ritrovati alla stazione di MOCHIT 1h e mezza dopo. Rientriamo in hotel per una doccia e per riposarci un po’ prima di uscire a cena. Quando assaggi una cosa buonissima non chiedi altro che poterla rimangiare perché il suo sapore si fissi nella mente come ricordo gustativo e così ritorniamo a Icon Siam e per me la solita incredibile zuppa tradizionale, mentre Gabri più incline al cambiamento sceglie una piccante e calda insalata di pesce per 80b,dalla barchetta di fronte alla mia.

Ad Icon Siam stanno costruendo proprio adesso una mega stazione dello skaytrain, quindi tra qualche tempo sarà possibile ripartire proprio da qui. Stasera vogliamo goderci questa metropoli da un altro punto di vista, uno tra i più alti, e precisamente quello del bar sul tetto del Vertigo and moon bar al 61esimo piano. I cocktail forse un po’ costosi rispetto a come possiamo essere abituati (650b), ma non capita tutti i giorni di berlo ad un passo dalla luna con una vista pazzesca a 360° in uno dei rooftops più belli di Bangkok.

Al martedì di buon ora ci dirigiamo al Wat Pho (200b) con il bellissimo Buddha sdraiato che fatica ad entrare nel tempio. Questo bellissimo tempio è anche il centro nazionale per l’insegnamento e la conservazione della medicina tradizionale thailandese di cui fa parte anche l’arte del massaggio ed è proprio qui che per 350b mi concedo una mezz’ora tutta per me. Dopo una piccola attesa, arriva il mio turno e un inserviente mi porge una specie di pantalone largo e mi fa accomodare nel lettino accanto alla vetrata da dove si vede il tempio e i turisti che passeggiano. Una mezz’ora concentrata di manovre e digitopressioni in punti che non credevo neanche di avere e scricchiolii di vertebre varie. Ora forse capisco meglio i miei pazienti quando mi dicono che durante la terapia manuale trovo sempre il punto dolente al primo colpo.

Qui nel tempio è anche allestito un banchetto a buffet per soli Thai, ma da bere è offerto a tutti, anche più di una volta, da gentilissime e sorridenti signore in pannuccia colorata a cui dire di no è impossibile, perfino se sei al quarto bicchiere. All’interno del complesso ci sono anche delle bancarelle con degli ottimi spiedini di carne speziata (25b) e meravigliosi gyoza (50b) oltre che alla bottiglia d’acqua offerta nel biglietto d’ingresso, così inevitabilmente pranziamo.

La visita prosegue con il palazzo reale (500b) e niente, neanche la mia maglia con il pizzo sulle spalle passa i rigidissimi controlli sull’abbigliamento e vengo invitata a comprarne una per 200b, come me anche tutte quelle signore che usavano stole e sciarpe per coprirsi sopra le canotte, quindi optate per una maglietta a mezze maniche bella coprente altrimenti non la sfangate. Per gli uomini lo stesso in più i pantaloni lunghi, non sono ammessi infatti Shorts per entrambi i sessi. Il complesso del palazzo reale è molto vasto, ma nonostante questo altrettanto affollato di turisti per la maggior parte asiatici. Guida alla mano ce lo giriamo tutto un po’ frettolosamente perché non amiamo stare in mezzo a troppa gente becera e una volta usciti ci dirigiamo al molo n4 per prendere la barca che con 4b ci targhetta al Wat Arun (50b) molto meno affollato e caotico, e per noi molto più bello.

Dal War Arun rientriamo in centro, sempre con la metro, fino a Siam, il cuore dei centri commerciali. Ceniamo al Somtamnua con un ottimo pesce fritto irrorato da un ottimo condimento agropiccante e sormontato da cipolla cruda e coriandolo fresco. Ora non mi chiedete che pesce era, in quale acqua abbia vissuto né tanto meno da quale epoca giurassica venisse perché dall’aspetto sembrava sbalzato avanti nel tempo di qualche milione di anni. Ma l’aspetto globale del piatto faceva venire l’acquolina in bocca e poi al gusto era pazzesco (140b). Vi consiglio di accompagnare i vostri piatti da riso bianco bollito oppure anche dal loro più tradizionale strikirice, anche se con quest’ultimo forse è meglio stuccarci le pareti, ma vi aiuterà a tenere a bada il piccante.

Nell’ultima mezza giornata a Bangkok finiamo proprio da dove abbiamo iniziato: Chinatown. Visitiamo il Buddha d’oro e successivamente rientriamo nel cuore del quartiere e una piccola signora dalla velocità supersonica ci accompagna gentilmente fino all’entrata del Talai Market. I deboli di stomaco forse lo troveranno anche disgustoso, ma la cucina cinese ha una varietà sconfinata sia di mare che di terra riuscendo a cucinare cose che noi europei non ci sogneremo mai. Attenzione che qualche bancarella espone il cartello stropicciato “NO Photo” o verrete presi a male parole, tutte assolutamente incomprensibili. Ops.

Si è fatto tardi, recuperiamo i bagagli e con un taxi con appena 150b arriviamo all’aeroporto di Donmuang e in appena 1h e 30 di volo siamo a Phuket. Per 100b a testa l’autobus arancione a sinistra dell’uscita ci porta in centro e in una manciata di minuti dalla fermata siamo al nostro ostello. Una cena frugale e l’amara sorpresa (non solo nostra) che alle 22 questa cittadina si spegne quasi completamente in una sorta di coprifuoco. Dovremmo fare tutto il giorno stesso sperando di avere fortuna con le escursioni. Così poco prima delle 7 del mattino siamo già fuori alla ricerca di qualcuno che proponga gite in barca, ma sembra un’impresa impossibile. Poi, come quando cerchi disperatamente gli occhiali e li hai sopra la testa, noi l’avevamo proprio sotto al naso, sulla scrivania dell’ostello. Una telefonata della colf, una conferma di disponibilità e alle 8 siamo già su un minivan direzione Isola di James Bond. Al punto di raccolta ci assegnano un adesivo colorato da attaccare alla maglietta e mentre aspettiamo ci viene offerto tè caldo e caffè. Arrivati altri viaggiatori si sale su un piccolo bus aperto fino alla fine del lunghissimo molo di Phuket e poi finalmente sulla barca. Un’ora e mezzo di navigazione a suon di musica nella baia di Pnanga Na con i suoi “panettoni” che sembra galleggiano a pelo d’acqua. Alla spiaggia di James Bond siamo lasciati liberi un’ora per le foto. Si risale tramite una Longtail boat sul nostro battello dove ci aspetta un sontuoso banchetto con riso, noodles, gamberi fritti, pollo e pesce da leccarsi i baffi. Durante tutta la gita, caffè, acqua e cola non mancano mai di essere offerti. Alla tappa successiva si scende con i kayak tra caverne e scorci magnifici per una 40ina di minuti. Nella tappa successiva invece si percorre a piedi con le torce un passaggio nella roccia fino alle mangrovie. Mentre l’ultima tappa prevede bagno e tuffi dalla barca. Il rientro è allietato da ottima frutta fresca, il tutto per 1250b a testa e non potevamo chiedere di meglio perché non eravamo neanche tanti.

Rientriamo in ostello, doccia e cena veloce per poi fare due passi tra le bancarelle dell’Indie Market, poi a letto presto che forse ci aspetta la peggiore delle levatacce.

Prelevati alle 5:30 da un minivan, raggiungiamo un angar a Kao Lak dopo un paio d’ore di viaggio. All’arrivo ci attende un’ottima colazione con prodotti dolci e salati. Firmiamo l’assicurazione, prendiamo le maschere, le pinne e la borsa con telo e stuoia e ci imbarchiamo in un motoscafo sparato come un proiettile a 48 nodi. Arriviamo all’isola n8 dell’ arcipelago delle Isole Similan (Ko Similan), la più grande, dove scendiamo per 1 h per fare le foto e raggiungere il punto panoramico del Sail Rock e un bagno veloce in quest’acqua incredibile che sembra di stare alle Seychelles. Si riparte sempre direzione nord per la koh n9 (Ko Ba-Ngu) per la prima tappa snorkeling tra pesci e coralli di ogni tipo. Riscendiamo verso la n7(Ko Hin Pousar), ma non possiamo fermarci per mare mosso quindi tiriamo dritto per la n4 (Ko Miang) dove ci fermiamo per il pranzo ottimo e abbondante con menù di carne e pesce e la frutta. Abbiamo tutto il tempo di fare un bel bagno e goderci la spiaggia mentre tutte le altre barche se ne vanno via una ad una.

Riprendiamo il viaggio verso le 15 e ci fermiamo strada facendo per un’altra sosta snorkeling in un tappeto di coralli.

Rientriamo all’angar per le 17 dove ci attende la merenda; riconsegnamo l’equipaggiamento e rientriamo con il minivan (2400b a testa con Fantastic Travel). É stata davvero l’escursione più bella in assoluto, dai panorami mozzafiato al colore dell’acqua e la varietà di pesci e coralli. E mi viene in mente quel DOVE arrivato in studio pochissimi giorni prima della partenza con le foto che sembravano troppo belle per essere vere, invece le Similan affronto poco e niente da ritoccare.

Gabriele comincia ad essere stufo di noodles e di riso e vuole una pizza, non avrà pace finché non ne sarà sazio, così una rapida controllata sul web alla pizzeria lungo la strada vista la sera scorsa e ci fondiamo da Old Town Italian pizzeria, dove Beppe, italianissimo, ci prepara una pizza squisita. La divoriamo in pochi minuti e appagati dal comfort food per eccellenza rifacciamo due passi all’indie market, dove in un angolino un profumo di burro inebriante attrae le nostre narici e per 30b assaggiato questa cialdina croccante arrotolata su se stessa (crispy butter) fatta su una piastra rovente, spennellate di burro e spruzzata di crema alla vaniglia. Un boccone leggerissimo che va giù in un attimo e uno dietro l’altro.

La nostra permanenza a Phuket è conclusa e alle 7e45 veniamo prelevati da un altro minivan fino al porto per imbarcarci per Phi Phi Don (350b a testa).

Sulla nave è offerto un caffè con un piccolo cornetto e al nostro arrivo, dopo quasi 2h di navigazione, il personale del Chunut House ci attende per portarci all’albergo insieme alle valige. Il centro di Phi Phi Don è sicuramente affollato quanto il palazzo reale di Bangkok e tra il genere di turista (ragazzi muscolosi e ragazze all’ultima moda) e negozietti di abbigliamento e souvenirs sembra proprio di essere a Ibiza.

In cielo qualche nube, lasciamo le valige nel nostro tipico bungalow thailandese e gambe in spalla ci incamminiamo al VIEWPOINT (30b), il punto più alto dell’isola, il punto da raggiungere in caso di allarme tsunami, tra giardini di frangipane e farfalle. Tra il caldo e la cappa la salita diventa più un prova da sforzo che non finisce mai e quando vi sembrerà di essere arrivati in cima vi accorgerete che siete solo al Viewpoint 1, circa la metà.

La sosta al punto 2 ci fa godere con una bellissima piattaforma delle due sponde del punto centrale dell’isola da cui poi si allargano le due ali della farfalla, la forma di Phi Phi Don tra la lussureggiante vegetazione tropicale. Rientriamo nel tardo pomeriggio e ceniamo con appena 440b in 2 al Garlic1992 e ci facciamo una piacevole passeggiata tra i numerosi negozietti.

L’indomani ci godiamo Ao Lo Salam, la baia alle spalle del porto turistico con un mega cocco dolcissimo per 70b. Verso le 15 del pomeriggio la bassa marea fa arenare le barche ormeggiate a riva e fa affiorare piccoli granchi e stelle marine di varia grandezza.

La sera ceniamo per 280b al The Medi Restaurant con un buffet all you can eat degno di un matrimonio, tra piatti Thai cucinati al momento, pesce fresco, zuppe, frutta e dolcetti vari. Sazi, ci siamo goduti ogni bancarella per allungare la passeggiata e sentirci meno in colpa con la cena.

Sveglia con tutta calma, una buona colazione e alle 10 veniamo prelevati dalla hall dell’albergo per cominciare una lunga giornata in barca, la loro barca tradizionale, la Longtail boat.

Al porticciolo recuperiamo altri turisti e si parte. Poco dopo, subito una pausa snorkeling allo shark point, ma di squali ovviamente non se vedono, ma piuttosto una gran varietà di pesci colorati. L’acqua è già calda e il plancton pizzica un po’ la pelle. Ripartiamo verso la Baboo Island (400b extra per scendere sulla spiaggia) dove sostiamo per mezz’ora in un mare trasparente e sabbia bianchissima. Noi siamo rimasti sulla barca vuota in balia della debole risacca a prendere un po’ di sole e goderci il pranzo a sacco compreso. Durante il giro di Phi Phi Don, l’isola più grande, si scende a Monkey Beach dove le scimmie tentano di rubare gli zaini ai turisti o qualsiasi cosa venga abbandonato a terra anche solo per un secondo. Poi viriamo verso Phi Phi Leh a pochissimi chilometri di distanza verso la Viking Cave, la Pe-Leh Bay (lagoon) dove scendiamo per un bagno, poi la Loh Samah Bay e successivamente l’ultima tappa bagno al largo di Maya Bay, la famosa spiaggia di The Beach chiusa ormai da qualche anno per preservarla. Rientriamo a Phi Phi Don con il mare un po’ grosso e in effetti è qui che abbiamo fatto l’ultimo bagno tra la pioggia e gli schizzi delle onde. Ancora in mare ci fermiamo ad ammirare il tramonto, la pioggia è cessata, e lasciato tutti gli altri al molo, noi che ci portiamo questa curiosità ormai da qualche giorno chiediamo al nostro barcaiolo di vedere la bioluminescenza del plancton. Così lui, tra il sorpreso e il divertito ci fa cenno di risalire e ci dice che per vedere la bioluminescenza dobbiamo nuotare ed agitare l’acqua con le mani. Il sole sarà tramontato da 10 minuti si e no e si fa buio in un attimo e anche se siamo sotto costa l’acqua è nera come la pece e Gabriele non fa che ripetere “ma perché gliel’ho chiesto?”. Così, un pianto e un lamento, messa la maschera e giù nell’acqua calda ad agitar le mani e le gambe, forse più per la paura, ma questi microorganismi al movimento si accendono come tante lucciole intermittenti. Che esperienza!

Rientriamo verso le 19, un boccone al volo e crolliamo nel megalettone del bungalow dopo una lunga doccia bollente.

Di primo mattino lasciamo le valige in hotel per il check-out e via dritti alla spiaggia. Per 400b noleggiamo un kayak per 3h e raggiungiamo la vicina Monkey Beach (10 minuti se siete coordinati) e ci godiamo la bellissima spiaggia ancora non presa d’assalto dalle gite giornaliere e ci divertiamo ad osservare le scimmie e tentare di fargli qualche foto da vicino senza farle innervosire. Per le 14 siamo al porto e in appena 2 h ritorniamo a Phuket e con un minivan siamo all’hotel in un batter d’occhio.

Per l’ultimo giorno a nostra disposizione decidiamo di andare in spiaggia e con un bus aperto blu raggiungiamo Karon beach con 40b a testa fino alle 12. Questa lunga spiaggia dorata è affollata di attività in acqua un po’ più movimentata, ma l’acqua è trasparente e la sabbia sotto i piedi fa lo stesso rumore dei passi sulla neve. Ultimo bagno, ultimo sole di una vacanza stupenda, ricca di storia e relax in spiagge mai viste, in posti talmente belli, da non aver parole per descriverli, tra persone accoglienti e sorrisi a tratti sedentari pronti a renderti sempre una mano. Kob Kun Mag



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