Dancalia, viaggio nel cuore della Terra
Ore 20:50 Malpensa. Siamo un gruppo di ben 14 amici, curiosi e forse un pochino preoccupati per questo viaggio diverso da tutti gli altri fatti finora. Voliamo Ethiopian Airlines, compagnia affidabile e molto seria.
24 novembre 2019
Ore 7:00: arriviamo per la terza volta ad Addis Ababa. Facciamo una coda lunghissima per il visto e poi usciamo nel parcheggio. Piove e fa freddino ma la nostra guida-amico Belayneh, proprietario dell’agenzia Ethio Mar ci accoglie con calore e ci porta in un bar francese per la colazione, poi partiamo per l’altopiano. Saliamo fino ai 3000m del passo del Tem Ber, poi percorriamo la galleria Mussolini e cominciamo a scendere.purtroppo incontriamo una frana enorme che ci blocca per 3 ore, causata dalle precedenti copiosissime piogge. La montagna sta letteralmente franando. Finalmente arriviamo a Dessiè per dormire al Golden Gate Hotel, confortevole e pulito.
25 novembre 2019
Cominciamo a scendere di quota fino a Bati: oggi è lunedì e c’è il mercato all’aperto più grande del Corno d’Africa. Centinaia di dromedari, asini, buoi, mucche e capre in vendita in un caos indescrivibile dove cominciamo a respirare la vera Etiopia. Dopo pranzo proseguiamo il nostro viaggio: i panorami sono grandiosi e la temperatura si alza sensibilmente. Dopo ore di viaggio arriviamo ad Asayta, la porta meridionale della Dancalia. Soggiorniamo al Basha Amare Hotel: chiamarlo albergo è troppo, in quanto è un gruppo di semplicissime camerette messe a semicerchio dove posiamo le valigie: nel cortiletto ci sono letti di metallo dove dormiremo stanotte. Questo “hotel” gode però di una vista meravigliosa: una balconata sulla valle del fiume Awash circondato da palme e orti coltivati e falchi e ibis volano sulle nostre teste. A sera conosciamo lo staff di Belayneh formato da un cuoco e due aiutanti che viaggiano su una jeep al nostro seguito e in poco tempo ci prepareranno pasti con un cibo straordinario per il posto in cui siamo! Stasera si comincia con ottime lasagne! Prima di notte vengono montate le zanzariere e dopo una pseudo-doccia in un bugigattolo dormiamo la nostra prima notte all’aperto. La temperatura notturna è molto fresca e ci rannicchiamo contenti nei nostri sacchi a pelo.
26 novembre 2019
In Dancalia ci si sveglia all’alba perché alle 06:00 sorge il sole. Dopo colazione visitiamo il villaggio di Asayta e conosciamo lo strano modo di costruire della gente Afar: le case sono specie di igloo con pareti di rami contorti e il tetto è semplicemente un insieme di travi rivestite di sterpaglie o teli di plastica. Arriviamo al mercato e vediamo le bellissime donne Afar, dal portamento molto elegante anche se poverissime, dai vestiti coloratissimi e veli variopinti, una gioia per i fotografi. Partiamo in direzione nord: da oggi percorreremo il fondo della Rift Valley, la grande spaccatura che parte dal mar Morto e giunge 6000km dopo il Mozambico. Il paesaggio cambia spesso, la terra si fa nera, sembra di viaggiare su una lavagna. Incredibilmente per queste latitudini, arrivano alcuni scrosci di pioggia che lasciano stupiti anche il nostro driver, ma dopo pochi minuti un arcobaleno ci da il benvenuto su queste terre lunari. Ai lati della strada osserviamo gli strani cimiteri di guerra degli Afar costituiti da tumuli di pietre e cerchi di lava. Poco dopo ci fermiamo in un poverissimo villaggio per dare vestiti e materiale scolastico ai bambini. Nel pomeriggio scendiamo al lago Afrrera, chiamato anche lago Giulietti, dall’esploratore italiano che qui venne ucciso dalla tribù bellicosa degli Afar. Ai bordi del lago il nostro staff ci ha preparato della tende igloo dove dormire. Ci facciamo uno spettacolare bagno nel lago che è più salato del Mar Morto: impossibile affogare. Vicino alla rive c’e’ un laghetto di acqua dolce e calda, una meraviglia per togliere sale e sabbia dalla pelle. La sera ceniamo in compagnia delle mosche.
27 novembre 2019
La gente del villaggio, famiglie intere, saluta l’alba con un bagno nella piscina di acqua dolce, dandoci la sveglia alle 05:00. Dopo colazione partiamo in direzione nord per il vulcanoErta Ale. Ci fermiamo più volte per farci fare i permessi di transito , ma il nostro Belayneh rende queste fermate più brevi possibile. Sappiamo che molti equipaggi hanno passato ore e ore sotto il sole in attesa di lasciapassare, mentre lui conosce tutti e con qualche mancia riesce a sveltire al massimo la burocrazia. Arriviamo a Kursawad, ultimo bruttissimo avamposto prima del vulcano e poi, con una sterrata nerissima di lava arriviamo alla base del vulcano. Aspettiamo qualche ora per non muoverci con il caldo e verso le 16:30 partiamo con scarponi, cappello e torce frontali. Presto il sole tramonta e il buio più pesto si circonda. La salita è ripida solo nell’ultimo tratto e dura tre orette scarse. Sulla cima c’è un accampamento di capanne coi muretti di pietra a secco. Sistemiamo nelle capanne i materassini che due dromedari ci hanno portato su e con la guida Ibrahim percorriamo 10 minuti a piedi nel buio più completo. La lava scricchiola e si rompe sotto i nostri piedi mentre un bagliore rosso si fa sempre più vicino. E finalmente ecco la caldera: non è più spettacolare come una volta, solo una parte è ancora rossa di magma, ma l’esperienza merita di essere fatta. E’ impressionante il rumore che fa il magma, sembra proprio la porta dell’inferno. Torniamo alle capanne e dormiamo alcune ore con il vento che spazza la cima, poi prima dell’alba torniamo a salutare l’ Erta Ale. Più tardi assistiamo a una splendida aurora e poi cominciamo a scendere mentre il sole sorge. Il sentiero passa fra colate laviche spettacolari e ciuffi di erba lucente. Proprio bello. Tornati al campo facciamo colazione, ci riposiamo e poi partiamo per la parte nord della Dancalia. Il panorama è desertico, decine di dromedari pascolano attorno a noi. Purtroppo il vento della notte ha portato sabbia e dune e per evitare sicuri insabbiamenti, Belayneh decide di cambiare itinerario: invece che proseguire diritto, saliremo sull’altopiano e ridiscenderemo più a nord. Le jeep salgono in quota, da -100 arriviamo a 2000 metri di Allaba, un grazioso villaggio addossato a una parete rocciosa. Tanti bimbi arrivano per salutarci e veniamo ospitati in una povera ma pulita guest house che ci riserva tre camere. Una ottima cenetta del nostro bravissimo cuoco e poi a nanna.
28 novembre 2019
Scendiamo dall’acrocoro con una agevole strada asfaltata. Il panorama è grandioso: montagne ammantate di euforbie e lobelie. Verso la tarda mattinata arriviamo a Assabole e qui, percorrendo una sterrata che entra in una gola, arriviamo ad un splendida oasi. Lasciamo le jeep e cominciamo un trekking nel canyon del fiume Saba: siamo circondato da torri di roccia e camminiamo con i piedi nell’acqua tiepida per due ore. Incontriamo gruppi di decine decine di dromedari che nel pomeriggio scenderanno nella piana del sale per caricarsi del prezioso materiale e risalire l’acrocoro. E’ uno spettacolo senza tempo: i cammellieri, fermi all’ombra ci fanno assaggiare la borgutta, il loro pane azzimo, cotto sul momento su un fuoco con rami di legno. Torniamo all’oasi , mangiamo un risotto eccezionale e poi ci facciamo una siesta su comodi lettini di bambù all’ombra della palme. Dopo qualche tempo veniamo svegliati dal vociare delle carovane: centinaia di dromedari in fila indiana. Una meraviglia. Ripartiamo e prima del tramonto arriviamo a Ahmed Ela, il pozzo di Ahmed, l’ultimo avamposto prima dell’immensa piana di sale; Non abbiamo mai visto un villaggio più povero: misere capanne fatte di rami, due pozzi sul letto del fiume e una scarpata dove il villaggio riversa immondizia e escrementi. La nostra sistemazione è praticamente la piazza del villaggio, ogni famiglia ci ha dato un letto di bambù e con quella cifra ogni famiglia vivrà una settimana intera. Dormiamo con i bambini del villaggio che ci passano a pochi centimetri. il capo-villaggio ci ha dato anche un “camera blindata” che consiste nell’unico cubo in muratura con una porta e lucchetto per mettere i bagagli. Dopo aver superato lo sconcerto per questa sistemazione. mangiamo cena, sempre buonissima, e ci mettiamo a dormire all’aperto in questo “hotel a 1000 stelle” che ci resterà nel cuore.
29 novembre 2019
Prima dell’alba ci svegliano voci e rumore di camion: sono i cavatori di sale che partono per lavorare nella piana. Partiamo per un giorno clou del nostro tour: è il giorno del Dallol. Il terreno si fà bianchissimo, sembra di viaggiare sulla neve e sul ghiaccio, ma ci sono 40 gradi. I fiumi dell’altopiano hanno riversato sulla piana un velo d’acqua che aggiunge fascino al terreno. Una bassa collina si profila all’orizzonte, il Dallol, che significa”collina degli spiriti” mentre il terreno da bianco si fa giallo di zolfo. Lasciamo le jeep, prendiamo scorta abbondante di acqua, saliamo un sentiero per 200m e quindi comincia la meraviglia: mille colori, bianco , giallo , rossa, blu, viola, soffioni, fontane di liquidi velenosi, pozze ustionanti. Il Dallol è uno dei posti più straordinari della Terra e una volta nella vita bisogna vederlo! Ci restiamo più di due ore, anche se siamo nella più profonda depressione della Rift a -160m dal livello del mare e ci sono 40 gradi. Ma tutto è così bello che il caldo non ci frena. Torniamo alle jeep e in poco tempo raggiungiamo un’altra bellezza periferica del Dallol: torrioni di sale stratificati di colore rosso e bianco ci accolgono e ci riempiono di stupore. Poi torniamo alla piana del sale per vedere i cavatori: alcuni, usando lunghe pertiche sollevano porzioni di sale dal terreno , altri con strane zappe tagliano mattonelle quadrate e le impilano , altri ancora caricano le mattonelle sui dromedari per ritornare sull’altopiano. Povera gente, un lavoro durissimo che si può fare solo da novembre a marzo , poi l’inferno di calore non lo permette. Proseguiamo fino a una collina che sorge scura dal bianco accecante del sale e all’ombra il nostro cuoco ci ha preparato un pranzo straordinario! Ci chiediamo meravigliati come fa.Mistero. I drivers mettono per terra i nostri materassini e passiamo riposando le ore più calde della giornata. L’ultima sorpresa di questa terra unica è assistere al tramono sul lago di sale , dove Belayneh ci ha preparato una sorpresa che non racconto , ma che sarà indimenticabile. Dopo il tramonto torniamo al nostro hotel a 1000 stelle: è l’ultima notte in Dancalia e ci manca già.
01 dicembre 2019
Senza fretta partiamo per l’altopiano. Passiamo a Ber Hale per firmare l’uscita dal Danakil e con una comoda strada asfaltata saliamo in quota fino ai 2500m di Macallé . Un confortevole hotel ci aspetta per doccia e relax, ma ci sentiamo come pesci fuor d’acqua e abbiamo già nostalgia della Dancalia. Nel pomeriggio visitiamo il monumento all’insurrezione dei tigrini a opera di Menghistu e un mercato molto tipico.
02 dicembre 2019
Lasciamo Macallè con un volo di un’ora per Addis e una coincidenza per Dire Dawa: ci aspetta la visita dell’Etiopia dell’est, ultima parte che ci manca di questo Paese stupendo. Pranziamo a Dire Dawa in un ristorante francese e poi visitiamo l’unica vecchia stazione ferroviaria che collega ancora Etiopia a Gijbuti. Poi in 60km arriviamo a Harar attraversando immensi campi di Khat, la pianta contenente anfetamine che tutti purtroppo masticano. Attraversiamo mercati incredibilmente caotici: è una zona molto sporca. Arrivati al Ras Hotel Harar vediamo che le camere sono piccole e i bagni hanno le ventole e le finestre che danno sui corridoi
03 dicembre 2019
Percorriamo 30km verso est e visitiamo Babille, una valle di strane formazioni geologiche , poi torniamo ad Harar, cittadella musulmana circondata da mura che tempo fa era un importante centro carovaniero: questo sultanato era fra i più potenti del corno d’Africa. Visitiamo la residenza estiva dell’imperatore Menelik e la casa del poeta Rimbaud che qui visse per 10 anni. Sono due ville in stile coloniale molto carine trasformate in piccoli musei. Poi ci inoltriamo nel mercato e in seguito nella medina, dai muri delle case intonacate in colori pastello. In una piazzetta porticata molti falchi aspettano di mangiare gli scarti dei macellai e calano velocissimi per cibarsi creando uno spettacolo molto divertente. Harar è bella, anche se piccolina. Dopo cena , appena fuori dalle mura assistiamo all’arrivo di 6 iene che ogni sera vengono nutrite con frattaglie di carne. E’ un’abitudine antica degli abitanti per evitare che le iene mangino i bambini! Sono quasi domestiche e anche noi partecipiamo a dar loro il cibo.
04 dicembre 2019
Abbiamo un inconveniente: un blocco stradale di manifestanti a 300km da qui sull’unica strada che porta a Addis Abeba. Potrebbe essere pericoloso fermasi all’Awash national Park, dove dovevamo fermarci una notte, si rischia di restare fermi per giorni. A malincuore decidiamo di volare su Addis Abeba saltando la tappa intermedia. Quindi partiamo alle 13:30 e con un volo di 50 minuti arriviamo nella capitale. Facciamo un giretto in un supermercato per comprare the e caffè che qui sono squisiti. Ceniamo e dormiamo al Nexus Hotel , di una catena svizzera , con ottimo comfort
05 dicembre 2019
Oggi visitiamo i luoghi di Addisa Abeba che non avevamo visto anni fa: la cattedrale, costruita in stile neo barocco da un architetto italiano amico di Menelik, poi saliamo a 3000m sul monte Entoto, passando attraverso le poverissime bidonvilles . Raggiungiamo foltissime foreste di eucalipti e vediamo che qui le donne, anche anziane, portano fascine di rami pesanti anche 60kg dalla sommità del monte alla base. Un lavoro femminile tra i più umili e faticosi del mondo! Dopo un pranzo nel ristorante Vaccari, di proprietà italiana e dove si mangia benissimo, visitiamo il Museo Etnografico , molto più interessante di quello Nazionale.Nel tardo pomeriggio torniamo in hotel e alle 21:00 ci aspetta la cena tipica in un locale con injera e danze tradizionali e poi in aeroporto per il volo di ritorno.
06 dicembre 2019
Alle ore 07:00 arriviamo a Malpensa in perfetto orario con la triste consapevolezza che l’Etiopia non la vedremo più .
CONCLUSIONI
La Dancalia merita una visita almeno una volta nella vita e in fondo è un viaggio non così duro come si potrebbe pensare. La difficoltà non è tanto il caldo , in quanto secco e ventilato quindi sopportabilissimo, ma nella convivenza stretta con altre persone e nella necessaria adattabilità a sistemazioni al limite. Per viverla bene è consigliabile essere gruppi di amici affiatati e abituati a situazioni spartane.Tutto questo disagio è ripagato all’ennesima potenza dai panorami e dalle esperienze che si possono fare che hanno reso questo tour il più originale, autentico e straordinario viaggio della nostra vita. Un grazie a Belayneh Kassie e al suo staff dell’Ethio Mar, guida eccezionale che ha reso facili le difficoltà e che ha reso questo viaggio indimenticabile.