Marocco: tra città e deserto

Viaggio attraverso le città imperiali fino alle dune del deserto del Sahara
Scritto da: ashante
marocco: tra città e deserto
Partenza il: 04/10/2019
Ritorno il: 12/10/2019
Viaggiatori: 3
Spesa: 2000 €
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Dopo l’entusiasmante tour organizzato delle Città Imperiali fatto a Maggio di quest’anno e desiderosa di tornare con la mia famiglia per un nuovo itinerario che comprendesse anche il deserto del Sahara, a fine Luglio contatto la Sig.ra Bahija (la guida locale conosciuta nel tour precedente) per stabilire un programma con relativo preventivo.

Il nostro tour di otto giorni prevede: due notti a Fès, due a Merzouga, una a Ouarzazate e infine tre notti a Marrakech.

Ai primi di Agosto acquistiamo tramite il sito Skyscanner i biglietti aerei (Compagnia Royal Air Maroc) con tratta Bologna – Casablanca, Casablanca – Fès e ritorno Marrakech – Casablanca, Casablanca – Bologna, mentre con l’Agenzia Viaggi Sicuri stipuliamo l’assicurazione sanitaria e annullamento volo.

Per quanto riguarda il profilo sanitario, il Marocco è un paese abbastanza sicuro che non richiede vaccinazioni obbligatorie. In valigia oltre a indumenti leggeri e felpe per la sera mettiamo repellenti per le zanzare, antidiarroici e disinfettanti intestinali.

Mio marito Stefano, nostro figlio Davide ed io, partiamo il 4/10 e dopo circa sei ore atterriamo alle 23,20 (ora locale – 1 ora rispetto all’Italia) all’aeroporto di Fès-Sais. Ritirati i bagagli, scambiamo subito 150 Euro in Dirham poi ci dirigiamo all’uscita, dove ad attenderci, vi sono Bahija e l’autista Foued; siamo entrambe emozionate e dopo un affettuoso abbraccio, con l’auto in circa venti minuti arriviamo all’Hotel Arena Palace.

Non mancano molte ore al sorgere del sole, piuttosto stanchi andiamo a dormire, domani Fès sarà per noi.

5/10. Fatta colazione siamo pronti a uscire, Bahija e Foued ci stanno aspettando per iniziare la visita della città. Nonostante la giornata soleggiata fuori è freschino, ben presto però, il sole prenderà il sopravvento facendosi sentire prepotentemente.

Fès, spesso definita la capitale culturale del Paese è la più antica delle quattro città imperiali e con la sua medina, Fès el-Bali, fatiscente e facile da perdersi costituisce la zona urbana pedonale più vasta del mondo. Scendiamo davanti al Palazzo Reale, costruito fuori dalla vecchia medina in prossimità del quartiere ebraico, qui l’unica cosa visibile al pubblico sono gli imponenti portali in ottone scolpito decorati con zellige (un assemblaggio di piastrelle tagliate in terracotta smaltata che riproducono un disegno geometrico) ed elaborati elementi in legno di cedro intagliato.

A piedi proseguiamo su Rue des Mèrinides, la via nel Mellah (quartiere ebraico) affiancata da vecchie case con balconi di legno e ferro battuto. Passo dopo passo arriviamo al centro storico e precisamente a Piazza Bou Jeloud, un punto di ritrovo, dove gente del luogo e turisti si prendono una pausa sorseggiando tè alla menta.

Siamo oramai nel cuore della medina, proseguendo, visitiamo la Medersa Bou Inania, riconosciuta come un eccelso esempio di architettura merinide è considerata la scuola coranica più bella di Fès. A seguire la Moschea Kairaouine e Università; questo complesso ospita nel suo interno una delle moschee più grandi dell’Africa e l’università più antica al mondo.

Con il sole oramai alto in cielo giungiamo alle Concerie Chaouwara; nonostante l’avessi già vista a Maggio, l’idea di rivedere quel luogo maleodorante m’incuriosisce ancora una volta. E’ sicuramente una delle attrattive più famose della città in cui il processo produttivo delle pelli di animale (capre, pecore e dromedari) utilizza gli stessi metodi fin dal Medioevo. Appena entrati, ci sono date alcune foglie di menta da mettere sotto il naso per mitigare il forte puzzo, poi giunti sul terrazzo panoramico che si affaccia sulle vasche, ascoltiamo la spiegazione in italiano di come avviene la concia mentre numerosi scatti fotografici si susseguono tra reflex e cellulare. Usciamo attraversando un negozio che espone e vende merce di loro produzione; nonostante i ripetuti tentativi dei venderci qualcosa riusciamo a tener duro e finalmente siamo in strada.

Su suggerimento della nostra guida pranziamo con pastilla e antipasti vari al ristorante Asmae situato in un vicoletto della medina, poi visitiamo un centro di lavorazione delle ceramiche: una guida illustra le varie fasi, dalla tornitura dei vasi all’accurata decorazione a mano fino alla realizzazione dello zellige.

Terminiamo la giornata andando a vedere le tombe dei Merinidi (dinastia che regnò in Marocco per oltre duecento anni) situate su un altopiano da cui si gode un bellissimo panorama su Fès.

In uno stato di perpetuo pandemonio, vicoli apparentemente ciechi che conducono a piazze con fontane incantevoli, bancarelle stracolme di frutta secca, artigianato locale, negozi che vendono cibo fragrante e dietro porte sbilenche laboratori di instancabili artigiani …. La medina di Fès è tutto ciò!

Rientrati in hotel ci concediamo un’oretta a bordo piscina tra relax e risate scherzose godendo il caldo sole di fine pomeriggio. Dopo aver cenato in un ristorante cinese, torniamo in albergo; domani sera saremo nel deserto e con questo elettrizzante pensiero andiamo a dormire.

6/10. Alle ore otto lasciamo la città di Fès e percorrendo la strada che s’inerpica sui monti del Medio Atlante tra foreste di querce, cedri e sugheri arriviamo a Ifrane.

Ordinata, pulita e moderna, sembra più una cittadina svizzera trasferita in Marocco. Questo centro di villeggiatura “alpino” con belle case dai tetti rossi, in inverno offre ai marocchini benestanti la possibilità di sciare. Facciamo qui una breve sosta, giusto il tempo per sgranchirci un po’ le gambe e prendere un caffè.

Ripartiti, prima di arrivare ad Azrou, lungo la strada scorgiamo numerose bertucce saltellare tra un albero di cedro e l’altro in assoluta libertà. Ci fermiamo un attimo per fare qualche foto poi proseguiamo fino ad arrivare a Midelt per il pranzo; fa piuttosto caldo e dopo un pasto a buffet si riparte.

Man mano che scendiamo, la fitta vegetazione di alberi scompare per lasciare spazio a un paesaggio pianeggiante e pietroso (deserto roccioso), piante di acacie spinose e palme compaiono improvvise sullo sfondo di kasbah in mattoni crudi. Arriviamo poi nella spettacolare valle dello Ziz, una regione magnifica con palmeti che si affacciano sull’omonimo quieto fiume che scorre verso sud ai confini del deserto sahariano. Dopo aver oltrepassato il Tunnel del Legionario, costruito dalle truppe dell’impero coloniale francese allo scopo di creare un passaggio verso la valle dello Ziz, lo scenario naturalistico diventa incantevole; di tanto in tanto in lontananza notiamo paesini rurali nei pressi di rigogliosi palmeti da cui svettano i minareti color ocra delle moschee. Fermiamo la macchina sul belvedere di Aoufous e un folto palmeto incastonato tra pareti rocciose appare come una pietra di smeraldo; è davvero bello e dalla guida apprendiamo che con i suoi venti chilometri di palme è uno dei palmeti più grande del mondo.

Giungiamo a Erfoud, famosa per il festival dei datteri e nota per i fossili marini risalenti a 360 milioni di anni fa, questa cittadina si trova proprio alle porte del deserto. Finalmente nel tardo pomeriggio arriviamo in prossimità di Merzouga e dopo aver lasciato la strada principale e intrapreso una pista eccoci al nostro albergo Bivouac Leila proprio ai piedi delle dune.

Merzouga è un piccolo villaggio situato nell’estremo sud – est del Marocco ai piedi delle grandi dune sabbiose di Erg Chebbi in pieno deserto del Sahara ad appena venti chilometri dal confine algerino. Davanti a tanta bellezza restiamo letteralmente incantati; è quasi sera man mano che cala il sole, i sui raggi creano mille sfaccettature sulla sabbia sahariana. E’ un’atmosfera magica, spirituale e introspettiva che ci cattura incondizionatamente.

Ceniamo con carne di dromedario nel cortile del bivouac con la luna alta in cielo e tante lucine disperse qua e là ad illuminare la notte.

Prima di coricarci ci uniamo con altre persone intorno a un falò mentre alcuni suonatori, a ritmo di tamburi, intonano canti berberi: questo momento resterà indelebile nella nostra memoria, tutti e tre nella leggera brezza della notte a battere le mani a suon di musica riscaldati da un seducente fuoco scoppiettante.

7/10. Oggi è il giorno speciale, totalmente dedicato al deserto. Nel silenzio assoluto, mi sveglio di buona ora, mentre Stefano e Davide dormono ancora, infilo una felpa ed esco per vedere le dune pian piano prendere colore dal nuovo giorno che arriva. Sola con in mano la macchina fotografica non posso fare a meno di provare grande rispetto per questo momento, per questa meraviglia che la vita mi ha regalato.

La giornata prevede nella mattinata un’escursione con la jeep e nel tardo pomeriggio una passeggiata a dorso di dromedario per assistere al tramonto. Alle ore 9,30 pronti e carichi di attese, insieme a Bahija prendiamo posto sulla jeep e …. Via si parte!

Scorazziamo tra piste battute, zigzaghiamo tra dune di sabbia mentre davanti a noi le montagne che segnano il confine con l’Algeria fanno da sfondo. La prima sosta è presso un villaggio nomade per scoprire usi e costumi di questa gente berbera e bere un dissetante tè alla menta. Questi pastori vivono in tende, allevano dromedari e ovini oltre a fare attività di piccolo commercio. Dopo aver immortalato queste scene di vita rurale, ripartiamo facendo alcune soste nei punti panoramici delle dune sabbiose di Erg Chebbi.

E’ ora di pranzo quando arriviamo a Khamilia, un minuscolo villaggio situato a otto chilometri da Merzouga dove vivono gli gnawa, popolazione discendente dagli schiavi africani provenienti dal Mali, Sudan e Mauritiania; qui ci rilassiamo un attimo con una tazza di tè assistendo a un breve concerto di musica spirituale gnawa. Pranziamo nel cortile del Bivouac Gnawa Chez Zaid seduti su divani dai colori sgargianti gustando un ottimo tajine di carne di dromedario e verdure miste.

In uno scenario fantastico, nel caldo sole del deserto respiriamo questo momento fatto di semplicità e armonia.

Prima di rientrare passiamo dal centro abitato di Merzouga; per strada non vi è nessuno, le basse case color della sabbia si confondono con il terreno circostante. Verso le ore 15 siamo al nostro bivouac, poi dopo un breve riposo, in attesa di salire sul dorso del dromedario, ci portiamo verso la sabbia e in allegria cominciamo a correre in un saliscendi tra una duna e l’altra.

Dopo un’oretta siamo pronti a partire; uno dei tratti più belli del nostro viaggio sta per cominciare. Dal cammelliere siamo aiutati a salire e presa familiarità con i nostri dromedari ha inizio la marcia. La sella del dromedario, a differenza di quella del cavallo, è disagevole e nonostante la struttura sia rivestita e imbottita con spesse coperte di stoffa per renderla più morbida non basta a impedire la scomodità. L’emozione che proviamo è forte; questa sabbia dal colore rossiccio e dalle morbide curvature richiama echi leggendari di carovane che hanno calpestato questo suolo per raggiungere le esotiche località alle estremità opposte.

Arrivati in cima alla duna, il nostro cammelliere stende una coperta per dare a noi la possibilità di sedere in attesa del tramonto. Il momento è suggestivo …. il sole durante la sua discesa cambia i colori regalandoci una danza tra il giallo, il rosso e l’arancione.

Di lì a poco cala la sera e dopo una doccia eccoci per l’ultima cena sotto un cielo stellato senza confini.

L’esperienza di oggi è ciò che tutti e tre avevamo sognato di condividere un giorno; in una sola parola posso dire: INDIMENTICABILE.

8/10. Senza far rumore esco per vedere un’ultima volta l’alba; l’aria è fresca (nel deserto durante la notte l’escursione termica è notevole), il silenzio assoluto, mentre il sole compie i suoi giochi di luce una natura apparentemente morta si anima più viva che mai.

Caricate le valigie a malincuore lascio questo posto per far tappa verso la Valle del Todra. A Erfoud ci fermiamo per vedere il mercato dei datteri locali; come in tutti i mercati vi è una gran confusione, numerosi venditori espongono in cassette questo dolcissimo frutto di differenti grandezze e qualità. Dalla guida apprendiamo che per loro è usanza mangiarli al mattino accompagnati da un bicchiere di latte freddo.

Nella tappa successiva visitiamo una cooperativa, dove è lavorato il marmo fossilizzato: dall’estrazione fino alla decorazione di oggetti utilizzati come complementi di arredo.

Proseguendo lungo la strada tra paesaggi lunari e palmeti arriviamo all’Oasi di Tinghir; visibile dalla strada è una delle più belle del paese, lunga trenta chilometri e simile a un lungo serpente, questa esplosione di verde fa da contrasto alle rosse e aride montagne.

Di lì a breve giungiamo alle Gole del Todra, un profondo canyon situato nella catena montuosa dell’Alto Atlante. Tra le alte pareti rocciose scorre un torrente dalle acque cristalline usato dalle popolazioni locali per le attività quotidiane. Scesi dalla macchina passeggiamo lungo la strada di questo stretto cunicolo invasa da venditori ambulanti e pullman carichi di turisti. Difficile scattare foto che rendano la potenza di queste gole, bisogna trovarsi lì per avere la sensazione di essere letteralmente schiacciati da queste imponenti pareti verticali.

Dopo la pausa pranzo al ristorante Kasbah Lamrani proseguiamo per la Valle del Dades; una lunga vallata dove i paesaggi sono costellati da numerose oasi, palmeti e bellissime Kasbah che offrono uno spettacolare contrasto tra le brune formazioni rocciose.

Continuando arriviamo alla cittadina di Kelaa M’Gouna situata nella Valle delle Rose. Tra fine Aprile e i primi di Maggio la valle si riempie di rose selvatiche color rosa acceso che crescono in bassi cespugli, queste rose hanno la particolarità di essere molto profumate; donne e bambini le raccolgono per farne ghirlande da vendere, per abbellire le case, per estrarne oli e profumi. Purtroppo essendo Ottobre, ci dobbiamo accontentare di vedere i soli cespugli privi di fiori disseminati lungo i lati della strada. Facciamo poi una sosta in una cooperativa, dove una lavorante, oltre a spiegare la lavorazione dei petali, ci mostra un vasto assortimento di profumi, creme e prodotti da bagno.

Seguendo la strada passiamo per Skoura, soprannominata l’Oasi dalle mille palme, in cui sono presenti anche numerosi alberi da frutto come meli, mandorli, noci e melograni.

E’ tardo pomeriggio quando si arriva alla meta del viaggio di oggi: Ouarzazate.

Mentre il sole fa capolino tra una palma, ci fermiamo in periferia per vedere dall’esterno la kasbah di Taourirt; seppure non più abitata dalla fine degli anni 1930, è riuscita a sottrarsi al decadimento perché utilizzata come ambientazione di numerosi film.

Alloggiamo all’Hotel “La Perle du Sud” e dopo aver cenato, finiamo la serata seduti in comodi divani a bordo piscina chiacchierando allegramente.

9/10. Ouarzazate, situata nella Valle del Dedas nel cuore delle oasi pre–sahariane, negli anni venti per opera dei francesi si espanse come centro militare e amministrativo per tutelare gli interessi coloniali. Dagli anni ’50 a oggi è una location per girare film con ambientazioni esotiche come il Tibet, l’Egitto e l’Antica Roma.

Lasciata questa città, facciamo sosta nelle immediate vicinanze per visitare gli Atlas Studios, uno dei più grandi studi cinematografici del mondo. Fatti i biglietti, entriamo curiosi di vedere dove sono stati girati film del calibro di: Il tè nel deserto, Il Gladiatore, Kundun e tanti altri. Non essendoci segnalazioni che indichino il percorso da seguire, giriamo un po’ a caso tra i tanti set a grandezza naturale ambientati in prigioni, Cina, Egitto e Gerusalemme (il più bello a nostro parere).

Dopo circa un’ora usciamo e riprendiamo il tragitto fino alla Kasbah Ait Benhaddou, dove ci fermiamo per visitarla; è bellissima, quasi fiabesca, in rossi mattoni crudi sembra essere rimasta sospesa nel tempo, non a caso molti registi l’hanno utilizzata e tuttora la utilizzano per diversi film.

Eccitati, attraversiamo il letto asciutto del fiume Oued Ounilla e superate le prime bancarelle che vendono souvenir, tappeti e altri articoli entriamo in un dedalo di vicoli pittoresco con negozi allestiti nelle vecchie abitazioni. Salendo lungo le tortuose stradine si raggiungono le rovine di un granaio fortificato dal quale si aprono magnifiche vedute sulla palmeraia circostante e sulla sconfinata hammada (deserto roccioso). Fa piuttosto caldo ma la bellezza del luogo fa sopportare tutto e gli scatti fotografici si sprecano.

Pranziamo alla Guesthouse La fibule d’Or: siamo solo noi sul terrazzo panoramico e mentre gustiamo un ottimo tajine di pollo alle verdure, la kasbah davani a noi alletta la nostra vista. Anche questo, come già capitato nel deserto, è uno di quei momenti magici che ricorderemo nel tempo.

Percorrendo la Strada N. 9 sulle montagne dell’Alto Atlante, tra boschi spettacolari di querce e noci, arriviamo al passo Tizi n’Tichka alto 2260 metri. Dopo una breve sosta per un tè alla menta riprendiamo la strada con molti tratti disagevoli per lavori in corso e tra un tornante e l’altro a pomeriggio inoltrato arriviamo a Marrakech.

Visto l’orario di punta vi è molto traffico: auto incolonnate e tantissimi motorini che sfrecciano da tutte le parti. Arrivati all’Hotel Nassim, situato nella zona coloniale, prendiamo possesso della camera poi dopo una doccia decidiamo il da farsi per andare a cena. Stanchi del solito cibo marocchino, Davide, dopo aver consultato Trip Advisor, salva la situazione proponendo un ristorante italiano nelle vicinanze. Entusiasti dell’idea andiamo da Vita Nova e dopo esserci seduti nel gazebo all’aperto, coraggiosamente, ordiniamo tre pizze che si rivelano discrete.

La serata è calda, si sta davvero bene e in questo clima perfetto commentiamo la giornata trascorsa: la Kasbah Ait Benhaddou è la vera stella della regione ma anche il passo Tizi n’Tichka ha saputo stupire con panorami incredibili.

10/10. Ci svegliamo con una bella giornata soleggiata e calda, il tempo di fare colazione poi con Bahija e Foued lasciamo alle spalle la caotica Marrakech e partiamo per Essaouira.

Lungo la strada facciamo una sosta per vedere uno spettacolo assai curioso: alcune capre che si arrampicano come acrobati sui rami degli alberi di Argan per mangiarne le foglie. L’albero di Argan (Argania Spinosa) è d’importanza fondamentale per l’economia del paese perché fornisce legna da ardere, foraggio per le capre e olio utilizzato a scopo terapeutico, alimentare e come cosmetico: per produrre 1 litro di olio d’Argan sono necessari ben trenta chili di noccioli.

Nel procedere, gli aridi paesaggi lasciano spazio a colline lussureggianti ricche di vegetazione e ulivi, anche il tempo è cambiato: dal caldo sole di Marrakech siamo passati a un cielo grigio con una temperatura inferiore di circa dieci gradi.

Dopo tre ore arriviamo a Essaouira che ci accoglie avvolta nella foschia. Questa cittadina, portuale e balneare sulla costa atlantica, originariamente chiamata dai portoghesi Mogador (piccola fortezza), è un importante porto che collega il Marocco con il resto dell’Africa, dell’Europa e le sue coste sono spazzate quasi tutto l’anno dalle brezze oceaniche. Ci inoltriamo nella medina, l’anima della città, tra casette bianche con persiane blu che fanno tanto ricordare la Grecia. Passeggiando incontriamo carretti con Street food, negozi di tappeti e pellame, artigianato locale, atelier di artisti che espongono i loro quadri e naturalmente botteghe che vendono l’olio di Argan; qui le donne oltre a fare una dimostrazione su come si lavorano i noccioli della pianta spiegano anche i prodigi dell’olio dal punto di vista estetico.

Senza allontanarci troppo arriviamo alle mura erette per proteggere la medina dalla forza del mare e passeggiamo sul lungo percorso che segue il perimetro del muraglione dove si trovano alcuni cannoni spagnoli puntati verso l’oceano. La giornata non accenna a migliorare, il grigiore del cielo si confonde con il grigiore dell’acqua, affacciati a una delle antiche torrette di guardia, osserviamo con quanta violenza le onde s’infrangono contro gli scogli.

Attraversiamo Place Moulay Hassan, un’ampia piazza pedonale che brulica di gente con artisti di strada che si esibiscono su note famose per finire al mercato del pesce.

In questo luogo disseminato di pozzanghere con acqua sudicia dove regna un forte odore, i pescatori espongono in modo ordinato il pesce mentre dai ristoranti i camerieri invitano i turisti a sceglierlo direttamente per consumarlo seduti ai loro tavoli.

Affamati, pranziamo a base di pesce da Fanatic Restaurant, un locale sulla spiaggia non molto lontano dal centro poi prima di andarcene due passi sul lungomare sono quasi necessari: è il vento, il profumo del mare e lo schiamazzo dei gabbiani che chiudono questa giornata a Essaouira.

Rientriamo a Marrakech e privi d’immaginazione ceniamo nuovamente da Vita Nova; un buon piatto di spaghetti alla carbonara e penne alla Norma è quello che ci vuole per finire in bellezza.

La gita di oggi è riuscita a regalarci delle emozioni; complici i colori sgargianti delle stoffe della medina, il vento che monta le onde e fa volteggiare i gabbiani, infine le case di calce bianche e azzurre fanno di Essaouira una città da scoprire.

11/10. Le nuvole di ieri sull’oceano Atlantico si sono spinte fin qui, è così che oggi Marrakech appare al nostro risveglio. Accompagnati dalla guida, entriamo subito al Palazzo della Bahia prima che una calca di turisti arrivi a creare confusione. Questo sontuoso edificio, situato dentro la medina e considerato un capolavoro dell’architettura marocchina, è composto di 150 stanze riccamente decorate con marmo, legno di faggio, cedro e stucco di zellige; intorno al palazzo si trovano diversi cortili con alberi di arancio, banano, gelsomino e ibisco. Eretto per volontà di Si Musa, un ex schiavo diventato Visir sotto il regno del sultano Hasan I, il Palazzo della Bahia fu ampliato nella seconda metà del XIX secolo dal figlio e successore alla carica di visir Ba Ahmed che vi risiedette con le sue quattro mogli ufficiali e ventiquattro concubine. Il palazzo prende il nome da Bahia la moglie preferita di Ahmed.

Rimaniamo incantati dalla bellezza delle sale e dal vasto cortile pavimentato con marmo bianco di Carrara e decorato con mosaici gialli e blu.

Saliti in auto, ci dirigiamo alla Moschea Koutoubia, chiusa ai non musulmani, è la più grande di Marrakech, oltre ad essere uno degli edifici più caratteristici dell’architettura almohade; accanto alla moschea il celebre minareto dal quale cinque volte al giorno il muezzin chiama i fedeli alla preghiera.

A causa dei lavori in corso non possiamo vedere i Giardini della Menara con il suo antico stagno almohade, perciò risaliti in macchina passiamo davanti ai Giardini Majorelle, un complesso di giardini con oltre 300 specie di piante provenienti dai cinque continenti progettato dall’artista francese Jacques Majorelle nel 1931 durante il periodo coloniale. Sul marciapiede una fila chilometrica di persone è in attesa per fare il biglietto di entrata.

Tornati nella medina vediamo dall’esterno la Moschea di Alì ben Youssef, accessibile solo ai musulmani, presenta il tipico tetto con tegole color verde bottiglia. Poco più avanti ci inoltriamo nel souk Semmarine ed essendo l’ora di pranzo entriamo nel ristorante Dar Es Salam situato in uno dei vicoli, questo locale in perfetto stile marocchino fu utilizzato intorno agli anni ’60 per girare alcune scene del film di A. Hitchcock “L’uomo che sapeva troppo”. Spaparanzati su divani dai bellissimi tessuti colorati, ordiniamo cous cous e tajne di pollo.

Usciti, siamo letteralmente risucchiati da questo labirinto di stradine ai cui lati si trovano botteghe artigianali e negozi pienissimi di merce; un tetto fatto di canne e fronde di palme garantisce l’ombra facendo comunque filtrare la luce. Immersa in questa esplosione di colori e profumi mi rendo conto quanto sia difficile non innamorarsi delle lanterne, lampade, teiere, specchi e vassoi in ottone argentato qui esposti. Seppure a malincuore lasciamo questo luogo per trovarci immediatamente nella Piazza Jemaa el Fna.

Essendo primo pomeriggio questa grande famosissima piazza appare un po’ spenta: poca gente, poche bancarelle, insomma poca vita. Rimanere ora non ha molto senso, meglio rientrare in hotel per un breve riposo poi tornare verso sera quando la piazza si anima, cambia il suo aspetto e diventa il centro vitale di Marrakech.

Come d’accordo alle ore 18 autista e guida sono davanti all’entrata dell’hotel per condurci nuovamente alla piazza. Eccoci di nuovo qua! Jemaa el Fna, a forma irregolare si divide essenzialmente in due parti: la prima più estesa è rivolta verso la Moschea della Koutoubia, la seconda confina con i souk (mercati coperti a uso dei marocchini).

Questa piazza se di mattina e pomeriggio è sede di un vasto mercato all’aperto, verso sera è un vero tripudio di suoni, luci e colori. Oltre alle bancarelle che vendono le merci più svariate, si esibiscono decoratori con l’hennè, chiromanti, suonatori, incantatori di serpenti, ammaestratori di scimmie incatenate; è proprio qui che a un certo punto notiamo la bancarella più singolare che avessimo mai visto: esposta in bella vista, su un tavolo, una serie di dentiere pronte per essere acquistate.

Dopo essere riusciti a immortalare questa scena, entriamo al Cafè Glacier, dove al piano superiore un bellissimo balcone panoramico offre una vista a 360 gradi sulla piazza. Il terrazzo è super affollato di gente attrezzata con fotocamera e noi con la nostra bibita in mano fortunatamente riusciamo a trovare tre sedie libere che consentono di aspettare comodamente il calar del sole. Purtroppo a causa della giornata nuvolosa, al momento fatidico ci dobbiamo accontentare di fotografare uno spicchio di cielo con sfumature rosse e rosa che si staglia tra le palme e il minareto della Koutoubia, al di sotto, le bancarelle sono sostituite da tavole e panche dove è possibile sedersi per mangiare cibi preparati all’istante.

Questo è il momento migliore per essere lì, il momento in cui la piazza ha un fascino straordinario: sarà la luce del crepuscolo, saranno le luci di questi ristoranti di strada, sarà la confusione che vi regna …. di certo Jemaa el Fna riempie gli occhi e il cuore.

Preferendo concludere la giornata in un luogo più tranquillo ritorniamo in hotel e salutati definitivamente Bahija e Foued affrontiamo il dilemma della cena per l’ultima sera in Marocco. Sempre avvalendoci dei consigli di Trip Advisor facciamo qualche tentativo in locali che poi si rivelano aver chiuso l’attività, perciò in considerazione dell’orario e del fatto che un buon piatto di pasta è sempre ben gradito, torniamo al solito ristorante italiano.

L’allegria e lo star bene accompagnano questa serata e con i bicchieri alzati ….Una sola speranza: ALLA PROSSIMA!

12/10. Alle ore 8 lasciamo l’hotel e con un taxi, al costo di 15 MAD, in poco più di dieci minuti raggiungiamo l’aeroporto di Marrakech. Eseguite le procedure d’imbarco, nell’attesa, spendiamo gli ultimi pochi dirham rimasti, poi alle ore 11,30 partiamo per Bologna facendo prima un breve scalo a Casablanca.

Atterriamo all’aeroporto G. Marconi alle 17,30 di Sabato pomeriggio, fuori dal terminal, tra il tumulto della gente, mentre aspettiamo ci vengano a prendere, il pensiero ancora una volta va a questa immagine: un tè alla menta, un cielo azzurro e uno straordinario mondo di sabbia fatto di dune modellate dal vento.

Porta di accesso all’Africa il Marocco è un paese straordinario con profonde diversità: abbiamo visto antiche medine, bellissime kasbah, alte montagne che si distendono fino alle oasi sahariane e poi lui….il deserto, re indiscusso di questo paese, con la magia dei suoi silenzi, i suoi colori, i limpidi cieli stellati trasmette energia, pace interiore e regala emozioni indimenticabili.

Dio ha creato le terre con i laghi e i fiumi perché l’uomo possa viverci e il deserto affinché possa ritrovare la sua anima.

Proverbio Tuareg

Per ulteriori informazioni potete contattarmi al seguente indirizzo mail: iotti_paola@libero.it

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