Giordania classica di o quasi

Meravigliosa terra di mezzo, oasi di pace e serenità in un angolo di mondo turbolento, tutta da scoprire e gustare poco per volta.
Scritto da: Lara B
giordania classica di o quasi
Partenza il: 15/09/2019
Ritorno il: 25/09/2019
Viaggiatori: 3
Spesa: 2000 €
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Domenica 15 settembre 2019 – In viaggio

Ci aspetta una lunga giornata: anche se le ore volo in sè non sono tante, le coincidenze non sono eccezionali e così ci troviamo a partire da casa alle 7.30 per arrivare ad Amman solo alle 23.00 di questa sera, con appena un’ora di fuso orario in più rispetto all’Italia.

Il volo, con scalo ad Istanbul di quasi sei ore, è con la compagnia Turkish Airline, con cui ci siamo trovati bene e la seconda tratta Istanbul-Amman sarà operata dalla Royal Jordan. Assieme all’assicurazione medica e annullamento viaggio e alle prime due notti all’hotel Amman West di Amman, le abbiamo acquistate tramite la nostra agenzia italiana di fiducia, mentre per il successivo tour, compreso di pernottamenti, abbiamo contattato un agenzia giordana, la Discover Jordan, che ci ha messo a disposizione un’auto con autista solo per noi e gli hotel, nei quali ci siamo trovati benissimo, e per la precisione:

– Holiday Inn Resort per le due notti nel Mar Morto

– Petra Palace Hotel per le tre notti a Petra

– Rahayeb Desert Camp per la notte nel Wadi Rum

– Movenpick Resort per la notte ad Aqaba

Tutti ottimi e in posizione strategica rispetto ai siti da visitare, forse un pochettino sopra alle nostre abitudini, ma andare al di sotto di questi standard si rischia poi di ritrovarsi in delle topaie, come abbiamo potuto appurare durante il viaggio, parlando con altre persone che hanno provato a risparmiare così.

Inoltre nel tour organizzato dalla Discover Jordan erano compresi anche tutti gli ingressi non fattibili con il Jordan Pass, che è assolutamente da fare. Infatti se l’ingresso nella maggior parte dei siti costa appena 2/3 JD, il visto (54 JD) e un ingresso a Petra (50 JD) da soli ne giustificano l’acquisto. Noi abbiamo fatto quello che consente ben 3 ingressi a Petra spendendo solo 80 JD (in quel momento il cambio era circa 1,3, quindi 105 euro).

Il volo con partenza da Amman e rientro da Aqaba, prenotato un mesetto prima della partenza ci è costato 467 euro a testa (prenotando con più anticipo si può fare di meglio), le prime due notti ad Amman con colazione e l’assicurazione 197 euro a testa, il tour 1.086 euro a testa che abbiamo pagato per metà al momento della conferma e per metà all’arrivo ad Amman.

Per stare là, in 10 giorni di viaggio, mangiando fuori una volta al giorno (per pranzo ci facevamo bastare qualche panino sottratto dal buffet della colazione, ottima e abbondante ovunque), senza stare troppo a guardare al risparmio, compreso anche i souvenir, le migliaia di bottiglie di acqua, e una bella e abbondante mancia finale che si è stra-meritata la nostra driver, abbiamo cambiato 400 euro a testa.

Abbiamo scelto un noleggio con autista anche per andata e ritorno da casa all’aeroporto in Italia perché il rientro sarà ancora peggio dell’andata in quanto ad orari, infatti più o meno avrà la stessa lunghezza del viaggio di andata, ma con partenza da Aqaba all’1.40 di notte, quindi notte completamente in bianco dopo giornata intera in giro. Insomma non ci fidiamo a guidare per un’ora al rientro dopo una sfacchinata così, e questa cosa ci costa 150 euro, quindi più o meno come lasciare l’auto nel parcheggio dell’aeroporto.

Ad attenderci ad Amman troviamo un corpulento rappresentante dell’agenzia Discover Jordan che ci viene incontro appena scesi dall’aereo, prende in consegna i nostri passaporti e i nostri Jordan Pass e ci guida all’uscita salutando (e saltando) tutti gli addetti ai controlli, così da farci risparmiare un sacco di tempo nelle formalità.

Andiamo incontro al nostro autista, anzi alla nostra autista, con sorpresa infatti ci accoglie una bella ragazza di nome Alaa, diminutivo di un non ben definito nome più lungo, che in abiti occidentali e modi un filo mascolini, in un italiano non perfetto ma scorrevole, ci da il benvenuto e ci fa accomodare sulla sua pulistissima Hyunday Elantra.

Sarà lei la nostra autista per tutto il viaggio, e ci sembra strano, in un paese prevalentemente musulmano, del vicino oriente, questo contrasto tra le donne con il burqa, o anche solo il velo, che abbiamo incontrato e questa ragazza, così sveglia, emancipata, indipendente che svolge un lavoro così maschile.

Per entrare in hotel dobbiamo passare, noi e i nostri bagagli, sotto il metal detector, misure di sicurezza, che troveremo quasi dappertutto nei prossimi giorni, prese dopo gli ultimi attentati del 2005 per garantire la sicurezza dei turisti, perché la Giordania è un paese tranquillo che vuole rimanere tale.

Lunedì 16 settembre 2019 – Amman, Jerash, Ajloun

Partiamo per la Cittadella di Amman, dove arriviamo in una mezz’oretta di traffico caotico.

Parcheggiamo subito fuori dalla biglietteria, decidiamo di non prendere una guida, ma di affidarci solo alla nostra Lonely e iniziamo la visita del sito in autonomia. La Cittadella non è grandissima, ma per vedere tutto, senza fare le corse, forse la sola ora che ci ha lasciato Alaa non è abbastanza. Ce la facciamo bastare, ma ci limitiamo alla visita delle rovine, senza entrare nel museo. Il sito è pulito e ordinato, tutto sotto il sole che a quest’ora per fortuna non è ancora cocente, c’è qualche cartello esplicativo in inglese e arabo e la visita è piacevole. Dato che non ci porterà al Teatro Romano, ci soffermiamo un po’ sul belvedere da cui lo si vede dall’alto nella sua interezza e maestosità.

Mentre usciamo dal caos di Amman e ci dirigiamo verso nord, curiosi, iniziamo ad interrogare Alaa, e così, scopriamo che è cristiana ortodossa, divorziata, senza figli, 35 anni, originaria del nord al confine con la Siria, ma vive ad Aqaba ed ha imparato l’italiano in una scuola di Milano, dove vive e lavora uno dei suoi sette fratelli.

Ora che abbiamo parzialmente soddisfatto le nostre curiosità, possiamo scendere tranquilli a Jerash e visitare il sito archeologico di questa città, molto più grande e meglio conservato della Cittadella di Amman.

Innanzitutto passiamo attraverso un suk, dove tutti cercano di venderci qualcosa, ma, a differenza di tanti altri paesi che abbiamo visitato, senza essere insistenti e già solo per questo ci piace molto.

La guida parla benissimo italiano e naturalmente la visita non si limita solo ad una descrizione delle rovine che vediamo, ma durante la lenta passeggiata lungo il cardo massimo, tra un tempio e un teatro, parliamo di usanze famigliari, quelle musulmane, ovvio, che le usanze musulmane non impongono alla donna sposata di coprirsi il capo, le braccia e le gambe, ma che quasi tutte lo fanno ed è un peccato, perché le turiste con le gambe nude sono molto belle….dice guardando delle turiste che passano davanti a noi mentre facciamo una pausa, seduti all’ombra di un colonnato all’incrocio con il decumano.

Le rovine, nel frattempo, sono molto più belle, la visita ci piace, anche se il caldo di mezzogiorno inizia ad essere pressante. Ci fa vedere che le possenti colonne sono solo appoggiate al basamento e a dimostrazione di questo, infila un rametto tra la colonna e il basamento e da una spinta apparentemente inutile al monolite soprastante: dopo un momento in cui non sembra succedere niente, in realtà il rametto inizia a muoversi…perché si sta muovendo la colonna…impressionante, viste le dimensioni.

Arriviamo fino in fondo al cardo massimo, quindi saliamo sulla sinistra per visitare la parte alta del sito ed in particolare il bellissimo teatro Nord, in cui facciamo un’altra lunga pausa. Da qui la guida ci saluta e proseguiamo da soli per tornare al punto di partenza. Facciamo una sosta al teatro Sud per mangiare, un po’ nascosti, i nostri panini, in compagnia del suono della cornamusa che intrattiene i turisti, ma poi siamo in ritardo e guardiamo solo da fuori e da lontano i templi di Zeus senza entrare.

Anche qui due ore non bastano, a meno che non si voglia fare tutto di fretta, ma un po’ per il caldo, un po’ perché il luogo lo merita, tutto questo ha diritto di essere visto con calma e con le giuste pause per godersi le magnifiche viste.

Troviamo Alaa nella caffetteria concordata, le raccontiamo per qualche minuto la nostra visita e siamo pronti per ripartire. Lei attraversa il suk salutando tutti con modi propri di un uomo, noi riusciamo a schivare tutti i tentativi di vendita in maniera brillante.

Di nuovo in auto ripartiamo alla volta del castello di Ajloun, ma di strada facciamo una breve sosta nella riserva di Dibeen, in cui, forse perché non ci siamo soffermati, non troviamo nulla di interessante. Non conoscendo la nostra, in particolare mia, vena animalista, Alaa pensa di fare una cosa gradita nel fermarsi davanti ad un recinto dove giacciono annoiati cinque cervi. Naturalmente lì davanti ci sono degli altrettanto annoiati uomini con alcuni carretti di cibo in discutibili condizioni di conservazione, che ci allungano del pane e dell’insalata da dare alle povere bestie. Qualcuno tenta di venderci un giro a cavallo che non accettiamo. La sosta per fortuna è breve e, dopo averci indicato la strada, ci dirigiamo decisi verso Ajloun.

Il castello è grande e possente, ma un po’ deludente. Rimanendo arroccato in cima ad una montagna, ha una vista mozzafiato, ma gli interni sono completamente spogli, per cui la visita si riduce ad un giro senza tanto senso, se non quello di leggere i cartelli informativi in inglese piazzati qua e là ed immaginare….

Ce la caviamo in 45 minuti e per oggi la giornata di visita da programma è finita, ma la nostra no. Accettiamo l’invito di Alaa di andare a conoscere Laura, la nostra referente con cui abbiamo contrattato il tour e bere e mangiare qualcosa nel suo pub ad Amman. Tanto da qualche parte dovremo cenare.

E così dopo un’ora di viaggio in cui assistiamo ad un bel tramonto, torniamo nella caotica Amman e conosciamo finalmente Laura, una bella e sorridente ragazza americana trapiantata qua per amore da 11 anni. Il fatto che sia americana spiega l’arredamento del suo pub, tutto il stile americano e tappezzato di targhe della Route 66.

Mangiamo un buon misto di fritti e beviamo una birra mentre Laura e Alaa passano una bella serata ridendo e scherzando sedute al tavolo accanto, dimostrando di essere molto amiche, anzi, scopriamo poi che Laura ha sposato il cugino di Alaa. E così capiamo che la “grande” agenzia che pensavamo di aver trovato, consta in realtà di un’unica persona, la titolare, che si avvale della cugina di suo marito per portare in giro i turisti. Siamo piacevolmente colpiti: sono veramente brave, vista la serietà e la velocità con cui abbiamo costruito il tutto, la flessibilità di venire incontro a tutte le nostre richieste e soprattutto i servizi forniti, sito internet, pagina facebook, app da scaricare con cui si tengono sotto controllo tutte le informazioni del proprio viaggio, pensavamo di avere a che fare con un’agenzia grossa e strutturata e invece, sono queste due splendide donne, caparbie ed emancipate, che lavorano in un ufficio sul retro di un pub estremamente all’avanguardia, in cui assieme ai camerieri corrono avanti e indietro anche i figli di Laura, in divisa scolastica e zaino.

Martedì 17 settembre 2019 – Betania, Madaba, Monte Nebo, Mar Morto

Sveglia con più calma, abbiamo appuntamento con Alaa alle 10.

In meno di un’ora arriviamo al sito del battesimo di Gesù di Betania, parcheggiamo, e Alaa va a comprare i biglietti mentre noi aspettiamo seduti sotto ad una tettoia in compagnia di mille mila mosche e qualche altro turista.

Alle 11.30 arriva la navetta retrò che ci carica e ci porta all’ingresso del sito attraverso un paesaggio che sembra un presepe: quello vero però, non quello occidentalizzato rivisto con la neve, bensì quello in mezzo al deserto e al nulla. Attraversiamo questa zona meravigliosa, tutta color sabbia, punteggiata da qualche chiesa in lontananza e giungiamo all’ingresso dove veniamo scaricati e accodati alla guida che ci conduce lungo un sentiero ombreggiato da una tettoia in legno (per fortuna perché è un caldo tremendo) e dopo aver camminato per circa un quarto d’ora giungiamo al luogo dove è stato battezzato Gesù. Oggi il fiume Giordano non passa più da qui e la scala davanti a noi non arriva all’acqua, ma solo in un letto vuoto, mentre i resti delle chiese che sono state costruite una sopra l’altra sono protetti da ampie tettoie sotto cui anche noi turisti troviamo riparo.

Dopo un altro pezzettino di sentiero giungiamo ad una chiesa, chiusa, e proprio lì davanti l’ingresso al punto chiave di questa escursione: la discesa verso il fiume Giordano. Giungiamo vicino all’acqua torbida, sacra e anche se non si è credenti è difficile rimanere indifferenti alla spiritualità che si respira in questo posto. Davanti a noi, sulla sponda opposta, è già territorio israeliano. Assistiamo ad uno degli spettacoli più affascinanti della nostra vita: il rinnovo del battesimo nelle acque sacre del Giordano. I fedeli scendono a coppie o da soli mentre due officianti predicano qualcosa che non capiamo, poi si immergono completamente tenendo il viso rivolto verso l’alto e all’uscita sono premiati da un breve applauso da chi è fuori. Accanto un sacerdote imprime una più discreta iniziazione bagnando il collo dei fedeli con un piccolo contenitore, sul lato opposto un gruppo di ortodossi vestiti di bianco, probabilmente ebrei, scende in acqua fino al petto e assieme ai compagni rimasti fuori formano una specie di cerchio intonando canti sacri. Anche per chi non è devoto, non è possibile restare distaccati dal forte significato che tutto questo ha per un cristiano osservate. Io stessa, pur non essendolo, rimango incantata ad osservare e nel più totale rispetto, mi tolgono le scarpe, metto a bagno i piedi e riempio una bottiglietta di acqua da portare via e regalare a chi, in Italia, saprà apprezzare meglio di me questa religiosità.

Il giro a piedi finisce tornando al punto di partenza dalla parte opposta, sempre lungo il sentiero ombreggiato. La navetta ci riporta alla biglietteria dove ritroviamo Alaa, da copione, con in mano sigaretta e caffè.

Ripartiamo per Madaba, dove arriviamo in neanche mezz’ora. Dopo aver parcheggiato attraversiamo il cortile di una scuola nel momento esatto in cui i bambini escono, tutti belli nelle loro divise, felici e sorridenti.

Salutiamo a destra e a manca e proseguiamo per la chiesa di San Giorgio, dove entriamo, senza una particolare fila, per vedere il famoso mosaico con la prima pianta della Terra Santa. Mentre sto cercando di decifrare i disegni con l’aiuto della Lonely, Alaa ci invita ad entrare in una porticina laterale che rimane nascosta. Per entrare bisogna abbassare la testa. Ci ritroviamo in una stanzetta piena di raffigurazioni sacre, contornate di bigliettini scritti a mano. Alaa ci spiega essere dove le persone vanno a chiedere grazia per sè o per familiari gravemente malati. Mi si stringe il cuore nel vedere una giovane donna piegata in ginocchio che, incurante della nostra presenza, prega in maniera sommessa per lungo tempo e ringrazio silenziosamente per essere qui, con i miei affetti più cari, tutti in buona salute.

Usciamo e finiamo la visita al mosaico prima di tornare in esterno, dove Alaa ci dice, quando avremo finito, di aspettarla fuori davanti alla chiesa. Così facciamo e dopo pochi minuti la vediamo arrivare con un sacchetto con quattro panini dal nome irripetibile e quattro coca cola per pranzare assieme.

Mangiamo e beviamo in macchina mentre ci spostiamo verso la prossima tappa, il Monte Nebo. Alaa riesce a guidare, rispondere al telefono e mangiare contemporaneamente. L’auricolare? No, grazie, da fastidio…..però nemmeno in Giordania si può telefonare mentre si guida! E la polizia è molto presente lungo le strade, fermano spesso, solo che quando vedono che siamo turisti, fanno dei gran sorrisi e ci lasciano passare.

La successiva tappa è al Monte Nebo. Si tratta del sito dove Mosè avvistò la terra promessa e dove si pensa sia sepolto. Dopo l’ingresso si arriva al Memoriale, una statua realizzata da un artista italiano raffigurante un Cristo e un serpente situato su una terrazza con una vista che spazia dal Mar Morto a tutta la Terra Santa e una pianta che indica la localizzazione dei maggiori punti di interessa tra cui Betlemme e Gerusalemme, che purtroppo non vediamo a causa di una leggera foschia che sembra esserci quasi sempre.

Entriamo nella Chiesa sul retro, minimale e di recente ristrutturazione. Dell’interno mi piace il contrasto tra la nuova struttura restaurata e le antiche colonne recuperate solo ai fini estetici. Molto belli anche i mosaici recuperati e visibili dall’alto di passerelle predisposte per proteggerli.

Qualche minuto dopo alcuni fedeli si accomodano nelle panche accanto all’altare e inizia la messa, quindi noi usciamo. Torniamo all’ingresso da Alaa che si sta intrattenendo con un frate che parla bene l’italiano, così ne approfittiamo per fare due chiacchiere anche noi , scopriamo così che l’italiano è l’unica lingua che accomuna tutti i frati custodi della Terra Santa dall’epoca in cui San Francesco d’Assisi arrivò in visita in queste terre.

Il nostro programma di oggi è finito e Alaa ci porta al nostro hotel sul Mar Morto, lungo una strada panoramica che corre in mezzo al deserto, ma che lei percorre lentamente per permetterci di vedere queste terre solitarie e sconfinate, così lontane dall’immaginario collettivo.

Arriviamo all’Holiday Inn Dead Sea, un tripudio di lusso in mezzo al deserto, e già alla reception ci informano di tutte le cose che avremo comprese nel prezzo della camera, piscine, spiaggia, spa, happy hour, frigobar, penso che qui passeremo proprio due belle giornate!

Prendiamo possesso della camera, ci cambiamo in fretta e armati di costume e ciabatte usciamo in esplorazione: passiamo accanto alle piscine terrazzate che dal livello superiore, dove si trova la reception, scendono quasi fino al mare, troviamo bar, ristoranti, dappertutto ombrelloni e lettini, e scendendo varie scalinate arriviamo fino alla spiaggia dove, anche se è tardi, dopo aver visto le persone in acqua ridere galleggiando in maniera innaturale, non resistiamo e vogliamo provare subito anche noi. Ci facciamo dare quindi i teli dall’apposito punto di distribuzione, ci svestiamo e ci immergiamo subito in acqua provando una sensazione per noi nuova: al momento di immergersi si riceve una spinta verso l’alto del tutto anomala e occorre uno sforzo in più per immergersi totalmente. E’ molto divertente e l’acqua è caldissima, rimaniamo finché il sole non scende dietro alle montagne e i bagnini decretano la fine della giornata con tre fischi di fischietto. C’è anche la possibilità di fare i fanghi ma lo proveremo domani.

Mercoledì 18 settembre 2019 – Mar Morto

Oggi giornata interamente dedicata al relax. Alle 7.30 facciamo suonare la sveglia per arrivare alla spiaggia presto e assicurarci le tende per l’ombra, così da non dover rimanere senza nelle ore più calde. Dopo colazione scendiamo subito alla spiaggia attraverso un resort completamente deserto con le piscine ancora chiuse, ci accaparriamo una tenda e infilate le scarpette ci dirigiamo decisi verso i fanghi per ricoprirci interamente di questa melma scura, quindi proseguiamo verso l’acqua.

Io tengo un po’ il fango addosso e mi immergo solo dopo un quarto d’ora e pian piano mi va via tutto il fango lasciando una pelle liscia e morbida. Mi godo questa strana sensazione. L’unico problema è il viso: non si può mettere la testa sott’acqua e anche togliendolo pian piano con le dita, finisce sempre che un po’ d’acqua negli occhi con un gran bruciore, ohi ohi. Del resto, salvare gente acceccata dalla salatissima acqua del Mar Morto a suon di bottiglie di acqua dolce, è l’attività principale dei bagnini di salvataggio, che sorvegliano tutti da riva. Solo in qualche caso sono intervenuti per aiutare qualcuno in preda alle onde che non riusciva a riportare le gambe in basso, il segreto, l’abbiamo capito subito, è stare a pancia in su e andare giù in primis con il posteriore, il resto viene poi da solo.

Purtroppo il resto della giornata da passare in spiaggia è funestata dalle mosche che non ci lasciano stare un momento. Verso ora di pranzo ci spostiamo verso le piscine nella speranza che ce ne siano meno, ma non è così. Pazienza, ne approfittiamo per provare più piscine e goderci tutto questo paradiso., compreso la SPA, che si rivela piuttosto deludente, solo sauna, bagno turco e palestra, niente idromassaggi, niente getti rigeneranti, aromatizzati, pediluvi….

Rimaniamo comunque un po’ e verso le 16.30 scendiamo di nuovo in spiaggia per un ultimo bagno. Il Mar Morto adesso è mosso e l’acqua non è trasparente come stamattina, vado lo stesso ma non ha lo stesso effetto rilassante. Appena il sole sparisce dietro alle montagne israeliane di fronte a noi, i fischi del bagnino segnano la fine anche di questa giornata.

Giovedì 19 settembre 2019 – Mar Morto, Strada dei Re, Kerak, Petra

Oggi si riparte ma Alaa ci viene a prendere solo alle 11, così dopo colazione abbiamo un altro po’ di tempo libero. Non che ci sia molta scelta: o mare o piscine. Propendo per un ultimo bagno in mare. Al mattino c’è più calma, si vede che chi deve partire è già partito e chi deve arrivare lo farà più tardi.

Verso le 10.30 torniamo in camera, una doccia veloce, chiudiamo le valigie e ci spostiamo nella hall dove Alaa, puntuale come sempre, già ci aspetta.

La nostra destinazione è quindi Kerak, che dista circa 1 ora e 30 o poco più. Dapprima costeggiamo tutta la costa est del Mar Morto con alcune tappe sia per vedere dall’alto alcune conformazioni colorate create dal sale sia per vedere l’ingresso della riserva di Wadi Mujib dove intravediamo l’inizio della famosa passeggiata nel fiume raffigurata nelle guide turistiche.

Salutato il Mar Morto ci inoltriamo attraverso il deserto roccioso, bellissimo nella sua monotonia.

Arriviamo a Kerak e parcheggiamo davanti ad un ristorante dove Alaa fa spostare un auto già parcheggiata perché quello è il “SUO” posto, ci accompagna all’ingresso e ci da appuntamento a dopo due ore, che ci sembrano lunghe, ma il realtà servono tutte per una buona visita. Purtroppo all’interno non ci sono informazioni ma abbiamo deciso comunque di non prendere la guida, sperando di potercela cavare con la Lonely, cosa che purtroppo non si rivela esatta in quanto anche lì le informazioni sono molto generiche e non ci sono punti di riferimento, quindi alla fine giriamo a caso guardando qua e là le rovine e schiumando di caldo.

Fino alle 14.15. Quando manca mezz’ora all’appuntamento con Alaa, incrociamo lo sguardo di un anziano beduino, spuntato da chissà dove, che sembra parte dell’arredamento con la sua veste ordinata e la kefiah in testa. Ci aggancia indicandoci l’ingresso per le prigioni e da lì inizia ad accompagnarci per il resto della visita dandoci delle semplici e veloci spiegazioni in inglese, che apprezziamo molto. Si lascia fotografare volentieri e ci ringrazia quando gli lasciamo 5 JD di mancia, se li merita tutti, peccato non averlo incontrato prima.

Torniamo al luogo dell’appuntamento e troviamo Alaa seduta a chiacchierare con i suoi amici – ha amici ovunque – con davanti un catalogo Ikea in arabo, la passione per l’Ikea è internazionale! Compriamo un po’ di acqua e ripartiamo per Petra, dove arriveremo tra tre ore.

In realtà potremmo metterci anche meno, ma nelle tre ore Alaa comprende due tappe, una nel solito bazar trappola per turisti, e un’altra in un market dove acquistiamo alcune cose che ci servono e Alaa compra succhi di frutta e semini di girasole che poi sgranocchiamo insieme in auto durante il resto del viaggio.

Il tragitto scorre lento in mezzo al deserto, ogni tanto incrociamo mandrie di capre, qualche asino e qualche dromedario, per il resto colline sconfinate di roccia color sabbia,qualche casa abbandonata e man mano che ci avviciniamo a Petra, qualche paesello.

La città di Wadi Musa ci accoglie con un massiccio monumento di ingresso diviso su tre parti lungo la strada. Ci addentriamo nella città fino al nostro hotel, il Palace Petra, che dista appena 200 m dal Visitor Centre del famoso sito di Petra. Alaa comunque ci accompagna con l’auto per farci vedere dove dobbiamo andare per entrare.

Alla reception dell’hotel facciamo i biglietti per Petra by night (17 euro), che non essendoci tutte le sere, oggi è la nostra unica occasione per parteciparvi, e saliamo in camera.

Alle 19.45 usciamo di nuovo e ci incamminiamo verso il Visitor Centre, che si trova in un’elegante piazzetta rotonda circondata da negozietti e localini e da lì proseguiamo per l’ingresso vero e proprio che si trova sulla sinistra. C’è già fila. Iniziamo la leggera discesa verso Petra e siamo emozionati. Il primo tratto, più o meno un chilometro, è su una strada polverosa che le sole lanterne formate da candele dentro sacchetti bianchi non illuminano bene e bisogna fare molta attenzione a dove si mettono i piedi, un tipo dietro di noi, ad esempio, per fare il brillante e superare tutti, scivola nella fossetta di scolo laterale e cade a terra.

Il tragitto è in leggera discesa e camminiamo velocemente per circa un quarto d’ora, senza renderci conto di quanta gente ci sia davanti e dietro di noi, dopo di ché si arriva all’ingresso del siq, la famosa gola che porterà al Tesoro, il punto più famoso di Petra, e ci si addentra in un paesaggio surreale a mala pena illuminato dalle lanterne in un gioco di ombre che fa perdere il senso dell’orientamento. Purtroppo occorre fare attenzione a dove si mettono i piedi perché la pavimentazione a tratti è lastricata con ciotoli e si rischia di inciampare, ed un peccato perché lo spettacolo sopra alle nostre teste merita molto di più.

Presi da queste meraviglie neanche ci rendiamo conto di aver percorso quasi un altro chilometro e che, timidamente, data la scarsa illuminazione, dopo una serie di curve della roccia, compare Lei, l’essenza di Petra, il Tesoro che tutti cerchiamo e vogliamo vedere, ed è un emozione grande, ancora più incrementata dalle luci delle lanterne sparse per tutto lo spazio antistante che rendono l’atmosfera unica e surreale.

In barba alle indicazioni degli addetti ci accomodiamo a ridosso della parete di roccia alle nostre spalle in una posizione ottimale per le fotografie, mentre dal siq continuano ad entrare orde di persone che, diligentemente in fila indiana, si accomodano nei tappeti stesi a terra. Non riesco a quantificare quante persone possano esserci, ma comunque TANTE, però non c’è caos, tutti parlano sotto voce, presi da questa dimensione quasi onirica e ordinatamente si accomodano seduti a terra sui tappeti disposti in ordinate file parallele.

Passa almeno mezz’ora prima che tutti siano sistemati. Poi inizia lo show vero e proprio, introdotto da un beduino (credo, ma da qua non si vede), che consiste in musica suonata da flauti e chitarra (presumo quella beduina, di cui non so il nome) per poi proseguire con la stessa voce che conduce nella storia di Petra raccontata in inglese e finire con un suggestivo gioco di luci che illuminano la facciata del Tesoro, dapprima con colori che cambiano, poi con un illuminazione classica finale. Per dirla tutta, lo spettacolo in sè non è il massimo, ma sicuramente l’atmosfera merita la serata.

Soddisfatti ripercorriamo con calma il siq per tornare indietro, con ripetute tappe per foto e guardare in alto, dato che adesso non abbiamo la fila, torniamo in hotel stanchi ma soddisfatti.

Venerdì 20 settembre 2019 – Petra

Stamattina la sveglia è molto presto, alle 6.30, perché il nostro tour guidato da guida italiana parte alle 8. Con pranzo al sacco pronto nello zaino, puntuali tutti, noi e lui, all’ora convenuta ci troviamo nella hall del nostro hotel e così conosciamo sia Amad, la guida, che altre due ragazze italiane con cui lo condivideremo alla scoperta di Petra, di giorno stavolta.

Raggiungiamo a piedi il Visitor Centre, Amad fa i biglietti con i nostri jordan pass, poi ci incamminiamo verso l’ingresso e ripercorriamo la strada di ieri sera, solo che adesso è tutto animato: cavalli, carrozze, asini, beduini, bancarelle….il primo tratto di strada, prima di arrivare al siq, è un rumoroso mercato che oltrepassiamo senza troppa fretta, senza per il momento pensare ad un ezzo di trasporto alternativo. Per aumentare l’attesa dell’ingresso al siq, Amad fa un paio di pause dove inizia la spiegazione dei primi scavi che si iniziano ad incontrare ma che in genere non vengono presi molto in considerazione dai turisti. Siamo gli unici infatti a fermarci in questi punto, attorno a noi tutti proseguono nella fretta di arrivare al Tesoro, ma la città di Petra inizia già da qui.

Superiamo l’avvallamento che conduce al siq e Amad fa un’ultima pausa-suspence spiegandoci le funzioni del fossato e della diga che stiamo superando per la raccolta della preziosa acqua piovana durante le alluvioni che tutt’ora, nel periodo invernale, sono parte integrante della geologia di questo luogo.

E a questo punto si entra nello spettacolo! che di giorno è tutta un’altra cosa. Adesso possiamo anche guardare in alto e non solo dove mettiamo i piedi! Procediamo senza fretta con Amad che ogni tanto si ferma per spiegare cose che passando da soli non avremo mai notato: incisioni, scritte, nicchie….quante cose si perdono senza una guida che le faccia notare.

Alla fine arriviamo al Tesoro, che stavolta si apre davanti a noi in tutta la sua meraviglia baciata dal sole e anche se siamo stati qui già ieri sera, rimaniamo a bocca aperta lo stesso, perché l’abitudine alla bellezza non si fa mai. Dopo la spiegazione di rito abbiamo dieci minuti per rimanere ad ammirare questo luogo e li passiamo senza muoverci più di tanto, immersi in questo fremito di persone attorno a noi. Ci sono tre buffi cammelli accoccolati davanti alla famosa facciata, con cui i turisti possono fare le foto e un giro in tondo.

Proseguiamo poi verso la successiva parte del percorso, che dal Tesoro attraversa tutta la città, di cui si parla poco ma che è altrettanto bella, se non di più. Si passa dapprima attraverso una strettoia che lascia immaginare un secondo siq, invece il passaggio si apre subito in una zona piena di bancarelle di souvenir e cianfrusaglie, dove beduini dagli occhi magnetici, truccati di nero, e asinelli bardati con stoffe colorate la fanno da padrone, cercando di rimorchiare turisti che a questo punto iniziano ad essere un po’ stanchi. Fortuna che non sono insistenti, in tanti chiedono, ma se si risponde di no, finisce lì, al contrario di come invece avviene in tanti altri paesi che abbiamo visitato. Noi preferiamo proseguire a piedi, siamo troppo presi dal paesaggio attorno a noi per accorgerci della stanchezza. Arriviamo alla zona delle tombe reali e del teatro, con Amad proseguiamo spediti senza soffermarci, ma un minuto per entrare in una tomba me lo prendo. Dentro non c’è nulla. Tranne un mucchietto di cartacce in un angolo accanto ad un fuoco che sembra essere stato acceso di recente. Iniziano a comparire i punti di ristoro dove bere o mangiare qualcosa all’ombra delle tende e lungo i lati i punti in cui è possibile deviare-il percorso pianeggiante per affrontare le salite e le gradinate che conducono ai siti che rimangono in quota. A parte quelli in cui si sa che bisogna affrontare 850-900 gradini per raggiungerli, gli altri sembrano più vicini, ma comunque le file ordinate di turisti che li affrontano, sembrano arrampicate ai lati del percorso principale.

Amad ci spiega tutto e dopo aver camminato ancora arriviamo fino alla strada colonnata, ovvero nella città romana, in fondo del sito. Abbiamo percorso in tutto circa 4 km e ora o affrontiamo la salita fino al Monastero (900 gradini) oppure torniamo indietro. Dopo le ultime spiegazioni e informazioni Amad ci saluta, il suo lavoro finisce qui, il tempo è volato, ma è stato con noi per circa 3 ore.

Ora siamo indecisi se fare o meno la salita fino al Monastero, alla fine decidiamo di rimandarla a domani dato che abbiamo tre ingressi con il joran pass, e torniamo indietro pian piano, magari addentrandoci in qualche altro luogo. I miei compagni di viaggio non mi seguono quando decido di salire un po’ per andare a vedere la chiesa bizantina che custodisce dei bei mosaici riparati sotto ad un tendone, preferendo aspettarmi all’ombra del grande albero di pistacchio secolare che si trova al di sotto. Io mi riposo in cima e nel mentre sfamo un asinello con una parte del mio pranzo.

Tornata da loro ripercorriamo assieme a ritroso la strada dell’andata, con molta calma e senza addentrarci in nessun sito fino al Tesoro, anche se sono attirata dall’altura del Sacrificio, ma demordo pensando che è mezzogiorno e con il caldo che fa forse è un po’ troppo.

Una volta arrivati al Tesoro ci prendiamo tutto il tempo per riposarci Saliamo, meglio dire “ci arrampichiamo”, sul punto di vista proprio di fronte, attraverso un breve sentiero ripido, pericoloso e senza protezioni ma che merita per la vista che offre.

Passata qui oltre un’ora, non ci resta che andare verso l’uscita, ripassando dal siq da cui buttiamo un ultimo sguardo indietro e percorrendo a ritroso il percorso di questa mattina, cercando di guardare ogni pezzettino della gola.

Alla fine del siq siamo proprio cotti e l’ultimo tratto lo facciamo a dorso di cavallo, il cui prezzo sarebbe compreso nel biglietto di ingresso, ma per cui i beduini si aspettano una mancia, trattabile, ma non sotto ai 5 JD che gli offriamo. Anzi, ci fanno capire che sarebbe pure un po’ poco, ma va bene così. Il beduino che mi accompagna mi racconta di vivere nelle cave, dentro la città antica. Non sarà mica vero, lo dirà solo per impressionare i turisti.

Sfiniti e impolverati arriviamo in hotel e facciamo subito una doccia, siamo fradici ma felici della giornata appena trascorsa, che, non essendo ancora finita, può proseguire con un po’ di relax e un aperitivo a bordo piscina, senza fare il bagno perché l’acqua è gelida.

Sabato 21 settembre 2019 – Petra

Oggi abbiamo la giornata completamente libera e la dedicheremo tutta a Petra. Avendo ancora due ingressi disponibili con il jordan pass, l’idea iniziale era di entrare due volte, la prima dall’ingresso secondario per raggiungere il Monastero, pensando che l’ingresso secondario fosse in corrispondenza del ristorante alla fine della strada colonnata, e quindi affrontare la salita di 900 gradini senza i primi 4 km nelle gambe, ridiscendere e tornare in hotel in taxi, riposarci nelle ore più calde, poi tornare all’ingresso principale per percorrere nuovamente il siq fino al Tesoro e trovarsi all’interno della città all’ora del tramonto. Non andrà così, ma andiamo per ordine.

Dopo colazione usciamo e fermiamo il primo taxi che incontriamo, che per 15 jd, dopo contrattazione, accetta di portarci all’ingresso secondario di Petra, del quale, a dir la verità, abbiamo sentito parlare molto poco, capiremo poi il motivo. Attraversiamo per qualche minuto lande sconfinate e desertiche, splendide conformazioni rocciose, il paese dei beduini che si vede da Petra, e continuiamo per una strada in buone condizioni. Lontano quest’ingresso, però. Ad un certo punto il tassista esce dalla carreggiata e si butta in un improbabile rally lungo il deserto con la sua auto scassata. Dopo qualche minuto si ferma. Così in mezzo al nulla. E ci dice che dobbiamo scendere lì, continuare a camminare per 30-35 minuti indicando un punto indefinito in mezzo al niente e arriveremo all’ingresso.

No. Qui non scendiamo, non c’è nulla di segnalato, davanti a noi in vista niente di niente….non ci sembra proprio il caso. Tiriamo fuori la piantina e cerchiamo di capire dove siamo assieme a lui, dopo varie peripezie capiamo di non esserci capiti, noi volevamo andare all’ingresso, che si trova al paese dei beduini, lui aveva capito direttamente al Monastero. Non capiamo se questo Monastero sia raggiungibile così…senza biglietto. Cioè, i biglietti li abbiamo già, perché in quest’ingresso non si possono fare, bisogna comunque farli all’ingresso principale, ma qualcuno dovrà vidimarli per scalare il numero degli ingressi, credo.Per sicurezza insistiamo per fare le cose fatte bene e così, un po’ contrariato, il nostro tassista fa inversione e ci porta in paese davanti a quello che effettivamente sembra un ingresso vero.

Alla biglietteria ci timbrano il biglietto e ci propongono una cosa diversa da quello che pensavamo, ovvero andare con un pick up in un punto da cui in 25 minuti si raggiunge il Monastero senza dover scendere e risalire. In effetti l’ingresso secondario, che noi pensavamo essere in basso, all’altezza del ristorante all’interno del sito, invece si trova in alto all’altezza del paese dei beduini, così dovremmo prima scendere a piedi per un sentiero per poi trovare un asinello che ci porti su per i 900 gradini che portano al Monastero. Non ha senso e accettiamo l’idea del pick up per 10 JD a testa.

Ripartiamo quindi per la stessa strada fatta con il taxi di prima, dove, nello stesso punto, scendiamo di strada e ci addentriamo nel nulla, quando facciamo presente che con il taxi avevamo già fatto questo percorso poco lui sorride e ci dice che il taxi non può arrivare al punto finale. E in effetti poco dopo iniziamo a ballare ben bene sui sassi del deserto, su e giù per le carraie e le rocce, per altri 20 minuti buoni, prima di giungere ad un ingresso dove ci scarica ed ecco che ci controllano i biglietti. Quindi il povero tassista era in buona fede quando ha provato a portarci qua, ma visto quanto strada c’era prima di raggiungere il punto finale e le condizioni della stessa, non saremmo mai riusciti ad affrontarla da soli a piedi senza perderci e senza accopparci.

Iniziamo la camminata a piedi. Un po’ di su e giù a gradini ma in linea di massima abbastanza in piana, ci addentriamo tra i monti, ma dopo 20, 25, 30, 40 minuti ancora nessuna notizia del Monastero. Passiamo alcuni punti un po’ difficili, anzi proprio pericolosi, dove si deve passare sulla roccia stretta senza alcune protezione dallo strapiombo, io non soffro di vertigini, ma queste cose mi fanno comunque un po’ paura e in due punti mi butto a terra e mi sento più sicura a procedere a quattro zampe. Ecco perché quest’ingresso è poco conosciuto, penso. Incontriamo una coppia di francesi che sta facendo il percorso a ritroso e ci dice che manca ancora un bel po’, ci chiedono se anche a noi avevano detto che ci volevano 20-25 minuti, non è assolutamente vero, ci dicono, ce ne vogliono 45 almeno, ma anche un’ora. Un po’ sconfortati proseguiamo, ormai siamo qua. Ogni tanto lungo la strada incontriamo dei punti di ristoro con i beduini che ci offrono sempre del te. Uno ci dice che di vivere lì, in mezzo a quelle rocce, con il cielo come tetto, e ci fa vedere, dietro ad una roccia, le sue magre scorte di cibo.

Dopo un bel po’ di scarpinate, un’ora abbondante, arriviamo in un punto dove il sentiero si perde e, andando un po’ a caso, vado avanti per capire meglio come si snoda il percorso, salgo su una collina e una volta in cima…eccolo il Monastero! davanti a me in tutta la sua maestosità! Bellissimo, imponente, fantastico, meglio del Tesoro!

Faccio in tempo ad avvisare i miei compagni di viaggio di non salire, ma di circumnavigare la collina e anch’io scendo per unirmi a loro mentre arriviamo in questo sito tanto sudato. Ci accomodiamo al punto di ristoro che ha i tavolini girati proprio di fronte la facciata, un ottimo punto per ammirarla comodamente seduti sorseggiando una bibita fresca ristoratrice. Fatica eh….ma ne è valsa la pena…..

Passiamo i successivi 45 minuti riposandoci e guardando questa meraviglia, un po’ ci avviciniamo ed è ancora più imponente visto dal basso.

E’ a questo punto che cambiano i nostri piani: non abbiamo nessuna intenzione di tornare indietro per riprendere un taxi che ci riporti in hotel dall’ingresso secondario, meglio scendere i 900 gradini canonici che ci portano a Petra e da lì con l’aiuto di un asinello attraversare la città fino al Tesoro. E magari anziché tornare in hotel rimanere direttamente dentro, dato che sono quasi le 13.

E così facciamo, pian piano iniziamo a scendere i gradini da cui arrivano su la maggior parte di turisti, affannati e paonazzi, attraversando un mercato tenuto tutto da donne, tra cui una da cui ci fermiamo a parlare, che ha un bimbo piccolo in braccio. Felice e orgogliosa, ci dice che il piccolo ha due mesi e oggi è il primo giorno che è tornata al lavoro da quando è nato, che vive nelle cave e che ha partorito lì. Quando apre la borsa vediamo un cellulare, i pannolini usa e getta e delle salviette umide, vivrà nelle cave, ma almeno questo piccolo sembra abbia anche qualche comodità. Vivono veramente nelle cave? Lo dice con naturalezza, ed è la seconda volta che lo sento. Inizia a sorgermi un dubbio. Il dubbio che sia vero.

Proseguiamo la discesa e ci rendiamo conto che farla in salita sarebbe stato impensabile, per noi per lo meno. Incontriamo i poveri asinelli che portano su i turisti, pochi per fortuna, e uno carico di lattine e fanno tanta fatica anche loro, a volte inciampano, i poveretti, altre sembrano scivolare. Arriviamo giù con la netta sensazione che abbiamo comunque fatto bene a fare come abbiamo fatto, sarà stata più lunga la strada, ma almeno era un saliscendi percorribile – se non si contano i due punti dove abbiamo rischiato di precipitare – non una salita a gradoni micidiale come questa.

In fondo troviamo un ragazzo con tre asini grandi e accettiamo il passaggio fino al Tesoro per 35 JD in totale. Almeno riposiamo un po’ le gambe, e gli asini poi sono grandi, e, forse, faranno meno fatica, quanto meno perché il tragitto è in piano. Comunque fatica o no, poveri asini, stavolta ci dovete portare!

Percorriamo così tutta Petra fino al Tesoro, quasi pentendomi della scelta dell’asino perché mi viene voglia di andare a visitare da vicino le tombe, ma ormai è andata così e poi i miei compagni di viaggio mi ucciderebbero se proponessi loro di camminare ancora.

Al Tesoro do da mangiare quello che avevo in borsa al mio asino per ringraziarlo e lui accetta volentieri.

Ci sediamo su una panchina anche se sono solo le 14, il sole si sta già nascondendo dietro al Tesoro. Ci riposiamo a lungo, sfiniti.

Io però non sono soddisfatta. Quando mi riprendo decido di tornare indietro un po’ e visitare le tombe reali da vicino, con calma, senza correre, attirata dalla bella luce del pomeriggio che precede il tramonto che sta accendendo tutto di rosa.

E così ritorniamo indietro fino alla Tomba dell’Urna, dove saliamo la gradinata per vedere da vicino il fronte, ci spostiamo poi verso la Tomba della Seta e la Tomba del Palazzo. Con molta calma visitiamo gli interni e ammiriamo il paesaggio e le viste sul sito. I beduini nel frattempo iniziano a rilassarsi perché nel pomeriggio c’è molta meno gente. Alcuni fumano, atri portano gli animali a riposare, altri ancora raggiungono le donne nelle bancarelle. Allungando un po’ l’occhio si possono intravedere i segnali del fatto che alcuni beduini vivano proprio qui, nelle cave, ora ne sono certa. In una cava lungo la discesa dal Monastero, ad esempio, ho intravisto un giaciglio a terra e alcuni effetti personali. Alla Tomba dell’Urna, di lato e un po’ nascosta c’era una scaletta in legno appoggiata in un punto che sembrava proprio messa apposta per raggiungere alcune cave un po’ nascoste, in un altro angolo invece noto un tappeto piegato e un cuscino, come se qualcuno qui arrivasse, aprisse il tappeto e si mettesse a dormire. All’interno di un’altra tomba, vedo alcune chiazze fresche a terra, e l’odore inconfondibile di stalla mi fa proprio presumere che lì di notte si ricoverino degli animali e forse il cumulo di sporcizia tutta concentrata in un angolo, malamente raccolta, potrebbe essere dei padroni umani. Ora trovo un senso anche alla sensazione di presenza recente che avuto ieri, entrando nella tomba durante la visita guidata: sempre lo stesso cumulo di sporcizia malamente raccolta in un angolo accanto ai resti di un fuoco che sembra spento da poco. Cavoli, ci vivono proprio.

Alcuni beduini vivono proprio qui, non c’è che dire, la cosa non è molto pubblicizzata e forse è meglio così.

Riposati un po’, verso le 16.30 o poco, più decidiamo di uscire, facciamo un ultimo sforzo e ripercorriamo per l’ultima volta il siq, guardando indietro per vedere il Tesoro di Petra sparire tra le gole del canyon.

Con qualche pausa arriviamo fuori dal siq e lì i miei compagni di viaggio, sfiniti, prendono due cavalli per percorrere l‘ultimo tratto, io ho ancora un briciolo di forze e preferisco farmela a piedi per non minare troppo la mia schiena già messa un po’ a dura prova dal giro con l’asino.

Domenica 22 settembre 2019 – Piccola Petra, Wadi Rum

Oggi si riparte. Sveglia e colazione con calma, Alaa ci verrà a prendere solo alle 10 così ne approfittiamo per un po’ di acquisti.

Andiamo a Piccola Petra percorrendo la stessa strada che abbiamo percorso ieri con la jeep. Per il momento siamo solo noi, o, se c’è qualcun altro, non è in vista. Ad attenderci all’ingresso, ci sono alcuni negozi ancora assonnati e un dromedario comodamente disteso all’ombra che pare non aver alcuna voglia di farsi accarezzare.

Iniziamo a percorre questo siq lungo circa 400 m fermandoci a guardare i tre punti di interesse principale indicati nella Lonely, di cui uno, la casa dipinta, accessibile attraverso una scala un po’ scivolosa. I beduini lungo la strada sono un po’ insistenti nell’offrire i loro servigi, forse perché siamo i primi turisti di questa mattina.

Bello il sito, ma giusto per una visita veloce. La parte finale è fatta di gradini (e gradoni) a tratti un po’ accidentati, ma in qualche modo si riesce a percorre a patto di aver buone gambe. In cima non c’è nulla di più che una bellissima vista sulle rocce non molto distante da dove eravamo ieri a piedi e un beduino con la sua banchetta, in cui ci sono libri che saranno lì da 20 anni almeno. Poco prima della banchetta una tenda chiude un anfratto: probabilmente il luogo dove va a dormire.

Ripercorriamo in discesa i gradini, un po’ più faticosamente, e il siq a ritroso, dove iniziamo ad incontrare qualche altro turista, così anche i beduini sono un po’ più impegnati e ci lasciano stare.

A questo punto si parte in direzione del Wadi Rum, dapprima riattraversando Wadi Musa, l’ingresso a Petra e la strada davanti al nostro hotel, poi attraverso un paesaggio sempre più sconfinato e desertico fino ad arrivare al deserto vero e proprio.

Anche prima il paesaggio era molto bello, ma da qui diventa proprio uno spettacolo! I dromedari (in Giordania non ci sono cammelli, solo dromedari) sono dappertutto, alcuni hanno le zampe davanti legate in modo che possano camminare ma non correre e sono quelli di proprietà, ci spiega Alaa (più tardi la versione beduina invece sarà che solo ai capibranco legano le zampe, se non scappano loro non scappano nemmeno gli altri).

La strada corre per un tratto lungo la ferrovia abbandonata e utilizzata oggi solo per trasporto merci, mentre ai lati corrono montagne di roccia. Siamo totalmente immersi nella bellezza del paesaggio quando Alaa accosta da un lato della strada accanto ad un pick up e ci fa scendere: questo è il nostro mezzo per proseguire con la visita nel deserto che durerà quattro ore. Carichiamo nel cassone dietro noi e le valigie e partiamo con il vento in faccia e il Kefiha testa per ripararci dal forte sole, nonostante la tendina ombreggiante sopra.

Questo tour era già organizzato dall’agenzia giordana, la quale deve comunque far capo agli autisti ufficiali, che sono distinti beduini vestiti di candide vesti bianche, e sono gli unici autorizzati a portare i turisti nel deserto.

La prima fermata la facciamo ancora in vista del Visitor Center in una grande duna di sabbia rosa su cui ci arrampichiamo subito. Cerchiamo di capire con il nostro autista come ci muoveremo, perché, dato che siamo partiti alle 13.30 e il tour è di quattro ore, ad occhio e croce direi che non è prevista la vista del tramonto, ma lui dice che se abbiamo piacere possiamo stare del tempo in più, basta che siamo felici. Non vuole soldi, solo che siamo felici, ma trova comunque il modo di dirci che la tariffa oraria sarebbe di 25 euro.

Il tour prosegue quindi alternando corse in pick up sulla sabbia a fermate in luoghi spettacolari che lui ci illustra diligentemente, un arco, un paesaggio, una roccia da scalare, e non so se più bello correre in mezzo al nulla o fermarsi in questi punti di interesse dove siamo sempre accolti da una tenda beduina che offre tè senza chieder nulla (ovviamente la mancia è gradita) e dove si può anche solo fermarsi a riposare all’ombra o acquistare qualche souvenir.

Lungo la strada, in lontananza, incontriamo vari campi tendati, tutti uguali, con tende di colore bianco e verde e sono gli accampamenti dove vivono i beduini che abitano il deserto, ce lo conferma l’autista. Non ci avviciniamo a nessuno, i campi per i turisti, ci spiega, sono tutti vicini in una particolare zona in cui arriveremo alla fine del nostro tour. Ci spiega che ormai i beduini che vivono così isolati non sono più molti, le famiglie con i bambini o chi ha un lavoro diverso dall’accompagnatore turistico, tende a trasferirsi nei campi più vicini alle porte del deserto così che possano facilmente raggiungere le scuole o i luoghi di lavoro.

Ad un certo punto, assieme ad un altro pick-up ci fermiamo vicino ad un gruppetto di dromedari che prende volentieri un po’ di coccole, ma soprattutto il pane che l’autista da loro e l’acqua che bevono direttamente dalla bottiglia. Anche noi iniziamo a giocare con loro e quando capiscono che abbiamo cibo nella jeep si avvicinano e, dopo aver mangiato quello che abbiamo in mano, in un momento di disattenzione vanno direttamente a servirsi infilando la testa dal finestrino aperto, in uno scroscio di risate.

Nella successiva tappa l’autista si apparta accanto ad una roccia per pregare voltandoci le spalle. Silenziosamente, si inginocchia e si protende in avanti per tre volte, prima di tornare da noi e riprendere la strada interrotta.

Le quattro ore a nostra disposizione passano in fretta e ci ritroviamo presto all’ultima tappa, dove troviamo l’immancabile negozietto, un ruspante wc e un canyon inaccessibile, solo da guardare.

Qui finirebbe il tour, ma noi abbiamo chiesto di poterlo allungare fino al tramonto e così dopo 15 minuti di sosta ripartiamo per un punto dove poterlo guardare senza troppa gente attorno. Qualche minuto e arriviamo davanti ad una roccia dove ci sono altre jeep, ma non tante, ci arrampichiamo in alto e ci mettiamo seduti comodi, mentre gli autisti tirano fuori dalle jeep le teiere e si preparano un tè accendendo un fuoco improvvisato. Così appollaiati guardiamo emozionati il sole sparire dietro alle rocce accendendo di rosso tutto il nulla intorno a noi, respirando l’alone di spezie e menta che arriva dall’improvvisato banchetto sotto di noi.

Adesso il nostro tour è proprio finito, non ci sono più scuse. Mentre cala la sera, ripartiamo per il campo tendato in cui dormiremo, nei villaggi intanto, accanto alle tende bianche e verdi iniziano a vedersi parcheggiati pick up simili al nostro dei beduini autisti che tornano nelle loro case. Il nostro campo tendato, uno di quelli per turisti, rimane in un punto protetto da montagne di roccia su due lati e da un’alta duna di sabbia su un terzo lato che si chiude verso la montagna, rimane aperto sul deserto un unico lato, protetto da una recinzione e un cancello.

Depositate le valigie nella nostra comoda tenda con tanto di bagno piastrellato, usciamo per salire subito sulla duna e facciamo una bella fatica ad arrivare in cima affondando i piedi scalzi, fatica ampiamente ripagata dal meraviglioso panorama che si vede dalla cima. Non rimaniamo molto perché la cena è prevista per le 19.30. Dopo la doccia facciamo un giro di esplorazione, veniamo richiamati dallo staff ad assistere allo “spettacolo” che altro non è che vedere l’uscita della carne dalla sabbia dopo la cottura fatta sotto terra. Qualche minuto per le ultime preparazioni e si apre la sala del ricco buffet dove entriamo in una fila ordinata per scegliere le pietanze tipiche beduine. Gustiamo la nostra cena all’aperto, rinunciando a malincuore a tutte quelle verdure crude che invogliavano così tanto, ma che non ci sentiamo di assaggiare per non rischiare problemi intestinali.

Dopo cena usciamo dal cancello per andare a vedere e fotografare le stelle, senza allontanarci però, perché il buio nel deserto è veramente tanto…buio, e perdere l’orientamento è un attimo. Bastano pochi passi comunque e possiamo ammirare una via lattea meravigliosa in mezzo ad un mare di stelle, un privilegio non così scontato.

Lunedì 23 settembre 2019 – Wadi Rum, Aqaba

Ci svegliamo prima della sveglia. Sono le 6.30, un po’ tardi per l’alba ma ci alziamo lo stesso e usciamo subito per un giretto fuori dal campo nella luce pallida del primo mattino dove una coppia con beduino al seguito sta facendo riposare i dromedari poco lontano.

Molte foto dopo, a memoria questo spettacolo unico, torniamo alla tenda e ci prepariamo per andare a colazione, che è sempre a buffet e, come ieri sera, mangiamo all’aperto nell’area comune, all’ombra delle rocce che contornano il campo, con una felpa addosso perché, anche se non è freddo, ancora le temperature non sono altissime.

In una pace irreale aspettiamo che arrivi l’ora di partire, per la precisione verrà il fratello dell’autista di ieri, che ci porterà fuori dal deserto dove saremo consegnati nelle mani di Alaa. E puntuale compare all’ora prestabilita, le 9.45, per condurci, in un ultimo breve tragitto nel deserto, fino alla strada asfaltata dove Alaa non manca certo all’appuntamento.

Fatti i dovuti saluti, partiamo in direzione Aqaba, dove arriviamo in circa 45 minuti. Con Alaa facciamo un giro in auto attraverso il centro, corredato di palme che richiamano lo spirito vacanziero, e con il Mar Rosso sullo sfondo che domina ogni visuale. Aqaba è una moderna cittadina abituata ad accogliere turisti e per prendere confidenza, ci fermiamo in un bar dove acquistiamo tre caffè e un tè e attendiamo che si raffreddino il giusto per riuscire a mandarli giù chiacchierando seduti sul marciapiede di fronte, come fossimo di casa.

Lungo la strada verso l’hotel ci fermiamo un momento sul lungo mare, dove Alaa ci illustra ciò che vediamo lungo la costa: un pezzetto di Giordania, qualche chilometro di Israele verso nord, la penisola del Sinai sulla sponda opposta di fronte a noi, a seguire l’Egitto verso sud e l’Arabia Saudita sempre verso sud, ma sulla sponda dove ci troviamo noi. Insomma siamo nell’ombelico del mondo…quello arabo perennemente in guerra. Se si pensa che la Giordania confina poi anche con Siria e Iraq….Messa così, la situazione fa un po’ impressione ma non vogliamo pensarci, vogliamo invece goderci il nostro Movenpick! L’enorme e stupendo resort di lusso, che ci fa rimanere incantati non appena riusciamo a varcare le ingenti misure di sicurezza, metal detector e ricerca tracce di polvere da sparo sull’auto, che inevitabilmente ci ricordano che siamo in una zona calda.

Dobbiamo aspettare un po’ per avere la camera perché siamo arrivati presto, ma poi, quando ce la danno, abbiamo vista mare. Ci cambiamo in fretta e andiamo subito nella bella spiaggia con le palme e gli ombrelloni di paglia, dove tira un gran vento, e infatti i moli per accedere alla barriera corallina sono staccati da riva e inaccessibili e nessuno fa snorkeling perché il mare è molto mosso. Pazienza, noi prendiamo posto in un ombrellone in prima fila e ci rilassiamo all’ombra, riparati dal vento grazie ad un paravento di vimini. Io tento anche un bagno, ma non mi fido molto, ci sono parecchie correnti e quindi meglio prendere solo un po’ di sole.

A metà pomeriggio ci spostiamo in una delle tante piscine, quella più vicina alla spiaggia. E’ fatta a gradini, con alcuni lettini stesi direttamente in acqua e una jacuzzi con acqua calda a fianco, che ci godiamo ben bene. Dopo un prolungato bagno, facciamo un giro esplorativo nella parte più interna dove scopriamo un labirinto di piscine tondeggianti, tutte collegate tra loro da scivoli e ponticelli, contornate da palme, piante, lettini, un canale di acqua che abbraccia la parte alta, altre due jacuzzi, tutto contornato da ristoranti, bar, in un ordine e pulizia impeccabile. La prima volta che si fa il giro è fatica mantenere l’orientamento, ma è meraviglioso perdersi qui!

Verso sera ordiniamo una bottiglia di vino e così guardiamo il tramonto, un po’ da bordo piscina e un po’ dalla spiaggia, in completo relax, prima di tornare in camera facendo un lungo giro e scoprendo altri angolini del resort, tutti arredati come gioiellini.

Martedì 24 settembre 2019 – Aqaba

Ci aspetta una giornata di completo relax usufruendo, dei servizi di questo magnifico resort, ma poi una nottata infinita per il viaggio di rientro .

Mangiamo sulla terrazza sferzata dal vento caldo che anche oggi segnerà la nostra giornata, e come nostra abitudine, a fine colazione ci prepariamo un sacchettino con un pranzetto leggero. Prendiamo quindi posto sotto ad una tettoia che sarà la nostra base per tutto il giorno. Durante la mattina il mare è un po’ meno mosso di ieri e azzardo a fare snorkeling, che si rivela però molto deludente: ho raggiunto la “barriera”, ovvero la parte in cui il fondale digrada velocemente, ma per trovare solo sabbia punteggiata da piccole piante marine, pochi coralli, quasi nulla, e pochi pesci, quasi tutti grigi e solo uno striato. Questo tratto di mar Rosso decisamente non è il posto giusto per vedere la barriera corallina. Nel pomeriggio invece esploro le piscine, percorrendo quel bel canale di acqua che avevo adocchiato durante i giri di ieri, gustandomi la caduta di acqua sulle spalle e spostandomi man mano verso il basso, risparmio solo gli scivoli, ma solo perché non li sta usando nessuno….

Guardiamo il tramonto dai lettini, mentre Alaa ci manda messaggi in cui cambia continuamente l’orario in cui ci verrà a prendere. Infatti questa sera siamo invitati a cena a casa sua e poi potremo aspettare lì l’orario in cui ci porterà in aeroporto, è stata troppo carina. Ci laviamo nella doccia della spiaggia, ci cambiamo nei bagni e ci avviamo per il ritiro delle valigie alla reception dove, la versione definitiva è stata questa, alle 19.30 ci verrà a prendere un suo amico.

E così è, dopo un po’ di shopping per finire gli ultimi soldini, puntuale arriva un ragazzo con un macchinone nero che si presenta, ci fa salire e, facendoci ascoltare Toto Cotugno, Adriano Celentano e Al Bano e Romina, ci conduce a casa di Alaa attraverso una città viva, adagiata sulla costa che abbraccia Giordania, Israele ed Egitto in un ultimo malinconico sguardo a questa terra di mezzo, così insolitamente tranquilla nonostante i venti di guerra che le girano attorno, accompagnato da un brivido nel pensare che è un po’ come stare seduti su una bomba ad orologeria…

Festeggiamo la serata e la fine della vacanza aprendo due bottiglie di vino in salotto, poi mette in tavola un mucchio di cose che ha preparato per noi, tra cui le lasagne! E’ anche un’ottima cuoca!

Dopo cenaci prepara una tisana e continua ad offrirci di ogni, caffè, cioccolatini, caramelle, ci regala l’infuso per fare la tisana che stiamo bevendo e ad un certo punto anche una sciarpa fatta da lei.

Alle 23 è ora di partire, e ci accompagna in aeroporto in pochi minuti. Quando ci salutiamo è molto triste, non so se si affezioni così a tutti o se con noi lo è stata in modo particolare, ma è veramente affranta, ci saluta e ci abbraccia più volte e ha gli occhi lucidi.

Ora è veramente finita, entriamo in aeroporto per il lungo viaggio di ritorno, lasciando una Giordania che ci ha favorevolmente sorpreso, non solo per la bellezza dei luoghi che abbiamo attraversato, ma soprattutto per la gente che abbiamo incontrato, pacifica, cortese, educata, accogliente, non si può che trovare aggettivi positivi per descrivere l’ospitalità e la gentilezza che abbiamo trovato dappertutto.



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