Overland Italia Australia: l’arrivo a Mosca!
La Polonia è scivolata nel caldo pomeriggio tra boschi e coltivazioni; ogni tanto solo qualche cascina o la strada a fianco della ferrovia interrompevano il paesaggio. Al confine tra la Polonia e la Bielorussia, l’atmosfera è cambiata e si è sentito il peso della burocrazia post sovietica. Sono comparsi i poliziotti bielorussi con i classici berretti a padella per certificare l’ingresso nell’Unione doganale euroasiatica, che comprende sia Bielorussia che Russia, e ho quindi riempito la carta si immigrazione con estrema attenzione. Non oso immaginare al confine con Mongolia o Cina, come saranno le pratiche. Come di rito hanno poi cambiato le ruote al treno per adeguarlo allo scartamento ex sovietico e infine siamo ripartiti nella notte. Alle 06:15 a Smolensk ci hanno svegliato per il controllo dei passaporti all’ingresso in Russia. Un giovanotto dalla faccia inespressiva non contento del mio passaporto e di quello della ucraina ha chiamato il superiore. Il quale, parlando un po d’inglese, ha riguardato il passaporto e mi ha chiesto se avevo altri documenti, al mio diniego si è accontentato. Invece per la gentile ucraina le cose sono andate diversamente, non capisco cosa sia successo ma la hanno fatta scendere alla svelta dal treno. L’ansietà e il timore che trasparivano dal suo volto davano un’idea del potere della polizia. Mi è dispiaciuto perché mi sembrava una brava persona che voleva solo raggiungere la famiglia in Russia, tra l’altro diceva che per cittadini ucraini non serve il visto ma solo una registrazione. Ulteriori richieste di chiarimento agli altri passeggeri, forse per il limitato vocabolario russo, hanno ottenuto solo vaghe risposte: problemi. Si è continuato cosi nella mattinata nuvolosa, con ogni tanto qualche casa di legno con contadini che lavoravano nei campi. Poi sono apparsi dei villaggi più grossi, industrie e i quindi i palazzoni tipici dell’epoca sovietica, e d’improvviso ecco la stazione di Mosca Bieloruskaya. Ce l’avevo fatta ero arrivato, che soddisfazione. Ho comprato una SIM, prelevato un po di rubli e affamato come un lupo mi sono diretto verso l’ennesimo fast food. Poco da fare quando c’e fame non si guarda per il sottile, ci sarà tempo per rifarsi. Stanchissimo ammirando la famosa bellezza delle stazioni, ho preso la metropolitana per raggiungere l’albergo nei pressi della stazione Yaroslavskiy da dove partirò per la Transmongolica.
Recuperate le forze, mi sono diretto sulla Piazza Rossa per l’immancabile foto; purtroppo vi si svolgeva un festival di bande militari e non avendo voglia di restare fino alle 23:00, ho posticipato la visita al giorno dopo andando a passeggiare sulla adiacente affollata via Nikolanskaya. Molto suggestiva l’illuminazione, più che le nostre vie per Natale, inoltre le campane che suonavano a festa dal vicino monastero Novodevicij ne aumentavano il fascino. Una bella camminata fino alla piazza Lubianka, dove vi è l’edificio della tristemente famosa ex sede del KGB e ho poi preso un bus verso l’Arbat, turistica via pedonale. Ricordo che nel 93 vi avevo comprato del caviale per pochi soldi, mentre ora il lusso dei negozi straborda. Cena in un buon ristorante georgiano dove parlando del viaggio con un cameriere siberiano di Chitta, ho sentito il fumo del narghilè fumato dai commensali e ho ricordato gli anni in cui ho lavorato in Asia Centrale; ricordi scattati come le Madeleine per Proust. Ripresa la metropolitana pensavo ai prossimi due giorni a Mosca e poi la partenza notturna sul treno della Transmongolica per Yekaterinburg, fantasticavo sulla vera Russia che mi aspettava.