Normandia e Bretagna, un sogno cullato per 30 anni
Io sono uno che quando parte ha già l’ansia di non trovare parcheggio, pensate il patema prima di partire per le vacanze senza aver prenotato tutti gli alberghi … La chiamano terapia d’urto. Vediamo come ne uscirò.
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Io, Edo, baldo (ma non troppo) 53enne, lei, Laura, con un’energia che mi sa non essere tutta sua. Io ne avevo di più ed ora mi sembra manchi qualcosa.
Destinazione Normandia & Bretagna, destinazione che cerco di raggiungere da più di 30 anni. Ho finalmente fiaccato le resistenze di Laura, amante del sole caldo e dei bagni in mari caldi. Chi la dura la vince! In realtà l’ha praticamente deciso lei, io avevo ormai rinunciato.
E quindi si parte, a cavallo della nostra splendida Golf bianca.
4/7 – Bourges
Si parte di mattina, quasi all’ora stabilita; la puntualità … quando la distribuivano noi siamo arrivati in ritardo. Abbiamo subìto vari salassi autostradali: il Frejus costa come un concerto di Vasco, ed in macchina cantavo io. Le autostrade francesi, poi, sono come i loro formaggi, uguali alle nostre ma più care. A tasche vuote raggiungiamo la prima tappa: Bourges.
Per questa e la prossima tappa ho solo l’ansia del parcheggio perché abbiamo prenotato due chambre d’hotes (in pratica dei Bed & breakfast, ma si sa, i francesi usano la loro, di lingua: sempre). Arriviamo alla Cattedrale di Saint Etienne dalla parte dell’abside ed entriamo subito da un portale laterale. L’interno è austero e maestoso. Cinque navate alte quasi 40 metri e delle splendide vetrate del 1200 (!!), stessa età della cattedrale. Siamo veramente senza fiato. Poi usciamo ad ammirare la facciata piena di sculture, cinque portali e due torri, una mozza. La maestosità, a parer mio e finora, è seconda solo a Notre Dame ed al Duomo di Milano, ma mi ricrederò durante il viaggio. Facciamo foto dai giardini a lato della cattedrale e andiamo in camera a riposare un po’. Alloggiamo al Lamarck Guest, bella sistemazione, dignitosa. Poco fuori dal centro. 75€/notte. Audrey, la signora del B&B, ci parla di un allestimento notturno a Bourges: dalle 22 si accendono in città dei lampioni blu che disegnano un percorso con delle tappe davanti a palazzi contro i quali vengono proiettate scene varie che “raccontano” la città. Molto, molto suggestivo, lo fanno tutte le sere fino ad ottobre.
Ora faccio uno svenimento programmato per tornare vispissimo domani per la seconda tappa: Rouen.
5/7 – Chartres – Giverny – Rouen
Guardando la cartina scopriamo che Chartres e la sua cattedrale sarebbe quasi di strada e decidiamo di passarci. In effetti la cattedrale è smisurata, Bourges è già medaglia d’argento. Una facciata slanciata verso l’alto, sembra una rampa di lancio dei campanili! L’interno è simile a quello della Cattedrale di Bourges: tutto per far sentire dei nani come noi ancora più piccoli. Mangiamo delle crepes vicino alla cattedrale e poi andiamo verso la casa di Monet a Giverny. I quadri di Monet ispirano sia pace come le ninfee, il ponticello sullo stagno, ecc, che inquietudine, almeno per me, tipo i disegni della cattedrale di Rouen. I giardini, invece, a me hanno ispirato solo molto caldo. Capiamoci, io i giardini li reggo poco, se poi si visitano in massa ed a 30°, li trovo parecchio pesanti. A Laura invece piacciono e dove io vedevo una pozza d’acqua con delle foglie, lei vedeva i quadri di Monet. Ora si punta veramente la Normandia: arriviamo prima di cena alla chambre d’hotes “La Phenix” gestita da Simona e Pietro. Sì, sono italiani. Una sorpresa. Ci hanno spiegato come si viva bene in Normandia dove le cose sembrano funzionare e la popolazione è molto rivolta all’”altro”, molto tollerante. Sembra molto l’Italia in cui viviamo adesso… Andiamo in centro e mangiamo cena da chez Philippe vicino al centro (non male) e poi, come ci hanno consigliato Simona e Pietro, ci piazziamo davanti alla Cattedrale (immensa, manco a dirlo) perché alle 11 parte uno spettacolo di suoni e luci proiettate sulla facciata. Questa seconda serata di suoni e luci mi sa che sarà anche l’ultima. È una cosa molto francese ed io mi annoio un po’. Ma comunque, vista una volta, è una cosa suggestiva.
Sono più stanco di ieri, sogno di svenire sul letto. Cosa che faccio appena lo vedo!
6/7 – Rouen – Etretat – Honfleur
Si va in centro per visitare la Cattedrale di Notre Dame di Rouen, ma prima due foto al sito dove è stata arsa viva la Pulzella d’Orleans, Giovanna d’Arco, nella piazza Vieux Marchè. Per andare alla cattedrale si passa per la Rue de Grand Horologe, dove manco a dirlo, si passa sotto un orologio che prima era su una torre e forse perché i cittadini ci vedevano poco, l’hanno tirato giù ed ora fa da arco sulla strada, molto più in basso. Ora a Rouen sono diventati tutti puntualissimi. Molto belli gli orologi (sono due uno per lato), ad una sola lancetta, tutti dorati. Arrivati davanti alla cattedrale bisogna ammirare la facciata, tutta una statua e ghirigori. Non simmetrica, per nulla, e la cosa mi urta un po’. Anche le torri ai lati sono diverse, una più alta dell’altra ed una con il tetto a punta e l’altra no. Ah, al centro della chiesa si slancia una guglia (in ghisa) che è la più alta di Francia 151 metri.
L’interno, lo ammetto, ormai me l’aspetto: colonne altissime, finestre con vetri colorati. E così è. Non mi piace abituarmi al bello, ma è così. Avessi visto solo questa cattedrale sarei rimasto senza fiato. Una cosa interessante: qui è sepolto Riccardo Cuor di Leone. Il re buono di Robin Hood! Usciti ci dirigiamo verso Saint Maclou una chiesa gotica con una faccia convessa, curiosa. Molto bella da fuori, l’interno… non lo so, era chiusa. Qui passa la Senna e non vuoi far due passi lungo il fiume che abbiamo conosciuto a Parigi? Qui è un po’ cresciuto, siamo vicini alla foce, ormai. Via, prendiamo l’auto e puntiamo Etretat. Dopo un po’ di sconforto per le centinaia di auto, più la nostra che sembrava l’unica non dovesse avere un parcheggio, abbiamo preso, con molta fiducia, la roba da spiaggia e ci siamo incamminati. Etretat è una spiaggia di ciottoli con ai due limiti delle scogliere bianche di alabastro che sono uno spettacolo immenso. Sono entrambe scalabili a piedi facilmente. Quella di destra, guardando il mare, la falesia d’Amont ha una cappella sulla cima e la vista sull’altra scogliera che fa un arco e davanti ha una guglia di 50 metri. Qui Monet ha fatto alcuni dei suoi dipinti più famosi. Scesi dalla scogliera decidiamo di spiaggiarci, come altre decine e decine di persone hanno fatto. C’è un bel sole e vedendo che c’è chi fa il bagno ci facciamo trarre in inganno. Laura si immerge ed uscendo mi dice: “Nnoon f-f-f-aar-l-l-o …” con due occhi così. Ma sarò pur l’uomo di casa, no? E allora dopo lunghi secondi di indecisione, mi butto. Esperienza ibernante! Ho fatto un bagno di circa 12-13 secondi. E mi sono sembrati eterni. Saliamo a fatica sui ciottoli e raggiungiamo gli asciugamani. Ed io m’addormento, come da copione.
Al mio risveglio attacchiamo anche l’altra scogliera, la falesia d’Aval. Milioni di foto e possiamo tornare. Ah sulla spiaggia c’era un concerto ed hanno anche cantato una canzone in italiano! “Arrivederci a questa sera” di Lucio Battisti. Riprendiamo la macchina e facciamo rotta verso la nuova Chambre d’Hotes prenotata vicino a Honfleur “Fermes des Lisores” (60€), una bellissima fattoria che ci accoglie con mucche e vitelli nel prato davanti casa. Veronique molto gentile ci accompagna in camera. Tutto molto bucolico!
A cena andiamo ad Honfleur, un bellissimo paese attorno ad un porticciolo. Mangiamo da l’Escale le moules (le cozze). Due porzioni gigantesche! E buone. Facciamo due passi ancora per Honfleur e poi torniamo in fattoria, metti che dobbiamo mungere le mucche…
No, non era necessario. E allora buonanotte.
7/7 – Arromanches – Bayeux
Colazione buona e si parte. Attraversiamo il Ponte de Normande per raggiungere la prima tappa del nostro giro tra i luoghi dello sbarco del ’44. Arriviamo ad Arromanches les bains attorno all’ora di pranzo. Dello sbarco si sa praticamente tutto: ma la storia di questo luogo ha dell’incredibile. Gli alleati avevano bisogno di un porto per fare sbarcare mezzi e uomini, una volta conquistata la costa. Conquistarne uno già esistente poteva richiedere troppo tempo e troppe vite, quindi se lo sono portati dalla Gran Bretagna! Nei giorni dopo lo sbarco hanno inizialmente affondato una serie di navi al largo di Arromanche al fine di fare una diga artificiale, poi sono stati trasportati enormi blocchi galleggianti cui sono state fissate delle passerelle. Questa struttura con l’alta mare fungeva da molo. Qui sono sbarcati centinaia di mezzi e centinaia di migliaia di soldati. La guerra è stata vinta anche qui. Arriviamo con la bassa marea ed abbiamo potuto osservare da vicino i blocchi che sono rimasti qui a testimoniare questa immane impresa degli uomini. Saliamo poi sulla scogliera dove è stato allestito un cinema a 360° dove abbiamo seguito la storia dello sbarco. Da qui c’è la vista migliore sulla baia, da cui osserviamo l’avanzare della marea. Quando torniamo a riva, il mare ha raggiunto la passeggiata ed i blocchi dove eravamo andati a piedi sono al largo di un centinaio di metri. Mangiamo una crepes e poi andiamo verso Bayeux dove prendiamo possesso della nostra camera a Clos Fleury (70€) gestita da una coppia di anziani molto solerti. Ci informano che siamo fortunati: oggi a Bayeux c’è la festa annuale medievale. A me viene un mezzo coccolone: non amo molto, nè le feste in costume, né gli assembramenti di folla. Qui li troverò entrambi! Arriviamo in centro ed è tutto un vorticare di spadoni, balestre, streghe, saltimbanchi e tanta, tanta gente. Tutto come previsto. Fendiamo la folla ed andiamo a vedere una cosa di cui io ignoravo l’esistenza mentre Laura, da brava insegnante di storia, conosce benissimo. L’arazzo di Bayeux. È custodito nella biblioteca comunale. Laura mi spiega che non è un arazzo bensì un ricamo. Io faccio sì con la testa, sperando non mi chieda la differenza. Lei che mi conosce, evita di infierire. Comunque, è un tappeto di ben 70 metri di lunghezza che descrive la storia di Guglielmo il Conquistatore. Molto interessante. Ora affrontiamo di nuovo i barbari per andare alla cattedrale. È enorme. Ma purtroppo c’è veramente troppa gente, ho bisogno di respirare. Torniamo in camera. Alle 20 andiamo a cena: miracolo. Non c’è più nessuno. Ma proprio nessuno. Ed i ristoranti, quasi tutti chiusi. Ne troviamo uno carino, Le Table du Terroir, dove incontriamo un’altra coppia italiana fuggita al nord della Francia.
Impressionante comunque come si sia spopolata la città.
8/7 – Luoghi dello sbarco
Oggi si fa un giro per i luoghi dello sbarco del 6 giugno del 1944. Ma prima due parole sulla colazione molto abbondante dalla coppia diversamente giovane che gestisce il Clos Fleury. Buonissimo il Pan perdù, un ottimo dolce fatto con pane raffermo, zucchero e altre cose che lo rendono delizioso. Cercatelo sull’internet. Rifocillati a dovere partiamo per fermarci quasi subito: a Bayeux c’è il cimitero militare britannico che ospita più di tremila soldati quasi tutti giovanissimi e quasi tutti morti nei giorni dello sbarco. Lapidi col nome, tutte allineate in un giardino perfettamente curato con alberi a fare ombra alle spoglie di questi poveri ragazzi. Quasi tutti dell’età dei nostri figli.
Col groppo in gola partiamo per Longues sur Mer a vedere le batterie tedesche che proteggevano la costa. Quel giorno hanno resistito fino a sera per poi capitolare. Erano i cattivi, ma mi sono immaginato a stare lì a sparare da dentro un bunker di cemento armato mentre dal cielo e dal mare ti stanno bombardando senza sosta, sapendo di non avere scampo. Ci spostiamo a Colleville s/Mer per visitare il cimitero americano proprio sopra Omaha beach, la spiaggia dove è stato pagato il prezzo più alto di vite umane (3000 tra gli alleati, purtroppo non ho trovato le cifre relative ai tedeschi). Il cimitero è una selva di croci e qualche stella di David tutte perfettamente allineate e rivolte a ovest, verso gli U.S.A., per un totale di più di 9.000 tombe. Decisamente scenografico e anche qui ragazzi dai 18 ai 40 anni con la stragrande maggioranza di giovani tra i 19 e 21 anni. Usciamo e andiamo a Omaha beach dove una scultura di acciaio chiamata “The braves” (i coraggiosi) ricorda proprio il coraggio ed il sacrificio di migliaia di giovani.
Ora si va a Cambe a visitare il cimitero degli sconfitti, i tedeschi. È il cimitero più grande (21.000 tombe) ma se ne parla poco. I morti non hanno nazionalità ed inoltre moltissimi di questi ragazzi hanno vissuto tutta la loro vita sotto Hitler, già solo questo rende tutto ancora più triste. Per capire l’impatto sul territorio dello sbarco andiamo a Pointe du Hoc, una penisola strategica. Qui sono stati lasciati i crateri delle bombe alleate. Sono enormi, la penisola sembra una groviera. Una testimonianza visiva molto utile. L’ultima tappa è Sainte-Mère-Église, dove per errore è stato paracadutato un gruppo di soldati americani, la città era piena di tedeschi che praticamente hanno fatto il tiro a segno, uccidendo decine di ragazzi. Il luogo è famoso perché un parà era rimasto impigliato su una guglia del campanile e si è salvato fingendosi morto. Adesso al campanile, in ricordo, c’è un manichino col paracadute impigliato.
Torniamo a Bayeux con uno spirito non proprio vacanziero.
A cena mangiamo da “Le Volet Qui Penche”: io ho mangiato la tete de veau (testa di vitello), per noi piemontesi è mangiabile perché da noi si mangia la “testina”. Per altri penso sia molto dura mangiare questo piatto. Ma è proprio buono.
9/7 Mont Saint Michel
Lasciamo Bayeux per andare al confine normanno-bretone. Il navigatore di Google Maps deve essere di queste parti: più che il percorso più agevole sembra un giro per salutare i parenti in campagna. Abbiamo visto solo mucche, fattorie e grano, passando per strade minuscole. Dopo vari zig-zag alla nostra sinistra appare la sagoma inconfondibile di Mont Saint Michel. Per me era quasi diventato un desiderio inesaudito. Grazie Laura che hai acconsentito a questo viaggio! Parcheggiamo: io sono talmente in estasi che neanche mi chiedo quanto costerà, saliamo su una navetta “gratuita” e via! Non c’è niente che possa dire che non sia già stato detto di questo posto. Siamo arrivati con la marea montante e attorno all’isola si vede l’acqua arrivare: interessante. Durante la visita la marea ha raggiunto il massimo e l’acqua è arrivata a lambire i bastioni. Io sono felice come un bambino al circo. Ho fatto un milione di foto. Sul serio: solo una cena con Roberto Baggio, Del Piero e Michel “Le Roi” Platini potrebbe essere più appagante. Se pagano loro…
Al parcheggio gli occhi mi si gonfiano di nuovo: 14 euro! Costa meno parcheggiare in Piazza San Pietro! Seconda tappa di giornata: Saint Malo. Arriviamo nel tardo pomeriggio e Laura vuole stare un po’ in spiaggia. Una rapida occhiata alle mura e poi troviamo il nostro posto: metto l’asciugamano, Laura vuole stare sulla sabbia asciutta quindi stiamo lontani dall’acqua, e “svengo”. Troppe emozioni oggi. Quando riprendiamo i sensi (anche Laura era emozionata) il mare è lontanissimo, in un’ora si sarà ritirato di più di cento metri. Alle maree non mi ci abituo. Qui sfruttano il fenomeno: in spiaggia hanno eretto un muretto (fa rima!) rettangolare aperto verso la spiaggia, alto 2/3 metri. Quando l’acqua si ritira, il muretto la trattiene e si forma una piscina naturale. Ci sono pure i trampolini! Grazie alla bassa marea si raggiunge un isolotto da cui si può ammirare questa bellissima città, tutta cinta da mura possenti. Un incanto. Dopo un giro sui bastioni si punta verso Dinan per il pernottamento. Il posto è in città ed è l’unico punto a favore. Camera piccolissima in una casa neanche tanto ben tenuta (Priory view – 70€). Speriamo domani nella colazione.
A cena mi sparo uno spiedino di mezzo metro di carne di manzo. I vegani mi odieranno. Laura invece una bacinella di cozze piccolissime. Appena è riuscita a finirle andiamo a letto.
10/7 – Dinan – Fort La Latte – Cap Frehel
La colazione ha confermato la pochezza della chambre d’hotes. Vabbè, andava comunque bene, noi ci adattiamo molto e non abbiamo pretese, ma comunque, almeno io, le differenze di trattamento le notiamo. Dinan è molto bella. Città medievale con una bellissima strada in ripida discesa con case a graticcio (sono case con travi di legno a vista sui muri) che porta ad un bel porto sul fiume Rance. Romantico. Camminiamo un po’ sulle mura che circondano il paese, guardiamo la torre dell’orologio ed il castello, no Laura, non lo visitiamo: ci sarà la sala d’onore, le camere da letto con il bagno, il salone dei soldati, la cucina. Voilà, come se l’avessimo visto. Ora andiamo a Cap Frehel: abbiamo letto di una camminata sul “sentiero dei doganieri” dal faro a Fort La Latte. Parcheggiamo e scopriamo che il tempo massimo di sosta è di tre ore e solo andare e venire se le portano via le tre ore… quindi ci consigliano di fare la camminata al contrario. Aggiornate le guide, allora. Pieni di entusiasmo andiamo a Fort La Latte, parcheggio gratuito. Tiè.
C’è un sole pieno, in Bretagna! Da quando siamo qui, tra l’altro. Ma non fa caldo (22°) quindi affrontiamo il sentiero all’ora di pranzo. Per un po’ non è niente di che, poi quasi a Cap Frehel si vede una distesa di fiori viola e gialli: la brughiera! È uscita dai libri di geografia e si presenta in tutta la sua bellezza. Ora mi mancano solo più i muschi ed i licheni. Vengono foto bellissime con questi colori ed il faro là in fondo. Le scogliere sono meno imponenti di quanto mi aspettassi, ma il panorama paga l’occhio. Mangiamo al faro panini comprati in viaggio e torniamo. Il ritorno, che doveva essere l’andata, è più scenografico, con il Fort La Latte sullo sfondo. Arrivati al forte alla visita abbiamo preferito una birra ed un succo, graditissimi. Andata e ritorno 2 ore, invece delle 3 previste, piedi luridi (il sentiero è polverosissimo) e stanchezza, che non si dice, però c’è. Si va ora verso Binic per la prossima chambre. Un posto delizioso, La Chambre du Vaudic a Pordic (67€) (finisce tutto in ic, in questa zona), tenuto da una coppia molto Bio, persino la birra che mi hanno offerta era biologica. Cena a Binic, moules io e hamburger Laura ed andiamo a stramazzare. Il primo che dice “50 anni e non sentirli”…
11/7 – Abbazia di Beaumont e Ile de Brehat
Colazione ovviamente bio, buona anche se non ricchissima (croissant, no, salumi, no, formaggi, no) e ripartiamo. Francine ci consiglia di vedere l’Abbazia di Beaumont e così facciamo: sulla strada per Paimpol c’è questa chiesa diroccata, senza tetto e con al posto del pavimento un prato, rose e ortensie. Un’oasi di pace vista mare: facciamo due passi e vediamo delle barche in secca per la bassa marea: sembrano dormire così adagiate su un fianco sulla sabbia. Ora si va a Brehat a prendere il battello per l’Ile de Brehat. Biglietto con giro dell’isola e attracco, 16 euri: altrimenti si può anche fare il biglietto solo per traversata e attracco. È un arcipelago di decine di isolotti (o meglio, scogli) e due isole più grandi. Oltre alla bellezza del paesaggio si notano le differenze rispetto ai nostri. Potremmo essere in Sardegna ma sulle isole ci sono i pini ed è tutto verdissimo. C’è un bel faro ed un mulino a maree, originale. Faccio una tonnellata di foto, credo tutte uguali, ma sono rapito dall’ispirazione e dalla macchina regalatami prima della partenza. Mi sento Mc Curry, ma so già che quando guardo meglio le foto scoprirò le differenze…
Dopo l’attracco l’obiettivo è la plage de Guerzido che raggiungiamo, perdendoci, in 10 minuti. Vabbè non mi ripeto sulla bellezza del posto, dico però che qui l’acqua è più calda, infatti il mio bagno dura il doppio di quello fatto a Etretat: 30 secondi netti!!! No, ragazzi, sembra la Sardegna, ma in realtà è proprio Bretagna. La pelle d’oca la mantengo per ricordarmi di evitare di rituffarmi, preso dalle somiglianze. Uno svacco di un’ora e mezza e poi, con birra bretone in mano, partiamo per un giretto dell’isola. Non ci sono auto, è tutto molto bucolico. Venite gente, è bellissima: ma il bagno fatelo a casa! Tornati sulla terraferma puntiamo su Treguier dove abbiamo prenotato una chambre (Kergroas a Trezardec, 66€ ) tenuta da Pierette: una simpatica nonnina che ci offre l’aperitivo presentandoci tutta la famiglia: figlio, nuora e tre simpatici e bei nipoti.
Alle 20.30 andiamo “in paese” e rischiamo il digiuno … qui è già tutto chiuso, nei ristoranti ci dicono che è tardi, e sono le 20.45! Meno male che esistono le brasserie!! Una bella entrecote (Laura, sprezzante del pericolo si prende una pizza) e poi a nanna, stanchissimo. Si sentono i 50, si sentono. Che poi sono pure 53.
12/7 – Ploumanac’h – Perros Guirec
Pierrette ci parla come fossimo francesi e lo fa mentre mangiamo colazione: non facile imburrarsi le crepes, che per me già non è facile di per sé, cercando di intercettare almeno una parola su cinque per capire il senso del discorso e articolare nel mio francese alla Totò delle risposte sensate. Meno male che c’è Laura che fa come Pierrette, le parla in italiano. Quasi quasi le lascio a chiacchierare e mi porto crepes, burro, caffè eccetera in giardino. Finalmente riusciamo a partire. Ah, stamattina è piovuto! Finalmente. Altrimenti sembrava di stare in Puglia. Prima facciamo una capatina alla cattedrale di Tregiuer. Qui le chiese sono sproporzionate ai paesi in cui sono costruite. È possente, sempre gotica con un campanile a punta di matita. Poi Laura entra in possesso di una confezione di caramelle al burro salato. È il ritratto della felicità! Come lo sarà il suo dentista. Avremmo puntato su Trestrou, ma Pierrette ci ha consigliato di andare direttamente a Ploumanac’h, parcheggio Semaphore, per prendere il sentiero GR34, sempre quello dei doganieri, che porta al faro di Perros Guirec, passando per la costa di granito rosa. Massi enormi erosi dal vento che hanno preso forme diverse: un’onda, la faccia di un gorilla, una conchiglia e così via. La natura stupisce sempre. Dopo un’ora di girovagare tra le rocce si arriva al faro, piccolo, dello stesso colore del granito. Bellissimo. Dopo una quarantina di foto al faro, proseguiamo nella camminata ed arriviamo alla Plage de Saint Guirec. Vabbè è bella pure questa, con un isolotto in mezzo alla baia. Stavolta non tento il bagno, convinto dalla pochissima gente in acqua, e scelgo la catalessi. Qui gioco in casa! Ma Laura è una degna compare. Rinveniamo dopo un’ora circa. Ci stiamo abbronzando, in Bretagna!!
Ora una camminata meno bucolica ci porta al parco delle sculture. Gli artisti saranno pure bravi, ma a dirla alla Alessandro Borghese, la location è molto trascurata. Un prato d’erba secca. Una cosa triste, non vale la pena. Tornati alla chambre ci prepariamo per la cena. Torniamo alla brasserie di ieri (Les Vieilles Poutres). Andiamo sul sicuro, e poi nanna. Tanto Treguier è totalmente vuota e chiusa dopo le 9 di sera.
13/7 – Morlaix – enclos paroissiaux- Ile Vierge
Altra colazione chiacchierata, poi salutiamo la cordialissima Pierrette e puntiamo a ovest. Prima tappa, l’autolavaggio: ho i vetri luridi e decidiamo di lavare tutta la macchina agli spazzoloni. Risultato: macchina linda e vetri … luridi come prima. Perfetto. Proseguiamo verso Morlaix, cittadina dominata da un enorme viadotto ferroviario del 1860. Carina la città senza però cose degne di nota, viadotto a parte. Ci si può anche andare sopra, da dove si vede il porto fluviale della città. Da un diario di viaggio scopriamo l’esistenza degli “enclos paroissiaux”, in italiano complessi parrocchiali. Ci fermiamo a St. Thegonnec, Guimiliau, Lampaul-Guimiliau. Sono tutti molto simili: un muretto, con un arco trionfale, che cinge un’area su cui sorgono una chiesa, un calvario (una costruzione simile ad un sepolcro, tipo le Arche di Verona) e un cimitero. Ve li consiglio, sono molto interessanti e tutti nel raggio di 10 km. Ma noi puntiamo più in là: dopo 50 minuti di viaggio arriviamo davanti al faro di Ile Vierge. Il faro più alto d’Europa, 85 metri. Sembra un missile. É su un isolotto e si raggiunge ovviamente solo via mare. E siamo arrivati tardi per l’ultima traversata. Pazienza. Decine di foto e si va verso la spiaggia. Oggi fa fresco quindi niente svacco. È un posto molto bello, che sa di fine della terra. Poi ci sono decine di barche ancorate nella baia, un posto facilissimo da fotografare. Ora si va alla chambre prenotata, Ty-Jos Pays des Abers (68€) vicino a Plouguerneau, da Lucien e sua moglie. É una casetta su una collina direttamente sull’Aber Wrac’h. Gli Aber praticamente sono dei fiordi bretoni. Il panorama dalla chambre è incantevole. Per cena una gallette ed una crepes (la mia è tutta bruciata) alla Creperie du Pont e torniamo all’Ile Vierge per vedere il tramonto.
Arrivati alla spiaggia scopriamo che l’acqua non c’è più! E le barche sono tutte in secca. Una sorpresa che merita una bella quantità di foto. E si aspetta il tramonto, che arriva con colori bellissimi alle 22.19!
Giornata terminata in bellezza.
14/7 – Strada dei fari
Colazione “assistita” nel senso che Lucien e la moglie stanno lì mentre mangiamo. Un po’ imbarazzante, come lo era stato con Pierrette. Molto premurosi i bretoni e chiacchierano molto volentieri. Capirli, aiuterebbe. Vicino alla chambre c’è il punto panoramico sull’Aber Wrac’h . La marea è bassa e c’è poca acqua ma il panorama è molto bello. Il punto è sulla strada che da Plouguerneau va a Paluden (ma comunque è segnalato).
Si parte per la strada dei fari (ne vedremo tre, ne abbiamo tralasciato uno e dimenticato un altro…). Non solo fari, comunque: la prima destinazione, infatti, è il dolmen di Guilligui. Su una collinetta a Portsall c’è una croce romana e un dolmen e da lì si vede un ottimo panorama. Ripeto, la marea è bassa, tutte le barche, proprio tante, sono appoggiate a terra. Surreale. Scendiamo da una stradina dalla parte opposta della croce e facciamo due passi nella rada, tra le barche. E quando ci ricapita?
Da qui ci si sposta verso la cappella di Saint Samson. Una chiesetta davanti al mare, molto bucolica. Davanti alla cappella troviamo due anziani che fanno tai chi. Sono combattuto tra un sentimento tenerezza ed uno di compassione. Teneri sono teneri, però si muovono proprio male. Sarà l’età o lo scarso allenamento, ma sembrano parecchio ingrippati. Il tai chi è un movimento molto armonico, il loro è più artritico. Liberi loro di farlo, libero io di criticare. Ci sono anche dei cavalli che pascolano, sembra un set cinematografico. Ora si va alla penisola di Saint Laurent da dove si vede il Phare du Four, che vigila il mare da uno scoglio a 2 km dalla costa. Altro set naturale. Sarebbe più scenografico col mare mosso: il faro è uno di quelli più riprodotti, schiaffeggiato da onde alte quanto lui. Oggi, perché sono fortunato, il mare è una tavola, le uniche onde che vedo sono quelle dei capelli di Laura. Io ho comunque fatto una ventina di foto, tutte perfettamente uguali. Pensate la noia quando le farò vedere a qualcuno. A me ogni scatto sembrava originalissimo ed invece sono buoni per il gioco “trova le differenze”.
Portato via da Laura, io speravo ancora in un’onda anomala, andiamo prima in una boulangerie a comprare dei panini (assaggiate la torta “Pommè bretone”, pesa come la ghisa, ma è buonissima) e poi verso Pointe de Corsen, il punto più ad ovest della Francia continentale. Non c’è molto, se non il “punto”, che noi diligente fotografiamo, ma una volta sola. Ci spostiamo verso sud verso Le Conquet a vedere la penisola di Kermorvan: su un lato della penisola una enorme spiaggia (Plage des Blancs Sablons), credo molto bella vista la sterminata distesa di macchine parcheggiate, ma noi oggi “siamo sul pezzo”, mica siamo dei perdigiorno come questi spiaggiati qui. Posiamo la macchina al limite “rotabile” e ci incamminiamo tra le felci in un paesaggio anonimo. Forse gli spiaggiati proprio degli sprovveduti non sono. Finalmente si arriva alla punta dove ci sono un faro ed un forte, entrambi chiusi. Foto qui e là e torniamo la macchina. Capiamo ora che il paese di fronte alla penisola è Le Conquet, ma non ci andremo. Dobbiamo fare delle rinunce..
Prossima tappa il faro di Saint Mathieu, poco dopo Le Conquet. Qui siamo alla poesia: un’abbazia incompiuta (o diroccata) ed un faro bianco e rosso al suo fianco. La macchina, conoscendomi, comincia a scattare foto da sola. Ora abbiamo sete e caldo: la prima la plachiamo al bar, per il secondo ci vorrebbe un bagno. Troviamo una spiaggetta e ci avviciniamo all’acqua che ci morde le caviglie! Lasciamo stare il bagno, va, si rischia l’ipotermia. Io opterei per una bella pennica, ma una telefonata di Luca, uno dei figli abbandonati a casa a se stessi (calma, niente telefono azzurro: hanno 22 e 25 anni, i pargoli), mi distoglie dal programma. Ma si sa, e figl sò piezz ‘e core. La giornata termina a Saint Renan dove ci aspetta Anne alla sua “Les Chambres d’Anne” (48€). Mangiamo a la Creperie La Maison d’Autrefois. Io ho preso una salsiccia Molène (non un granchè), Laura la centesima galette.
Il faro tralasciato è quello di Treven, non l’abbiamo trovato, e quello dimenticato è quello di Petit Minou e mi spiace perchè dalle foto sembrava molto bello. Chissà, domani…
15/7 – Ile de Ouessant
Colazione così così, ma è il posto meno caro, fin qui, e partiamo per una giornata fuori dal continente. Ci imbarchiamo a Lanildut per l’isola di Ouessant (35€ a testa, compagnia Finist’mer).Qui c’è una piccola storia: a me, forse s’è capito, piacciono i fari e anni fa Laura mi ha regalato una gigantografia di un faro in tempesta. Avevo ai tempi fatto delle ricerche e avevo capito che il faro era quello di Creac’h, sull’isola di Ouessant, appunto. E mi ero detto: “Chissà, un giorno”. È oggi!!!! Quarantacinque minuti di navigazione e si arriva all’isola, che è 8 km di lunghezza e 4 di larghezza, piccolina. Noleggiamo due bici (14€ a bici) e puntiamo subito l’obiettivo. Venti minuti di pedalata, errori compresi, ed arriviamo. Sono quasi commosso.
Il faro è enorme, a strisce bianconere (ottima scelta cromatica!) in alto sulla scogliera. Cerco di capire da quale angolazione era stato immortalato nella foto e tentiamo una copia. Anche se è impossibile per due motivi: il primo il mare: immobile anche oggi, quindi niente ondone. Il secondo, la foto originale è scattata dal mare. Fotografo anche lo scoglio su cui penso si infranga la mega onda che guardo ogni mattina (la foto è in camera da letto). Rasento la paranoia.
Per me la visita poteva anche finire lì, ma rimangono sette ore da impegnare prima del ritorno. E allora, con due citybike, ci avventuriamo nella brughiera. Due deficienti! Dopo 5 minuti di pedalata comoda, il sentiero diventa una mulattiera. Un calvario. Quando finalmente sbuchiamo su una strada sterrata troviamo molti ciclisti parecchio più furbi di noi. Dopo questa impresa torniamo verso l’unico centro abitato dove ci scofaniamo due belle crepes ed io mi bèo della cameriera, bellissima. Scusa Laura, ma gli occhi mica posso cavarmeli! Per il pomeriggio ci aspetta un tappone dolomitico, ma noi non lo sapevamo. Vogliamo vedere il faro di Stiff, dal capo opposto al nostro. Il fatto che si veda là in alto non ci insospettisce. Smanettiamo come furie sui cambi, io invoco santi ancora neanche canonizzati ed arriviamo a sto faro benedetto. Sarà la fatica, il respiro affannoso, le traveggole, ma non l’ho apprezzato. Torniamo al borgo e puntiamo su una spiaggia lì vicina. Capiamo subito che non conviene andare a bordo acqua, perché, lì, non c’è nessuno: sono tutti 200 metri più indietro contro il muretto che segna la fine della spiaggia. Ci murettiamo anche noi e nel giro di un’ora siamo a bordo acqua, e non ci siamo mossi. Alle maree bisogna proprio abituarsi. Fa anche un caldo suino, a questo mi sa che sono i bretoni a doversi abituare. Un’ora di sollazzo e prendiamo con calma la via del porto. E mal ce ne coglie!
Non avevo capito niente della geografia dell’isola: il porto è piuttosto lontano dal porto, mentre io pensavo fosse lì a due passi. Mi prende una leggerissima ansia: mi produco con un forcing che neanche Gianni Bugno, richiamo tutti i santi di poco prima ed arriviamo (Laura ho sempre sperato fosse dietro, non mi sono mai girato) con vari problemi cardiorespiratori al deposito bici. Ringrazio a gesti il tipo che le ritira e scendiamo al porto a chiudere la fila degli imbarcanti. Saliamo e collassiamo. Giunti sul continente scopro che la prossima chambre è molto più lontana del previsto. È praticamente a Pointe du Raz, ad un’ora e mezza da qui. Con calma arriviamo. Ceniamo in una creperie consigliata da Kristine che gestisce Sesu Dolmen a Primelin (70€) al confine della civiltà e poi: sipario.
16/7 – Pointe du Raz – Quimper – Concarneau
Allora, abbiamo prenotato man mano che ci si spostava e quest’ultimo colpo è andato un po’ lungo. Pensavo di aver trovato un posto che permettesse la doppietta Pointe du Raz e Crozon e invece no. La penisola di Crozon rimarrà tra i desideri.
Mattina dedicata a Pointe du Raz, quindi. Per poche centinaia di metri non è il punto più occidentale della Francia (Pointe de Corsen vince) ma è un argento che sa d’oro. Non c’è paragone: là c’è solo il punto, qui c’è tutto il resto. Un promontorio roccioso, contornato da scogli con al culmine un faro. Questo posto di notte, col mare agitato deve fare una paura boia. A ricordare l’estrema sicurezza del posto sul promontorio c’è una struggente scultura di Notre-Dame des Naufragés e laggiù sullo sfondo la Baie des Trépassés, dove pare arrivassero le barche ed i marinai che perdevano la battaglia contro questo tratto di mare decisamente ostile. I devoti al culto celtico pensano sia il punto di partenza dei druidi verso l’aldilà, il mio pragmatismo propende per la versione meno aulica.
Potremmo ora continuare sulla costa nord della penisola, ma optiamo per una visita urbana, Quimper. Quarantacinque minuti di macchina e siamo in questa piccola città dal sapore medievale: strade lastricate, case a graticcio (ora che le conosco, lo scrivo con ostentazione) e la Cattedrale con due campanili gemelli, altissimi. Facciata ovviamente gotica, ma molto simmetrica: approvo.
L’interno ricalca le altre chiese con una particolarità: il braccio del coro è inclinato di qualche grado rispetto alle navate. Questo per rappresentare l’inclinazione del capo di Cristo morente. Geniale l’architetto!
Laura ora si vuole comprare delle cose da Arbor Lux, cosa è? Una marca d’abbigliamento bretone, ora lo so. Si prende due magliette del costo di un euro a riga, e ce ne sono parecchie. Avete presente? Sono le maglie da marinaio. Sob!
Ora si va ancora più a sud. L’idea originale era un altro svenimento controllato in una spiaggia, ma i costumi ed asciugamani sono rimasti in camera…. siamo dei mostri di organizzazione! Altra tappa “urbana”, quindi: Concarneau. Una piccola Saint Malo. Ma siamo troppo stanchi, non apprezziamo molto. Compriamo dei souvenir e torniamo. Ultima cena bretone nello stesso posto di ieri.
Domani barra a sud, inizia il rientro a casa.
17/7 – Chenonceau
Ultima colazione, salutiamo Kristine, parigina trapiantata in Bretagna, ed iniziamo il viaggio di ritorno. Nel lontano ‘92 avevamo, sposi da un anno, fatto il giro dei castelli della Loira ed ora vogliamo vedere se siamo invecchiati meglio noi o loro. Temo il responso. Un viaggio abbastanza tranquillo e nel tardo pomeriggio arriviamo a Chenonceau. Mannaggia a lui, è uguale a 27 anni fa! Il castello è romanticissimo, da far venire la carie ai denti: appoggiato sulla riva di un fiume con una galleria “ponte” che lo attraversa, poi ci sono i giardini, gli isolotti sul fiume. Sembra di essere in un cartone animato della Disney ed invece questo gioiello, abitato da Caterina de Medici, ha la bellezza di 500 anni. Tutto in pietra bianca. Perfetto. E nel ‘92 era così, io … vabbè i capelli non servivano e via, andati, da noi poi fa freddo e bisogna accumulare grasso. Laura i capelli li ha ancora ed il grasso … dice che userà il mio, avesse freddo. A un chilometro dal castello c’è la nostra chambre L’Amandines (75€). Comodo e carino. C’è anche un gatto più largo che lungo.
Cena ad Amboise, città in cui è morto Leonardo da Vinci. Mangiamo sotto il castello e torniamo a casa a preparare il giro di domani. Laura, sì, stavolta li visitiamo i castelli, anche se un’idea degli interni io ce l’ho.
18/7 – Cheverny – Chambord – Blois – Amboise
Abbiamo stilato un piano “sfidante”. Una buona colazione e via. Brigitte, la padrona di casa, ci consiglia di prendere i biglietti per Cheverny all’ufficio del turismo qui a Chenonceau, costa un euro in meno (11€) e ci eviterà le code alla biglietteria. Si parte: ufficio del turismo, biglietti accattati. È un viaggio nella memoria: visiteremo solo castelli già visitati nel ‘92. Cheverny non è sulla Loira ed è architettonicamente perfetto: tutto simmetrico, cupole uguali ai lati e elementi identici ai lati dell’ingresso.
Poi ultima cosa: i cani. Qui in un recinto (poi escono, eh) abitano un centinaio di cani da caccia. Quando arriviamo noi la maggior parte dorme, possibilmente su un altro cane. É un bel colpo d’occhio: si vedono centinaia di zampe su pance, teste su sederi ecc, Divertente.
Su, entriamo. Questo non è un castello reale quindi niente sale del trono, appartamenti della regina. Ma è completamente arredato .. quindi camere da letto complete, dei bambini con i giochi, sale della musica, da pranzo. Questa parte della vacanza è tutta per Laura e quindi non sbuffo. Troppo. Del ‘92 io ricordavo i cani, ma del 2019, invece, ricorderò … i cani.
Ora, Chambord. L’intenzione è di guardarlo da fuori perchè è immenso e non abbiamo tempo. Da tirchio come sono spero di fermare la macchina, sparare le foto e via. Ma qui ce l’hanno a morte con i tirchi: non c’è un posto per scroccare il panorama. Bisogna parcheggiare, a pagamento. Laura dice un “pazienza” con lo sguardo del Gatto con gli stivali di Shrek e allora parcheggio. 6 euro! Va bene avercela con i tirchi, ma così si punta allo sterminio!
Guardiamo il castello più famoso di tutti: enorme, una selva di camini. Non sono neanche troppo arrabbiato.
La giornata è ancora lunga: si va a Blois.
Qui Enrico II aveva stabilito nel 1500 la corte di Francia. Il castello è urbano e da fuori non esprime il meglio. Il cortile interno invece è magnifico. In questo siamo entrati, sì, ma grazie ad un voucher che ci ha dato Brigitte abbiamo una riduzione sul biglietto (9,5 euri invece di 12), mi sto riprendendo dallo shock del parcheggio di Chambord.
Il cortile, appunto: c’è una scala rinascimentale che da sola vale il prezzo del biglietto. Gli interni: stereotipi tutti rispettati.
Ora vogliamo dare un’occhiata a Chaumont s/Loire sperando di scroccare foto dell’esterno. Eh già, troppo facile. Qui proprio non si entra, siamo arrivati tardi, ma non credo avrei scucito 12 euri per le foto. Guarderò quelle del ‘92.
Si torna ad Amboise, castello chiuso anche qui. Si cerca di entrare allora a Clos Lucè, il castello dove è morto Leonardo. Ma a differenza degli altri è … chiuso. Ma almeno la foto alla facciata l’abbiamo fatta.
Ora io sono a pezzi: ci spariamo, io l’ultima entrecote e Laura il primo pollo della vacanza e si rientra.
Domani lunghissimo viaggio di ritorno in terra sabauda.
CONCLUSIONI
Questo era un viaggio insperato, Laura è più per il Sud ed il caldo, ma dopo più di 30 anni di totale devozione un premio me lo meritavo, no?
Dal punto di vista della soddisfazione: totale. Un giro che comprende tutto, arte, natura.
Pochissimi bagni di folla se non a Mont Saint Michel. Ed a Bayeux, ma basta essere più fortunati di noi e saltare la festa medievale.
La scelta di puntare sulle Chambre d’Hotes è stata vincente: belle collocazioni, spesso fuori città e quindi molto tranquille, a prezzi molto contenuti. Sempre attorno ai 65/70€ a notte colazione inclusa.
Sul clima non posso che sfatare un mito: 15 giorni di sole ininterrotto. Ma credo sia decisamente fuori dalla norma.
Le autostrade francesi sono carissime, ma in Bretagna non si paga mai.
Noi abbiamo cambiato 11 chambre, ma secondo me si può ridurre il vagabondaggio. La maggior parte delle chambre le abbiamo prenotate tramite Chambre d’Hotes ). Scegli il posto, invii un messaggio e al massimo nel giro di una due ore, i gestori rispondono con le disponibilità. Nessun intoppo. Qualcosa l’abbiamo prenotato con Booking.
Posti, secondo me, che sono assolutamente da vedere:
- Etretat
- Spiagge dello sbarco
- Mont Saint Michel
- Cap Frehel
- Ile de Brehat
- Ile de Ouessant
- Pointe du Raz
Poi è una cosa molto soggettiva. L’ideale è vedere quel che si riesce, senza fare i forzati delle vacanze. Saranno sempre di più le cose che avrete visto rispetto a quelle cui avrete rinunciato. Poi troverete sempre chi vi dirà: “Sei stato a xxxxxx. No? Ma allora che ci sei andato a fare fin là?”