La rinascita del Kuwait
BENVENUTI IN KUWAIT!
Tra i vari emirati in cui è suddivisa la Penisola Araba, il Kuwait, coi suoi oltre 4 milioni di abitanti, resta indubbiamente quello più “democratico”, dove c’è un potente parlamento eletto dal popolo, che l’emiro può sciogliere con l’obbligo però di indire nuove elezioni entro 90 giorni. Dal 2009, nonostante il parere negativo dei conservatori, anche delle donne sono entrate a far parte dell’Assemblea Nazionale.
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Il suo nome deriva dalla parola “kut”, ovvero il fortino costruito nel 1612 dalla tribù dei Banu Khaled, primo passo verso una fortissima identità nazionale, che ha permesso, più di recente, di superare la devastazione dell’aggressione nel 1990 da parte delle truppe irachene di Saddam Hussein.
La valuta kuwaitiana è il dinaro, diviso in 1000 fils. Il cambio attuale (24/7/2019) è di 2,95 euro per un dinaro: ciò lo rende una delle valute più ricche al mondo. Nonostante ciò, è possibile comunque trovare i modi per risparmiare sulle spese sostenute durante un soggiorno nel Paese: ad esempio, la capitale è ricca di chioschetti gestiti in prevalenza da indiani, che preparano dei gustosi panini e altri pranzetti da asporto, a prezzi ragionevoli.
La Pegasus Airlines, con scalo ad Istanbul, rappresenta la soluzione più economica per poter raggiungere il Paese.
UN PICCOLO PAESE DAI GRANDI SAPORI
In Kuwait non mancano i ristoranti di cucina tradizionale. Tra i piatti tipici del Paese spicca innanzitutto il biryani, a base di carne di pollo e riso speziato. I tre condimenti che di solito accompagnano questo piatto sono davvero favolosi: una salsa rossa a base di pomodori speziati, una salsa dal sapore simile alla nostra “salsa barbecue”, a base di cipolle, e il vasetto delle spezie, vengono serviti insieme alla carne, per esaltarne il sapore.
Altro piatto da non perdere è lo “zebaidi fritto”, gustosissimo pesce locale simile al nostro rombo, che è possibile consumare presso il Ristorante Al Shahad, nel Souq Marbarakia, in un ambiente molto informale, servito su lunghe tavolate sistemate per strada, sotto gli occhi di chi è indaffarato a fare acquisti oppure semplicemente si rilassa con una bella passeggiata tra i negozietti. Il Kuwait si affaccia sul Golfo Persico, e il suo territorio include persino tre isole: Warba, Babiyan e Failaka, per cui qui davvero il pesce abbonda!
LA CAPITALE
Medinat Al Kuwait, ovvero “la città del Kuwait”: capitale dell’omonimo Stato, vi soggiorna la stragrande maggioranza degli abitanti. I sobborghi verso ovest e verso sud ormai formano un tutt’uno con la città, per cui è difficile distinguere i confini tra i vari centri abitati dell’emirato. La fortuna di questa città è legata al petrolio, eppure in molti il suo nome ancora suscita il triste ricordo di un’invasione tanto assurda quanto cruenta da parte dell’Iraq di Saddam Hussein, che portò alla Guerra del Golfo e alle conseguenze che conosciamo tuttora. Non può certo dirsi che Kuwait City sia una rinomata località turistica, perché chi arriva qui lo fa di solito per affari o per motivi di lavoro o familiari. Eppure essa nasconde luoghi particolarmente affascinanti, che vale davvero la pena visitare!
Una visita di Kuwait City non può che partire dal suo simbolo: le Kuwait Towers, progettate dall’architetto danese Malene Bjoern, ed inaugurate nel 1979, composte da tre torri slanciate, a forma di antenna, due delle quali caratterizzate dalla presenza di sfere. La torre più alta (187 mt) è anche quella visitabile, caratterizzata dalla presenza di due sfere: quella inferiore è una riserva di acqua (4.500 m3), mentre quella superiore ospita un caffè, un ristorante, e la piattaforma panoramica girevole. La seconda torre in ordine di altezza (123 mt) è caratterizzata dalla presenza della terza sfera, contenente acqua, per lo stesso quantitativo della prima. La terza torre ospita invece gli impianti che permettono l’illuminazione notturna delle prime due, davvero suggestiva, da non perdere! Le torri vennero danneggiate da Saddam Hussein tra il 1990 e il 1991, con l’intenzione di demolirle, atto ovviamente simbolico, perché ciò avrebbe significato distruggere il simbolo di un’intera nazione. Per fortuna vennero solo arrecati danni alla struttura, riparati con i lavori di restauro tra marzo 2012 e marzo 2016.
Piacevolissima è la passeggiata che dalle torri porta verso sud, ad un molo frequentato da pescatori amatoriali, dal quale la vista sulle torri e sullo skyline della città è davvero magnifica! Procedendo verso ovest dalle Kuwait Towers, lungo quello che è il lungomare di Kuwait City, conosciuto come Arabian Gulf Street, ovvero, più affettuosamente, “La Corniche”, si arriva alla Sharq Marina. Nata come souq tradizionale, si è trasformata in un vero e proprio centro commerciale di lusso, con negozi, ristoranti, un parcogiochi per bambini, e persino una rimessa per gli yacht. Non mancano le panchine dove sedersi per riposare ed ammirare il lusso di quest’area. Di fronte alla Marina è situata la Buresli Mosque: una moderna moschea costruita nello stile tradizionale tipico del Golfo.
Procedendo verso sud dalla Sharq Marina, si riconoscono, sulla sinistra, alcune imbarcazioni restaurate: si tratta dei dhow restaurati (imbarcazioni tipiche del Golfo), parte dell’esposizione del Maritime Museum, che illustra l’importanza delle imbarcazioni nella storia del Kuwait, unico mezzo per poter portare acqua potabile in città dal fiume Shatt Al Arab, prima dell’apertura degli impianti di desalinizzazione. Nel museo è inoltre illustrata la storia del commercio delle perle, fonte di ricchezza per tutta l’area, prima dell’avvento del petrolio.
Vicinissimo al Museo Marittimo sorge il Museo d’Arte Moderna, in stile tradizionale, con un cortile interno molto fotogenico. Molti i dipinti che illustrano le vicende politiche dell’emirato. A me ha molto colpito, inoltre, l’esposizione di sculture, di alto valore simbolico, come la sedia rotta, in precario equilibrio su se stessa, e la serie “Un tentativo di uscir fuori” (“An Attempt to Get Out”), di Sami Mohammed, del 1978. Curiosamente non mancano alcune sculture di nudo femminile, nonostante ci si trovi in un Paese islamico (cosa che, ad esempio, non ho visto in Qatar).
Il Centro Culturale Dickson House è ricavato in quella che era l’abitazione del colonnello britannico Harold Dickson, e della consorte, Violet, ed ospita una collezione di fotografie d’epoca, quando il Kuwait era un protettorato britannico, nonché documenti dello stesso periodo. Completata nel 1986, la Grande Moschea del Kuwait è l’edificio religioso più grande del Paese. Con una superficie di 45.000 m2, può ospitare in preghiera oltre 10 mila uomini e 950 donne, nelle rispettive aree loro dedicate. Il suo minareto, ovviamente, è il più alto del Kuwait (74 mt). La sua costruzione è costata quasi 49 milioni di dollari. Il Suq Mubarkiya, o Mubarakiya, è la zona di mercato tradizionale più vasta del Kuwait. Con 200 anni di storia alle spalle, e nonostante i danni subiti nel 1990 a causa dell’invasione irachena, il suq è un posto davvero fantastico, dove poter acquistare prodotti interessanti, come profumi ed abbigliamento tradizionale, oppure dove rilassarsi al tavolino di uno dei tanti caffè tradizionali, o consumare il proprio gustosissimo pranzetto, magari a base di pesce, come ho fatto io. Come tutti i suq del mondo arabo, anch’esso è suddiviso per tipologia merceologica, per cui vi troverete l’area dedicata agli ortaggi, quella dove si vende carne, quella del pesce, dell’abbigliamento, dell’oggettistica per la casa, ecc. Alcune aree formano dei veri e propri suq a sé: il Suq al-Hareem, ovvero il “mercato delle donne”, dove è possibile ad esempio acquistare prodotti cosmetici, e il Suq al Dhahab, ovvero il “mercato dell’oro”.
A sud del Suq Mubarkiya è situata la Liberation Tower, ovvero la “Torre della Liberazione”. Alta 372 mt, rappresenta la seconda struttura più alta del Kuwait. La sua costruzione incominciò nel 1990, ovvero poco prima dell’invasione irachena. Inizialmente avrebbe dovuto chiamarsi The Kuwait Telecommunications Tower (Torre delle Telecomunicazioni del Kuwait), ma con l’invasione l’anno seguente, i lavori vennero sospesi. Proseguirono dopo la fine della guerra, e, nel 1993, una volta completata, le venne assegnato il nuovo nome, a simboleggiare la liberazione, per l’appunto, del Paese. Oggi ospita uffici governativi e al momento non è possibile raggiungerne la sommità. È tuttavia possibile osservarla dall’esterno.
Nel quartiere meridionale di Salwa, lungo la costa sud di Kuwait City, sorge l’Hashemi Marine Museum. Al suo interno è ospitata una ricchissima collezione di modellini di grandi dimensioni di dhow ed altre imbarcazioni tradizionali, nonché oggettistica varia, tra cui anche dei preziosi quadretti con esempi di nodi marinari. Il vero tesoro, però, è al suo esterno: l’enorme baghlah (dhow progettato per navigare su acque profonde) Al Hashemi II: l’imbarcazione in legno più grande del mondo, posizionata nel 1997 e completata nel 2001. Molto curioso il sistema di fissaggio agli edifici circostanti, che le permettono stabilità, nonostante sia sulla terraferma e non in mare. Le sue dimensioni? 80,4 mt di lunghezza e 18,7 mt di larghezza. La vista di poppa è caratterizzata dalla presenza di un enorme occhio posto in alto, vigile, a proteggerla dalle insidie del mare.
Non lontano dal quartiere di Salmiya, è situato un luogo davvero affascinante: si tratta del Museo Tareq Rajab, collezione privata aperta dal 1980. La sua storia è legata a quella di Tareq Sayed Rajab, il primo cittadino kuwaitiano inviato all’estero per studiare arte ed archeologia. Durante i suoi studi nel Regno Unito, incontra Jehan Wellborne, che diventerà la sua futura sposa nel 1955. Da allora la comune passione per il folklore e le arti li portò a collezionare gli oggetti, che in seguito diedero vita a questo museo.
Allestito nel seminterrato di una villa, esso costituisce una ricchissima collezione etnografica di strumenti musicali, gioielli, ceramiche, abiti, provenienti un po’ da tutta l’Asia, per un totale di trentamila pezzi. La sua ubicazione è davvero scenografica: una volta entrati nell’edificio che lo ospita, si scendono dei gradini, per trovarsi quindi catapultati in un mondo fiabesco, come se si entrasse in una grotta piena di tesori nascosti! Durante l’invasione irachena, i suoi proprietari seppero saggiamente nascondere questo tesoro di inestimabile valore, murandone l’entrata e cospargendo l’area di rifiuti.
Purtroppo è vietato fotografare al suo interno. Personalmente ho chiesto al custode il permesso di scattare qualche fotografia, e mi è stato concesso di farne soltanto tre. Tenetelo presente, in modo da scegliere accuratamente gli angoli che più vi piacciono.
A pochi passi dal Museo Tareq Rajab sorge il nuovissimo Museo Tareq Rajab di Arte Islamica e Calligrafia, che rappresenta il completamento del museo precedentemente aperto. L’esposizione di questo museo è meno scenografica, ma costituisce comunque una preziosissima collezione, tra l’altro, di tappeti, antichi Corani e preziosissimi manoscritti.
Non si può parlare di un viaggio in Kuwait senza aver parlato dell’invasione irachena e della conseguente Guerra del Golfo. Tuttora vivo il ricordo di quei terribili momenti, non solo nei ricordi di chi c’era, ma anche nell’edificio sventrato dai bombardamenti, diventato ora luogo della memoria: parlo del Museo dei Martiri di Al Qurayn. Situato a sudest della capitale, esso è dedicato ad un gruppo di giovani kuwaitiani che nel febbraio 1991 decisero di opporsi all’arresto da parte degli iracheni, fino a perdere la propria vita. Un carrarmato domina ancora minaccioso il piazzale di fronte all’abitazione, mentre al suo interno ci si può rendere conto di quanto sia stato distruttivo l’intervento armato iracheno nel periodo di occupazione. Nel cortile dell’abitazione sono ancora parcheggiate le auto dell’intelligence irachena, che aveva lo scopo di arrestare o uccidere i ribelli. Questo non è soltanto un pezzo di storia kuwaitiana, ma vuol essere anche un monito per quanti tuttora considerano la guerra un fattore risolutivo di certe problematiche.
Come il museo Tareq Rajab, anche la celebre Casa degli Specchi è legata alla storia di una coppia mista: Khalifa Qattan, kuwaitiano, e sua moglie, l’italiana Lidia Scagnolari. La signora, artista di professione, cominciò a trasformare nel 1966 la loro abitazione in quella che, dal 2006, è l’unica casa al mondo tuttora abitata, interamente ricoperta di mosaici di specchio.
La visita incomincia con l’animatissimo racconto da parte dell’anziana donna, ormai vedova, sulla storia e le varie vicissitudini ed aneddoti legati ai lavori di trasformazione di questa abitazione, durante il quale vengono offerte generose porzioni di biscottini al burro, tisane e succhi di frutta.
Si procede quindi con la visita dell’appartamento al pian terreno, a cominciare dalla “Sala dei Pianeti”, per proseguire poi con la “Sala della Conoscenza”, la “Sala del Mio Mondo”, il “Corridoio delle Nazioni”, il “Bacino degli Squali”, la “Sala del Mondo Marino”, e le “Scale verso l’Ispirazione”. Ci si reca quindi al piano superiore, che ospita la biblioteca e la Galleria d’Arte dei Qattan, con notevoli opere dal significato anche fortemente politico e sociale, e una sezione dedicata all’Arte del Riciclo.
Caratteristica che rende unica la visita alle varie sale è il sistema di illuminazione psichedelica al buio, accompagnati da un sottofondo musicale, che rilassa la mente e la trasporta a riflettere sulla grandezza della natura e l’armonia del cosmo. La stessa signora Lidia intrattiene gli ospiti con discorsi molto profondi che portano ad un tempo primordiale, in cui la Divinità era concepita come una figura femminile e non maschile, e alle conseguenze di tutto questo sul corso della storia umana, nonché a riflettere sulla nostra esistenza e sul significato della vita: un’incredibile esperienza da non perdere!
L’Al Shaheed Park rappresenta il polmone verde del Kuwait. Delle giovani guide turistiche sono messe a disposizione dei visitatori per dispensare informazioni utili ed aiutarli nell’orientamento. Palme ed aiuole fiorite vengono abbellite da sculture e fontane. Il parco ospita inoltre centri culturali, un teatro ed alcuni musei, tra i quali il Memorial Museum, conosciuto in arabo come “Thikra”, che traccia la storia del Paese. Stupendo lo skyline notturno di cui si gode dal parco dopo il tramonto.
Da non perdere, se si visita il Parco Al Shaheed di sera, è lo spettacolo (gratuito nei giorni feriali) delle fontane musicali, conosciuto come Music and Water Display. Venne costruito nel 1983 ed utilizza musica tradizionale del Kuwait, getti d’acqua e colori per provocare stupore in chi osserva lo spettacolo.
A NORD DELLA CAPITALE
Proseguendo da Kuwait City verso nord si attraversano zone molto meno densamente popolate, dove prevalgono le sabbie, i pozzi di petrolio, i camping e… i cammelli! La costa verso nord non è rettilinea. In realtà occorre prima procedere verso ovest, poi verso nord, costeggiando quindi la Kuwait Bay, che forma un’insenatura che si incunea verso l’interno del Paese.
Non si può dire Penisola Araba senza menzionare l’attività ricreativa per eccellenza di queste regioni: la corsa coi cammelli! A una quarantina di km a ovest di Kuwait City sorge il Cammellodromo di Atraf (Al Atraf Camel Racing Club). Si tratta di una struttura moderna, con tanto di poltrone comodissime e monitor, con commento (in arabo) durante le dirette. Le corse avvengono lungo la pista di fronte all’edificio, ben visibile grazie a dei finestroni interamente in vetro, che attutiscono la luce accecante di una giornata di sole in pieno deserto. Il palco centrale situato in basso rispetto alla gradinata dove siedono gli spettatori è stracolmo di trofei e medaglie vinte nel corso degli anni. Un’esperienza davvero da non perdere! La corsa dei cammelli è un’attività che ha antichissime radici nel Paese, data l’origine beduina dei kuwaitiani. Non c’è luogo migliore per osservare l’entusiasmo dei partecipanti. Per la stragrande maggioranza coinvolge gente del posto, e non immigrati, come invece avviene normalmente in città per le altre attività, per cui si può dire che si tratta di un’occasione unica per poter osservare da vicino la cultura locale. Per rendere più agili i cammelli, si utilizzano dei fantini robotizzati, armati di frustino, leggerissimi e molto piccoli, telecomandati a distanza. Alla partenza, decine e decine di SUV cominciano una corsa contro il tempo, ognuno con varie figure al suo interno, ciascuna con la propria mansione: c’è chi osserva il proprio cammello col binocolo e impartisce gli ordini, chi manipola il telecomando per incitare l’animale, e naturalmente chi conduce l’automezzo in una corsa spericolata, a pochi centimetri di distanza dagli altri. Nel tratto finale i cammelli vengono accolti dagli addetti, che cercano in tutti i modi di frenare la loro corsa ed acquietarli.
A circa 30 km a ovest di Kuwait sorge la città di Al Jahra, di circa 400.000 abitanti. La sua storia è stata sempre molto tormentata. Nel 1920 vi venne combattuta la battaglia contro i Sauditi, terminata col riconoscimento dell’indipendenza del Paese in cambio del cedimento di porzioni di territorio e la perdita di 400 soldati da parte kuwaitiana. Durante la Guerra del Golfo, venne ordinato ai soldati USA nel febbraio del 1991 di non lasciar fuggire i convogli iracheni, per poi bombardarli. Questo avvenimento viene ricordato come il “tiro al tacchino”. Fino a qualche anno fa la statale nei pressi di questa località era ancora disseminata dei resti di questi automezzi.
Il monumento storico più importante di Al Jahra è il Forte Rosso (Red Fort), dove avvenne la battaglia del 1920. Venne costruito a partire dal 1897, a difesa delle attività agricole nella locale oasi. La struttura rettangolare, difesa da 4 torri, venne costruita utilizzando un miscuglio di fango ed arbusti. Nel cortile interno è situato un pozzo di acqua salmastra. Durante la battaglia contro i Sauditi, la sua acqua veniva utilizzata per curare i feriti, ma anche bevuta mescolandola con palma da dattero per renderne il sapore più dolce. Attualmente è sede di un museo, animato da ricostruzioni di scene di vita tradizionale, con l’utilizzo di manichini e oggetti d’epoca.
Raggiunta Al Jahra dalla capitale, la statale risale verso nord, costeggiando il Mutla Ridge. Si tratta di un sistema collinare che rappresenta anche il punto più alto del Kuwait, raggiungendo un’altitudine di 306 mt. Famosa per gli eventi bellici del febbraio 1991 durante la Guerra del Golfo, essa è attualmente un luogo silenzioso e quasi disabitato, dove dominano i pozzi di petrolio, i cammelli e la sabbia del deserto, dalle cui alture si può ammirare una splendida veduta sullo skyline di Kuwait City.
La statale termina la sua corsa verso nord di fronte al posto di blocco del cosiddetto “Ponte verso il Nulla” (the Bridge To Nowhere), luogo suggestivo ma purtroppo zona militare, per cui non è possibile scattare fotografie. Si tratta del ponte che collega la Penisola Araba all’Isola di Bubiyan, ora Parco Nazionale, sulla cui sponda orientale è in costruzione uno dei porti commerciali più grandi dell’area. Durante la Guerra del Golfo, questo fu uno dei primi luoghi ad essere bombardato e distrutto dagli iracheni, essendo l’isola ricca di risorse idriche e quindi oggetto di contesa territoriale. Finita la guerra, questo ponte fu immediatamente ricostruito, a ribadire la sovranità del Kuwait su queste terre.
A SUD DELLA CAPITALE
Pur essendo praticamente una “città-stato”, il Kuwait riserva delle sorprese anche nelle aree periferiche del Paese. Andando verso Sud lungo la costa del Golfo Persico, si incontrano varie cittadine, diventate un po’ dei quartieri dormitorio, per via dei prezzi più accessibili, per quanti non possono permettersi un’abitazione in centro. Tra essi ci sono però un paio di centri interessanti: Fahaheel e Al Ahmadi.
Fahaheel è un centro di circa centomila abitanti e si trova a una ventina di km dal quartiere più centrale di Salmiya. La zona più interessante del centro abitato è nell’area del porto dei dhow, dove, oltre alle imbarcazioni tradizionali, è possibile osservare anche le caratteristiche reti da pesca. La gente in quest’area è molto rilassata, per cui risulta davvero piacevole spendere un po’ di tempo in questo luogo così pittoresco.
L’area settentrionale del porto di Fahaheel è occupata dal suq, ovvero il mercato. Come spesso accade nei Paesi del Medioriente, anche qui l’angolo indubbiamente più pittoresco è il Suq as-Semek, ovvero il Mercato del Pesce, che va assolutamente visitato nelle prime ore del mattino, quando i banchi dei pescivendoli espongono i migliori tagli del pescato della notte precedente.
Ad ovest di Fahaheel sorge il centro petrolifero di Al Ahmadi, di oltre 750.000 abitanti, per buona parte occupato dalla Kuwait Oil Company, ma che, nella zona residenziale, non manca di stupire il visitatore, innanzitutto per l’enorme quantità di aiuole fiorite che ne abbelliscono i viali (ricordiamo che siamo in mezzo ad un deserto!), ma anche per il bel giardino pubblico, dove si trovano aree dedicate ai percorsi ginnici e allo sport, aree per i bambini, ma anche un considerevole quantitativo di panchine dove rilassarsi.
Il pezzo forte di Al Ahmadi è l’Oil Display Centre: un centro dove attraverso pannelli informativi e ricostruzioni, viene illustrata la storia tormentata dell’industria petrolifera del Kuwait, con una sezione intera dedicata al disastro ambientale dei pozzi dati alle fiamme dagli iracheni nel febbraio del 1991, durante la loro ritirata dal Paese, causando, tra l’altro, il fenomeno dei Laghi di Petrolio. Per approfondire questa tematica, vi invito a guardare il film documentario di Werner Herzog intitolato “Apocalisse nel Deserto”: una suggestiva associazione di brani della Bibbia tratti dal suo ultimo libro, l’Apocalisse, a scenari realmente sconcertanti, apocalittici, dove una pioggia di petrolio e nubi dense oscurano i cieli quasi decretando la fine di un’intera nazione. Eppure da quel disastro il Kuwait si è rialzato, e, con l’aiuto internazionale, è riuscito a ricomporre il proprio tessuto sociale ed economico, diventando nuovamente una grande potenza economica.