Dall’Indo a Wagah, alla scoperta del Pakistan

209 milioni di abitanti: il Pakistan è uno dei Paesi più popolosi e meno visitati al mondo, a volte a causa della troppa enfasi che si dà alle cattive notizie. Un itinerario che, partendo dal fiume Indo, si snoda lungo la sua arteria principale, raggiungendo il confine con la sua grande rivale, l’India.
Scritto da: Andrea Bonfitto
dall'indo a wagah, alla scoperta del pakistan
Partenza il: 04/08/2018
Ritorno il: 08/08/2018
Viaggiatori: 1
Spesa: 1000 €
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Uno dei miei più grandi sogni è sempre stato quello di vedere un giorno il Pakistan, frutto della Partizione avvenuta nel 1947 con la dichiarazione di indipendenza dell’India dal Regno Unito. Si decise, a malincuore, di dividere il subcontinente indiano in due Stati indipendenti, rispettando la maggioranza religiosa diffusa nelle rispettive zone. Le due fedi, induista e islamica, sono infatti tra loro inconciliabili, per via delle profonde differenze culturali che le dividono. Purtroppo alla creazione del confine seguirono massacri da entrambe le parti, nei confronti di chi si accingeva a partire dalla propria terra, per andare a vivere all’altro lato. Da allora una situazione di belligeranza a bassa intensità ha da sempre colpito i due Paesi, che, nel frattempo si sono trasformati in potenze nucleari. Gli episodi più gravi si registrano tuttora nel conteso Kashmir, di fede islamica, ma sotto bandiera indiana, attraversato da una linea del cessate il fuoco che nella realtà lo spezza in due (in tre, se si considerano le aree di Aksai Chin e Shaksgam, sotto giurisdizione cinese).

Acquisto un biglietto della Turkish Airlines (la compagnia che permette questo itinerario al costo più vantaggioso) con arrivo a Islamabad, e partenza dopo 3 settimane da Delhi. Ottengo quindi per prima cosa un visto turistico di sette giorni presso l’ambasciata pakistana a Roma, che mi permetterà poi di ottenere un visto indiano, per il proseguimento del viaggio.

Parto il 4 agosto 2018 da Roma, e, dopo lo scalo ad Istanbul, proseguo col secondo volo, arrivando ormai a notte inoltrata, ad Islamabad, la capitale del Pakistan. Pochissimi turisti arrivano fin qui, a causa della situazione precaria in quanto a sicurezza, tuttora molto difficile in varie aree del Paese, soprattutto a Peshawar, a Quetta, e più in generale lungo il confine con l’Afghanistan e nel Kashmir. Eppure la polizia di frontiera in aeroporto si rivelerà davvero molto efficiente e cordialissima, dandomi un caloroso benvenuto nel loro Paese, accompagnato da una stretta di mano ed un bel sorriso!

Arrivo quando è ormai passata la mezzanotte. Cambio velocemente il mio denaro in rupie pakistane (circa 160 PKR per 1 euro), ed esco all’esterno dell’aeroporto. Una cappa di umidità soffoca quanti si trovano all’aperto, nonostante l’orario. Un uomo sulla sessantina si offre di accompagnarmi per 5 euro ad Islamabad al mio albergo. Mi ispira fiducia, così decido di accettare. Parla poco inglese, ma riesce comunque a raccontarmi durante il tragitto della situazione politica attuale del Paese, della storia del nuovo aeroporto e della ripartizione.

L’alberghetto, Hotel Jasmine, nascosto in un isolato del settore G8 di Islamabad, si rivelerà un posto pulito, silenzioso e sicuro, ottima soluzione per chi vuole esplorare la capitale. Islamabad è una città molto verde, divisa in settori quadrati, disposti a scacchiera: la città venne studiata a tavolino, per dare una capitale al Paese negli anni Sessanta.

INSEGUENDO LE ORME DI ALESSANDRO MAGNO: IL FIUME INDO

5 agosto: mi sveglio di buonora, giusto il tempo di consumare una colazione tipica pakistana a base di tè, yogurt e pane arabo con formaggio, e mi viene a prendere il mio amico couchsurfer, Muhammad, guida ed istruttore di trekking montano, che lavora anche per l’esercito pakistano, più volte intervistato in tv per via del suo impegno nel far conoscere le bellezze del proprio Paese. Con lui ed altri due suoi amici prendiamo l’autostrada M1 in direzione di Peshawar. In un paio d’ore entriamo nella provincia del Khyber Pakhtunkwa, abitato prevalentemente da popolazioni Pashtun, come nel vicino Afghanistan. Appena abbandonata l’autostrada, raggiungiamo il museo nel paesino di Hund, sulle rive del famosissimo fiume Indo, che nasce in Tibet e percorre ben 3180 km fino alla sua foce, nel Mare Arabico, che diede il nome a quella che è poi diventata la più grande civiltà del nostro pianeta: quella Indo-Europea. Il museo si trova esattamente nel punto in cui passò oltre 2300 anni fa Alessandro Magno, mentre era in marcia alla conquista del subcontinente indiano, guadandolo attraverso un ponte di barche. Non vi dico la grande emozione che provo! Non si tratta semplicemente di un luogo storico dove, dopo secoli, non è rimasto più nulla. In realtà l’Indo qui si mostra in tutta la sua grandiosità, essendo immenso, e la mia mente va subito all’impresa del sovrano macedone: non deve essere stato affatto facile superare quell’ostacolo, eppure non si arrese!

Resto affascinato osservando la gente del posto intenta nelle proprie faccende: una volta sulla riva, eccoli intorno a me, pronti per un selfie con lo straniero!

La visita al Museo di Hund incomincia dalla mappa che ricostruisce i momenti salienti del passaggio di Alessandro Magno. Teche conservano preziosissime statue antiche che raccontano le varie tappe della vita di Siddharta Gautama, divenuto poi il Buddha. Notevoli le esposizioni di monete, antichi Corani e costumi tradizionali. Interessante la ricostruzione di ambienti rurali della zona, con materiali autentici.

I giardini del Museo ospitano il “Monumento ad Alessandro”, che commemora il passaggio del grandissimo Condottiero.

TAXILA E IL BUDDISMO

Dopo la grandissima emozione provata sulle rive dell’Indo, proseguiamo il nostro tour, ritornando verso la capitale: stavolta ci fermeremo a metà strada tra l’Indo e Islamabad, a Taxila, patrimonio UNESCO. Era un antico centro di studi del Buddhismo sotto il Regno di Gandhara (XI sec. a.C. – XI sec. d.C.). L’area attorno alla città è tuttora ricchissima di antichi templi e stupa. Dopo aver attraversato il fiume Indo a Hund, Alessandro Magno sostò proprio qui a Taxila, conquistandola (era il 326 a.C.) e lasciandovi una guarnigione di suoi soldati. Il bel Museo di Taxila, in stile inglese, conserva alcuni dei notevoli ritrovamenti archeologici in seguito agli scavi compiuti nella zona. Stupa (monumenti buddhisti destinati alla conservazione di reliquie) e statue del Buddha sono, naturalmente, i protagonisti delle sue sale!

Concludiamo la serata cenando a casa di amici di Muhammad. Ovviamente sarò al centro dell’attenzione: mille domande sull’Italia e i suoi stereotipi, la nostra cultura, il nostro modo di vivere, ed un incessante “allora, ti piace il Pakistan? Hai visto che non siamo tutti terroristi?”. Effettivamente sarebbe come etichettare tutti noi italiani come “mafiosi”. Purtroppo il Pakistan vive questa situazione come un fardello da cui vorrebbe liberarsi al più presto, ma gli intrighi internazionali e il famoso Grande Gioco tra le superpotenze che si contendono il mondo non lo permettono. Io tuttavia non avrei potuto scegliere un momento migliore per visitare il Paese: nonostante gli attentati suicidi ad alcuni seggi elettorali a Quetta e Peshawar, la vittoria a luglio dell’ex campione del cricket, Imran Khan, e la sua conseguente nomina a Primo Ministro del Pakistan, ha apportato tra la gente una piacevolissima ondata di ottimismo e speranza per il futuro. Questi episodi sembrano aver incrementato la determinazione dei pakistani a dare il proprio contributo perché ci possa essere finalmente un cambiamento, e l’entusiasmo di Muhammad e dei suoi amici ne sono la conseguenza. Vedremo quali saranno i risultati…

LA CAPITALE: ISLAMABAD

6 agosto: oggi dedicherò l’intera giornata alla visita della giovane capitale del Pakistan: Islamabad, ovvero “La Città dell’Islam”. Sorta dal nulla nel 1967 per poter dare una capitale al nuovo Stato del Pakistan, essa conta ormai quasi 2 milioni di abitanti. Divisa in settori di forma rettangolare, quindi facilmente percorribile in ogni suo angolo, essa è una città moderna, molto verde, sofisticata: tante le persone che ho incontrato durante la mia visita, uomini e donne, spesso molto eleganti, che alimentano una vita serale interessante. Principalmente tre i suoi monumenti simbolici, che visiterò nel corso di una bella passeggiata, con spostamenti in taxi, in compagnia di Zohaib, mio amico ormai dal 2011 grazie ad un social per imparare gratuitamente le lingue straniere, mai però incontrato personalmente!

Il primo luogo che raggiungerò sarà la Moschea del Re Faisal (Shah Faisal Mosque), sorta tra i settori E-7 ed E-8, ai piedi dei monti che chiudono la città a nord, costruita tra il 1976 ed il 1986, quale dono del Sovrano Saudita alla nazione pakistana. L’edificio somiglia ad una tenda nel deserto stilizzata, è circondata da 4 minareti alti 88 mt, e può ospitare fino a 100.000 fedeli.

La tappa successiva è invece nella zona sud della città. Tra i settori G-7 ed H-8 sorge su un colle panoramico, da cui si domina l’intera città, il Monumento al Pakistan, inaugurato nel 2007 e dedicato a quanti hanno dato la propria vita a beneficio del Paese. Una bandiera biancoverde dà il benvenuto ai visitatori: attraverso la Piazza delle Libertà (Freedom Plaza) si accede al Monumento dei Petali (Petals Monument): un fiore stilizzato, i cui 4 petali più grandi simboleggiano le 4 regioni etniche che compongono il Paese: Punjab, Sindh, Balochistan e la regione dei Pashtun, petali rivolti verso il cielo, simbolo della fede islamica su cui il Paese basa i propri valori. Esteso per 2,8 ettari, è un luogo molto popolare per i picnic, ed offre interessanti vedute sulla Capitale.

Una visita di Islamabad non può dirsi completa senza aver prima visitato il belvedere del Parco Nazionale di Daman e-Koh, immediatamente ad est della Moschea del Re Faisal. Attraverso un parco popolato da delle scimmiette alquanto capricciose, si raggiunge un ristorante di cucina locale, quindi si accede al belvedere, dal quale si domina l’intera città, con, in primo piano, il Settimo Viale Shalimar (attenzione ai nomi delle strade! tutti i viali che attraversano Islamabad da nord a sud in verticale, si chiamano Viale Shalimar!). Concludo così questa piacevole passeggiata col mio amico Zohaib, promettendogli di ritornare un giorno ad Islamabad per incontrarci di nuovo!

Torno in albergo, giusto il tempo per una doccia e mi viene a prendere un altro couchsurfer, Farhan, ed il suo amico Zain, e ci rechiamo a cena in un famoso ristorante afghano, il Kabul Restaurant, dove ci si siede in ginocchio su di un tappeto, per assaporare i cibi tipici di questo Paese, l’Afghanistan, tanto martoriato quanto splendido. Concludiamo poi la serata con un caffè in un locale frequentato prevalentemente dalla gioventù di ceto benestante: ad un tavolo un gruppo di splendide ragazze letteralmente ricoperte di ori, dal trucco leggero, vestite di sete coloratissime, con un velo soltanto appoggiato al capo, che lascia intravedere le loro pettinature particolarmente elaborate. E mi chiedo: ma dov’è il Pakistan della segregazione delle donne, maltrattate e addirittura uccise quando si rifiutano di sposare chi è stato loro destinato dalle proprie famiglie? Sembra quasi che convivano due diversi Pakistan: uno più liberale, benestante, ed uno dei notiziari, composto probabilmente da gente con difficoltà economiche ed uno stile di vita molto tradizionale, dove prevale l’onore, a discapito delle libertà personali. Mi sento confuso, non so cosa pensare. Gli amici finora incontrati si sono rivelati davvero amichevoli, ospitali, di mente molto aperta, e rispettosi delle diversità che ci dividono. Vado a dormire, pensando a questa esperienza così particolare che sto vivendo in questi giorni qui in Pakistan.

LAHORE, GIOIELLO MOGHUL

7 agosto: mi viene a prendere di buonora Arslan, altro couchsurfer, contabile presso un’azienda della capitale, marito della propria cugina, come deciso dai suoi genitori. Pare sia questa la soluzione più diffusa, per poter mantenere le ricchezze e i possedimenti di famiglia all’interno del proprio clan. La cosa sembra essere accettata comunemente da queste parti. Io mi limito a constatare le abitudini locali, senza dare giudizi. Sicuramente è un metodo che in Pakistan funziona, probabilmente derivano dei grossi benefici economici da queste operazioni di famiglia, ma non indago, preferisco concentrarmi sul mio viaggio e sulle nuove amicizie appena nate. Arslan si rivelerà una persona davvero estremamente educata, pacata, rispettosa e riflessiva.

Con Arslan parto in autobus e lascio la capitale, alla scoperta della città probabilmente più ricca di luoghi storici di tutto il Paese, Lahore! Lungo il tragitto di oltre 5 ore ho modo di vedere un film, di cui non ricordo il titolo, ma che mi ha simpaticamente colpito per via della censura certosina: vengono offuscate scene nei punti dove si vede troppo seno o troppe cosce, e in procinto di un bacio, si taglia la pellicola, passando alla scena successiva in modo brusco. Tutto questo mi ha davvero molto divertito: ho visitato finora tantissimi Paesi di fede islamica, ma è la prima volta che guardo un film passato attraverso la censura! Altra grande attrattiva che solo il Pakistan può offrire on the road è la successione interminabile dei cosiddetti “Jingle Trucks”, termine coniato dai soldati americani di servizio in Afghanistan. Si tratta di una vera e propria arte: tutti i mezzi pesanti vengono accuratamente rivestiti da decorazioni variopinte molto kitsch, dai colori accesi, spesso ricoperti di campanelli e mosaici. Si dice che i camionisti spendano nel lavoro di decorazione del proprio camion almeno 2 anni del loro stipendio!

Coi suoi 11 milioni di abitanti, Lahore è la seconda città più grande del Pakistan, dopo Karachi, ed una delle metropoli più popolose al mondo. Capoluogo della regione amministrativa del Punjab, che in realtà forma semplicemente la parte occidentale della regione storica omonima che si estende anche in India, Lahore è indubbiamente la città pakistana più ricca del Paese di monumenti storici ed artistici. La parte più antica si trova a nord, racchiusa tra le mura del suo Forte, mentre la città vecchia coi suoi bazar occupa la parte immediatamente a sud di esso. In questo diario di viaggio vi parlerò di quella che è stata la mia personale esperienza di nemmeno due giornate dedicate alla visita di questa metropoli, ma i luoghi che meritano una visita vanno ben oltre quelli da me descritti, e vale sicuramente la pena spendere più tempo in questa città dall’atmosfera affascinante, per poterla conoscere meglio!

Appena arrivati, raggiungiamo subito l’area meridionale della città moderna di Lahore, che non manca di edifici religiosi dalle belle facciate, aree verdi e locali dal sapore nostalgico pieni di atmosfera, come il bar del Lahore Continental Hotel, dove ho soggiornato io, tappezzato di foto d’epoca della città, oppure il ristorante Chandni Chowk, dove ci siamo recati io ed Arslan, che offre un buffet composto da piatti della cucina tradizionale pakistana di altissima qualità e dai prezzi relativamente contenuti (io ho pagato appena 7 € per la mia cena!).

La cucina pakistana è molto speziata, come quella indiana, ma abbonda di carni (a differenza dei piatti vegetariani diffusi in India). La bevanda che più ho apprezzato è la “Mint Margritta”, con lime e menta, davvero rinfrescante ed ottima! Come pietanze, invece, ricordo con estremo piacere il “Paaye”, ovvero piede d’agnello in salsa, la cui qualità si misura in base al grado di viscosità al tatto. Mi aveva sinceramente fatto impressione in un primo momento, invece è stato il piatto che più ho apprezzato! Poi ho assaggiato un barbecue di carne mista: pollo, montone, agnello (ma assolutamente non il maiale, essendo il Pakistan un Paese islamico). Le varie pietanze vengono accompagnate dal tipico pane “Naan”, con semi di Kalwanji (in italiano “nigella sativa” ovvero “cumino nero”)

Ci rechiamo quindi in albergo per una notte di meritato riposo, ed è la prima volta che utilizzo un mezzo tipicamente asiatico: il risciò! È stata davvero una grande avventura, forse il momento più divertente del viaggio! Tra uno scossone e l’altro, eccoci sfrecciare in mezzo ad un traffico micidiale, con lo stereo a palla che trasmette canzoni in lingua urdu, tra il rumore assordante di miriadi di clacson, dei quali vi è un vero e proprio abuso!

8 agosto: Ci alziamo di buonora, per recarci nel centro storico. Il Forte di Lahore, detto anche Shahi Qila, occupa un’altura nella parte nordoccidentale della città, e le sue origini si perdono nella mitologia. Sicuramente già esisteva nell’anno Mille. La Cittadella è racchiusa da spesse mura, e ad essa si accede principalmente attraverso la Porta di Shah Burj (Torre dell’Imperatore), posta ad occidente, mentre, dopo la visita, la si abbandona attraverso la porta orientale, detta Masti Gate. Le mura di fortificazione sul lato nord, che sono anche le più imponenti e scenografiche, vennero erette tra fine Settecento ed inizi Ottocento dal sovrano Ranjit Singh.

Le mura del Forte di Lahore racchiudono alcuni edifici di epoca moghul e timuride, motivo per il quale questi edifici richiamano alla mente i palazzi persiani o lo stile dell’area storica di città indiane come Agra e Delhi. La maggioranza di essi ha dei nomi quasi fiabeschi, tra i quali, ad esempio, la Corte di Akbar, i Bagni, il Quadrangolo di Jehangir, la Torre Nera, la Torre Rossa, i Giardini delle Donne, il Quadrangolo dello Shah Jahan, che riportano indietro nel tempo la mente dei visitatori, quando la cittadella era animata da cavalieri, dame, cortigiani… Essendo comunque in Pakistan, sono pochi i visitatori che si aggirano tra queste mura, per lo più gente locale: ciò permette di avere questi luoghi tutti per sé!

La Moschea Imperiale (in lingua urdu “Masjid Baadshahi”) si trova ad ovest del Forte di Lahore, e venne eretta da Aurangzeb, il sesto imperatore della dinastia dei moghul, tra il 1671 ed il 1673. Scenario idilliaco che circonda questo stupendo edificio religioso è il Parco Iqbal. La sua storia è stata tuttavia teatro di soprusi da parte dei sikh, che ne fecero una stalla dei cavalieri dell’esercito, e dei britannici, che la trasformarono in presidio militare. A causa delle crescenti proteste, questi ultimi istituirono, però, nel 1852, l’Autorità della Moschea di Badshahi, che portò alla riconversione di questo edificio in luogo di culto islamico.

Pur essendo nel Punjab pakistano, di fede prevalentemente islamica, l’area attorno a Lahore conserva tuttavia alcuni luoghi tra i più sacri per i fedeli di religione Sikh. Tra di essi va ricordato il Gurudwara (così si chiamano i templi dei Sikh) del Guru Arjan Dev, morto proprio a Lahore nel 1606, il quinto dei dieci Guru Sikh. Il termine “guru” deriva dal sanscrito, antica lingua liturgica tuttora utilizzata nell’induismo durante le funzioni religiose, ed indica un “maestro” o “guida spirituale”. Il Guru Arjan Dev viene ricordato per essere stato il primo a raccogliere i testi sikh, e il cui lavoro divenne dal 1604 il Libro Sacro per questa religione.

Con grande entusiasmo io ed Arslan mettiamo piede per la prima volta nella nostra vita in un tempio sikh. Ecco un piccolo vademecum che vi permetterà di visitare il luogo senza fare brutte figure, ed immergendovi appieno nella cultura locale! Nel visitare un luogo di culto del sikhismo, occorre rammentare le seguenti istruzioni: 1) Prima di accedere ai gradini del tempio, togli le scarpe ed immergi i piedi nell’acqua della vasca rituale 2) Prima di varcare la soglia del tempio, indossa un copricapo, e, una volta al suo interno, non dare mai le spalle alla parte centrale del tempio stesso 3) Recati dunque alla mensa comune del tempio (“langar”), siedi a gambe incrociate sul pavimento, ordinatamente in fila con gli altri commensali già presenti, e consuma il pasto che ti verrà offerto gratuitamente: è un atto di grande valore simbolico, in quanto rende tutte le persone in visita uguali tra loro, a prescindere dal proprio credo, nazionalità e soprattutto casta sociale. Il Sikhismo si batte particolarmente per l’abolizione del sistema delle caste.

Davvero entusiasti della singolare esperienza appena vissuta, ci rechiamo quindi alla Moschea di Wazir Khan, che si trova a sudest del Forte di Lahore, e venne eretta nel XVII secolo dal sovrano moghul Shah Jahan. Viene considerata la moschea più decorata dell’epoca moghul. Bellissimo il cortile interno, dal quale si accede al piano superiore, che offre delle splendide vedute sull’edificio e sul bazar circostante. Attenti però agli alveari sulle vostre teste!

Alcuni luoghi, pur molto circoscritti, celano spesso vicende storiche alquanto complesse! È il caso della Porta di Delhi, la più importante delle 12 porte costruite all’interno di un nuovo muro di cinta durante l’espansione della città, dopo la sua elezione a capitale dell’Impero Moghul a fine Cinquecento ad opera del sovrano Akbar. Dei pannelli in inglese ne illustrano le vicissitudini.

Come spesso accade in tutte le città del mondo islamico, anche a Lahore la zona più pittoresca resta quella dei Bazar, o mercati, dove si respira ancora l’aria del passato. Donne velate, uomini in costume tradizionale: un fiume umano alla ricerca del cibo e dei prodotti da acquistare, si riversa tra vicoli in penombra, dove ancora sopravvivono i mestieri legati ad un artigianato ormai del tutto scomparso nelle nostre grandi città. Tra le stradine del Gumti Bazar, a circa metà strada tra la Porta di Delhi e il Forte, sono nascoste un paio di moschee perfettamente mimetizzate tra la confusione che le circonda: vale davvero la pena dar loro un’occhiata!

Il centro storico di Lahore cela, non lontano dalla Porta di Delhi, un luogo pieno di fascino: lo Shahi Hammam, ovvero i Bagni Reali, costruiti nel 1635 in stile persiano, durante il regno timuride dello Shah Jahan. Bellissimi gli affreschi tuttora conservati. L’illuminazione dei suoi interni avveniva, come nella maggior parte degli hammam storici, attraverso la luce naturale che filtrava da fessure nelle volte a cupola.

Io ed Arslan ci lasciamo quindi con un nodo alla gola e gli occhi lucidi: è stata davvero una grandissima avventura, seppure molto corta, e il mio amico ha fatto tante cose per la prima volta nella vita, grazie alla mia visita: ha incontrato un italiano e ne ha conosciuto la mentalità, ha messo piede in un gurudwara, ed ha scoperto alcuni luoghi della città di Lahore che non aveva mai visto prima. Peccato che, con l’intento di rivederci, stavolta in Italia, per passare daccapo un paio di giorni insieme, ha richiesto un visto turistico, che, nonostante il suo buon lavoro e la sua mentalità aperta, si è visto rifiutare. Purtroppo queste belle esperienze di viaggio ti insegnano anche che esistono due tipi di persone: noi occidentali, che abbiamo le porte aperte quasi ovunque, e loro, chiusi nella propria gabbia, a sognare un giorno di superare i confini nazionali, per vedere com’è fatto il mondo. Credo sia soprattutto questo il motivo che spinge spesso le giovani generazioni ad emigrare clandestinamente, oppure che alimenta col tempo una certa avversione verso il mondo occidentale, fino ad arrivare, purtroppo, in alcuni casi, alla radicalizzazione religiosa, e a fomentare odio ed alimentare conflitti.

IL CONFINE CON L’INDIA

9 agosto: ultimo giorno in Pakistan. Una visita di Lahore non può dirsi completa senza aver prima dato almeno un’occhiata a quello che è il confine che dal 15 agosto 1947 divide, su base religiosa, il Pakistan dall’India. La tensione tra i due Paesi è tuttora ben evidente, soprattutto se, anziché prender semplicemente parte alla cerimonia di chiusura della frontiera di Wagah, sull’uno o sull’altro lato del confine, si dovesse decidere, come ho fatto io, di attraversarla. Sin dall’Italia la preparazione necessita di tempo e concentrazione: in questo caso non è possibile entrare in India col visto elettronico ottenuto online, ma occorrerà ottenerne uno presso il Consolato a Roma, compilando un formulario che interroga anche sul passato e sui possibili legami con il Pakistan, di parentela e non. La stessa richiesta va effettuata presso il Consolato pakistano. Sono partito da Lahore con un taxi verso le 9 di mattina, e, dopo una decina di km dalla periferia orientale della città, si raggiunge il parcheggio, oltre il quale il proprio autista non può procedere. Un trenino su gomma stile Acquapark conduce gli aspiranti emigranti verso il primo check-point, di uscita dal Pakistan, dal quale si deve quindi proseguire a piedi, accompagnati sempre da un portantino locale, il quale indicherà i vari check-point, le cui domande e richieste di compilazione di apparentemente inutili formulari si ripetono inspiegabilmente decine di volte, facendo trascorrere oltre 3 ore tra controlli, sempre gli stessi, e domande, sempre le stesse. Si arriva quindi a quello che è probabilmente l’unico contatto fisico tra le due popolazioni: il portantino pakistano stringe la mano al portantino indiano e lascia scivolare la mia valigiona lungo la linea di confine indicata a terra, facendo molta attenzione a non oltrepassarla, sotto lo sguardo di militari armati. Lo scenario sul lato indiano è praticamente lo stesso: controlli che si ripetono, formulari da compilare, domande su domande. Poi vengo invitato ad aprire il mio valigione. “Hai comprato dei cd, li abbiamo visti durante il controllo a raggi X. Ce li mostri? … Sono tre: musica pakistana, bella musica, hai gusto… hai comprato anche una mappa e un libro sul Pakistan. Ce lo mostri? Belle figure, belle montagne. Bel libro. Il confine indicato è quello corretto, corrispondente alla linea del cessate il fuoco… questo libro è fatto bene, bello, bravo! Come sei stato in Pakistan? Com’è il Pakistan? Ti è piaciuto? Ok… Benvenuto in India! Spero ti troverai altrettanto bene da noi!” … Le parole scambiate sul confine indiano sono le stesse scambiate prima coi miei amici pakistani, e successivamente, con i miei amici indiani: i due Paesi ufficialmente si odiano. Ma c’è la curiosità di sapere come sono realmente “gli altri”, quei fratelli diventati all’improvviso nemici a causa della religione dei propri avi. C’è curiosità e voglia di scoprire cosa c’è oltre quel confine così vicino, ma anche l’amara consapevolezza di non poterlo varcare.

Guarda la gallery
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Il fiume Indo a Hund

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L'interno del ristorante Chandni Chowk

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Le mura del Forte di Lahore

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La visita guidata al Museo di Hund

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La Moschea Imperiale (Masjid Baadshahii)

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La Moschea di Re Faisal, Islamabad

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La moschea di Masjid Wazir Khan

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Il Paaye

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Il Monumento al Pakistan, Islamabad

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Museo di Hund, ricostruzione di un ambiente rurale

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Manifesti elettorali nel centro di Lahore

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Una scimmietta al belvedere di Daman e-Koh, Islamabad

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Il Bazar presso la Masjid Wazir Khan

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Esterno del Museo di Taxila

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Esterno del Museo di Hund

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I Bagni Reali (Shahi Hammam)

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Foto di gruppo presso il fiume Indo

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All'interno del Forte di Lahore

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Cucina tipica pakistana

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All'interno del Museo di Taxila

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Vademecum visita ad un gurudwara (tempio sikh)

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Propaganda elettorale in favore di Imran Khan



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