Zanzibar, Paradise Island!
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Angolo di paradiso
Dopo esserci riposati usciamo finalmente per vedere il mare. Devo ammettere che eravamo un po’ preoccupati riguardo la scelta del nostro resort, visto che si trova sulla parte est dell’isola, soggetta al fenomeno delle maree. Avevamo paura che il mare non fosse così bello, proprio per questo motivo, ed invece non potevamo sbagliarci di più! Lo scenario che si è aperto davanti ai nostri occhi è stato incredibile! Il mare era di mille colori diversi, partendo dal verde ed arrivando fino al blu notte del mare aperto: indescrivibile! E proprio questo spettacolo è dovuto alle maree, infatti quando la marea è bassa, il mare si tinge di colori unici. Purtroppo però, da questa parte dell’isola, il sole tramonta molto presto e, verso le 5 del pomeriggio inizia già a calare, quindi ci prendiamo il tempo rimanente per fare una bella passeggiata lungo la spiaggia. In 20 minuti di cammino – sono necessarie le scarpette, perché i pezzi sabbiosi sono intervallati da molti tratti rocciosi – raggiungiamo un famoso ristorante dell’isola, chiamato The Rock e situato proprio in mezzo al mare. Con la bassa marea si può raggiungere comodamente a piedi, salendo una scaletta in legno dopo aver fatto qualche metro sul bagnasciuga, mentre con l’alta marea serve necessariamente una barchetta, che si può trovare facilmente lì intorno, guidata da un ragazzo del posto. Si sta facendo tardi, così torniamo al villaggio, per la cena, a buffet, molto gustosa, con piatti tipici e internazionali, per soddisfare qualsiasi palato. Due sere a settimana, il ristorante propone una cena tipica Masai, da non perdere! Il giorno dopo ci svegliamo presto, con il sole che filtra dalle finestre e scendiamo subito in spiaggia, ma la marea è ancora alta – varia ogni giorno di mezz’ora, si avrà metà giornata con l’alta marea, e metà con la bassa – quindi facciamo colazione e prendiamo un po’ di sole. Man mano che la marea scende, il mare comincia a “colorarsi” e facciamo un’inaspettata scoperta: in mezzo al mare, a circa 200 metri dalla spiaggia, inizia a comparire un isolotto di sabbia bianchissima. Non perdiamo altro tempo e dopo aver infilato scarpette e maschere lo raggiungiamo a nuoto: bisogna fare attenzione alle correnti e ai punti di acqua profonda, ma tutto sommato non è difficile arrivarci. Per i meno avventurosi c’è comunque un modo per raggiungerlo, infatti i beach boys presenti con le loro barchette sono disposti a portarvici per pochi dollari. La fatica è però immediatamente ricompensata: quello su cui ci troviamo è un vero angolo di paradiso. Intorno a noi c’è solo acqua cristallina e sabbia bianchissima, fa quasi male agli occhi, ma è uno spettacolo imperdibile. Siamo tra i primi ad arrivare e non essendoci molto via e vai riusciamo a trovare una bellissima ed enorme stella marina in pochi centimetri d’acqua: stupendo! Nonostante le tante cose che vedremo in questa vacanza, questo è il momento ed il posto che ci resterà nel cuore. La mattina dopo abbiamo deciso di alzarci presto per vedere l’alba, così alle 5.50 siamo in piedi, pronti per vedere il sole sorgere.
Usciamo dal bungalow e il cielo è nuvoloso, ma non demordiamo e aspettiamo. Dopo pochi minuti il sole inizia a sorgere ed è uno spettacolo! Si nasconde tra le nubi e poi splende all’improvviso, davvero da non perdere. Nonostante la levataccia veniamo ricompensati, trovando al nostro ritorno in camera un gruppo di scimmiette molto simpatiche, che, appena apriamo la porta, ci segue dentro casa, rubandoci tutte le bustine di zucchero! Buongiorno!
Scoprendo l’isola!
Per i giorni seguenti abbiamo prenotato qualche escursione, quindi zaino in spalla e via, pronti per vedere nuovi posti! Abbiamo optato per visitare la famosissima Prison Island, e approfittiamo per passare anche dalla spiaggia di Nakupenda, perfetta per lo snorkeling. Partiamo di mattino presto dal nostro hotel, con un pulmino tipico e ri-attraversiamo l’isola perché la barca ci aspetta al porto di Stone Town. Questa volta però il viaggio ci pesa molto meno: ci imbattiamo nel via e vai mattutino e incrociamo molti bimbi nelle loro divise bianche, pronti per andare a scuola, oppure donne intente a cucinare qualcosa, sedute sui gradini delle loro fatiscenti abitazioni. Arriviamo al porto e con una minuscola barchetta partiamo per il mare aperto, insieme ad altri ragazzi italiani, con il cielo che minaccia pioggia.
Fortunatamente man mano che ci spostiamo esce il sole e all’orizzonte vediamo l’isola, bagnata da acqua azzurrissima –questa sarà una costante nel viaggio-. Visitiamo l’isolotto in poco più di un’ora, passando in mezzo ad un vero e proprio parco di tartarughe giganti, libere di girovagare ovunque, in mezzo ai turisti. Si può dar loro da mangiare foglie di insalata e la nostra guida ci insegna anche come riconoscere le tartarughe più anziane: veramente bellissimo! L’isola in sé non ha molto altro di interessante, infatti la “prigione” da cui prende il nome non esiste più, e al suo posto ora c’è un ristorante, mentre l’altra parte dell’isola è privata. Vale comunque la pena fare una visita, sia per le enormi tartarughe che per i bellissimi panorami che si vedono tutt’intorno. Inoltre devo dire che la nostra guida è stata davvero brava a rendere interessante la spiegazione storica di questo posto! Risaliamo in barca e lì ci viene offerto uno spuntino tipico: cocco freschissimo, dolci tradizionali, molto simili alle nostre ciambelline/bomboloni zuccherati e succhi di frutta fresca, buonissimo! Raggiungiamo Nakupenda Beach, una lingua di sabbia in mezzo all’oceano, veramente suggestiva. La spiaggia non ha neanche un albero sotto cui ripararsi dal sole cocente, ma i ragazzi che organizzano la visita sono davvero grandiosi e si sono organizzati con grandi “capanne” fatte da qualche palo e un telo steso sopra, per concederci un po’ di sollievo. Prima di pranzo decidiamo di fare snorkeling insieme ad un ragazzo del posto, che ci guida e ci mostra i punti più belli e pieni di tantissimi pesciolini colorati. Non siamo sicuramente sulla barriera corallina, ma come prima esperienza, per noi, è stata grandiosa! Fate però attenzione ai ricci di mare, sono ovunque e con aculei molto lunghi! Torniamo al nostro riparo e rimaniamo felicemente sorpresi: la nostra guida ed il comandante della barca hanno improvvisato un barbecue sulla spiaggia, con pesce appena pescato, insieme ad un buffet di pietanze tipiche per tutti i gusti! Proviamo il polpo, il tonno, i calamari ed anche il pesce spada, tutti veramente ottimi! La spiaggia però si sta affollando, un po’ troppo per i nostri gusti, molte barche piene di turisti stanno attraccando qui, dunque dopo qualche oretta di sole e siesta sotto il tendone decidiamo di tornare a casa: il mare è molto mosso, ma i nostri capitani sdrammatizzano il tutto, iniziando a cantare una loro canzone tipica , Jambo, e invitandoci ad unirci!
Un’escursione inaspettata
Dopo esserci presi due giorni di relax, ripartiamo con lo zaino in spalla, alla scoperta di un nuovo pezzo di isola. Questa volta abbiamo optato per un’escursione fuori dalle comuni mete turistiche; infatti non avevamo letto da nessuna parte la possibilità di un Quad Safari. Si può decidere di vivere il tour di mattina oppure di pomeriggio: essendoci la possibilità di vedere il tramonto, cosa che dal nostro villaggio non si può fare, optiamo per il pomeriggio. Il nostro autista, che si rivelerà poi anche la nostra guida, insieme ad una ragazza italiana, ci porta in un piccolo ufficio, dove compiliamo i fogli con la dichiarazione di responsabilità e guida. Scelti i caschi e dopo le veloci istruzioni di guida siamo pronti per partire: siamo solo noi ed un’altra coppia, insieme alle due guide, una italiana ed una locale, che però parla benissimo la nostra lingua. Partiamo in fila indiana, e per noi che non abbiamo mai guidato un quad, non è un inizio facile! La strada è sterrata e ogni tanto qualche roccia fa capolino da sotto la sabbia, facendoci traballare. Dopo un breve tragitto sulla strada asfaltata, giriamo a destra, e di nuovo ci troviamo in mezzo a sabbia e alberi di tutti i tipi. Poco dopo le nostre guide si fermano e scendiamo per la prima tappa: piantagioni di banani e papaye. Rimaniamo molto sorpresi, perché queste piante, nascono in un terreno veramente arido, tra rocce e sabbia! Facciamo qualche foto di rito, facendoci immortalare anche sui quad e poi ripartiamo, il viaggio è lungo. Pian piano che avanziamo in mezzo ad alberi di ogni genere, il paesaggio inizia a cambiare e si intravedono le prime baracche di un villaggio di contadini. Diminuiamo la velocità e ci guardiamo intorno: case di mattoni, composte da una sola stanza, senza neanche la porta, in alcuni casi. Ci sono donne in vestiti tradizionali che ci guardano curiose mentre avanziamo in mezzo alle loro abitazioni e poi ci sono i bambini: cominciano ad inseguire i nostri quad correndo scalzi, urlando “Jambo” (Ciao) e salutandoci con la mano. Arriviamo in uno spiazzo e spegniamo i quad mentre una folla di bambini di tutte le età ci accerchia: sono tantissimi e tutti sorridenti. Sono molto curiosi, cercano di parlare con noi, ma purtroppo l’unica parola swahili che conosciamo è Jambo, quindi andiamo a gesti, però non appena tiriamo fuori macchine fotografiche o i cellulari sono prontissimi per farsi fotografare insieme a noi o a gruppetti tra loro, adorabili. La nostra guida, insieme ad un ragazzo del villaggio ci porta dentro la loro scuola, oggi chiusa perché domenica: la scuola non è altro che classi formate da due mura, aperte ai lati e grandi tavoli di legno. I bimbi si siedono tutti, sanno che abbiamo portato qualcosa per loro e sanno che devono essere bravi: noi cominciamo a distribuire pastelli a quanti più bambini possibili (sapevamo che saremmo passati di qui, e ci siamo preparati, ma purtroppo non abbastanza), mentre i loro occhi si illuminano. Abbiamo portato anche qualche maglietta da regalare, ma visto che non sono molte, decidiamo di lasciarle alla guida, che poi deciderà come dividerle; poco dopo vediamo una bambina di non più di 4 anni sorriderci, con indosso una delle nostre t-shirt, siamo felicissimi. Poi, insieme a loro, facciamo un giro per il villaggio e vediamo le condizioni in cui vivono, in case di mattoni semi-aperte, spesso senz’acqua o energia elettrica. Alcuni bambini tornano a giocare e notiamo che l’unico divertimento che hanno è un vecchio copertone o un pezzo di legno da utilizzare come macchinina, ma poi ci guardano sorridendo per avergli regalato un solo pastello e a noi si riempie il cuore. Sarà un’esperienza che ci fa molto riflettere e che ricorderemo per sempre. Lasciamo il villaggio poco dopo, a malincuore, e passiamo attraverso piantagioni di mangrovie, che durante l’alta marea sono immerse fino a metà tronco, villaggi di pescatori e foreste abbastanza impervie. Concludiamo la gita con il tramonto davanti a noi ed un bel piatto di frutta fresca: il cielo è di mille tonalità di arancione e noi siamo senza parole per la giornata appena vissuta. Questa vacanza è stata indescrivibile, ci ha riempito il cuore di emozioni e non vediamo l’ora di tornare.
Arrivederci, Zanzibar.