Stati Uniti e Canada: Montreal, New England e altri stati…
Mio figlio Giovanni ed io, in questi anni siamo riusciti a vedere e conoscere 48 dei 50 Stati che compongono l’Unione (eccetto Alaska e Hawaii) e la parte orientale del Canada (Ontario, Quebec e New Brunswich). Abbiamo percorso complessivamente quasi 70.000 km. in 185 giorni di viaggio e altrettanti pernottamenti in posti e hotel ogni sera differenti. Abbiamo sempre preferito il “fai da te” dividendoci equamente i compiti: Giovanni ha fatto da interprete, si è occupato del noleggio dell’auto, dei rifornimenti di benzina e prelievi bancari, della scelta dei ristoranti per le cene ma soprattutto è stato un ottimo e paziente guidatore anche nelle situazioni più caotiche. Io ho organizzato i viaggi, dopo aver scelto con lui gli itinerari, prenotato i voli e gli hotel tramite internet, stipulato le polizze assicurative e funzionato da “navigatore” durante quasi tutti i percorsi. La nostra lunga esperienza può essere utile a qualcuno di voi? Se avete domande, dubbi, informazioni da chiedere sono a vostra disposizione per rispondervi tramite il sito di “Turisti per caso”.
Grazie per l’attenzione e buona lettura.
Domenica 20 Montreal – Brossard (km. 30)
Volo diretto con Air Transat da Venezia a Montreal (andata e ritorno per due persone € 1.132). Per questioni tecniche non meglio precisate, l’imbarco e il decollo subiranno due ore di ritardo perciò l’arrivo a Montreal avverrà alle ore 17. Dopo una lunga attesa all’Avis per il ritiro di una confortevole Cadillac XTS AWD con copertura assicurativa massima e navigatore incorporato (€ 835) ci dirigiamo verso Brossard lontano una trentina di km dove avevamo prenotato al Quality Inn & suites (€ 99). Già da subito abbiamo sfruttato le indicazioni del navigatore perché, essendo Montreal tutta sottosopra a causa di numerosi lavori stradali e deviazioni, sarebbe stato complicato trovare la strada ma, ben assistiti, siamo arrivati in hotel alle ore 19,15.
Lunedì 21 Brossard- Ticonderoga (km. 240)
Dopo una buona notte di sonno e un’abbondante colazione siamo pronti per iniziare questo nostro ennesimo viaggio attraverso gli Stati Uniti; prendiamo l’Autoroute 15S e, dopo 45 minuti, arriviamo al confine con gli Stati Uniti; qui lunghe file di auto disposte su cinque corsie attendono i controlli e le operazioni doganali che noi riusciamo a ultimare dopo un’oretta con il pagamento di ($12) per i visti d’entrata. Siamo nel Vermont e quasi subito deviamo sulla US-11 poi sulla US-2 che, attraversando su lunghi ponti le isole di North Hero, Grand Isle e South Hero ci porta direttamente alla città di Burlington dove arriviamo alle ore 14. Durante questo tragitto mi ha colpito un cartello che segnalava di stare attenti per l’attraversamento della strada da parte di “tartarughe”. Burlington, situata sulle rive del lago Champlain, con 42.400 abitanti è la città più grande del Vermont dovuta anche alla presenza dei 13.400 studenti che frequentano la sua prestigiosa università e sono ospitati nei vari campus con giardini e prati ben curati. Troviamo un parcheggio poi ci avviamo a piedi per una passeggiata di mezz’ora lungo le rive del lago dalle quali si ha una vista magnifica sulle belle case che fanno da contorno alla costa; dopo aver scattato parecchie foto, riprendiamo il viaggio seguendo prima la US-7S, la VT-17W e, quando entriamo nello stato di New York, la NY-22S e la NY-9NS fino alla cittadina di Ticonderoga dove arriviamo alle ore 16,10 e dove ci aspetta una bella stanza presso il Super8 (€ 63) un’originale struttura in legno, camere moderne con pareti e copri letti dai colori vivaci. Ottima la prima impressione!
Martedì 22 Ticonderoga (NY)-Bennington (VT) (km. 340)
Ticonderoga è una piccola cittadina di quasi 5.000 abitanti che vanta una grande attrazione: il suo forte. A pianta stellare costruito nel 1755 dai Canadesi e dai Francesi sulla riva meridionale del lago Champlain; avevamo deciso di andare a vederlo ma, giunti all’ingresso, una gentile signora ci informa che si deve pagare un biglietto di 24$ a testa e che bisogna avere a disposizione almeno mezza giornata per la visita. A questo punto, tenuto conto anche del tempo incerto, rinunciamo e riprendiamo la strada seguendo l’itinerario previsto per la giornata: prima la NY-22S fino a Withehall poi l’US-4E, una lunga strada panoramica che arriva fino al confine con il New Hampshire. Rientrati nel Vermont a Fair Haven, attraversiamo boschi (numerosi cartelli indicano di fare attenzione per la presenza di alci), superiamo i paesi di Rutland, Killington (rinomata zona sciistica), Bridgewater e arriviamo a Woodstock dove sostiamo per fotografare uno degli innumerevoli ponti coperti che caratterizzano questo Stato. Vorrei fermarmi più a lungo perché, leggo sulla guida, nelle campagne circostanti si trovano le residenze dei ricchi banchieri e petrolieri Rockefeller e Rothscild ed anche la località “La Quechee Gorge” indicata come il “Grand Canyon” del Vermont; però piove e fa freddo così Giovanni preferisce tirare dritto. Ci immettiamo sulla I-91S che seguiremo per un centinaio di chilometri. Prima di arrivare a Brattleboro facciamo sosta presso un punto segnalato “panoramico” per guardare la distesa pianura che si allarga all’infinito e ne approfittiamo per entrare nell’unico fabbricato adibito a bazar dove si vende un po’ di tutto: vestiti, magliette, felpe, berretti, bigiotteria e cibo di produzione locale; acquistiamo cioccolato, patatine e altri prodotti che consumeremo strada facendo. A West Brattleboro deviamo sulla VT-9W che ci porta direttamente a Bennington presso l’Hampton Inn (€ 139); sono le 15,20 e la temperatura è di soli 15°. Giornata in giro per il Vermont che abbiamo attraversato prima da ovest a est poi dal centro a sud e da est a ovest. Questo è un piccolo stato di circa 620.000 abitanti situato nel New England all’estremità nord orientale degli Stati Uniti, il suo nome è di chiara origine francese e significa “Monte Verde” come la catena montuosa che lo attraversa da nord a sud; la sua economia è basata prevalentemente sull’agricoltura e l’allevamento (rinomati i formaggi, lo sciroppo d’acero raggiunge il 40% dell’intera produzione degli USA, i micro birrifici dei quali se ne contano 1 ogni 28.000 abitanti e i gelati artigianali). La sua superficie è rappresentata all’80% da boschi e foreste, la campagna presenta un interminabile susseguirsi di morbide distese verdi occupate da molte belle fattorie, decine di pittoreschi villaggi e tanti ponti coperti. Un viaggiare molto tranquillo, distensivo e interessante.
Mercoledì 23 Bennington (VT)- Apalachin (NY) (km. 330)
La città di Bennington conta 15.800 abitanti ed è la terza più popolosa del Vermont; la sua attrattiva principale consiste in un obelisco alto 93 metri (struttura più alta dello Stato) eretto per ricordare la battaglia che si svolse nel 1777 tra le truppe americane e una coalizione di truppe tedesche, canadesi, britanniche terminata con la vittoria degli americani. Noi siamo andati a dieci chilometri dalla cittadina dove si svolse realmente lo scontro (stranamente si trova nello stato di New York) dove sono collocati dei cippi commemorativi e un grande plastico in rilievo che rievoca le fasi del combattimento; prima di arrivare ci siamo fermati per fotografare il ponte coperto “Silk” costruito nel 1840 e lungo 27 metri. Il tempo è incerto ma poi esce il sole con una temperatura sui 20° quando, terminata la visita, proseguiamo sulla NY-67W poi sulla NY-146W, belle strade poco trafficate che attraversano boschi, pascoli con fattorie fino a Schenectady. Qui prendiamo l’autostrada I-88W che percorriamo per 200 km. fino ad arrivare a Binghamton per deviare poi sulla NY-17W e giungere finalmente ad Apalachin. Sono le ore 16,30 e la temperatura è salita fino ai 25° quando entriamo al Comfort Inn (€ 85) che avevamo prenotato tramite Booking come tutti gli altri hotel del viaggio. I gestori sono pakistani, la stanza molto confortevole, curati i particolari e pulitissimo. Giornata di trasferimento in mezzo alla natura senza particolari emozioni.
Giovedì 24 Apalachin (NY)- Danbury (CT) (km. 440)
Partiamo alle ore 9 con un bel sole e una temperatura di 20° prendendo la I-81S e dopo circa quaranta minuti attraversiamo il confine con la Pennsylvania. Lasciamo da parte la città di Scranton, ci colleghiamo con l’autostrada I-84E e alle ore 13,00 superiamo il confine con lo stato di New York segnato dalla cittadina di Port Jervis dopo aver percorso complessivamente 220 km. Poco dopo usciamo dall’autostrada e iniziamo a seguire la US-6E che attraversa graziosi paesi (mi colpiscono i lampioni delle vie principali sui quali sono esposte le fotografie dei militari caduti nelle varie guerre in vista del “memorial day” che ricorre il 28/5), estese pianure, boschi e laghi. A un certo punto ci addentriamo nella zona del parco statale denominato “Bear Mountain” e seguiamo a caso la “Seven Lake Drive”, una bella strada panoramica che ci porta fino al lago Tiorati del quale ammiriamo la bellezza ed estensione. Successivamente dobbiamo metterci in fila a passo d’uomo per i tanti semafori che precedono il passaggio su un ponte a pagamento che supera il fiume Hudson; per percorrerlo ci vuole un po’ di pazienza (noto sulla mappa che poco più a nord si trova la prestigiosa accademia di West Point dove si sono formati i più celebri comandanti militari degli Stati Uniti), ma alla fine il traffico si velocizza e noi proseguiamo seguendo sempre la US-6E. Alle ore 15 la temperatura si è stabilizzata sui 30°, alle ore 16 attraversiamo il confine con il Connecticut e, dopo una ventina di minuti, arriviamo presso il Super 8 (€ 83) di Danbury: un normale hotel senza pretese con camere ampie, un po’ datate ma completo del necessario e tranquillo. Siamo usciti alle ore 18,45 per andare a cena presso l’O’Briens sports pub: pesce gatto con patatine per me, panino ripieno di carne e verdure per Giovanni.
Venerdì 25 Danbury (CT) – New London (CT) (km. 275)
Da Danbury, città di quasi 80.000 abitanti, si estende verso nord l’incantevole paesaggio rurale del Connecticut, attraversato dalla panoramica US-7 arteria principale della vallata, area collinare disseminata di fattorie secolari, tortuose stradine e accoglienti Inn di campagna. Ed è proprio in questa direzione che, dopo una buona colazione, ci instradiamo lasciando il traffico intenso dell’autostrada I-84; attraversiamo dolci colline, bei paesi con case signorili, parecchi laghi (il più grande dello Stato è il Lake Candlewood), foreste e parchi statali ricchi di cascate con numerosi sentieri escursionistici molto ben segnalati. Superiamo le cittadine di Fort Hill e Kent mentre facciamo una sosta a West Cornwall per fotografare un bel ponte coperto; si viaggia a una velocità di 30/40 km così abbiamo la possibilità di gustare la bellezza di questi paesaggi (la guida indica come curiosità che, nella vicina cittadina di Lakeville, Maryl Streep possiede una residenza estiva). Arriviamo dopo 90 km a Canaan quasi al confine con il Massachusetts e da qui seguiamo la US-44E; a un certo punto ci fermiamo attratti dall’insegna “Avon Prime Meats” un grande negozio di carni, prodotti freschi, alimentari locali e cibi preparati da asporto: ci facciamo confezionare due grossi panini che consumeremo più tardi all’ombra degli alberi. Arriviamo a Hartford (capitale dello Stato con 125.000 abitanti, famosa per la sua produzione di pistole colt e lo State Capitol di marmo bianco e granito con la cupola rivestita di foglie d’oro) e ci affidiamo al navigatore per attraversarla senza difficoltà; mi piacerebbe visitarla ma sono le ore 13,30 e la temperatura di oltre 30° ci consiglia di proseguire anche perché il traffico si è fatto molto sostenuto. Prendiamo la CT-2E fino a Colchester poi la CT-11S fino a Salem infine la I-95N per terminare il bel viaggio di oggi a New London (c’è la base di una delle cinque Accademie Militari d’America) presso l’America Best Value Inn (€ 89) un hotel semplice con un’ampia camera e angolo cottura. Usciamo per la cena e ci dirigiamo verso il ristorante “Outback Steakhouse”. Giovanni ordina dodici gamberoni con patate fritte io una coppa di zuppa densa con patate, bacon, erba cipollina, formaggio e sei gamberetti impanati nel cocco con salsa d’arancio: veramente gustoso! Per finire facciamo un giro della baia e della città quasi deserta.
Sabato 26 New London (CT) – South Yarmouth (MA) (km. 220)
Avevo previsto per oggi un itinerario lungo la costa del Rhode Island ma Giovanni mi ricorda che, nel pomeriggio alle ore 15, si gioca la finale di coppa campioni tra le squadre del Liverpool e del Real Madrid e avrebbe piacere vederla: tutto sommato sono curiosa anch’io, di spiagge e mare ne incontreremo ancora molte così alle ore 9,30 con un bel sole e una temperatura di 26°, prendiamo la I-95N. Al di là di un lungo ponte proprio di fronte a New London, si trova la cittadina di Groton che è la principale e maggiore base di sommergibili, il museo ospita il Nautilus primo sottomarino a energia nucleare del mondo e il primo a passare sotto il Polo nord. Alle ore 10 entriamo nel più piccolo degli Stati (con una superficie minore di quella della nostra Val d’Aosta): il Rhode Island; proseguiamo fina a Providence, la sua capitale, che attraversiamo tutta seguendo le indicazioni del navigatore per poi trovarci, quasi per caso, davanti allo State Capitol e alle sedi degli uffici governativi. Come ci era già capitato a Denver (Colorado) i parcheggi sono deserti, non c’e una persona in giro così facciamo una sosta per scattare alcune fotografie. Superato un altro lungo ponte, prendiamo la I-195E e da qui la US-136S con l’intenzione di arrivare a Newport (città balneare che dista una quarantina di chilometri) abitata dalla ricca borghesia americana che vi ha costruito nel tempo molte belle residenze e dove si è disputata per anni la America’s Cup la più famosa competizione per imbarcazioni a vela del mondo. Percorsi però 20 km circa quasi in colonna, rallentati da numerosi semafori, calcolando i tempi tra l’andata e il ritorno, decidiamo di rinunciare e ritorniamo sui nostri passi. Alle ore 11,05 superiamo il confine con il Massachusetts (la temperatura è di 30°) a Fall River e seguiamo la US-6E che, dopo aver attraversato la cittadina di New Bradford, entra nella penisola di Cape Cod (assomiglia a un uncino o alla coda arrotolata di uno scorpione) fino ad arrivare a South Yarmouth dove abbiamo prenotato per due notti presso il Cape Shore Inn (€ 188). Subito mi rendo conto della scelta veramente infelice del motel: squallido e indecente sono le parole migliori che mi vengono in mente e sono così triste che mi metterei a piangere; per fortuna c’è la partita di calcio che inizia alle ore 14,45 e che assorbirà tutta la nostra attenzione per le prossime due ore. Nel frattempo ho anche pensato un po’ e deciso, d’accordo con Giovanni, di trovare un’altra sistemazione per la seconda notte: consultato booking.com ho trovato un’offerta con lo sconto del 40% presso un Resort distante tre chilometri e che mi sembra stupendo. Detto fatto procediamo con la prenotazione e sono proprio felice della soluzione anche se pagheremo 100€ non preventivati nelle spese. Alle ore 18 usciamo a piedi per recarci presso il “Lobster Boat” locale caratteristico lontano 600 mt dove ci consoliamo con un ricco menù: per Giovanni un lobster roll con patate fritte, cavolo cappuccio, panino caldo e burro salato; per me zuppa densa con pezzetti di aragosta, due grosse polpette di polpa di granchio panate e fritte. La passeggiata per ritornare al motel ci ha permesso di rilassarci e predisporci per il sonno.
Domenica 27 Cape Cod (South Yarmouth-Chatham-North Truro-Provincetown) (km. 170)
Oggi abbiamo due alternative: arrivare in auto a Falmouth distante una cinquantina di chilometri, parcheggiare, prendere un mezzo di trasporto per Woods Hole, imbarcarci sul traghetto che in cinquanta minuti attracca all’isola di Martha’s Vineyard (rinomato centro di villeggiatura estiva, frequentato dai vip della politica e nel cui cimitero è sepolto l’attore comico John Belushi), oppure dedicarci al tour completo di Cape Cod. Consideriamo che il tempo è incerto, la temperatura di soli 14°, la giornata festiva che richiama sicuramente molti più turisti (estesa a domani con il memorial day) quindi decidiamo di procedere con il giro verso nord alla scoperta della penisola. Prepariamo le valigie, senza tante spiegazioni saldiamo il conto del motel (Giovanni ha affidato a booking i negativi commenti relativi al nostro soggiorno presso questa struttura!) e partiamo alle ore 9,30 prendendo la Ma-28E dopo aver fatto una breve sosta presso la chiesa cattolica di San Giuseppe. Ieri avevamo visto che lungo la strada, sui tronchi degli alberi, sui pali della luce e sulle siepi erano annodati dei nastri neri e blu il cui significato ci incuriosiva; Giovanni stamattina ha chiesto spiegazioni e gli è stato detto che, qualche tempo prima, in quella zona era stato ucciso un poliziotto così gli rendevano omaggio in quel modo singolare. Oggi, giorno della memoria di tutti i militari maschi e femmine caduti per la patria, abbiamo modo di assistere a parecchi raduni di reduci e familiari che li ricordano; bandiere a stelle e strisce sventolano più numerose del solito soprattutto nei piccoli paesi dove il patriottismo risulta palpabile. Senso di nazione che noi italiani purtroppo abbiamo perso! Cerchiamo un locale dove poter fare colazione ma, nel primo al quale ci rivolgiamo, ci dicono che dobbiamo attendere una mezz’ora e vediamo che negli altri ci sono lunghe file di macchine e presumiamo che sia pieno così ovunque. Lungo la strada è tutto un alternarsi di motel, resort, alberghi eleganti (quasi tutti espongono la scritta “no vacancy”) e negozi di classe; arriviamo così fino a Chatham, bella località balneare con un litorale sull’oceano di complessivi 97 km comprese le innumerevoli insenature e calette. Ci fermiamo e scendo su una piccola spiaggia dove Giovanni mi fotografa intabarrata come fossi al polo nord a causa di un vento freddo e gelido che ci fa rientrare presto in auto; ci dirigiamo allora verso il vicino faro del 1878 il cui fascio di luce è visibile in mare da una distanza di 25 km. Io mi fermo dopo una breve passeggiata che mi consente di fotografarlo ma, sempre a causa del freddo e vento gelido preferisco aspettare in macchina; Giovanni invece arriva fino in cima dove una passerella e un belvedere permettono una vista meravigliosa sull’oceano. Mi ha colpito molto un gruppo di turisti giapponesi in particolare due ragazze, probabilmente alloggiate in un hotel vicino, che salivano verso il faro avvolte in leggere vestaglie da camera e con ai piedi pantofole con le piume! Il mondo è bello perché è vario ed io vivo sempre delle curiose esperienze. Poco prima della cittadina di Orleans ci raccordiamo con la US-6E, unica strada a due corsie che arriva fino all’estremo nord; prima di North Truro giriamo a destra e seguiamo le indicazioni per andare a vedere il faro “Highland Light” costruito nel 1797 e che ha il fascio di luce più brillante di tutto il New England. Ci siamo fermati quasi quaranta minuti ad ammirare la scogliera, i panorami sull’oceano, i lussuosi alberghi in lontananza, a scattare delle foto e ad assaporare il silenzio e la tranquillità rotti soltanto dallo stridio dei gabbiani. Proseguiamo e, prima di arrivare a Provincetown punta estrema della penisola, costeggiamo una lunga distesa di dune formate da sabbia bianca e notiamo varie indicazioni per percorsi riservati alle bici: leggo sulla guida che il “Cape Cod Rail Trail” è la madre di tutti i sentieri ciclistici; si estende per 35 km in un tratto di foresta e attraversa paludi dove ci sono mirtilli rossi e pozze d’acqua sabbiose. Raggiungiamo la cittadina di Provincetown (3.000 abitanti ma popolazione estiva di 60.000 e destinazione di vacanza per la comunità gay-lesbica) dove ci raccordiamo con la US-6W e, poco dopo, decidiamo di fermarci per il pranzo (la colazione l’avevamo saltata) presso il primo locale che ci attrae: la scelta cade sul “Moby Dick’s” in località Wellfleet dove rimaniamo dalle ore 13,35 alle 14,20 gustandoci un delizioso pranzo a base di hamburger con carne e bacon per Giovanni e per me con polpa di granchio. Quando usciamo sta piovendo così procediamo spediti verso South Yarmouth e l’All Season’s Resort (€ 85) dove arriviamo alle ore 15,45: dobbiamo aspettare una decina di minuti prima di avere la stanza ma, nel frattempo, posso guardarmi attorno e avere la conferma dell’ottima scelta fatta la sera precedente. Gli impiegati alla reception sono in divisa, la hall è accogliente e ben arredata con annesso un minimarket, dai vetri scorgo un’ampia piscina interna con lettini e poltrone confortevoli, la sauna, un centro fitness, un solarium; all’esterno un’altra grande piscina e un gazebo. La camera è vasta e accogliente così, dato che fuori continua a piovere e la temperatura è di soli 11° Giovanni decide di andare a prendere la pizza che poi, per la prima volta nel corso dei nostri quattordici viaggi, consumiamo in stanza: molto gustosa!
Siamo molto soddisfatti di questa giornata e per ciò che abbiamo visto.
Lunedì 28 South Yarmouth- Boston-Hampton (NH)-York (ME) (km. 280)
Ce la prendiamo comoda e partiamo alle ore 10,40 con un cielo nuvoloso e una temperatura di quasi 14°. Ci immettiamo sulla MA-6AW che corre lungo la costa, superiamo le cittadine di Sandwich e Sagamore poi entriamo nella MA-3N che offre viste meravigliose sulla baia di Cape Cod; arriviamo a White Horse beach e tentiamo di raggiungere la spiaggia per una sosta (lungo la strada numerosi cartelli con “no parking”) ma gli ingressi sono tutti privati, riservati ai residenti e ai turisti che alloggiano presso i numerosi eleganti hotel, così ci accontentiamo di guardare dalla macchina. Dopo una decina di chilometri arriviamo a Plymouth: è considerata la città natale degli Stati uniti perché qui, nell’inverno del 1620, sbarcarono i Padri Pellegrini provenienti dall’Inghilterra dove erano perseguitati per il loro credo religioso; vanta la comunità europea più antica del New England. In una specie di mausoleo è conservato un piccolo pezzo (spezzato e ricomposto) del masso di granito sul quale, si racconta, avrebbe approdato la Mayflower (dopo 66 giorni di navigazione) la piccola nave che con 102 persone a bordo oltre agli effetti personali, agli attrezzi, alle scorte alimentari, animali e sementi, aveva affrontato l’oceano. Se ne può ammirare e visitare una copia esatta ancorata nel porto, poi abbiamo fatto una passeggiata per la via principale dove si trovano ancora delle belle case storiche e scattato alcune fotografie. Riprendiamo il nostro andare entrando nell’autostrada I-93N che seguiamo fino a Boston (già visitata in un precedente viaggio) rimanendo all’esterno guardando scorrere gli alti grattacieli che la caratterizzano e trovandoci in mezzo ad un traffico molto sostenuto con Giovanni attento ai numerosi svincoli (è veramente molto bravo a cavarsela). Proseguiamo sulla US-1N che poi diventa I-95N e ci concediamo una sosta presso un’area riservata dove, seduti a un tavolo sotto l’ombra degli alberi, ci rifocilliamo con la pizza avanzata ieri sera e snack acquistati in precedenza. Il nostro andare su questa autostrada a 4+4 corsie procede abbastanza spedito mentre, nell’altra direzione di marcia verso Boston, ci sono colonne di macchine quasi ferme che ho stimato raggiungere i venti chilometri; alle ore 15,45 attraversiamo il confine con lo stato del New Hampshire. Superiamo Hampton, Portsmouth e poco dopo entriamo nel Maine; alle ore 16,40 siamo a York presso il Best Western (€ 181) dove ci fermeremo per due notti. Prendiamo possesso della nostra camera, eccellente sotto tutti i punti di vista, dove ci riposiamo fino alle ore 18,30 quando usciamo per andare a cena presso il Robert’s Maine Grill: un ottimo piatto di calamari fritti per me e una di frittura mista con patatine per Giovanni. Parlando con la signora della reception apprendiamo che nei giorni scorsi l’hotel non aveva una stanza disponibile, che oggi c’è un po’ di calma ma si sta aspettando il mese di giugno per ripartire alla grande con il turismo da spiaggia.
Martedì 29 York Beach-Wells-Old Orchard Beach-Gorham-York (km. 200)
Dopo una gustosa colazione, alle ore 10,10 con un bel sole e una temperatura di 20° siamo pronti a partire alla scoperta della costa sud del Maine (la parte orientale e centrale quasi fino a Portland l’avevamo già vista durante il viaggio in Canadà nel 2013); prima tappa la spiaggia di York dove sostiamo circa quaranta minuti per una breve passeggiata sulla sabbia e per scattare alcune foto del litorale e delle belle case che si trovano lungo la strada dove abbiamo parcheggiato. Proseguiamo verso il faro “Nubble” entrato in servizio nel 1879, ancora funzionante, posto su un’isoletta rocciosa e ripida inaccessibile al grande pubblico; anche qui ampie scogliere e vista mozzafiato sull’oceano e costruzioni sulle rive opposte che ci fermiamo a fotografare. Continuiamo sulla US-1N fino a Wells dove arriviamo alle ore 12,15 con la temperatura che si è un po’ alzata fino ai 24° e ne percorriamo tutto il lungomare con una breve sosta per immortalare alcune belle case. Da qui prendiamo la strada 9E per arrivare alla graziosa cittadina di Old Orchard Beach: parcheggiamo poi, a piedi, raggiungiamo la spiaggia (fa già molto caldo con 30°) dove mi diverto a camminare e fotografare la sabbia e le onde; facciamo anche un giro del piccolo centro affollato di turisti e, alle ore 14,35 lasciamo la costa e ci dirigiamo verso la parte centrale del Maine avviandoci sulla ME-114N. Arriviamo fino a Gorham con l’intenzione di ritornare a York percorrendo strade interne ma ci accorgiamo che sono molto trafficate e rallentate da parecchi semafori nei piccoli centri così scegliamo l’autostrada a pagamento I-95S, molto più veloce: arriviamo in hotel alle ore 16,30. Dopo un paio d’ore di riposo e aver scelto il locale per la cena, ci dirigiamo verso il Fisherman’s Dock distante circa tre chilometri: Giovanni sceglie un piatto di pasta gratinata pasticciata con formaggio e grossi pezzi di polpa di aragosta, io mi gusto una porzione abbondante di scampi e patatine fritte. Abbiamo parlato con le signore che gestiscono il ristorante e abbiamo appreso che i loro nonni provenivano dalla Toscana. Ottima conclusione di una giornata bellissima trascorsa a contatto con l’oceano: abbiamo esplorato tutta la costa, osservato lussuose case private, resort, motel, hotel e residenze con giardinieri al lavoro per sistemare fiori e piante e addetti alla manutenzione che stanno ultimando i preparativi per la stagione estiva che inizia nel mese di giugno. Zona bella, ordinata, pulita che fa pensare ci sia anche una relativa ricchezza.
Mercoledì 30 York (ME) – Concord (NH) – Woodstock – North Conway (NH) (km. 320)
Più tardi, sfogliando la preziosa guida del New England, mi sono accorta che qui vicino verso nord a una distanza di sette chilometri si trova la località di Ogunquit con una spiaggia di sabbia bianca finissima che si estende per 5 km; chiedo a Giovanni se possiamo andare lì per un ultimo saluto all’oceano e lui mi accontenta. Partiamo alle ore 9,40 con un cielo un po’ velato, una temperatura di 21° e dopo venti minuti siamo arrivati sul posto; parcheggiata la macchina, siamo scesi sulla spiaggia che si allunga all’infinito in ogni direzione; faccio una passeggiata di venti minuti attrezzata con le mie comode scarpe da ginnastica e mi sento molto felice! Scattate alcune foto, riprendiamo seguendo la US-1S, la I-95S e alle ore 11,00 attraversiamo il confine con il New Hampshire; abbandoniamo l’autostrada e ci immettiamo sulla NH-101W, oltrepassiamo Exeter e, prima di Manchester che lasciamo sulla sinistra, entriamo nella I-93N il cui tragitto passa in mezzo ai boschi fino ad arrivare alla città di Concord. E’ la capitale dello Stato con 42.400 abitanti, pulita e ordinata con un’ampia Main Street dominata dall’imponente State House, un edificio ottocentesco in granito sormontato da una cupola dorata (come quasi tutte le costruzioni simili degli USA). La pietra preferita nello “Stato del granito” viene estratta dalle cave ancora in attività subito a nord della città. Ci fermiamo una mezz’oretta per una breve visita, per fotografare i luoghi più caratteristici e riprendere quindi il viaggio verso nord fino a Lincoln (circa 100 km) seguendo sempre l’autostrada I-93N dove la velocità massima consentita è di 70/km. Da qui parte la Kangamagus Hwy (NH 112), una strada tortuosa e panoramica di sessanta chilometri molto magnificata, che attraversa la White Mountain National Forest e supera il Kangamagus Pass (874 m); lungo il suo percorso si diramano sentieri escursionistici di varia difficoltà e campeggi. Non ci sono paesi, non c’è traccia di strutture commerciali, non ci sono stazioni di servizio (viaggiatori avvisati all’inizio del percorso). Abbiamo fatto una breve sosta a metà strada nei pressi di un torrente impetuoso che ho fotografato; con Giovanni, alla fine, abbiamo commentato che il percorso è interessante ma ne abbiamo visto di migliori durante i nostri precedenti viaggi. Superata la cittadina di Conway prendiamo la NH-16N e, dopo una decina di chilometri, arriviamo a North Conway presso il Green Granite Inn (€ 77) una caratteristica struttura con una vasta hall scenografica (caminetto, poltrone, divani e una vera auto d’epoca), belle stanze ampie (la nostra con patio) con uscita su un prato ben curato e ombreggiato da alberi. Ci sono due piscine, una coperta con idromassaggio e una all’aperto, un parco e una sala giochi, un negozio di souvenir, una palestra. Per la cena abbiamo scelto il Jonathon’s Seafood: Giovanni ordina un “lobster roll” (grande panino con polpa di aragosta) mentre io chiedo un “crab cake” (panino rotondo con un hamburger di polpa di granchio) con contorno di anelli di cipolla fritti; per concludere in bellezza Giovanni si gusta un dolce ai mirtilli. Una giornata molto appagante sotto tutti gli aspetti.
Giovedì 31 North Conway – Lancaster – Montpelier (VT) – Burlington – St.Albans (VT) (km. 305)
Partiamo alle ore 10,10 con un bel sole, una temperatura di 25° e la curiosità di vedere un’altra porzione di questo Stato e del Vermont. Seguiamo la NH-16N che si snoda su un percorso tortuoso lasciando scorgere in lontananza il monte Washington ancora innevato che, con i suoi soli 1917 m, è comunque il più alto di tutto il New Hampshire; è famoso e frequentato il piccolo treno a vapore costruito nel 1869 che, con i suoi quasi sei km di rotaie e affrontando una pendenza massima del 37% porta in cima al monte da cui si possono godere 240 miglia di vista mozzafiato sull’intera regione. Peccato non avere tempo per fermarci. Dalla strada che stiamo percorrendo si dipartono numerosi “trail” che si inoltrano nei boschi: sono ben segnalati e attrezzati per il camping; all’inizio dei sentieri ci sono delle cassette nella quali il turista che si addentra deposita una busta con i suoi dati anagrafici ed eventualmente la targa dell’auto che ha parcheggiato così, in caso di necessità, è facilmente rintracciabile. Parecchi cartelli invitano a stare all’erta per la presenza di alci ma noi non ne abbiamo visto neanche uno. Percorsi così 85 km in mezzo ai boschi, arriviamo a Gorham e qui seguiamo la US-2W, facciamo una sosta nella piccola cittadina di Jefferson (fotografo una chiesa e un B&B) poi proseguiamo per Lancaster che segna anche il confine con il Vermont (sono le ore 11,50 e la temperatura supera i 27°). La strada che stiamo percorrendo è ondulata, tranquilla con poco traffico e offre viste piacevoli sui pascoli e piccole fattorie; superiamo i paesi di St.Johnsbury, Danville e Marshfield ma, nei pressi di Montpelier, l’asfalto diventa irregolare con parecchie buche che ci fanno sobbalzare e che richiedono a Giovanni la massima attenzione e prudenza.
Arriviamo nel centro della città (conta solo 7.860 abitanti ed è la capitale di stato più piccola degli Stati Uniti e, altra curiosità, è l’unica senza un McDonald’s), parcheggiamo la macchina e ci avviamo a piedi per vedere il Campidoglio (costruito con il granito estratto nella vicina Barre e solita cupola dorata) e fare una passeggiata sulla via principale. Fa molto caldo, notiamo molti accattoni (mai visti prima in tutto il viaggio), le vie sporche e mal tenute non degne di una capitale; ci fermiamo presso una gelateria (la gerente ci informa che le macchine sono acquistate a Bologna) e ci rinfreschiamo con un buon gelato. Trascorre così un‘oretta ma, alle 14,40 si alza un forte vento che preannuncia burrasca e noi siamo veloci a ripartire non senza aver scattato parecchie foto. Prendiamo l’autostrada I-89N e, dopo aver lasciato a lato la città di Burlington (già vista all’andata), arriviamo a St.Albans dopo aver percorso altri 100 km. Sono le ore 16,10 quando entriamo all’hotel La Quinta Inn & Suites (€ 115), un buonissimo albergo.
Venerdì 01/06 St.Albans (VT)-Newport (VT)-Drummondville (CAN) (km. 250)
Prepariamo le valigie per questa nostra ultima giornata sul territorio degli Stati Uniti (e con un po’ di rimpianto perché penso che sarà veramente la mia ultima volta!). Il cielo è nuvoloso e la temperatura di 25° quando, alle ore 10,15 ci immettiamo sulla VT-105E e finalmente attraversiamo pianure coltivate con fattorie e pascoli ondulati con mucche e cavalli; ci fermiamo a Enosburg per fare benzina e ne approfittiamo per acquistare del cibo che consumeremo più tardi (noto che in questo posto di ristoro si può scegliere fra tredici diversi tipi di caffè dagli aromi più strani che non avevo mai visto in nessun altro luogo). Arriva anche la pioggia e la temperatura si abbassa a 20° quando deviamo sulla VT-100E percorrendo alcuni chilometri per rientrare sulla VT-105E e collegarci poi con l’autostrada I-91N dopo aver attraversato la città di Newport e il lungo ponte che supera le acque di un grande lago che si estende verso nord. Alle ore 12,45 dopo aver percorso 115 km, siamo alla frontiera con il Canada dove entriamo senza problemi (in questo momento ci siamo solo noi) mostrando il passaporto e fornendo il recapito dell’hotel prenotato per la notte. Proseguiamo sull’Autoroute 55N, anche qui numerosi cartelli invitano alla prudenza (velocità minima e massima 60/100 km) per la presenza di cervi e alci (ne vediamo due morti ai bordi della strada) e osservo che gran parte delle località che attraversiamo portano i nomi di Santi. Per fortuna non piove più, il traffico è quasi nullo e la temperatura si è alzata fino ai 26°, lasciamo da parte il grosso centro di Sherbrooke, le cittadine di Windsor, Richmond e arriviamo a Drummondville (città di quasi 80.000 abitanti nella regione del Quebec) presso l’Hotel Quality Suites (€ 100) un’insolita elegante costruzione che ricorda un castello. Alle ore 15 prendiamo possesso della nostra suite posta al 4° piano costituita da due camere separate ognuna con la sua scrivania, una cucinetta attrezzata per fare il caffè con tazze e bicchieri in porcellana, posateria di acciaio, un telefono fisso e un cordless, numerose prese elettriche e accessori in bagno di marca; ci sembra di sognare così ci ritiriamo ciascuno nel proprio spazio per dedicarci alle nostre attività (per me lettura, cruciverba, redazione del diario, riposo). Giovanni si incarica, come al solito, di trovare un locale per la cena e stasera la scelta cade sul Restaurant Mikes che offre un menù vario e appetitoso: per Giovanni una pizza media con salamino piccante, per me filetti di merluzzo impanati con insalata mista e, per finire, dolce al formaggio e gelato; ottimo come ultima serata in terra Canadese!
Sabato 02 Drummondville – Montreal (km. 150)
Oggi abbiamo davanti una lunga giornata (il nostro volo parte alle ore 20,30) così ce la prendiamo comoda per preparare i bagagli (avevamo chiesto di rimanere fino alle ore 13,00 e ci era stato concesso) ma Giovanni, preoccupato di arrivare in tempo utile, preferisce anticipare e lasciamo l’hotel alle ore 11 con un bel sole ma una temperatura di 18°. Decidiamo quindi di proseguire subito per Montreal che abbiamo deciso di visitare essendo particolarmente interessati alla parte vecchia del porto che non eravamo riusciti a raggiungere durante il nostro viaggio in Canada del 2013. Sono le ore 12,00 quando prendiamo l’Autoroute 20Ovest, una bella autostrada che passa attraverso larghe distese di campi coltivati, fattorie, enormi silos e allevamenti di bestiame; lasciamo ai lati diverse cittadine (rilevo ancora che portano tutte il nome di sante o santi), facciamo una breve sosta presso un distributore per fare benzina e acquistare dei sandwich. Dopo altri chilometri ci fermiamo in un’area attrezzata per mangiare quanto acquistato poi tiriamo dritto fino ai dintorni di Montreal; impostiamo il navigatore per arrivare alla “città vecchia” ma, poco a poco, si formano delle code su tutte le corsie e, nei pressi dell’uscita che dobbiamo seguire, le auto sono quasi ferme e avanzano molto lentamente. Restiamo così per una ventina di minuti quando decidiamo di provare strade alternative visto che nelle altre carreggiate si corre liberamente: dopo altri giri, attraversata la città, arriviamo finalmente alla nostra meta e riusciamo a parcheggiare. Sono le ore 14,50 e, con un sole che scotta, iniziamo a piedi il nostro giro: saliamo una lunga scalinata che ci porta ai “giardini di marzo”, vediamo il municipio (nella cui area stanno allestendo le scenografie, luci e altoparlanti per un concerto serale), attraversiamo la piazza Jacques-Cartier colorata, affollata da turisti che si fermano presso le numerose bancarelle e su tutto, domina la statua dedicata al celebre ammiraglio Orazio Nelson. Da qui si va in discesa fino ad arrivare nella zona del porto vecchio: subito colpisce un’enorme ruota panoramica, vediamo parecchi chioschi ciascuno con i propri menù particolari, un parco giochi, una corsia riservata alle bici e una pedonale con tante persone che vanno e vengono. Noi ne percorriamo un buon tratto ammirando e fotografando gli yacht ancorati (Giovanni ha catturato l’immagine di uno con la bandiera di Hugo Boss) poi risaliamo e camminiamo lungo la via più vecchia di Montreal (Saint-Paul) dove si trovano parecchie gallerie d’arte, boutique, ristoranti e caffè il tutto ravvivato da vasi con fiori dai bei colori. Alla fine della strada si innalza la cupola argentata di una massiccia costruzione che pensavo fosse un palazzo governativo: si tratta invece del “Marché Bonsecours” che dal 1878 funziona da mercato dove si vendono souvenir e prodotti dell’artigianato locale.
Dopo aver scattato parecchie foto dei posti più interessanti, stanchi e accaldati, alle ore 16,00 ci rimettiamo in auto per raggiungere l’aeroporto che, secondo l’indicazione del navigatore, dovrebbe distare una ventina di chilometri. Ma qui inizia una lunga odissea: come ho già detto all’inizio del diario, Montreal è una città completamente sconvolta dai lavori stradali perciò deviazioni, interruzioni, blocchi del traffico e semafori ne complicano il transito (il navigatore fa quello che può ma alle volte, seguendolo, finiamo in strade chiuse). Chiediamo indicazioni anche a un agente che non sa dirci nulla di preciso, ci troviamo a percorrere più volte le stesse strade (arriviamo dentro all’area privata del casinò), cominciamo a preoccuparci e Giovanni a innervosirsi ma non ci resta che metterci in fila con centinaia di altre auto che stanno affrontando le nostre stesse difficoltà. Finalmente, superati gli snodi più intasati, abbiamo strada libera verso l’aeroporto che raggiungiamo alle ore 17,40 (per percorrere venti chilometri abbiamo impiegato un’ora e quaranta minuti!); consegnata l’auto all’Avis, entriamo nella zona check-in dove procediamo all’autenticazione dei passaporti, richiesta e stampa dei biglietti di volo e delle etichette per i bagagli che depositiamo poco dopo. Concluse queste procedure, ci avviciniamo ai controlli doganali (sempre seguendo un percorso obbligato in una lunga fila ordinata); quando passo per il metal detector, suona il bip così una funzionaria mi passa un rilevatore sulle mani in cerca di droghe! Mi viene quasi da ridere ma va tutto bene e posso proseguire senza altri problemi. Giornata intensa, avventurosa, faticosa non priva di imprevisti a conclusione di un viaggio interessante e unico come tutti quelli precedenti.