Perù, un viaggio da sogno
Il Perù è un viaggio che tutti abbiamo sognato, almeno una volta nella vita, guardando le foto del Machu Picchu sul libro di storia. Per quanto mi riguarda è stato un viaggio che ho fortemente desiderato per un lungo periodo della mia vita, ma che poi ho messo da parte. Oggi però, beh, oggi si parte!
Il gruppo parte da Milano e Roma, su whatsapp iniziano ad arrivare le prime foto, siamo tutti così sorridenti e curiosi per il viaggio che ci aspetta.
Dopo un breve volo arriviamo a Madrid, finalmente siamo al completo!
Per alcuni questo viaggio rappresenta il primo vero viaggio intercontinentale, l’emozione è quindi ancora maggiore. Si prova faticosamente ad associare i nomi alle facce, cosa non semplice, essendo un gruppo di 18 persone, ma resa comunque più facile dalla presenza di ben 3 Laura nel gruppo.
A mezzanotte e trentacinque, con 30 minuti di ritardo, parte il nostro volo, dodici ore di viaggio trascorse tra film, torcicollo e gambe addormentate. Io, a detta di Michele, il nostro compagno di viaggio genovese, sono crollata in fase di rullaggio!
LIMA
All’arrivo in aeroporto ritiriamo i bagagli che arrivano puntuali uno dopo l’altro e ci dirigiamo all’uscita. A bordo di un pulmino ci dirigiamo verso il centro della città che ci accoglie avvolta in un cielo grigio che non ci lascerà per tutto il resto della giornata.
Nonostante siano appena le 7 di un sabato mattina la città è già brulicante: oggi è un giorno speciale, di quelli che passano alla storia e che i bambini racconteranno ai propri figli. Oggi, dopo 36 anni, il Perù gioca la sua prima partita ai Mondiali di calcio. Bandiere bianche e rosse sventolano dalle macchine che intasano le strade e invadono Plaza de Armas dove per l’occasione è stato allestito un maxischermo. Siamo emozionati all’idea di poter assistere a questo evento fortemente sentito da tutti i peruviani. Decidiamo di organizzare la giornata in funzione della partita, vogliamo vivere e condividere la gioia di un intero popolo. Passiamo velocemente in hotel, colazione veloce in centro e poi diritti in plaza de Armas.
Arriva il momento degli inni, anziani intorno a noi cantano e piangono contagiando sia me che Laura N a tal punto che facciamo fatica a trattenere le lacrime. Forse non si può capire quanto una cosa così insignificante come il calcio possa in realtà dire così tanto per un Paese come il Perù. Un Paese che, nonostante la crisi economica e le calamità naturali, trova sempre la forza di ricominciare e che questa volta ha finalmente l’occasione di mostrarlo al mondo intero “Ehi, ci siamo anche noi!”.
Durante la partita visitiamo il monastero di San Francesco e le catacombe, anche qui, però, non poteva mancare la tv accesa sulla partita che, purtroppo, non si è conclusa positivamente per la “nostra” squadra. Nella città prima così rumorosa, cala un silenzio assordante che però dura poco: la voglia di far festa dei peruviani è più forte della tristezza e quindi ecco che iniziano parate in piazza e concerti improvvisati. Dal centro ci spostiamo verso il Museo Nazionale di Antropologia e Storia del Perù dove ci raggiunge di corsa Monica, la nostra guida. La visita al museo è davvero interessante, ci permette di iniziare a conoscere la storia della civiltà peruviana che poi avremo modo di approfondire nel resto del viaggio. Dal museo ci spostiamo al Barranco, il quartiere degli artisti di Lima, una matassa di stradine colorate da graffiti ed artisti di strada che ci rallegra il cuore prima di rimetterci in viaggio verso Paracas.
PARACAS, HUACACHINA E NAZCA
Ci svegliamo super puntuali, alle 8 meno 10 carichiamo i bagagli sul pulmino e ci dirigiamo verso l’imbarcadero dove alle 8.30 iniziamo la nostra navigazione verso le isole Ballestas. Il cielo è grigio, ancora una volta, ma l’oceano per fortuna è calmo. Arriviamo alle isole guaneras dopo esser passati davanti al candelabro, soltanto una delle tante linee che vedremo in questa lunga giornata.
Sulle isole avvistiamo diversi leoni marini, pinguini di Humboldt, oltre che migliaia di uccelli, ai quali le isole devono appunto il nome di guaneras. Il guano prodotto su queste isole, infatti, è stato per molto tempo la prima fonte di guadagno per l’economia peruviana, tanto da causare la nota guerra del guano tra Perù e le forze alleate di Bolivia e Cile.
Dopo un’ora e mezza di navigazione rientriamo all’imbarcadero e dopo una breve pausa ed un piccolo spuntino partiamo con il pulmino verso Ica. Arriviamo nell’oasi di Huacachina, immersa nel maestoso deserto di Nazca. Facciamo un giro in dune buggies oltre che qualche discesa in sandboard. Il deserto è bellissimo ma la risalita delle dune a piedi è durissima, dopo qualche discesa ci fermiamo e ci sediamo ad ammirare in silenzio le bellissime dune che ci circondano. È incredibile come nel giro di pochi chilometri il paesaggio sia cambiato radicalmente.
Nel pomeriggio ci spostiamo a Nazca. Percorriamo la vecchia Panamericana passando tra splendidi paesaggi lunari. Arriviamo in prossimità di una galleria scavata nel basalto, lunga e stretta, senza luce, una signora all’entrata tiene pulita la strada e gestisce il traffico. Passando il nostro autista apre il finestrino la ringrazia e le lancia una moneta.
All’uscita della galleria ci accoglie un bellissimo canyon dove non possiamo fare a meno di fermarci per scattare qualche foto.
Arriviamo a Nazca alle 15.40, giusto in tempo per l’ultimo volo previsto per le 16. Ci imbarchiamo nei cusna in 4 persone, dopo un breve briefing con i piloti, indossiamo le cuffie ed iniziamo il volo. Vedere le linee è un’emozione, unica anche se alcuni faticano a trovarle, Flavio, nonostante le indicazioni dei piloti e il foglio con la traccia del volo, ne vedrà solo due; successivamente ci confesserà che, vista la difficoltà incontrata nel vedere le linee, ha trascorso buona parte del volo chiedendosi se i piloti del nostro aereo fossero felici di farlo o fossero frustrati.
Il volo dura circa una mezz’ora, poi facciamo rientro verso l’aeroporto, l’ultima parte del volo è bellissima: le montagne del deserto iniziano a colorarsi di rosso, creando un’atmosfera ancora più magica (da notare che questa è stata ovviamente la mia visione romantica del volo, altri passeggeri sono stati male, per cui per loro sarà stato ovviamente tutto meno bucolico!).
Finalmente dopo una giornata lunghissima ma bellissima arriviamo in hotel, lasciamo i bagagli ed usciamo per un aperitivo a base di pisco, prima di cena.
Ceniamo in un ristorante locale, viste le ottime recensioni della cheviche, decidiamo di provarla ma ci scopriamo, molto mestamente, non amanti del pesce crudo.
Il post cena lo trascorriamo in uno dei peggiori bar di Nazca, un locale con karaoke dove non possiamo fare a meno di deliziare i peruviani con le migliori canzoni del repertorio italiano partendo da Cristina D’Avena.
NAZCA-AREQUIPA NO STOP
Oggi ci aspetta un’intera giornata in compagnia del nostro più fedele amico, il fantastico pulmino. Ben 12 ore di trasferimento da Nazca ad Arequipa.
Il gruppo, inizialmente addormentato, comincia a svegliarsi si leggono libri e si cantano canzoni. Giorgio viene prescelto come nostro dj, Cremonini inizia ad imporsi sul resto dei cantanti anche se deve giocarsela con Ligabue, Jovanotti e il mitico Tizianone Ferro. Sì, in viaggio un po’ di ignoranza musicale è concessa.
Pranziamo in un localino lungo la strada con vista sulle risaie. Ci riposiamo un’oretta, giusto il tempo di mangiare, scattare foto alle risaie, e comprare un po’ di frutta al mercato, dove Laura N. non può fare a meno di insegnare alle signore come fare il frullato di papaya senza acqua.
Arriviamo ad Arequipa alle 19.30 stremati dal viaggio. L’hotel è uno dei più belli di tutto il viaggio, una bellissima casa coloniale con una fantastica Corte interna. Ceniamo all’Are quepay in un ristorante tipico dove alcuni di noi provano la carne di cuy, il porcellino d’India, e l’Alpaca.
Il Gruppo è sempre più unito, scopriamo che la coppia di sposini, Serena e Federico, è in viaggio di nozze ed il 26 GIUGNO festeggeranno con noi il loro primo mese di matrimonio.
AREQUIPA
Dedichiamo l’intera giornata alla visita della città.
Iniziamo ad esplorarla dal Mirador Yanahuara, dove arriviamo dopo una passeggiata di circa 15 minuti. Da lì ammiriamo l’imponente vulcano El Misti e godiamo di una meravigliosa vista della città resa ancora più bella dal cielo infinitamente azzurro che, dicono, caratterizzi tutte le giornate ad Arequipa.
Restiamo un po’ lì a goderci la vista, qualcuno cerca di sopperire al caldo mangiando un gustoso queso helado. Poi ci spostiamo verso il centro della città, arriviamo in Plaza de armas, dove Flavio ci legge la guida parlandoci della città, della cattedrale, della statua dal nome buffo presente al centro della piazza. Sfortunatamente non riusciamo a visitare la cattedrale che risulta chiusa ai visitatori per manutenzione.
Andiamo quindi verso il mercato principale per poter pranzare. I miei occhi si illuminano quando trovo un banco con dei fantastici tamal che mi sollecitano le papille gustative soltanto alla vista, ricordandomi quelli che avevo mangiato in Cile. Mi avvicino alla signora del banco e ne prendo uno, cercando di non fare caso alle condizioni igieniche non proprio affini a quelle italiane, lo mangio e le mie papille ringraziano, con il mio “no, ragazzi, sto avendo un orgasmo culinario” convinco anche altri miei compagni di viaggio a provarli. Effettivamente resterà una delle cose più buone che abbia mangiato in Perù.
Nel pomeriggio visitiamo il museo andino, dove è conservata la mummia di Juanita, una bambina sacrificata dagli inka sul Vulcano Sabancaya. Il museo non è niente di esaltante, all’inizio ci viene mostrato un video della National Geographic (finanziatrice del recupero della mummia) in cui viene spiegato come sia stata ritrovata e recuperata Juanita e tutti gli studi che sono stati condotti sul suo corpo. Il resto del museo è formato da teche nelle quali sono contenuti oggetti ritrovati in diverse sepolture, oltre che, ovviamente, la mummia di Juanita nella classica posizione fetale in cui venivano sepolti i morti in epoca inca.
Il resto della giornata lo dedichiamo alla visita del Monastero di Santa Catalina, una vera e propria città nella città, probabilmente il monumento più bello che abbiamo visto durante tutto il viaggio. La nostra guida ci parla dello stile di vita che si conduceva nel monastero. Le ragazze, la maggior parte di famiglia nobile, vivevano in compagnia della propria serva, cucendo di giorno e facendo festini di notte. Nel monastero era presente anche una piscina e le ragazze benestanti alloggiavano in una vera e propria suite (ovviamente secondo gli standard dell’epoca), all’ascolto di queste parole Isa ha una improvvisa vocazione, trascorrerà il resto della visita dicendo “io resto qui, ci rivediamo in Italia”.
Dopo la visita recuperiamo i bagagli in hotel e ci dirigiamo in bus verso Chivay dove arriviamo alle 21.
Il mercato per i turisti è ormai chiuso ed ha lasciato spazio a tanti banchetti dove le persone del posto cenano insieme. Questa è una delle cose più belle del Perù, il condividere tutto, fosse anche una semplice cena, con le persone della comunità. Di banchi del genere ne troveremo tanti durante il nostro viaggio e la sensazione è sempre quella che più le persone sono povere e non hanno niente da condividere più si aiutano l’un l’altro. Una cosa che noi europei abbiamo perso probabilmente tanto tempo fa.
CANYON DEL COLCA
La giornata inizia con un ritardo di 20 minuti sulla tabella di marcia. Alle 7.20 lasciamo l’hotel, inseguiti dal proprietario che mi informa della mancanza della chiave della camera di Simona e Michela.
Simona mi rassicura dicendo che la chiave si trova in camera così partiamo in direzione Canyon Del colca e Cruz del condor. All’ingresso del canyon veniamo fermati dalla polizia che ci tiene bloccati per almeno mezz’ora facendo una sorta di ammonizione al nostro autista perché sta accompagnando il gruppo al canyon senza guida locale, a quanto pare obbligatoria per legge (cosa a me ignota). Finalmente dopo tanti fogli compilati ci lasciano andare, dopo pochi minuti, Simona mi guarda e mi dice “Ele, le chiavi della camera le ho io!”. Fortunatamente dovevamo tornare verso Chivay per andare alla Zip Line per cui scrivo all’hotel per rassicurare il proprietario e ne approfitto per chiamare l’hotel di Cusco che mi ha minacciata di cancellare la prenotazione nel caso in cui non paghi anticipatamente la prima notte. Dopo lunghi minuti al telefono convinco la proprietaria dell’hotel a non annullare la prenotazione e metto giù il telefono pensando di poter tirare, finalmente, un sospiro di sollievo. Illusa! Andrea, il nostro cassiere, che è seduto davanti a me, si gira e mi dice: “Abbiamo un problema!”, lo guardo, spalanco gli occhi ed esclamo “Un altro?”. In effetti non era proprio un problema da poco: aveva dimenticato il libro di cassa in camera. Dopo aver sistemato anche questo mi rilasso un attimo e siamo “già” giunti alla cruz del Condor, sono le 9 meno 5, siamo giusto in tempo per assistere al volo che inizia, inspiegabilmente, ogni giorno alle 9 (Alcuni dicono che i condor vengano attirati con della carne che viene lasciata in zone strategiche del canyon ma io di questo non ne ho ovviamente la certezza).
Osserviamo i voli degli uccelli ed il meraviglioso canyon, scattiamo qualche foto e poi ci dirigiamo nuovamente verso Chivay dove ci aspettano i ragazzi della zip line.
La discesa in zip Line si rivela strepitosa, un fantastico modo per scaricare l’adrenalina di una giornata alquanto movimentata.
È stato come uscire dalla nostra comfort zone (frase che ripeteremo più volte durante questo viaggio e che diventerà un vero e proprio leitmotiv). La paura iniziale ha lasciato spazio alla gioia e all’emozione ogni volta che si saliva di quota e si aumentava di velocità. Alla fine, i più temerari del gruppo, hanno addirittura deciso di fare l’ultima zip a testa in giù, la cosiddetta posizione del ragno.
Prenotiamo dei panini da asporto tramite i ragazzi della zip Line. Quando passiamo a ritirarli ci accorgiamo che in piazza è pieno di persone vestite con l’abbigliamento tradizionale che sfilano. Ci dicono che si tratti della celebrazione per il 300° anno della fondazione della provincia di Chivay. Sono arrivati nel paese tutti i rappresentanti dei paesi vicini. Io e Lorenzo, che siamo andati a prendere i panini, ci fermiamo fuori dal locale a osservare la sfilata quando improvvisamente si avvicinano due ragazzine, chiedendoci se potessero farsi una foto con noi! Restiamo un po’ basiti e imbarazzati ma accettiamo volentieri chiedendo di fare la stessa cosa con il nostro cellulare. Quando capiscono che vogliamo una foto con loro si avvicinano altri 10 ragazzi tutti felicissimi di apparire nella nostra foto!
Ritirati i panini ci avviamo a bordo del nostro fedele ronzinante verso Puno.
La strada è lunga e deserta, qualcuno scatta foto ai Lama che pascolano, altri dormono, altri ancora guardano il panorama pensando a ciò che rappresenta per loro questo viaggio: l’inizio di una nuova vita, il cambiamento che aspettavano da tempo.
LAGO TITICACA, UROS, AMANTANI
La mattina puntualissimi lasciamo i bagagli grandi nel deposito dell’hotel e partiamo col nostro zainetto per una delle esperienze più attese di tutto il viaggio: la visita delle isole del Lago Titicaca e la notte da trascorrere con le famiglie del posto.
Saliamo sulla barca, la giornata è bellissima e c’è un cielo blu stupendo. Dopo pochi minuti di navigazione all’interno della riserva arriviamo sulle Isole Uros, le isole galleggianti. Si tratta di un arcipelago artificiale di oltre 90 isole create a partire dalla pianta di Totora. Il processo per la creazione delle isole inizia in primavera, quando la pianta di totora inizia a galleggiare naturalmente. Si crea una piattaforma sulla quale si impilano una serie di strati vegetali per poter compattare i quali gli abitanti di Uros organizzano delle vere e proprie partite di calcio, quando si dice “unire l’utile al dilettevole”.
Nelle isole si parlano il Quechua e l’aymara oltre che il castigliano. Veniamo accolti dalle donne dell’isola con un “Camisa rachi?” (come stai?) Al quale rispondiamo prontamente “Wualiki!” (sto bene!) Anche se in realtà più di qualcuno, per via dell’altitudine, non sta troppo bene; tuttavia, la nostra guida Florentino non ha saputo dirci come dare una risposta negativa.
Qui scopriamo che il Passatempo preferito per i giovani innamorati è allontanarsi nel Lago a bordo della tipica imbarcazione di Totora denominata per l’occasione anche “taxi romantico”! Del resto, se si pensa che l’isola più grande non supera i 50m di lunghezza non sorprende di certo la ricerca di un po’ di privacy.
Sull’isola ogni famiglia vende dei prodotti di artigianato, decidiamo di comprare un piccolo pensierino per la nostra coppia di sposini, per festeggiare il loro primo mesiversario, una sorta di acchiappasogni che simboleggia il matrimonio.
Da Uros, dopo 3 ore di navigazione, raggiungiamo Amantani dove veniamo accolti dalle famiglie che ci ospiteranno. Ci dividiamo in gruppi di 4 e raggiungiamo le nostre dimore. Da subito ci sorprende l’essenzialità delle case, pochissimi mobili e suppellettili “le case servono soltanto per dormire!” ci dicono, il bagno, ovviamente, è fuori e non ha né doccia né acqua calda. Il water si scarica versandoci acqua piovana raccolta in una tinozza, sotto il letto nelle nostre camere troviamo il vasino da notte. È tutto così essenziale. Vilma, la mamma della famiglia che ci ospita, ci ha preparato un delizioso pasto a base di zuppa di quinoa, formaggio alla piastra e patate, anche i più scettici lo mangiano con gusto. Dopo pranzo qualcuno ne approfitta per riposare, altri fanno un giro lungo la spiaggia, io resto nel cortile della casa ad aiutare Vilma a sgusciare le fave.
Poco prima del tramonto saliamo sul Pacha Tata e sulla Pacha Mama, i due monti che sorvegliano l’isola, aspettiamo la discesa del sole, il cielo comincia a colorarsi di rosso ed arancione, sempre più intensamente, la luce riflessa sulla montagna crea un’atmosfera così calda, il sole brilla sulle acque increspate del lago, intanto un vento sempre più freddo, ci accarezza i capelli.
Al rientro più di qualcuno inizia ad accusare il mal di montagna con mal di testa e nausea che passano con qualche pozione a base di muña, coca ed altre erbe segrete che ci vengono offerte dai nostri ospitanti.
TAQUILE
Mi sveglio all’alba, scosto le tende della finestra e vedo un cielo infuocato riflettersi sul lago, uno spettacolo ancora più bello del tramonto visto la sera prima. Urlo “Isa, svegliati guarda l’alba”. Isa sobbalza sul letto, corre verso la finestra e rimane a guardare sorridente quella meraviglia. Non riuscendo più a prender sonno per via dell’emozione decido di uscire in pigiama ed andare in spiaggia a scattare qualche foto, sul lago i primi pescatori si allontanano con le barche, intorno l’isola inizia a svegliarsi piano, piano.
Dopo la colazione ci dirigiamo verso il porto dove salutiamo le famiglie che ci hanno ospitati e ci spostiamo in barca verso Taquile.
Taquile è un’isola davvero speciale, è costituita da 6 comunidad, ognuna delle quali ha a capo l’autoridad che viene scelta ogni anno nel mese di novembre tra tutte le coppie sposate. L’autoridad è infatti costituita da un uomo ed una donna in quanto si pensa che l’uomo da solo non abbia le capacità per poter gestire la comunidad autonomamente. Ogni comunità si autosostiene, tutti i prodotti agricoli che vengono coltivati sull’isola sono ad uso esclusivo degli abitanti, non si commercia nulla con l’esterno tranne i lavori di artigianato, per la vendita dei quali è stata costituita una cooperativa della quale fanno parte tutte le famiglie dell’isola. Ciascun prodotto venduto nel negozio viene etichettato con un numero che rappresenta la famiglia che lo ha realizzato. Ogni domenica, dopo la chiusura del negozio, si fa una riunione durante la quale vengono elencati i lavori venduti. Per ogni prodotto venduto la famiglia che lo ha confezionato riceve il 90% del ricavato, il restante 10% viene equamente diviso tra le altre famiglie appartenenti alla cooperativa. Non c’è da meravigliarsi, inoltre, se passeggiando lungo le vie del paese, si vedono degli uomini sferruzzare. Durante l’occupazione spagnola infatti, gli abitanti di Taquile furono costretti a pagare le tasse sotto forma di prodotti tessili, essendo quella l’unica loro ricchezza. Le tasse però erano così elevate che le donne da sole non riuscivano a soddisfare la richiesta per tale motivo anche gli uomini furono obbligati ad imparare la tecnica della maglia. Dal 2005, inoltre, l’arte tessile di Taquile è stata nominata patrimonio dell’umanità.
Nel pomeriggio torniamo sulla terraferma e visitiamo il sito cimiteriale di Sillustani, poi rientriamo a Puno dove ceniamo e prendiamo il bus notturno per Cusco
CUSCO E INTI RAYMI
È il 24 giugno, giorno dell’Inti Raymi, ci svegliamo relativamente presto per poter essere al Qorikancha alle 8.30 e farci largo tra la folla per avere una buona visuale sulla spianata delle celebrazioni. Fortunatamente oggi abbiamo con noi una guida d’eccezione, Joel, un mio caro amico di Cusco che si rivelerà prezioso nel corso della giornata. Acquistiamo per pochi soles dei cappelli di carta per ripararci dal sole che picchia e degli sgabelli sui quali ci posizioniamo per poter vedere meglio lo spettacolo. Alle 9 inizia la manifestazione, ci sono tantissimi figuranti che danzano e sfilano davanti a noi, l’Inka dall’alto del Qorikancha fa un rituale a Inti, il sole, poi si avviano tutti verso plaza de armas dove continuerà la cerimonia.
Ci spostiamo anche noi e ci posizioniamo all’angolo nord-ovest della piazza, Joel infatti sa che una volta conclusi i riti in piazza da lì passeranno tutti i figuranti per dirigersi verso il Sacsayhuamán dove ci sarà la manifestazione più grande. Le coreografie sono mozzafiato ma è ancora più bello vedere quanto questa festa sia sentita dalle persone del posto, intorno è pieno di peruviani che, sgomitando, cercano di farsi posto tra la folla per ottenere la visuale migliore, i turisti sono decisamente la minoranza.
Dopo la mattina così intensa, piena di musiche e colori, saliamo verso San Blas, il quartiere bohemienne di Cusco dove ne approfittiamo per fare un po’ di shopping e per pranzare in un banco di cucina vegan al mercato. Nel pomeriggio continuiamo a perderci nei vicoli del quartiere che ci regalano degli scorci fantastici sulla città.
IL TRENO PER AGUAS CALIENTES
Oggi si parte alla volta di Aguas Calientes dove dormiremo due notti per poter visitare il sito di Machu Picchu. Lasciamo i bagagli in hotel e partiamo, non prima di aver dato il piccolo regalo ai nostri sposini che oggi festeggiano il primo mese di matrimonio.
La mattina è dedicata alla visita della Valle Sagrada, in particolare ai siti di Chinchero e Moray e alle salineras de Maras. Nel pomeriggio ci trasferiamo ad Ollantaytambo dove prenderemo il treno dell’inca rail che, attraversando i primi tratti della foresta amazzonica, ci conduce ad Aguas Calientes. Il treno costeggia il fiume Urubamba e regala delle visioni davvero spettacolari.
Aguas Calientes si rivela una vera e propria città costruita per i turisti con prezzi decisamente più elevati rispetto alla media peruviana.
Ceniamo molto presto per poter tornare in camera e riposare qualche ora in previsione della sveglia che domani suonerà alle 3.30. Federico e Serena ordinano dello champagne per festeggiare con noi il mesiversario.
SUA MAESTÀ IL MACHU PICCHU
La sveglia suona imperterrita alle 3.30, Isa salta in piedi: “Zie, svegliatevi è ora di prepararsi, señoooore su!”, anche Laura N. si sveglia cantando; io, come al solito, riesco a malapena a mugugnare un “mmm” e a sollevare un braccio tirandolo fuori dalle coperte ad indicare che no, non sono morta.
Facciamo colazione ancora mezzi addormentati, poi andiamo verso la fermata del bus e ci mettiamo in fila. Nonostante siano le 4 ed il primo bus parta alle 5.30 la coda è già molto lunga. Riusciamo a salire sull’autobus n. 17, alla faccia della scaramanzia, e arriviamo finalmente all’ingresso del sito che tutti aspettavamo di vedere.
È tutto ancora così silenzioso ed avvolto nella brina notturna quando iniziamo la salita al sito, improvvisamente quella foto che tanto ammiravamo da bambini sul libro di storia ci appare davanti, così maestosa e silente la Vecchia Montagna ci avvolge con la sua energia. È strano pensare che questo spettacolo sia stato nascosto per oltre 300 anni.
Trascorriamo circa 3 ore nel sito in compagnia di Uriel, la nostra guida, poi alle 9:45 iniziamo la salita al Cerro Picchu, probabilmente la salita più difficile che abbiamo affrontato durante tutto il viaggio. Più volte lungo il sentiero ci assale l’idea di rinunciare nonostante questo teniamo duro, sollecitati anche dalle persone che scendevano che continuavano a dirci “mancano solo 10 minuti”, in realtà quei 10 minuti sarebbero stati 20 e poi 30 e poi improvvisamente vediamo la vetta sudati e stremati (ok, i più atletici no!), ce l’abbiamo fatta, anche stavolta la comfort zone è andata a farsi friggere. Il panorama dall’alto è bellissimo, le foreste tutte intorno, le nuvole e lì, in lontananza, il Machu Picchu. Il panino, divorato in due bocconi, ci sembra il pasto più prelibato che potessimo mangiare.
Alle 12 la cima chiude, siamo quindi costretti ad iniziare la discesa che risulta, se possibile, ancora più dura della salita, le gambe tremano e le ginocchia chiedono pietà.
Dopo le ottomila scale fatte “L’estate addosso” di Jovanotti ci appare decisamente più corretta nella versione “Le scale addosso… le scale la libertà-à-à”.
Una volta terminata la discesa i più sportivi decidono di arrivare fino al Ponte Inca per poi tornare a piedi in hotel, gli altri stremati decidono di tornare ad Aguas Calientes in bus.
VINICUNCA, LE MONTAGNE ARCOBALENO
Ennesima sveglia prima dell’alba, alle 4.30 partiamo da Cusco per poter raggiungere la montagna Vinicunca, le famose montagne arcobaleno. Lungo la strada ci fermiamo a fare colazione in una sorta di piccola locanda a conduzione familiare. Le basse temperature mattutine iniziano a farci battere i denti, l’arrivo del mate de coca caldo è una visione quasi mistica.
Dopo circa 3 ore di autobus finalmente arriviamo a destinazione ed iniziamo la lunga, lenta e faticosa salita. Lungo la strada diversi tentatori cercano di convincerci a salire sui cavalli ma per molti di noi è diventata una sfida personale, dobbiamo farcela, anche stavolta dobbiamo superare i nostri limiti. La strada è lunga, i colori delle montagne si vedono in lontananza ma sembrano non avvicinarsi mai, i cartelli con le progressive chilometriche però continuano a susseguirsi fino a quando finalmente arriva quel cartello tanto atteso “Fine del percorso per cavalli”! “Ciao, ciao tentatori, io ce l’ho fatta!” ok, no, in realtà resta ancora la salita più dura, quegli ultimi 70 metri sembrano non finire mai, mi fermo a respirare ogni 2 passi, poi finalmente arrivo nella sella, alla mia sinistra le montagne arcobaleno, sulla destra le vette innevate, davanti a me una meravigliosa valle. Mi siedo, ce l’ho fatta! Non credo ai miei occhi e alle mie gambe, sorrido e piango allo stesso tempo. Non avrei mai pensato di riuscire ad arrivare a 5030 metri soltanto con le mie gambe anche stavolta sono andata ben oltre la mia comfort zone ed è una delle sensazioni più belle che abbia mai provato in vita mia.
Continuo a salire fino alla vetta più alta, di fronte alle montagne arcobaleno, ancora una cinquantina di metri, il vento è così gelido e l’ossigeno carente che dopo appena 5 minuti faccio fatica a respirare, scatto qualche foto e poi scendo di corsa in basso per passare ad una quota a me più ottimale.
Il rientro è lungo, gli autobus sembrano un miraggio, quando finalmente li raggiungo l’ombra scarseggia, mi siedo sotto un banchetto elemosinando un po’ di fresco, accanto a me si siedono altri tre ragazzi ed una signora più anziana, parlano in spagnolo tra di loro. Una dei ragazzi dice agli altri “tengo hambre”, apro il mio zaino, ho ancora diverse barrette di cereali, le prendo e gliele porgo, lei mi guarda, sorride e mi ringrazia, non c’è niente di più bello dell’empatia, ed io in quel momento la capivo completamente!
Nel tardo pomeriggio rientriamo a Cusco dove ci aspetta la cosa più dura di tutto il viaggio: preparare le valigie per il rientro.
I giorni sono volati, nonostante ci sembri una vita che siamo in Perù. Questo viaggio ci ha cambiati, fortificati, ci ha dato nuovi amici e magnifici ricordi. Mettere tutto questo in un bagaglio da 23 kg è così faticoso.