Benvenuti in paradiso
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Viaggiamo comodamente su un volo della Turkish Airline che, con un biglietto A/R con scalo a Istanbul ed l’ottimo prezzo di 950€ per due, ci conduce puntualmente all’aeroporto di Mahe, isola principale delle Seychelles. Da lì prendiamo direttamente un volo interno, acquistato in anticipo su Air Seychelles (260€ A/R per due) con direzione Praslin. L’aereo è un bimotore che accoglie solo 10 persone, quindi consiglio di prendere il biglietto con un certo anticipo, per non dover attendere inutilmente all’aeroporto il primo volo che non sia fully booked.
Avendo solo 10 giorni, decidiamo di concentrare il nostro viaggio essenzialmente sulle isole più belle: Praslin e La Digue.
PRASLIN
Il volo dura una ventina di minuti, l’aereo è nuovo e il pilota esperto; l’atterraggio nemmeno si avverte. Prendiamo immediatamente un taxi che in tre minuti ci conduce alla nostra Guest House: Ocean Jewel (Air Bnb), a Grand Anse. La casa è grande e accogliente, dalle gigantesche vetrate e una terrazza sulla quale si potrebbe giocare a nascondino. Non è prevista la colazione ma il piccolo supermarket a una cinquantina di metri di distanza è ben provvisto, anche se decisamente caro. La guest house è composta da 4 unità, due che danno sul mare e due sull’interno; ha la sua bella spiaggia privata che in questi giorni non sfrutteremo minimamente, in quanto il tempo di permanenza è poco e l’isola non è così piccola come ci immaginavamo.
Noleggiamo una Kia per 2 giorni (60€ al giorno con Kasko e il giorno successivo iniziamo il tour inforcando una strada strettissima e tortuosa verso sud. La guida è all’inglese, quindi a sinistra, e bisogna prenderci un po’ la mano. In ogni caso, la velocità consentita è 40 all’ora. L’isola è collinare, in alcuni punti con salite ripidissime e discese quasi verticali; sembra di essere in un parco divertimenti, sulle montagne russe; alla fine della salita ti viene da chiederti se al di là c’è qualcosa perché per alcuni istanti vedi solo cielo. Percorriamo tutto il perimetro meridionale ed orientale dell’isola, fermandoci al Jetty per prendere i biglietti per La Digue. È domenica e la spiaggia principale della Côte d’Or è affollata dai locali. Proseguiamo verso nord e arriviamo alla spiaggia più decantata dell’isola: Anse Lazio. All’entrata ci accoglie una famigliola di tartarughe giganti, confinate in un recinto. Allungategli qualche foglia e accarezzatele come fareste con un gatto; amano le coccole!
La baia di Anse Lazio si apre su una spiaggia bianchissima, l’acqua è turchese e calma, ideale per una bella nuotata. Le tipiche rocce granitiche con allo sfondo le palme, sembrano quasi finte. Ricordate di portare con voi delle scarpette da scoglio; sono essenziali su queste isole perché il fondo è corallino e tagliente. Ho visto molti turisti zoppicanti o con bende e tagli.
Siamo agli inizi di ottobre, la stagione precedente a quella delle piogge, che in teoria inizierebbe a dicembre; quella senza vento e dai rari acquazzoni. Il vento forte è assente ma questo fa sì che se una bassa pressione si posiziona sulle isole, difficilmente se ne va in tempi rapidi. Noi ci ritroviamo con la nuvoletta dispettosa spesso sulle nostre teste, ma quando le nuvole si aprono in squarci di cielo azzurrissimo, tutto attorno a noi si trasforma magicamente, come se una foto in bianco e nero si tramutasse in un’immagine contenente tutti i colori dell’arcobaleno. Il verde smeraldo della vegetazione, il rosso corallo degli uccellini, l’acquamarina del mare con la bassa marea, il bianco accecante della sabbia, il giallo dei cocchi, il rosa delle nuvole al tramonto.
Il secondo giorno il tempo è ancora capriccioso. Ne approfittiamo per andare alla Vallèe de Mai patrimonio dell’Umanitá dell’Unesco e fare un percorso in mezzo alla natura. Sembra di essere protagonisti del “Libro della giungla” e di veder spuntare Mowgli da un momento all’altro. Diversi tipi di palme e alberi si intrecciano nel rispetto dell’eco sistema, il vento muove le fronde confondendosi con il cinguettio dei Dark Parrots e dei Blue Pigeon e deboli raggi di sole si fanno breccia tra la fitta boscaglia. Qui è dove si trova la più vasta concentrazione di palme del coco de mer. Circa 6.000 quelle censite, aventi più di 20 anni, ma sicuramente almeno altre 1.000 quelle più giovani. Il Coco de Mer è una palma endemica e ha un sesso che si distingue dal frutto; uno richiama in maniera impressionante il bacino femminile, l’altro produce frutti lunghi e cilindrici che ricordano il sesso maschile. La fecondazione avviene tramite il vento o i gechi che si sostituiscono in maniera egregia alle api. Una guida è indispensabile se si è grandi ignoranti, come noi, in fatto di botanica. Noi all’entrata abbiamo trovato Vincenzo, una guida italiana molto valida che ci ha intrattenuto con racconti fantastici per ben due ore; se non volete rischiare di trovarlo già ingaggiato, contattatelo qui: vinc.itatour@gmail.com. Finito il tour, la giornata sembra riaprirsi. Ne approfittiamo per visitare Petit Anse, nella Anse La Blague, che si nasconde al di là di un piccolo promontorio. La strada è tutta un saliscendi e curve. Oltrepassiamo case e resort abbandonati e alla fine di una rapidissima discesa, che mette a dura prova i freni della nostra vettura, arriviamo ad una piccola piazzola, con due macchine parcheggiate. La spiaggia è spettacolare, con mangrovie che regalano ombra, acqua trasparente e calma e i soliti roccioni a delimitarla.
Abbandoniamo questo isolato mondo paradisiaco per spostarci sul versante nord, la Côte d’Or. Questa lunga spiaggia è la più turistica dell’isola, con resort, ristoranti, bar, diving. Tutto molto mimetizzato con la natura e rispettoso della paesaggistica, ma i beach Boys (mai trovati in tutto il viaggio) sono fastidiosi e pressanti. Si avvicina l’ora del tramonto e ci allunghiamo oltre l’aeroporto dove la strada finisce nel bellissimo resort e golf club Constance Lemuria, oltre il quale dicono si estenda la bellissima spiaggia di Anse Georgette. Per entrare occorre richiedere la prenotazione alla guest house. Il numero di persone esterne che possono accedervi è limitato e rimandiamo la visita al nostro rientro da La Digue. Sulla mappa individuiamo un sentiero nel bosco che porterebbe a Anse Georgette, o almeno a vederla dall’alto. Sono le 17.45, parcheggiamo la macchina in una piazzola deserta e come per magia un ragazzo spunta dal nulla e ci chiede se vogliamo essere condotti all’apice della collina dove la vista del sole che si abissa nel mare è spettacolare. Quindici minuti di arrampicata ed eccoci lì, ad ammirare il tramonto, nel silenzio più totale, avvinghiati ad una roccia per essere più alti della fitta vegetazione. Il rito quotidiano è stato compiuto.
Nelle tre serate di permanenza a Praslin decidiamo di non prendere la macchina e cenare nelle vicinanze. La scelta è molto limitata essendoci solo due ristoranti raggiungibili a piedi. Una torcia è fondamentale in quanto l’illuminazione è scarsa e non esistono marciapiedi. Per due volte andremo al ristorante del resort Villas de Mer, con un bellissimo gazebo ai piedi della spiaggia. Buon cibo e prezzi medi. La terza cena la faremo al Paradisier, verso l’interno, un po’ più caro ma di ottima qualità.
LA DIGUE
Dopo aver reso la macchina al Jetty, ci imbarchiamo per La Digue. La navigazione è tranquilla e in 20 minuti arriviamo al piccolo porto dell’isola. Spicca subito all’occhio la grande quantità di bici messe a disposizione per i nuovi arrivati. Qui gli unici mezzi di trasporto sono le due ruote o i propri piedi. Le poche macchine, spesso elettriche, sono dei locali e dei tassisti. Il taxi ci conduce, in una decina di minuti, alla nostra nuova dimora, la guest house My Angel che si trova in una piccola zona residenziale in mezzo alla campagna, tra Source D’Argent e Grand Anse. La villetta singola, di un verde acceso e munita di un grande giardino, è molto graziosa e la terrazza ideale per colazioni e cene. Qui sono molto diffusi i take away per due validi motivi: di notte non è molto consigliato aggirasi in bici in quanto l’illuminazione è scarsissima e i ristoranti sono parecchio cari, soprattutto a La Passe, l’unico minuscolo paese dell’isola. Scegliamo il Gala, un take away non troppo distante da casa (10 minuti di bici), con un buon assortimento e ottimi prezzi (per tre cene spendiamo meno della metà rispetto all’unica cena nell’ottimo ristorante italiano). Meglio prenotare la mattina e al rientro dalla giornata al mare, prima del tramonto, ritirare il tutto. Le bici hanno funzionali e capienti cestini. In alternativa, i negozi di alimentari o supermercati sono un po’ ovunque e forniti delle cose essenziali ma carne e pesce sono solo congelati. Per chi volesse rimanere in contatto con il resto del mondo, La Digue non è propriamente il posto giusto. La connessione è debolissima; internet praticamente assente e a mala pena si possono inviare o ricevere sms. L’unico posto un po’ più coperto è a La Passe ma noi, comunque, in quattro giorni non siamo mai riusciti ad avere connessione.
Il giorno del nostro arrivo rinunciamo alle bici e ci rechiamo a piedi nel parco naturale di Source d’Argent. L’entrata è a pagamento (115 rupie a testa) ma i soldi sono sicuramente ben spesi perché il posto è incantevole! Grandi prati, casette coloniali, coltivazioni di vaniglia, giardini botanici e tartarughe giganti, roccioni neri che sembravo toccare il cielo di un blu inteso. E poi c’è lei, la Spiaggia da sogno, quella immortalata in tante cartoline, la cui bellezza lascia senza fiato. I classici massi granitici dal color sabbia e testa di moro, si ergono sulla spiaggia candida con le loro forme morbide e arrotondate, appoggiandosi l’uno all’altro in incastri e fusioni fantasiosi. Il mare acquamarina e le bianche nuvolette, così basse da darti la sensazione di poterle toccare allungando un dito, si perdono nell’orizzonte. Qualche piccola capanna, che si confonde tra le palme e le mangrovie ai margini della spiaggia, offre succhi freschi e cocco da bere con la cannuccia e le gambe in ammollo. Se qualcuno mi chiedesse se esiste veramente il Paradiso, gli direi di venirlo a cercare proprio qui.
Il giorno successivo prendiamo le bici che il nostro host ci ha fatto trovare davanti casa. La pioggia torrenziale della notte sembra cessata ma il sole è ancora un miraggio. Decidiamo di percorrere l’unica strada verso Grand Anse. Il tragitto è semplice, tranne un’unica salita che per chi non ha i cambi (come me) può dimostrarsi parecchio faticosa. Ma sono solo pochi metri e la si può percorrere anche con la bici a traino. A Grand Anse la strada finisce in bocca ad un rustico ristorantino sul mare. Oltrepassandolo, si apre una vista spettacolare. Una lunga spiaggia bianca resa ancora più selvaggia da un mare urlante e spumeggiante. I colori sono attutiti dalle nuvole ma si possono immaginare. Le classiche rocce granitiche regalano anche a questo posto un aspetto paleolitico ed estremamente affascinante. In fondo alla spiaggia di Grand Anse c’è il sentiero che conduce a Petit Anse. Quindici minuti di camminata per valicare il promontorio e si giunge in questa piccola e dolce Insenatura. Non contenti prendiamo un sentiero all’inizio della spiaggia e proseguiamo per Anse Cocos dove arriviamo dopo circa 25 minuti. Un enorme albero con sotto un venditore di cocco ci danno il benvenuto. Sarà perché nel frattempo è uscito il sole o perché dopo una sudata clamorosa si ha solo voglia di tuffarsi tra le onde, ma per noi è la spiaggia più bella e particolare delle tre. Consiglio di portarsi molta acqua, alta protezione e un cappello perché in questo versante si trovano pochi posti dove poter ripararsi dal sole. Al rientro, ci godiamo un bel tramonto seduti sul muretto vista mare dell’eliporto.
Il giorno successivo, inforchiamo le bici e ci dirigiamo verso nord. Arriviamo a Anse Severe, una bella spiaggia con un baracchino che vende succhi freschi. Attenti a non investire le due tartarughe giganti che passeggiano lente e pesanti lungo la strada e si mettono quasi in posa per i turisti. Proseguendo, si rimarrà ammaliati dagli scorci da cartolina e il respiro si fermerà alla vista di Anse Patate, una piccola insenatura con roccioni a fior d’acqua e pochi visitatori, quasi invisibili, all’ombra delle piante. La strada finisce inaspettatamente e lascia la voglia di andare avanti a piedi, ma inerpicarsi sulle rocce non è molto consigliato, quindi giriamo le ruote e ci fermiamo per una nuotata rinfrescante ad Anse Patate.
L’ultimo giorno a La Digue sarà purtroppo piovoso e nuvoloso. Ci fermiamo qualche ora sulla spiaggia di Anse Severe da dove fuggiamo a causa della pioggia che ha ripreso a martellare impietosa. Sarà così bene o male tutto il giorno e l’unica alternativa è rifugiarsi Sotto il portico della nostra casetta a leggere e scrivere questo diario.
PRASLIN
Rieccoci nuovamente a Praslin. Il fatto di dover riprendere la macchina per doverci spostare ci fa storcere il naso ma qui, per usare la bici, bisognerebbe essere veramente allenati perché i tratti in salita sono notevoli e spesso molto lunghi. Il weekend è appena iniziato e già si avverte aria di festa. La popolazione è in fermento; è iniziato il via vai di gente che cammina pericolosamente lungo le strade, sosta sui marciapiedi quasi inesistenti, trasporta sacchetti della spesa, trascina bambini urlanti. Intere famiglie sembrano migrare verso mete sconosciute. Ragazzini con musica rap a tutto volume, azzerano il silenzio che poco prima era disturbato unicamente dal cinguettio degli uccellini. Cani scodinzolanti che attraversano la strada, incuranti della loro vita, ma attirati dal loro fiuto verso qualcosa di sconosciuto. Sorrisi, tanti sorrisi e serenità. Nessuno con il cellulare in mano, tutti ad ascoltarsi, guardandosi negli occhi. Ecco, ogni volta che i miei viaggi mi conducono in terre dove la popolazione vive con poco o niente, il mio pensiero più ricorrente è che loro hanno capito tutto dalla vita. Vivono alla giornata, lontani dallo stress, dal bisogno di distinguersi, privi della deprimente dipendenza verso le cose materiali, felici di condividere racconti seduti per terra, con una birra in mano e allegria negli occhi.
Accompagnati da queste immagini, arriviamo alla destinazione di oggi: Anse Georgette. Una spiaggia privata, il cui accesso è subordinato a prenotazione, in quanto le entrate sono a numero chiuso. È sufficiente chiedere alla guest house di fare una chiamata qualche giorno prima al bellissimo resort Lemuria. Arrivare alla spiaggia richiede una passeggiata di 20 minuti, attraverso il curato campo da golf del resort. All’entrata troviamo una simpatica ed affettuosa cagnolina che ci farà da guida personale fino alla spiaggia, percorrendo la strada sempre qualche metro avanti a noi, per fermarsi ogni tanto a verificare la nostra presenza. Il saliscendi in mezzo al parco, si conclude al di là delle frasche della fitta vegetazione e si apre sul candore della sabbia e sulle sfumature turchesi del mare. La spiaggia è quasi deserta e così rimarrà per tutta la nostra permanenza. Impossibile descrivere la sensazione di serenità che si prova in questi posti, dove lo sguardo rimane ipnotizzato dalle onde e il sibilo del vento si allinea alle frequenze rallentate dei pensieri.
Accompagnati da questa sensazione diamo un ultimo saluto alla bellissima Anse Georgette, alla paradisiaca Anse Lazio, alle tartarughe giganti, alle lucertole verde smeraldo, ai gechi che ci hanno fatto compagnia durante le letture serali, alle strade a fisarmonica, al cibo creolo, ai tramonti rosa e ai granchi curiosi.