Cracovia, ma che bella sorpresa
ORGANIZZAZIONE
Pacchetto volo+hotel comprato su Expedia meno di un mese prima della partenza. Volo Ryanair Bologna-Cracovia Balice e ritorno. Hotel Legend, in via Gertrudy (viale di circonvallazione a ridosso del centro storico). Ancora una volta Expedia ci ha pienamente soddisfatto.
PRENOTAZIONI
Visita ad Auschwitz prenotata online dall’Italia sul sito SOS Travel ed effettuata con il tour operator “Tour di Cracovia”: a pochi minuti dal pagamento (76 € complessivi) mi è arrivato sempre via mail il coupon da consegnare alla guida che avremmo trovato alla partenza, corredato da istruzioni sulla visita e da una piantina del centro di Cracovia con evidenziati i punti di ritrovo delle varie gite effettuate dal tour operator. Davvero molto efficienti e professionali.
GUIDE UTILIZZATE
La guida “Lonely Planet incontri” del 2010 non è un granché, ma per un viaggio di pochi giorni può andare bene. Come sempre sono stati preziosissimi i diari di viaggio dei “Turisti per caso” con i tanti consigli utili soprattutto sulla ristorazione. Tante grazie a tutti!
MEZZI DI TRASPORTO
L’aeroporto di Cracovia Balice dista 12 km dalla città, raggiungibile con treno, autobus ed anche private transfert. Il biglietto del treno costa 9 sloty, quello dell’autobus 3,8 sloty, il transfert privato 89 sloty.
La stazione dei treni è al piano superiore dell’aeroporto, ben segnalata da cartelli anche in inglese, mentre gli autobus partono proprio all’uscita del Terminal 1. Gli autobus che portano in città sono il 208 ed il 259: si può scegliere se fare il biglietto alla macchinetta che si trova sotto la pensilina della fermata oppure all’interno del bus, sempre ad una apposita macchinetta. L’autobus 208 impiega circa 45/50 minuti ad arrivare al capolinea, proprio dietro la stazione ferroviaria Krakow Glowny Osobowy.
VALUTA
La moneta polacca, lo sloty, equivale a 0,23 €. Se non lo avete fatto in Italia, consiglio di cambiare 10/20 € in aeroporto, per poter far fronte alle prime necessità. Il cambio è ovviamente meno favorevole rispetto ai kantor in città (segnalo in particolare quello su via Grodzka che non applica commissioni), ma un po’ di denaro cash vi servirà per acquistare i biglietti dell’autobus e qualcosa da mangiare.
Per la nostra vacanza di 4 giorni abbiamo cambiato 90 € in due, tutto il resto lo abbiamo pagato con carta di credito/bancomat.
PERCHÉ CRACOVIA
Alla ricerca di una meta fresca in cui passare il Ferragosto, troviamo nella nostra libreria di casa la guida di Cracovia acquistata quando dalla nostra città si volava verso questa destinazione: il dado è tratto, Cracovia sia! Di fresco non ne abbiamo trovato, ma la bellezza di questa capitale ha premiato la nostra scelta.
14 AGOSTO, SI PARTE!
L’aeroporto di Bologna è insolitamente tranquillo in questa vigilia di Ferragosto, il volo Ryanair per Cracovia però è al completo, ed un po’ in ritardo, come da tradizione. Alle 16 atterriamo all’aeroporto di Cracovia Balice, bello, nuovo ed altrettanto vuoto.
All’ufficio informazioni prendiamo la mappa di Cracovia, cambiamo 20 € a testa all’ufficio di cambio, poi ci avviamo verso la stazione ferroviaria situata al piano superiore. Giunti al binario un’impiegata informa noi ed altri turisti che il treno non partirà: in sostituzione l’autobus, con partenza fra 5 minuti. Più veloci della luce corriamo davanti al terminal degli arrivi/partenze e saliamo sull’autobus 208. I biglietti li facciamo a bordo, con l’aiuto di un ragazzo che era sul nostro stesso volo. Ci sediamo comodi: che la nostra fuga di Ferragosto abbia inizio! Dopo circa un’ora eccoci a Cracovia, proprio dietro la stazione ferroviaria.
Dai diari di viaggio letti sappiamo di dover attraversare tutta la Galeria Krakovska e così facciamo. Strada facendo compriamo anche qualcosa da mangiare, l’offerta è ampia, Francesco acquista un kebab e io un tipico obwarzanek (i nostri pretzel) da un ambulante. Il centro commerciale sembra non avere fine, una volta guadagnata l’uscita andiamo a sinistra, percorriamo i viali di circonvallazione ed in 20 minuti siamo davanti al nostro hotel, il Legend. Il personale è gentile e professionale, la stanza al terzo piano luminosa, nuova e pulitissima: un buon caffè ci dà il benvenuto, grazie mille. Ci riposiamo un attimo, poi via verso il centro. Consultando la cartina scopriamo che uno dei ristoranti di cui avevamo sentito parlare dai “Turisti per caso”, il Czarna Kaczka (Anatra nera) è vicinissimo all’albergo, sarebbe carino cenare qui, stasera. Entriamo e ci accoglie un cameriere che parla italiano, adesso non c’è posto, ma più tardi sì: prenotiamo e poi senza pensieri ci avviamo verso il centro: la Rynek Glowny, la piazza principale, ci lascia senza fiato: immensa, completamente circondata da palazzi bellissimi e sovrastata da un lato dalla Torre del municipio, dall’altro dalla Basilica di santa Maria. Al centro il magnifico Fondaco dei tessuti, o Sukiennice… non manca proprio niente! Ah sì, le auto, sostituite da romantiche carrozze bianche guidate da belle ragazze in costume tipico che invitano i turisti a farsi un giro. Alle 8 in punto scocca il rintocco del campanile più alto della Basilica di Santa Maria, tutti gli occhi dei turisti si alzano per vedere il trombettiere che suona la triste melodia dell’hejnal, la chiamata a raccolta. Secondo la leggenda fu proprio una valorosa sentinella a mettere in guardia la popolazione di Cracovia dall’arrivo dei Tatari. L’impresa salvò la vita a tante persone ma non a lui: una freccia nemica lo colpì proprio alle prime note della sua melodia. Da allora, per tradizione, ad ogni ora del giorno e della notte un trombettiere intona l’hejnal affacciandosi da ciascuna delle 4 finestre poste sulla sommità della torre, interrompendosi all’improvviso e omaggiando poi il pubblico di un saluto con la tromba in mano.
Dietro la basilica, dove non entriamo perché è in corso una funzione religiosa, c’è una piazzetta deliziosa, plac Mariacki, con al centro una fontana sulla cui sommità è appollaiato un personaggio detto “lo studente” e sullo sfondo la chiesetta di Santa Barbara, in stile gotico come la basilica principale. Visto che fino al XIX secolo tutt’intorno alla chiesa di Santa Maria sorgeva un cimitero, Santa Barbara è senz’altro una cappella cimiteriale, come testimonia la statua con teschio ed ossa sulle sue mura esterne.
Ci spostiamo sempre più verso il centro della piazza, fino a raggiungere il maestoso Sukiennice con le sue tante arcate illuminate dall’interno da lampadari che ricordano gli antichi lampioni. All’interno del portico, proprio dietro la statua del poeta Adam Mickiewicz, penzola un coltello arrugginito: la leggenda vuole che fosse quello con cui il mastro costruttore della torre di Santa Maria prima uccise il fratello rivale, poi, vinto dal rimorso, si suicidò. Sarà vero? Questa sospensione fra realtà e leggenda non fa che aggiungere ancora più fascino a questa piazza, di per sé già meravigliosa. Nella parte interna del fondaco un’enorme galleria di bancarelle che espongono souvenir di ogni genere, confermando l’identità commerciale di questo luogo attraverso i secoli. Il tramonto ci regala un bellissimo cielo dalle mille sfumature, nei palazzi e nei locali si accendono le luci, noi rimaniamo stupiti da questa atmosfera fiabesca e non ci muoveremmo di qui se non ci aspettasse la nostra cenetta all’”Anatra nera”.
Il posto è abbastanza piccolo ma molto carino, ordiniamo le specialità del giorno, anatra al forno con salsa ai mirtilli e stinco, accompagnati da 2 ottime birre. Ci viene offerto un piccolo antipasto con patè d’anatra e cetrioli che spazzoliamo senza batter ciglio. I piatti sono gustosi ed abbondanti, non possiamo non assaggiare la szarlotka, la torta di mele polacca, servita con gelato alla vaniglia e panna, veramente deliziosa. Il conto finale è di 120 sloty, ci vengono offerti anche 2 bicchierini di vodka, ottimo. Ma le sorprese non sono finite: quando ci alziamo, il ragazzo con cui avevamo prenotato oggi, che a quanto pare è il gestore, ci accompagna fuori e in tutta tranquillità, come se ci conoscessimo da sempre, ci elenca su un foglietto tutta una serie di bar, pasticcerie e locali tipici da visitare durante la nostra permanenza. Non senza stupore ringraziamo e proseguiamo la nostra passeggiata notturna: quali altre sorprese ci riserverà ancora? Decidiamo di dirigerci dalla parte opposta alla piazza, lungo la via Grodzka, una delle più famose di Stare Miasto, la città vecchia. Dopo qualche metro la nostra attenzione è attirata dal suono di un violoncello: davanti alla bellissima cancellata della chiesa di san Pietro e Paolo, sormontata dalle statue dei 12 apostoli magistralmente illuminate, un giovane compositore si sta esibendo. Non possiamo che fermarci ad ascoltarlo godendoci quest’altro angolo magico della città. La nostra camminata ci porta lungo stradine lastricate, con palazzi bellissimi e ristoranti romantici, poi dopo un po’ ci ritroviamo ancora sulla piazza. Decidiamo di imboccare via Florianska, altra via famosa piena di negozi, bar e palazzi che ci ripromettiamo di vedere con calma nei prossimi giorni. In fondo alla via la porta Florianska, unica sopravvissuta delle medievali porte d’accesso alla città. Oltre la porta il Barbacane, altra fortificazione difensiva molto ben conservata.
Ritorniamo sulla via Grodzka, decine di ragazzi passano di bar in bar schiamazzando festosamente. Appena arrivati in piazza scocca la mezzanotte e col suono dell’hejnal finisce la nostra prima giornata in questa città che ci ha già conquistato.
FERRAGOSTO NEL GHETTO
La giornata festiva inizia con una telefonata a fratello e nipotina, poi, dopo un’ottima e abbondante colazione in hotel, siam pronti a partire.
Mete di oggi il quartiere ebraico di Kazimierz e quello di Podgorze, dall’altra parte della Vistola. Kazimierz nacque come città autonoma, diventando nel corso degli anni un vero punto di riferimento per gli ebrei polacchi e non grazie alle sue sinagoghe, scuole ed attività prosperose. Dal 1800, in seguito all’allargamento dei confini amministrativi della città di Cracovia, ne divenne parte integrante. Durante la 2. Guerra mondiale, i 17 mila ebrei che vi abitavano vennero trasferiti nel quartiere di Podgorze, dall’altra parte della Vistola: da qui furono tutti deportati nei campi di lavoro o in quelli di sterminio dai quali non fecero più ritorno. Ad oggi la comunità ebraica di Kazimierz conta circa 200 abitanti.
Dopo una piacevole camminata di una decina di minuti eccoci davanti alla Sinagoga Tempel, forse architettonicamente la più bella di quelle viste oggi: decidiamo però di non entrare e seguendo un po’ le indicazioni turistiche, un po’ il nostro istinto, in breve ci ritroviamo in Plac Novy, ancora semi deserta in queste prime ore del mattino. A colpire la nostra attenzione è l’Okraglak, un grande edificio circolare che occupa il centro della piazza: anticamente macello per polli, è oggi un insieme di tanti piccoli fast food che vendono la zapiekanka, specialità del quartiere. Penso proprio che sarà questo il nostro pranzo di ferragosto!
Attorno alla piazza i venditori ambulanti stanno allestendo le loro bancarelle con chincaglieria e memorabilia varie a cui diamo una veloce occhiata per poi proseguire verso l’imponente chiesa del Corpus Domini, gotica all’esterno e sorprendentemente barocca all’interno, tutto un tripudio di oro, compreso un pulpito a forma di nave. È in corso la Santa Messa, diamo un’occhiata attenta senza però scattare foto.
Prossima tappa Plac Wolnica, che era la piazza del mercato quando Kazimierz era una città indipendente: l’enorme palazzo bianco che si staglia davanti a noi era l’antico municipio, oggi sede del museo etnografico. Nella zona sud della piazza la statua stilizzata de “I tre musicisti”. Tutt’attorno tanti bar e ristorantini molto invitanti. In pochi passi ci troviamo di fronte alla Vistola, pronti ad attraversare il bellissimo ponte pedonale Laetus Bernatek che collega Kazimierz a Podgorze. Sospesi sulle strutture di ferro dell’arcata del ponte tante figure di acrobati sembrano ondeggiare nel vento, mentre la ringhiera è piena di lucchetti, pegni d’amore di romantici innamorati.
Seguendo i cartelli turistici in breve siamo a Plac Bohaterow Getta. Dal marzo del 1941 i nazisti istituirono in questo quartiere il ghetto per gli ebrei di Cracovia. L’area del ghetto fu divisa in due sezioni, A e B: nella prima furono confinati coloro che erano in grado di lavorare, nella seconda donne, bambini, anziani e malati. Nel marzo del 1943 gli abitanti della prima sezione vennero inviati al campo di lavoro di Plaszòw, poco distante da qui, mentre quelli della sezione B o vennero giustiziati proprio su questa piazza o inviati ad Auschwitz-Birkenau per una non meno triste fine. Mentre leggiamo queste notizie su un pannello esplicativo ad una estremità della piazza, la guidatrice di uno dei tanti taxi elettrici a cui chiediamo informazioni sui resti del muro del ghetto, ci spiega che i tedeschi lo fecero costruire agli ebrei a forma di lapide, in modo che si abituassero a quello che sarebbe stato il loro destino di lì a poco. Ogni commento mi sembra superfluo… Sull’angolo in cui ci troviamo sorge anche la Farmacia sotto l’aquila, all’epoca unica farmacia del ghetto: l’eroico farmacista, Tadeus Parkiewicz, fece del proprio negozio un rifugio per gli ebrei, offrendo loro cure mediche gratuite, nonché cibo e ospitalità. Per questo venne insignito del titolo di Giusto tra le nazioni. Oggi la farmacia è un museo, purtroppo chiuso per festività.
Eccoci all’interno della grande piazza: le 70 sedie d’acciaio, opera degli architetti Lewicki e Latak rappresentano simbolicamente gli oggetti che gli ebrei dovettero abbandonare per andare incontro al loro terribile destino, e il vuoto rimasto dove prima esisteva una comunità. Sull’altra estremità della piazza, un sobrio edificio su cui sono impresse le date 1941-1943 è un sacrario vuoto che commemora le atrocità compiute dall’esercito nazista. Mestamente seguiamo le indicazioni per la fabbrica di Schindler, a dire il vero non ce ne sono tante, noi teniamo d’occhio il percorso dei tanti taxi elettrici che scorrazzano avanti e indietro pieni di turisti.
Dopo aver attraversato una brutta zona industriale, eccoci davanti ai cancelli della fabbrica resa famosa dal film di Spielberg, oggi trasformata in un museo della 2^ Guerra Mondiale, anch’esso chiuso per festività. Possiamo solo vedere le foto di alcuni fra gli ebrei che Oskar Schindler salvò dai campi di concentramento assumendoli come operai. Dietro la fabbrica c’è il Mocak, museo di arte contemporanea dotato di un bookshop ben fornito dove ci fermiamo a sfogliare qualche libro e a fare acquisti.
Seguendo sempre i veloci mini-taxi ci troviamo finalmente davanti ai resti dal muro del ghetto, in effetti composto di gigantesche lapidi tombali. Meno male che qualche metro più avanti, sulla facciata laterale di una casa, c’è un bellissimo murales colorato che ci risolleva un po’ il morale.
Ripercorrendo il percorso dell’andata, in una quindicina di minuti siamo in Plac novy, piena di gente all’ora di pranzo. Davanti a U Enziora, il botteghino che ci avevano consigliato, c’è una lunga fila, diamo un’occhiata e ci sembra che anche le zapiekanka provenienti dagli altri fast food abbiano un bell’aspetto. Ne ordiniamo due, campagnola per me e tradizionale per Francesco: nell’attesa, troviamo anche posto ad un tavolino dove ci gustiamo questo insolito e delizioso pranzo di ferragosto alla esorbitante cifra di 16 sloty!
Poco dopo accogliamo al nostro tavolo una coppia di turisti romani con cui scambiamo opinioni di viaggio su Cracovia ed altre città, italiane e non. Nell’arrivare qui, un’oretta fa, abbiamo adocchiato un bellissimo bar all’interno di un giardino, impossibile resistere alla tentazione di festeggiare il Ferragosto con una bella birra ghiacciata… troviamo un tavolo libero in un angolino delizioso e ventilato, fantastico, e chi ci schioda di qui?
Di malavoglia ci alziamo dopo un’oretta, ci aspetta il tour delle sinagoghe, che effettuiamo abbastanza velocemente. Entriamo nella Sinagoga Alta (chiamata così per via della sala di preghiera posta al 1° piano), con al piano terra una libreria specializzata in testi ebraici, poi in quella di Isacco, sede di concerti di musica klezmer. Anche qui diamo solo un’occhiata veloce, poi usciamo nel giardino ad osservare la struttura nel suo insieme. L’unica sinagoga visitata è quella Remuh, con annesso cimitero, che è anche l’unica ancora attiva: mentre facciamo il biglietto (entrata 5 sloty), dalla radio accesa escono le note di “Voulez-vous dancer” dei Ricchi e poveri, qualcosa di meglio no? L’interno è modesto, dal cortile si accede al cimitero, suggestivo ma non quanto quello di Praga. Dedicato al rabbino Moses Isseries, la cui tomba richiama ebrei da tutto il mondo, come dimostrato dalla moltitudine di bigliettini che vediamo depositati al suo interno, preghiere e desideri dei tanti fedeli giunti fin qua.
Durante l’occupazione nazista il cimitero fu distrutto, le lapidi portate via per essere vendute od usate come pavimenti per i campi di concentramento. Solo la tomba di Rabbi Moses Isseries rimase intatta, si dice che il soldato nazista incaricato di rimuoverne la lapide venne colpito da un fulmine, da qui deriva gran parte della fama leggendaria del Rabbino attraverso i secoli. Venendo da via Miodowa, sul lato sinistro della stradina che conduce alla sinagoga, via Szeroka, una fila di negozi che hanno mantenuto l’aspetto degli anni della 2. Guerra mondiale, dalle insegne, alle vetrine ed al loro contenuto: sono bellissimi, sembra di fare un viaggio a ritroso nel tempo … In realtà oggi i divisori fra i vari negozi sono stati rimossi per creare un unico ambiente, un ristorante dal nome molto evocativo, “Once upon a time in Kazimierz”. La strada si allarga poi fino a divenire una vera e propria piazza, considerata il cuore del quartiere, con tanti locali di cucina kosher e palazzi su cui appaiono i simboli religiosi.
All’estremo sud della piazza si trova la Vecchia Sinagoga, oggi sezione del Museo storico della città di Cracovia, l’edificio ebraico più originale fra quelli visti oggi, forse perché alla sua costruzione contribuì l’architetto fiorentino Matteo Gucci? Ci sediamo qualche minuto davanti al grande piazzale, poi decidiamo di rientrare in albergo. Lungo la via del ritorno a sorpresa trovo una filiale della mia banca, prelevo 100 sloty, poi finalmente in hotel. Appena toccato il letto ci addormentiamo, per svegliarci dopo un paio d’ore. Fuori è già buio, nonostante siano appena le 20. Scegliamo di cenare in un’hamburgeria di cui abbiamo visto oggi la pubblicità, la troviamo facilmente, ma altrettanto facilmente la lasciamo: è una specie di McDonald, pieno di gente e neanche tanto allettante.
Ci guardiamo un po’ attorno poi entriamo da “Moo steak and wine”, un bel ristorante decisamente non per vegani: io mangio un’insalata con salmone affumicato e Fra un bel bisteccone. Quando usciamo scopriamo che nella Maly Rinek, la piazza dietro la chiesa, c’è il festival dei pierogi, il tortello tipico di Cracovia, declinato in molte versioni, sia dolci che salate. Le bancarelle sono ben decorate e le venditrici indossano il costume tipico bianco e rosso e coroncine di fiori sui capelli. Ci ripromettiamo di assaggiare al più presto anche questa specialità. Diamo la buona notte alla grande piazza poi a nanna. Domani sarà una giornata molto impegnativa.
PER NON DIMENTICARE: AUSCHWITZ
La giornata si apre andando per chiese: dapprima quella domenicana della Santa Trinità, esterno gotico e interni in restauro, poi dalla parte opposta lungo la stessa via Dominikanska, quella di San Francesco, in assoluto la più bella chiesa di Cracovia, secondo il mio parere. Interni bui, ma decorazioni murarie di una bellezza assoluta: è tutto un tripudio di fiori della tradizione polacca, papaveri, girasoli, viole, fiordalisi, rose. Meravigliose le vetrate in stile liberty e il soffitto, di un blu intenso cosparso di stelle, mentre gruppi di angeli decorano i portali. Nella zona a sud della chiesa un altare è dedicato a Giovanni Paolo II e poco distante c’è la panca dove era solito ritirarsi in preghiera quando si trovava in città, ospite del Vescovado che è proprio dall’altra parte della strada, sulla via Franciszkanska. Una enorme gigantografia è posta sul vetro della finestra alla quale il papa si affacciava per la benedizione ai fedeli.
Un’occhiata all’orologio ci fa affrettare il passo verso il Collegium Maius, la sede più antica dell’Università Jagellonica di Cracovia: alle 11 nel cortile interno, dalle due porticine poste sotto l’orologio, esce una piccola corte composta dalle figurine del Rettore ed altri esimi professori, che sfilano al suono di una musica solenne. Centinaia di turisti con il naso all’insù fotografano e filmano questo divertente intermezzo.
Dal cortile ci spostiamo al Giardino dei professori, un luogo molto rilassante con piante di ortensie bianche, pannelli esplicativi delle vicissitudini dell’Università soprattutto nel periodo dell’occupazione nazista e marchingegni su cui effettuare esperimenti scientifici, purtroppo non funzionanti. Giriamo per le vie del centro, ritrovandoci di nuovo nell’immensa Rynek Glowny, oggi vestita a festa con tantissime bancarelle in cui donne con i costumi tipici vendono i loro prodotti alimentari e di cucito. Per la prima volta notiamo l’enorme testa reclinata “eros bound”, donata alla città di Cracovia dall’artista Igor Mitoraj: pare che il comune non sapesse dove collocarla, ma su questa enorme piazza c’è spazio per tutto! Gli odori che arrivano dai banchi alimentari soni davvero invitanti: compriamo due porzioni di bigos (uno stufato di carne, cavoli e crauti) e patate arrosto e due belle birre e ci sediamo a un tavolo con vista insuperabile sulla piazza. Allo scoccare dell’1 vediamo finalmente anche il saluto del trombettiere dalla finestra del campanile.
Si avvicina l’ora del nostro appuntamento con la storia: ci avviamo verso Piazza Matejki per prendere il pullman che ci porterà ad Auschwitz e a Birkenau: questa escursione l’abbiamo prenotata on-line dall’Italia sul sito Tourdicracovia.it al prezzo complessivo di 76 €. È possibile effettuare l’escursione anche autonomamente, prenotando la visita con guida italiana dal sito del museo di Auschwitz- Birkenau ed arrivando in loco col treno o, meglio, con l’autobus. Purtroppo per la settimana di ferragosto tutte le visite guidate in lingua italiana (ma anche inglese, francese e spagnolo) erano esaurite, per questo ci siamo affidati a questa agenzia che si è rivelata molto precisa ed affidabile.
Durante il viaggio di andata ci prepariamo a quello che vedremo una volta a destinazione attraverso la visione di un documentario sull’entrata ad Auschwitz da parte dell’Armata Rossa: di video come questi ne abbiamo visti tanti, ma forse perché fra poco non ci sarà più uno schermo fra noi e quello che è successo qui più di 70 anni fa, il turbamento è grande… Le regole per l’entrata al museo sono ferree: si può portare con sé solo uno zainetto formato A4, è tassativo e non contestabile. Una volta oltrepassato il tornello indossiamo le cuffie per ascoltare meglio la nostra guida ed in pochi minuti siamo davanti al tristemente celebre cancello su cui campeggia la scritta “Arbeit macht frei”, la grande menzogna a forma di insegna che accoglieva i prigionieri in questo campo di morte. A differenza di tanti non ho scattato foto a raffica e se avessi visto qualcuno farsi dei selfie mi sarei indignata non poco. Nei miei scatti ci sono le immagini che mi hanno colpito al cuore, sia per la loro incongruenza, o tenerezza o atrocità allo stato puro. La nostra guida è molto brava nel presentarci come normale la “giornata tipo” dei prigionieri, integrando il racconto con importanti riferimenti storici. Tutto suona talmente terribile da non sembrare vero…
Dopo circa un’ora e mezza lasciamo Auschwitz e a bordo del nostro pullmino raggiungiamo Birkenau, a 3 km da qui. Il campo è enorme, con i binari del treno che arrivano all’interno, come abbiamo visto in tanti film e documentari. Purtroppo non rimangono molti edifici, i nazisti, una volta che si sono visti perduti, hanno fatto terra bruciata dietro di loro, cercando di eliminare tutte le prove dei loro orrendi crimini, forni crematori e laboratori della morte in primis. Sono stati i sopravvissuti, con le loro testimonianze, a permettere di ricostruire con puntualità i luoghi e gli eventi terrificanti avvenuti qui. Ci incamminiamo per le strade polverose del campo fino ad arrivare al Monumento voluto dal Comitato internazionale per Auschwitz e realizzato negli anni 1958-59 ad opera degli scultori Cascella e Januszkiewicz: oltre alla scultura, 23 lapidi di pietra nera rendono omaggio a ciascuna delle nazioni di appartenenza del milione e 500 mila vittime. L’ultima parte della visita ci porta all’interno di alcuni dei luoghi rimasti intatti: non ne parlerò perché la loro vista, unita ai racconti della guida, mi ha suscitato emozioni che non riuscirei a descrivere con le parole.
Quando la visita finisce, ognuno di noi, oltre ad avere un grossissimo groppo in gola, si sente più arricchito e consapevole, noi sicuramente. Quando risaliamo sul pullmino nessuno ha voglia di fare domande, solo di ripensare a quanto si è visto e a rifletterci sopra. Arriviamo a Cracovia alle 20.30, io e Francesco ci sentiamo tutti scombussolati mentre percorriamo la via Florianska, come sempre affollata di gente. Per risollevarci un po’ il morale ci sediamo ad un tavolo all’aperto del “Sukiennice”, il ristorante situato al piano terra dell’omonimo palazzo. Ordiniamo la specialità del ristorante, la cotoletta. Mentre mangiamo, circondati da questo fantastico scenario, in una delle piazze più belle d’Europa, il mio pensiero per contrasto torna a quanto visto oggi, provocandomi grande malinconia.
RINEK GLOWNY E MOLTO DI PIÙ
Dopo aver stampato le carte d’imbarco, come al solito non senza difficoltà, ci dirigiamo verso la collina del Wawel, poco distante dal nostro hotel, ammirando, nel salire, un panorama insuperabile della città e del fiume.
Non abbiamo intenzione di visitare il castello, quindi con grande felicità evitiamo la lunga fila per l’acquisto del biglietto ed entriamo direttamente nella cattedrale. Da un imponente bancone osserviamo la cappella di San Stanislao posta al centro della chiesa, tutta d’argento. Facciamo poi la visita consentita ai turisti non paganti, scegliendo di non vedere ne’ le cripte ne’ il campanile con l’enorme campana di san Sigismondo ma solo la cappella dedicata a Giovanni Paolo II, omaggiato anche da un’enorme statua di bronzo posta proprio davanti all’entrata principale della cattedrale.
Dopo una sosta al bookshop per l’acquisto di qualche souvenir per i nipoti, ripercorriamo la strada fatta all’andata e imbocchiamo Via Grodzka. Dopo un rapido passaggio all’ufficio di cambio entriamo prima nella chiesetta di Sant’Andrea, appartenente all’ordine delle suore Clarisse, poi in quella di San Pietro e Paolo, che avevamo ammirato dall’esterno la sera del nostro arrivo. Questa chiesa è una sorta di Pantheon laico: come la chiesa del Wawel ospita le spoglie dei re polacchi, questa raccoglie quelle dei personaggi di Cracovia che si sono distinti nelle arti e nella cultura. Via Grodzka ha edifici bellissimi e molto particolari, come per esempio un antico portico situato all’angolo con via Posalska, che imbocchiamo per andare a prenotare la cena all’ Anatra nera, il locale dove finora abbiamo mangiato meglio in assoluto.
Gira che ti rigira siamo di nuovo sulla Rinek Glowny, prima di dimenticarcene entriamo nell’imponente basilica di Santa Maria per vedere il magnifico altare in legno intagliato dallo scultore tedesco Veit Stoss, il più grande altare gotico del mondo. Durante l’occupazione tedesca l’altare fu smontato e spedito al Terzo Reich: custodito nei sotterranei del castello di Norimberga venne recuperato a fine guerra e potè tornare al suo posto d’onore solo nel 1957.
Quando usciamo sulla piazza il sole è accecante, decidiamo di pranzare in un posto un po’ decentrato ma particolare, il Chimera salad bar su via Anny, un delizioso self-service situato in fondo ad un androne, vicino al più famoso e blasonato ristorante Chimera: al banco del self service si sceglie innanzitutto di quante porzioni comporre il proprio menù (fino a 6): io ne scelgo 4, Francesco 6, in totale spendiamo io 21 sloty e lui 25, comprensivi di birra. Ci sediamo poi ad un tavolino, circondati da tante piante poste sugli scaffali o penzolanti dal soffitto, sembra quasi di essere in una serra con uso di cucina… Evidentemente è un posto molto frequentato, dopo poco si crea una bella fila al bancone, ma i camerieri, tutti giovanissimi e molto gentili, se la cavano con grande disinvoltura. Quando usciamo decidiamo di provare un altro posto tipico e molto conosciuto del centro, il caffè Camelot, anch’esso molto carino, con spazio esterno in una piccola rientranza del marciapiede ed interno in stanze arredate in stile shabby chic (molto romantiche) ed in un giardinetto, un po’meno bello. Beviamo due caffè espresso, poi vorremmo visitare il museo della Farmacia, in via Florianska, ma scopriamo che chiuderà alle 15, fra pochi minuti, quindi rinunciamo.
Il piano B prevederebbe la visita di Nowa Huta, il quartiere voluto da Stalin come sede delle acciaierie dalle quali prese poi il via il movimento di Solidarnosc. L’esperimento di “città ideale socialista” si scontrò con la volontà dei suoi abitanti; anche un certo Karol Wojtyla, all’epoca arcivescovo di Cracovia, spese grandi energie perché nel quartiere venisse costruita almeno una chiesa (Arka Pana, 1977). Con la caduta del socialismo il quartiere conobbe un grande degrado, sulla piazza principale la statua di Stalin fu sostituita con quella di Ronald Reagan. Attualmente, la marcata identità socialista ha portato ad un certo risveglio dell’interesse e della curiosità dei turisti di vedere un pezzo di Polonia ormai scomparso e per questo molto vintage. Quando si dice gli scherzi del destino!
All’ufficio turistico abbiamo preso informazioni su come arrivare, ma un po’ il gran caldo, un po’ la poco entusiastica opinione di una collega che ha appena visitato il quartiere, ci fanno desistere dall’impresa. Poco male, ce ne andremo in giro per Cracovia facendoci guidare dal nostro istinto e dalla curiosità, finalmente senza mappe alla mano, tanto qui non ci si perde mai e ci si ritrova sempre sulla grande Rynek Glowny. Per prima cosa vediamo il teatro Slowacki, bell’esempio di architettura eclettica polacca, molto simile all’Operà di Parigi, soprattutto nella grande cupola verde. Costeggiamo poi la porta Florianska, e dalla parte opposta, su Via Jana, ci troviamo di fronte al museo Czartoryski, famoso soprattutto perché in passato ha ospitato la “Dama con l’ermellino” di Leonardo da Vinci: come spiega un cartello affisso su una delle porte del museo, è stata trasferita al museo Nazionale di Cracovia, a 20 minuti da qui. La notizia non ci turba, visto che non avevamo in programma di vedere la Dama, quindi proseguiamo la nostra piacevole passeggiata, trovandoci improvvisamente davanti ad un giardino che attira la nostra curiosità: addossate alla parete di una chiesa tante piccole celle, ciascuna sormontata da una croce. Sono le stazioni della via crucis della Chiesa di San Casimiro principe, assolutamente da non perdere. In fondo a questa via il Palazzo delle arti, in stile secessionista viennese: tutt’attorno all’edificio corre un fregio dorato che raffigura il destino dell’uomo (o dell’artista) nelle varie epoche della vita. Di fronte al palazzo, una fontana a forma di conchiglia segna l’inizio dell’enorme piazza Szczepanski, circondata da bellissimi palazzi Liberty.
Tutte queste piacevoli sorprese ci spronano a proseguire la nostra camminata lungo vie silenziose e altre no, palazzi antichi e belli ed altri meno. Stanchi di camminare per strada entriamo nel Planty, il giardino che avvolge tutto il centro storico di Cracovia, sorto là dove un tempo c’erano le mura medievali, in alcuni punti ancora visibili. Arriviamo in breve sul lungo fiume, ai piedi della collina del Wawel, vicino alla statua del drago, altra figura leggendaria della città, su cui i bambini si arrampicano felici. Poco più in là una specie di “Walk of fame” con le impronte delle mani di registi ed attori americani e polacchi.
Imbocchiamo infine Via Geltrudy, quella del nostro hotel: oggi è stata una giornata molto calda, una doccia ed un po’ di riposo sono indispensabili. Alle 21 eccoci in piena forma all’ingresso dell’ ”Anatra nera”: c’è tanta gente, ma avendo prenotato ci sediamo subito. Il gestore della prima sera non c’è, al suo posto la mamma, che si aggira fra i tavoli scambiando chiacchiere con i clienti. Finalmente posso assaggiare i pierogi, non vedo l’ora, Francesco invece ordina l’anatra con la salsa ai mirtilli. Purtroppo rimango delusa, i tortelli si rivelano insipidi e mollicci, insomma, niente di che… Terminata la cena ci fermiamo a fare due chiacchiere anche noi con la proprietaria del ristorante, un vero vulcano di parole: la signora ha la massima ammirazione per le donne italiane, secondo lei sempre impeccabili per il trucco, parrucco e accessori coordinati con gli abiti. La cosa che l’ha maggiormente stupita, durante le sue visite in Italia, è stata la nostra abilità di andare in bicicletta con i tacchi alti… e che ci vuole?
Ridendo e scherzando siamo arrivati alla nostra ultima serata: non possiamo fare a meno di dare un ultimo sguardo alla Rynek Glowny, il salotto buono di Cracovia, cuore pulsante delle tante attività che le conferiscono un fascino infinito. All’ennesimo suono dell’hejnal salutiamo questa città che ci ha piacevolmente stupito anche per i suoi contrasti. La vitalità delle grandi piazze e il silenzio quasi irreale di alcune strade, l’oro esagerato delle sue chiese, dove però la gente prega con grande fervore e trasporto. E ancora il rumore che sa di antico degli zoccoli dei cavalli che scarrozzano i turisti pigri e i moderni golf-cart che sfrecciano veloci da una parte all’altra della città.
BYE BYE CRACOVIA
Ultima colazione ottima e abbondante, gadget di addio offerto dalla reception, poi trolley alla mano si va a piedi verso la stazione. Una sosta di una mezz’oretta alla Galleria Krakovska, l’enorme centro commerciale con bei negozi delle migliori marche europee, poi ci incamminiamo alla fermata del bus 208 che non riusciamo a trovare perdendoci fra sale d’aspetto dell’autostazione e la biglietteria ferroviaria. Le persone che incontriamo non parlano inglese, ahimè, quindi ci mettiamo in fila davanti alla biglietteria dell’autostazione, poco convinti. Infatti la bigliettaia ci dice che quella biglietteria è per i bus a lunga percorrenza, il nostro ferma pochi metri più in là. Corriamo più veloci della luce e riusciamo a salire, facendo il biglietto alla macchinetta interna. Dopo una mezz’ora siamo all’aeroporto, dove pranziamo utilizzando gli ultimi sloty rimasti. La nostra avventura finisce con una fetta di sernik, la cheese cake made in Polonia, buona, devo dire. È un saluto dolce, così come lo sono stati questi pochi giorni di vacanza, intensi e caldi… e noi che cercavamo il freddo!