Vacanza mare e monti
Martedì 14 agosto, si parte da Roma per Tirana con grande fiducia: mari e monti ci aspettano!
Sbarco all’aeroporto di Tirana intorno alle 21:00, cerchiamo di fare un prelievo per pagare il taxi che ci porterà in albergo. Niente, abbiamo provato tutti i bancomat con tutte le carte possedute, niente prelievo. Ci dicono che i taxi (e non solo) accettano soldi in euro e quindi ci tranquillizziamo. Veniamo abbordati da un tassista appena usciti dall’aeroporto e concordiamo il prezzo della corsa a 20 euro. Bene, ci dirigiamo verso l’albergo, ma il tassista non conosce la strada, non ha il navigatore ma neanche il corrispondente del nostro vecchio caro ‘tuttocittà’. Fortunatamente Manlio ha il navigatore con le mappe accessibili offline e indica la strada al povero tassista, mah! Finalmente in albergo a Tirana, carino peccato che abbiamo la stanza mansardata e noi due siamo discretamente alti, quindi sbattiamo la testa ovunque. Chissà perché non ci hanno dato una stanza più comoda visto che l’albergo è vuoto? Mah! Andiamo alla reception paghiamo e la signora ci fa pagare 450 lek, anziché 4.500 in seguito si accorge dell’errore e provvediamo al pagamento della differenza, mah! Le chiediamo dove trovare un bancomat e un ristorante consigliabile, niente non lo sa. Prova a darci il nome di un ristorante ma proprio non si ricorda il nome e neanche con la ricerca su internet e con l’aiuto da casa (una persona al telefono) la situazione cambia. Così usciamo e troviamo un bancomat a 200 metri dove preleviamo e scegliamo una ‘zgara’ (griglieria) qualunque per mangiare le meat ball che sono buone ma non sono sferiche! Mah! Mercoledì 15 si parte per Scutari, andiamo alla stazione, prendiamo il bus… 100 km in 3,5 ore. Un traffico esagerato! L’autista un esaurito, ha suonato il clacson in continuazione senza motivo, ha fatto degli inutili sorpassi rischiosissimi per guadagnare 10 metri, insomma un pazzo. Mah!
Arriviamo a Scutari, prendiamo un taxi che per fare 2,5 km ci chiede 5 euro. Durante il tragitto ci dice ripetutamente ‘Roma, Colli Albani’ e ci fa capire che ha dei fratelli a Roma che abitano in prossimità della fermata metropolitana… parla parla e il mio navigatore mi evidenzia che la nostra destinazione ora è più lontana di quanto lo fosse all’inizio quando siamo saliti in macchina, ora siamo distanti 5 km, quindi siamo fuori strada. Faccio notare il problema al tassista, ma lui si guarda intorno, vede scritto ‘guesthouse’ e dice che siamo arrivati… Ma non dove avevamo chiesto noi. Panico! Chiediamo al tassista di seguire il nostro navigatore ma in ogni punto contestava il tragitto… Ha cominciato ad inveire e darsi botte in testa e ripetere ‘schifo Albania, schifo Albania’. Ma nonostante la sua resistenza il navigatore ci ha salvati. Mah! Da quel momento eravamo coperti da un pacchetto turistico acquistato su internet (vado in Albania) che comprendeva una notte a Scutari, trasferimento in bus a Valbona, una notte a Valbona, trekking con guida tra Valbona e Theth e una notte a Theth alla quale noi ne abbiamo aggiunto altre tre per fare trekking in autonomia a Theth. A Scutari pernottiamo in un ostello, con bagno in comune, non eravamo preparati all’idea. Pensavamo una sistemazione semplice ma non fino a quel livello. Va bene, siamo i soliti italiani schizzinosi! Avevamo un pomeriggio e una serata da vivere a Scutari, così abbiamo fatto un giro in città: palazzi bassi in stile popolare, cani randagi, uomini (rigorosamente solo uomini) seduti nei bar, insomma sembrava di essere nel nord Africa. Poi siamo andati a visitare il castello e abbiamo cenato nella zona pedonale in un ristorante con menù fisso vegetariano molto carino.
Ore 6:30 del 17 Agosto vengono a prelevarci all’ostello per portarci all’imbarco del traghetto del lago Koman. Navigazione in mezzo al canyon, con tanta vegetazione, molto bello. Ma 2,5 ore di navigazione sono davvero tante e l’entusiasmo scema un po’. Sbarchiamo a Fierze, dove ci caricano su un furgone insieme ad altri turisti: musica albanese a tutto volume, curve a tutta velocità, aria condizionata rotta (sono sempre più convinta di essere nel nord Africa)! Facciamo leggere l’indirizzo all’autista che ci lascia davanti una casa dove c’era un ragazzo con il quale parla a lungo mostrandogli il nostro foglio di carta e alla fine ci dice che siamo arrivati. E ci voleva tanto? Mah! Scopriamo poi che il nome della struttura in cui ci hanno portato è diverso da quello presente nel nostro foglio. Ma non fa niente. La Guest House è una casa interamente di legno a due piani: al piano terra il ristorante e al piano superiore 4 stanze e 2 bagni. Le stanze hanno il tetto spiovente, due letti singoli, una piccola finestra un comodino tra i due letti e due paia di ciabatte di gomma, solo guardando il bagno abbiamo realizzato che erano indispensabili per entrare in bagno. Il bagno esterno alla stanza, infatti, è un piccolo corridoio con finestra, water e un cestino per buttare la carta igienica (visto che le fognature sono troppo piccole in tutto il paese), un piccolissimo lavandino per lavare le mani e un rubinetto della doccia piazzato nel mezzo della parete. Piatti e box doccia: questi sconosciuti! Mah! Valbona: praticamente una strada asfaltata di circa 2 km con qualche casa distante una dall’altra. Sì trova ad un’altitudine di circa 6-700 metri ma è chiusa dentro alcune montagne molto vicine che sembrano alte ma in realtà superano di poco i 1.000 metri. Insomma un bluff, perché credi di stare in alta montagna e invece sei in collina.
Il giorno dopo alle 08:30 si parte per il passo di Valbona con la nostra guida Jimmi, che avevamo conosciuto già il giorno prima. Ci propone di farci accompagnare per 20 euro all’inizio della montagna con la Jeep del gestore della Guest House. In questo modo abbiamo evitato un percorso di circa 2 km fatto solo di sassi (come un letto di un fiume) con il nostro zaino un po’ pesante perché conteneva quanto necessario per 5 giorni. Iniziamo il percorso verso Theth, lasciato il tratto percorso con la jeep inizia una salita molto ripida senza tregua, poi il percorso diventa più apprezzabile fino ad arrivare sul punto più alto del passo: carino, ma niente di imperdibile. Superato il picco inizia un tratto caratterizzata da una folta presenza di faggi che ci ricorda vagamente lo scenario delle foreste casentinesi. Il problema è che il percorso parte da Valbona che è bassa e arriva a Theth che è anch’essa bassa, ma il passo di trova a 1.600 metri. Quindi tanta strada e fatica e poca soddisfazione. Anche gli ultimi 2 km circa del percorso a Theth è fatto di sassi e non da alcuna soddisfazione. Mah! Arriviamo a Theth e la nostra guida ci informa che rispetto a quanto scritto sul nostro foglio di prenotazione la Guest House è diversa e va bene! Sì tratta di una piccola fattoria con una mucca, tre maialini che giravano indisturbati nel prato e qualche gallina. La casa è di muro ma tappezzata in legno, con letto matrimoniale, uno singolo e tre comodini, senza un armadio. Anche qui necessarie le ciabatte di gomma rese disponibili dalla struttura per entrare nel bagno durante o dopo l’uso della doccia che consiste sempre in un rubinetto piazzato nella parete senza alcun a recinzione, in questo caso il getto della doccia era orientato proprio verso la presa dello scaldabagno. Geniale! Mah! Facciamo una passeggiata nel villaggio di Theth e troviamo un Turist Information dove otteniamo alcune informazioni verbali sui possibili percorsi di trekking ma non avevano una mappa del posto… perché ‘erano finite’. Mah! Theth: una strada sterrata, un ponte, un fiume, poche case, un mini market, un fast food, due ristoranti insieme a fuori strada e diversi quad che sfrecciano. Per il giorno dopo decidiamo di andare all’Occhio blu e alle cascate Grunas, queste sono le tappe obbligate di chi si trattiene per più di una notte a Theth.
Sveglia di buonora, colazione a base di frittelle tipiche albanesi, miele, marmellata, formaggio simile alla feta e acqua! Abbiamo chiesto del latte o dello yogurt, ma non ne avevano perché la mucca era gravida e non produceva latte! Mah! Partenza verso l’Occhio blu. Percorriamo una strada sterrata ma carrabile… lunga e assolata. Mi viene il dubbio che in Albania non sia chiaro il concetto della parola ‘trekking’, una noia mortale, caldo e polvere alzata dalle auto. Incontriamo il canyon, un ponticello da cui puoi vedere la fenditura della montagna ad opera del piccolo fiume che scorre sotto il ponte. Carino! Dopo aver camminato ancora, incontriamo un piccolo lago con delle rocce modellate dall’acqua (molto carino!) in prossimità di un ristorante dove c’era un povero agnello intero infilzato sullo spiedo che girava sopra la brace. Camminando ancora un po’ arriviamo all’Occhio blu, che è un piccolo lago alimentato da una sorgente di acqua freddissima, dal colore blu intenso, molto carino. Proviamo ad inserire i piedi in acqua… non resistiamo per più di trenta secondi, freddissima! Eppure c’era una ragazza con costume sexy e accessoriata con una vestaglia di velo bianca che posava per fare foto sexy principalmente del suo carnoso lato B, con le gambe immerse nell’acqua. Ci chiediamo come potesse resistere al freddo per tutto quel tempo, ma guardandola bene non era l’unica domanda che ci veniva in mente…
Lasciamo l’Occhio blu e percorriamo il sentiero da trekking che alcuni italiani conosciuti sul posto ci consigliano e che noi non siamo riusciti a trovare all’andata. Confidiamo in uno scenario migliore di quello dell’andata, meglio sicuramente ma sempre molto poco suggestivo. Ci disperiamo per trovare le cascate di Grunas che sono quasi sulla strada di ritorno, ma non sono assolutamente segnalate. Troviamo altre persone che come noi non sapevamo come arrivare… Fortunatamente il navigatore ci ha dato un aiuto e finalmente riusciamo ad arrivare sotto le cascate di 30 metri. Carine! Qualche foto e partenza per Theth, questa volta il percorso è facile da trovare. Ritorniamo stanchissimi per aver percorso così tanti chilometri su un percorso molto poco affascinante! Questo spiega la scelta legittima delle persone che si affidano ai servizi taxi (furgoni e fuori strada) che portano all’Occhio blu! Visto tanto decidiamo di ridurre la nostra permanenza a Theth di almeno un giorno. Chiediamo ai gestori della nostra Guest House di aiutarci ad organizzare il nostro trasferimento a Scutari. Sì tratta di un percorso di 17 km percorribili con mezzi fuori strada privati o con un minibus che però parte ogni giorno alle 12:00. I gestori ci dicono che il taxi costa 100 euro a persona, anzi 1.000 qualcuno ha anche provato a sostenere… Scopriamo poi con l’aiuto della nostra guida che ci aveva accompagnato da Valbona e che era passato a trovarci, che il prezzo è di 10 euro a persona. Bene, ora abbiamo anche la consapevolezza che l’abitante di Theth pensa che il turista sia un idiota e che provi piacere a farsi prendere in giro! Mah!
L’ultimo giorno a Theth proviamo a percorrere la strada che porta a Qafa Pejes, un altro picco delle montagne di Theth. Anche qui un percorso lunghissimo fatto di ciottoli, questa volta ci riteniamo ‘fortunati’ perché è cattivo tempo e quindi non soffriamo troppo il caldo su quel percorso senza un albero.
Inizia a piovere, ci fermiamo in un bar sperduto per capire se è possibile continuare o tornare indietro. Il ragazzo del bar ci dice che per arrivare in cima ci vogliono ancora due ore. Il tempo sembra non peggiorare e quindi proseguiamo, inizia un percorso che finalmente sembra da ‘trekking’ arriviamo in un punto dove si vede la vallata ma sentiamo i rombi dei tuoni e quindi decidiamo di non arrivare fino in cima, anche perché siamo stanchi. Servirebbe ancora un’ora di salita ma ci accontentiamo della vista e decidiamo di tornare indietro. Ultima notte a Theth, il mattino del 20 agosto arriva nostro taxi (fuori strada) con a bordo altre persone, siamo al completo. Inizia il temutissimo percorso sterrato di 17 km, e ne usciamo vivi! Facciamo anche una breve sosta in un bar sulla strada (asfaltata) che porta a Scutari in compagnia di due maialini che pascolano liberi sull’asfalto! Scopriamo successivamente che il pascolo sull’asfalto è molto praticato in Albania, mah! Arrivati a Scutari prendiamo il bus per Tirana che parte dopo pochi minuti, ne parte uno l’ora dalla piazza principale. Anche in questo caso impieghiamo tre ore e mezzo per percorrere 100 km… assurdo! Torniamo nel nostro albergo, ormai conosciamo la strada, ci sistemiamo e andiamo a visitare Tirana. Destinazione centro e visita museo bunk’art 2. Arriviamo nella piazza principale, dove c’è il museo storico con un fantastico mosaico sulla facciata, l’hotel Plaza, la statua del valoroso eroe Castriota e le fontane che si attivano a turno in diversi angoli della piazza. Non pensavo… ma è bella! Inoltre i palazzi in stile comunista sono stati resi interessanti grazie ad un opera corale di ristrutturazione e l’uso di colori sgargianti per le facciate. Insomma, ci hanno provato a rendere bella questa città e per il mio gusto ci sono anche riusciti. Anche qui una zona pedonale molto carina, con bar e ristoranti. Bella! Ho scoperto poi che il merito è dell’ex sindaco che ha governato Tirana per oltre 10 anni, Edi Rama, oggi primo ministro. Verso il tramonto andiamo a visitare il museo che chiude alle 21:00. Bunk’Art 2: meraviglioso! Descrive la storia delle forze armate dell’Albania. Entri nel bunker senza luce naturale, con suoni molto suggestivi (ad esempio una vecchia radio che trasmette il discorso del dittatore, le canzoni per incoraggiare i soldati, ecc.) che ti fanno vivere emotivamente il periodo. Nel suo genere: Bellissimo! Cena nel ristorante Oda recensito su TripAdvisor, siamo stati accolti con l’espressione ‘my friends’, da un cameriere un po’ troppo espansivo, abbiamo mangiato un’ottima mussaka che, a sentire i ristoratori sembra essere un piatto tradizionale, ma se parli con un albanese sincero ti dice che non è affatto vero. Comunque abbiamo mangiato complessivamente bene.
Il giorno dopo volevamo prenderci un riscatto dalla montagna. A Tirana, infatti, c’è un funivia che porta sul monte Dajiti definito il balcone di Tirana, avevamo letto che dalla funivia parte un percorso di trekking, così armati di scarponi e mantella (minacciava pioggia) ci siamo avventurati. Siamo arrivati in cima dove abbiamo trovato una bruttissima costruzione diroccata sopra la quale svettavano delle enormi antenne telefoniche. Praticamente l’obiettivo non era facile da capire, abbiamo provato a girare intorno ma abbiamo trovato un cartello di zona off limita recintata con filo spinato… Mah! Ci arrendiamo all’idea che eravamo arrivati e a guardare bene dietro una siepe si vedeva Tirana. Decidiamo di fermarci per il pranzo (al sacco) ma la pioggia non ci da tregua… Giornataccia! Approfittiamo della precoce ritirata per andare a visitare il Bunk’Art 1 che si trova molto vicino alla stazione della funivia. Anche questa un’esperienza molto interessante… Ma è enorme, non finisce mai! Bello, e come è accaduto il giorno prima in fase di chiusura del museo gli addetti con grande disponibilità ci hanno lasciato fare un giro veloce per riuscire a vedere la parte finale del museo oltre l’orario di chiusura e ne hanno approfittato per darci anche qualche spiegazione. Carinissimi, se fossero tutti così! Cena in un ristorante vicino l’albergo… Sembrava interessante, ma ci hanno portato diversi piatti alla griglia tutti bruciati… Mah!
Il giorno dopo (22 agosto) andiamo a ritirare all’hotel Plaza l’auto a noleggio prenotata prima di partire. Una fiammante Ford Fiesta rossa sporca, infatti non avevano avuto il tempo di lavare dopo l’ultimo noleggio. Mah! Sì parte, destinazione Ksamil: mare! 289 km percorsi in 5,5 ore, un viaggio infinito! Arriviamo a Ksamil, dopo essere saliti e scesi dalle montagne della ‘riviera albanese’. Abbiamo prenotato una sistemazione con Airbnb: praticamente una piccionaia. Mansarda piccolissima questa volta senza ciabatte di cortesia, ma piena di tappeti utili ad asciugarsi i piedi dopo la doccia senza argini. Fortunatamente siamo riusciti ad ottenere per le due notti successive una stanza più comoda nella stesa struttura. La mattina c’è bel tempo e decidiamo di andare nella seconda spiaggia più bella secondo TripAdvisor (Mirror beach), ma il navigatore ci porta dritti dritti nella spiaggia di Pulebharda… nessuna indicazione di Mirror, pazienza! Dall’alto Pulebharda sembra bellissima, mare turchese con tante sfumature di azzurro circondata da rocce. Non ci pensiamo un attimo, è la nostra spiaggia! Affollatissima, ma pensiamo che avremmo passato la gran parte del tempo in acqua, quindi non ce ne preoccupiamo. Purtroppo non è andata esattamente così. Entriamo in acqua, pulitissima e molto bella… in superficie. Una volta immersa la testa… acqua limpida ma non c’è niente! Solo qualche pesciolino sparuto e niente più! Noia mortale, eppure lo scenario è bellissimo! E le foto? Meravigliose… ma sott’acqua proprio niente!
Il giorno dopo giochiamo in difensiva, cerchiamo una spiaggia meno nota e meno affollata e troviamo Heaven beach. Molto più bella di quella del giorno prima… poca gente e nel mare qualcosa da guardare, qualche pesciolino e qualche scoglio apprezzabile. Ci riconsoliamo e riprendiamo fiducia nel mare albanese. Nel tardo pomeriggio decidiamo di visitare l’area archeologica di Butrinto vicinissima a Ksamil, molto bella, ben tenuta, meritevole! È anche un’ottima occasione per vedere la splendida laguna del parco di Butrinto sulla quale non ci sono altre occasioni utili per viverla.
Il giorno dopo, facciamo i bagagli per spostarci verso Himare dove abbiamo una prenotazione per altre tre notti. Passiamo in altre spiagge considerate tra le 10 più belle da TripAdvisor… Lukova e Borsh. Due enormi spiaggioni senza alcuna attrattiva, un mare desolato! L’unica cosa bella è stato il cielo diviso a metà. Mezzo nero con tuoni e fulmini e mezzo celeste. La divisione si riflette sul mare… Un effetto stranissimo! Arriviamo ad Himare, alloggiamo in una vecchia casa dall’aspetto molto popolare. L’appartamento è apprezzabile, ma l’esterno è pieno di cavi elettrici che sembrano una ragnatela. Ma perché? Himare è un paese più classico. Banalmente ha un lungo mare con bar e ristoranti, che invece Ksamil non aveva. Carino! Andiamo a cenare in un ristorante consigliato dal proprietario di casa. Grigliata di pesce buona… ma è pieno di italiani con bambini isterici e alienati con cellulari e tablet!
Il mattino dopo scegliamo come meta per la giornata Porto Palermo, che avevamo visto di passaggio andando e tornando da Ksamil. Giornatona di sole e cielo sereno! Porto Palermo ha un porticciolo e affianco una lingua di terra che porta al castello. La lingua di terra crea due insenature nei due versanti sulle quali hanno disposto una sola fila di lettini anche discretamente distanziati. Bello, purtroppo il fondale non ci dà nessuna soddisfazione… tutto vuoto! Pranziamo nel ristorante di fronte la spiaggia, cameriere antipaticissimo che ci ha redarguito durante l’ordinazione perché perdeva troppo tempo. Mah! Assistiamo alle manovre di entrata e uscita dal mare di barche e gommoni. Fino a quando, nel primo pomeriggio, un gruppo di uomini adulti mettono in acqua il gommone, ancorandolo all’interno della zona balneabile, musica disco a tutto volume, tuffi, spintoni, e grida! Sembravano delle scimmie indispettite. Che zozzeria!
La sera rimaniamo a Himare per la cena e andiamo a provare una taverna sotto casa che ha una buona recensione su TripAdvisor. Chiediamo i cibi tradizionali, pasticcio di pasta, mussaka… Ma non c’è niente di tutto ciò! Eppure, si legge che gli albanesi sono nazionalisti e amano le tradizioni! Mah!
Il giorno dopo: pioggia incessante fino al tardo pomeriggio, niente mare. Andiamo a cercare i souvenir… Grande tristezza! Si trovano: bandierine, tazze, cappelli, teli da mare e magliette (un solo modello) rosse con lo stemma dell’Albania che da lontano sembra un ragno e invece sono due aquile. Sacchette porta oggetti tipicamente cinesi con scritto Albania, piramidi fermacarte e calamite con bandiera o con madre Teresa. Impossibile acquistare qualcosa per persone a cui si vuole bene. Così cerchiamo nel negozio di alimentari qualcosa di tipico e decidiamo di acquistare dei salamini… Non fosse altro che non devono rimanere a lungo in casa! Poi giriamo in lungo e in largo per Himare ma il tempo non passa mai! A pranzo andiamo a provare il ristorante più votato da TripAdvisor e che solo a pranzo servono piatti tradizionali. Finalmente riusciamo ad assaggiare il famoso Pastitio che non è altro che un timballo di bucatini bianchi passati al forno con un po’ di besciamella.
Il giorno dopo dobbiamo lasciare Himare per andare a Orikum, l’ultima tappa del nostro viaggio. Fortunatamente è tornato il sole e possiamo andare a visitare la più bella spiaggia dell’Albania: Gjipe. A pochi km da Himare si lascia la macchina al posteggio e si prosegue a piedi per 1,5 Km su una strada accessibile solo ai fuori strada. Finalmente si vede in lontananza la spiaggia e in effetti è molto bella e neanche affollatissima! Entriamo in acqua con la solita diffidenza… ma questa volta qualcosa di animato in acqua c’è, anche se non è tantissimo! Un bel banco di pesci neri che però nuotavano nel fondale sabbioso e non intorno agli scogli (pure i pesci sono strani in Albania), degli scogli carini un po’ di posidonia, insomma quanto basta per decidere anche di fare qualche foto subacquea. Bello finalmente e divertente! Finita la giornata di mare ci dirigiamo a Orikum, una cittadina assurda. Stradoni con palazzi di pochi piani in stile popolare, pochi negozi, tanti bar che vendono solo caffè e forse birra. Il lungo mare senza marciapiede, è una strada con qualche ristorante lontano l’uno dall’altro, che per vedere il menu devi ogni volta spostarti con la macchina. Pernottiamo in una mansarda spaziosa, arredata come se fosse una casa vissuta, con foto centrini, vasi e altro. I gestori non parlano ne italiano ne inglese quindi la comunicazione è impossibile, ma si dimostrano profondamente intenzionati a comunicare (con i gesti e con parole che noi non capiamo). Andiamo a cena da Blu Dream il “Re della pesca” titolo affidatogli da una recensione di TripAdvisor, arriviamo al civico e ci fermiamo con la macchina, entriamo in un ristorante vuoto che si chiama Barracuda e chiediamo del Blu Dream e ci dicono che era quello, ha cambiato nome. Ci vengono incontro il proprietario e la mamma che parlano italiano, ci fanno accomodare, ci mandano il cameriere che non parla ne inglese ne italiano, poi viene il proprietario che parla italiano a prendere l’ordine. Ordiniamo il formaggio alla griglia (cacio cavallo) e due pesci alla griglia. Dopo un po’ si presenta il cameriere farfuglia qualcosa con il “cheese”…ma non capiamo. Poco dopo arriva il formaggio alla griglia che però era Grana Padano, una malloppa insapore. Pensavano che non ce ne saremmo accorti? Mah! Il lungomare, anche se di notte si vede che consiste in una piccola striscia di spiaggia utile per una fila di ombrelloni, con alle spalle la strada senza marciapiede. Una tristezza! Chiediamo al cameriere la spiaggia più bella e ci dice “Gjipe”!
La mattina fiduciosi grazie al fatto che mancavano solo due giorni di permanenza nel paese dell’assurdo, andiamo in una spiaggia artificiale a Redhime, lettini distanziati, pochissime persone, lontano dalla strada (era una piattaforma di cemento con la ghiaia sopra) mare azzurro e qualche scoglio. Sembra tutto perfetto, ma l’acqua è un po’ mossa e non si vede niente, peggio che fare il bagno al lago. Tutta sospensione, non si vedono neanche i piedi figurati i pesci! Passa un venditore ambulante di frutta e compriamo le giuggiole, sfiziose! Pranziamo in un ristorante sopra lo stabilimento, ho preso una pasta con i gamberi che era molto scotta, ma il sugo buonissimo! E bravo il cuoco russo! (come ci ha confidato il cameriere).
Decidiamo di andare a Valona per informarci su un’eventuale escursione nella penisola di Karaburun, riserva naturale e zona militare non percorribile via terra raggiungibile solo via mare. Così andiamo al porto di Valona, troviamo un traghetto che sembra faccia giri turistici ma il programma è solo in albanese, proviamo a chiedere ad una persona che mostra di non capire e non sapere, fortunatamente attiriamo l’attenzione di un uomo che sta ormeggiando il gommone e che in italiano ci dice di aspettarlo che ci aiuta lui a trovare ciò che cerchiamo. Si tratta di un albanese trapiantato a Bologna, che con qualche telefonata ci procura una prenotazione per fare un giro con una piccola imbarcazione per un prezzo di 20 euro a persona. La sera invece troviamo all’inizio di Valona dei ristoranti affollati, quindi decidiamo di fermarci lì. Solita grigliata di pesce bruciacchiata. Valona è una strana città con un lungo mare molto spazioso, marciapiedi enormi, pista ciclabile, corsie per le macchine… tutto enorme! Sembra di stare a Maiami. È simpatica!
La mattina ci troviamo al porto di Valona alle 9:00 in punto, eccitati per quella che pensiamo possa essere una delle più belle esperienze di mare albanese.
Partiamo verso le 10:00 destinazione grotta marina Haxhi Alia, bella! È una grotta molto alta, facciamo il bagno, ma il fondale non è chiaro perché davanti all’entrata c’è uno scoglio e non entrano raggi per illuminare il fondo. Risaliamo in barca, e ci scaricano su una spiaggia anonima dove veniamo abbandonati per tutto il giorno. A mano a mano arrivano altre barche che scaricano persone, fino a quando non arriva anche il traghetto che avevamo visto al porto che scarica un fiume di gente. Quindi neanche la tranquillità, lo stabilimento è pieno. L’acqua è torbida, non si vedono i piedi… un sequestro di persona. Fortunatamente in barca conosciamo delle persone albanesi molto gradevoli, che ci raccontano un po’ dell’Albania. Grazie a loro capiamo come mai gli albanesi con uno stipendio medio di 400 euro mensili possono permettersi macchine di lusso esagerate. Coltivano marijuana! La sera vado a verificare l’informazione e scopro che l’Albania è definita la Colombia dell’Europa! Il colpo finale… questa Albania proprio non ci piace per niente. Fortunatamente domani si parte. Il volo per Roma è previsto per le 21:00, noi dobbiamo tornare a Tirana ma c’è tanto tempo. Allora decidiamo di passare a Berat, durante il percorso prendiamo una profonda buca che deforma il cerchione e la ruota si sgonfia. Manlio cambia la ruota, poi cerchiamo un gommista, insomma perdiamo più di un’ora. Arriviamo a Berat, fa un caldo atroce e non abbiamo molto tempo. Percorriamo una strada in salita perché troviamo un cartello che dice “città medievale” poi chiediamo ad un operaio che fa la pavimentazione su quella strada (proprio ad agosto) cosa c’è in cima e scopriamo che porta al castello. Ma la specialità di Berat sono le case ottomane, quindi decidiamo di tornare indietro! Giriamo a fatica in mezzo alle case per il caldo insopportabile e troviamo una casa che propone pasti, così ci fermiamo a mangiare spendendo gli ultimi soldi albanesi per due enormi involtini di vitella, con prosciutto e formaggio e fritti con uno strato di frittata esterna. Lasciamo Berat e ci dirigiamo in aeroporto e torniamo a casa con grande entusiasmo.
Bye bye Albania!