Lanzarote on the road

Alla scoperta dell'isola di Cesar Manrique
Scritto da: GP14
lanzarote on the road
Partenza il: 27/03/2018
Ritorno il: 01/04/2018
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
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Indice dei contenuti

Arrivate in aeroporto al mattino prestissimo abbiamo atteso un pochino il bagaglio e ci siamo immediatamente recate allo sportello della Cicar x ritirare l’auto, pratica velocissima. Tra l’altro potete chiedere il secondo conducente senza pagare nulla. Dall’aeroporto al nostro appartamento abbiamo impiegato circa 10 min (tenete presente che l’isola si gira in lungo e in largo in pochissimo tempo). Giusto il tempo di lasciare le valigie nell’appartamento e ci siamo dirette a Mirador del Rio, prendendo la strada per Haria. Arriviamo in circa 45 minuti. Le strade sono perfette, asfaltate, e la segnaletica perfetta ma senza parapetti lungo i percorsi in salita con strapiombi e paesaggi che definirei lunari. Vi consiglio di andare piano e di fare un bel respiro se soffrite di vertigini. Una volta parcheggiata l’auto abbiamo fatto il biglietto (2.85 euro a persona ma quel giorno c’era il 40% di sconto).

Mirador del Rio è un’attrazione come tutte le altre costruite da Cesar Manrique. Si trova a 500 mt di altitudine. C’è un bar ristorante dotato di una grande vetrata per ammirare il panorama e di fronte si scorge Isla Graciosa. Potete ammirare lo stesso panorama da fuori lungo un sentiero. A 5 min di strada, seguendo le indicazioni stradali, siamo arrivate a Cueva De Los Verdes (qui abbiamo optato per l’acquisto del ticket x 3 attrazioni a 21 euro per persona), una serie di grotte sovrapposte e cunicoli, a tratti molto strette e molto basse di circa 8 km, ma non si percorrono tutti. Nella parte più profonda c’è un anfiteatro dove si svolgono eventi e musica. Qui vi è un’enorme grotta dove è nascosta la sorpresa che rimarrà un segreto anche nel mio racconto. Una pecca è stata la guida, parla solo inglese e spagnolo. A un minuto dal parcheggio c’è Jameos dell’Agua, grotte sotterranee trasformate da Manrique in centro culturale. Scendendo la scalinata, superando il bar-ristorante c’è una piscina naturale dove vedrete i famosi granchi albini. I il resto niente di attrattivo almeno per i nostri gusti. A 9 km e con ottime indicazioni stradali si arriva a Jardin De Cactus che è un grande giardino creato da Manrique con oltre 1500 cactus provenienti da tutto il mondo,ordinato e pulito se non sei particolarmente un’appassionata in un oretta visiti l’attrazione salendo anche sul mulino a vento per ammirare il paesaggio.

2° giorno

Da Puerto Del Carmen, percorrendo la strada per Yaiza e seguendo le indicazioni (arrivate presto per evitare le code) in mezz’ora siamo arrivate al Parco del Timanfaya. Il biglietto costa 10 euro a persona e si paga rimanendo in auto perché si deve proseguire fino al parcheggio salendo delle ripide strade. Una volta arrivate al parcheggio siamo salite sul bus che ci ha condotte per 50 min in un tour di circa 14 km. Mette i brividi per le strade strette, per il panorama unico nel suo genere. Solo crateri e paesaggi lunari. Terminato il tour si assiste alla dimostrazione del calore del sottosuolo (400 gradi) dapprima facendoci tenere in mano dei sassolini caldissimi raccolti da terra, poi accendendo della paglia, appoggiandola in un cratere sotterraneo e poi attivando dei geyser. Infine, ti fanno visitare il bar-ristorante El Diablo, costruito da Manrique. Su una grossa griglia posta al centro di un cratere cuociono pollo e patate solo con il calore del vulcano. Anche qui la guida parla solo inglese e spagnolo. Ripresa l’auto, dopo circa 20 min eravamo al El Golfo per visitare Charco De Los Clicos. Si riconosce perché è subito dopo una discesa. A sinistra si vedono il parcheggio e il bar-ristorante. Una volta parcheggiata l’auto abbiamo seguito il sentiero che porta a questo laghetto verde contornato da una spiaggia nera con sabbia finissima e nera dorata. Proseguendo, abbiamo fatto sosta a Los Hervideros, una serie di grotte vulcaniche a strapiombo sul mare… più blu del blu. Belle da vedere. Girare e ascoltare. Sì, proprio da ascoltare perché ci sono alcuni punti in cui il mare, sbattendo contro gli scogli crea dei suoni particolarmente piacevoli e rilassanti. Proseguendo abbiamo visto dall’alto Le Salinas De Janubio piramidi di sale marino. Da qui abbiamo proseguito per Playa Blanca. Seguendo le indicazioni per Playa Papagayo, dopo 7 km e circa 30 minuti di strada sterrata e dissestata, incolonnandoci dietro le auto e facendo un biglietto di 3 euro (è una zona protetta), siamo arrivate in questa spiaggia tanto rinomata. Dal parcheggio partono 2 scalinate che portano in 2 spiagge e calette con sabbia dorata dove si infrangono le azzurre acque del mare. Purtroppo sono stracolme di bagnanti… anche se l’acqua in questo periodo è molto fredda. C’è un bar-ristorante dove un panino con il prosciutto cotto costa 10 euro e un sandwich 4.70 (quest’ultimo immangiabile). Al ritorno ci siamo fermate a Playa Mujeres, praticamente la copia dell’altra.

3° GIORNO

Abbiamo deciso di dedicare la giornata al relax, ma prima non possiamo fare a meno di visitare la Fondazione Cesar Manrique, la casa che fu abitata dallo stesso artista. E’ unica nel suo genere ed è molto particolare. Si paga l’ingresso e immediatamente ci si tuffa nel cuore e nella mente di colui che ha cambiato il paese, rendendolo turistico più che mai… pur nel rispetto della natura. Da qui, dopo 10 min siamo arrivate a San Bartolomè dove c’è il Monumento del Campesino, creato da Manrique in omaggio agli agricoltori. Si erge sulla strada per cui non si fatica a trovarlo.

Terminate le visite siamo partite da Puerto del Carmen già provviste di panini, frutta e acqua e ci siamo imbattute in Puerto Calero. Penso sia una località vip dove un corto lungomare divide grandi e bellissime imbarcazioni dai negozi di griffe affermate nel mondo, bar-ristoranti di ogni genere. Abbiamo quindi deciso di proseguire per un’altra località. Così, qualche km più avanti, tornando verso Puerto del Carmen, abbiamo imboccato la strada a destra seguendo l’indicazione per Playa Quemada. Presumo sia un villaggio di pescatori che a prima vista ci ha dato l’impressione di non aver spiagge, ma solo scogli. Così, proseguendo, ci siamo ritrovate a Playa Chica dove abbiamo trovato il parcheggio solo dopo una lunga ricerca. Poi abbiamo trovato una spiaggetta color oro e marrone che, a contatto con l’acqua, crea delle sfumature bellissime. Sopra questa spiaggia c’era una sorta di terrazza cementata, con lettini, ombrelloni e un bar. Di queste se ne trovano molte per la città.

L’ultimo giorno lo abbiamo dedicato alla scoperta del lungomare di Puerto del Carmen e al relax nella piscina dei nostri Apartments… prima di riprendere la macchina e tornare in aeroporto per il volo di ritorno alla sera.

Sono stati 4 giorni in cui abbiamo scoperto un’isola che pensavamo fosse da visitare solo per rilassarsi. Invece ha la cultura e l’arte da scoprire… e da divulgare nel mondo.

Qualche consiglio: portate felpa e scarpe comode; affittate l’auto dall’Italia così non perderete tempo in aeroporto. È la terra dell’aloe, acquistatelo perché è quello puro che troverete in ogni forma e per ogni esigenza.



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