Giappone, tutto è perfezione

Un paese dove i servizi funzionano alla perfezione; un paese di divieti, della cultura del cibo e delle tradizioni a esso legate, ma dove la tecnologia è sorprendente, così come la distanza tra le persone, di una gentilezza, onestà, cortesia e rispetto nei confronti del prossimo disarmanti! Un paese sicuro, pulito, dai paesaggi da cartoline di...
Scritto da: Luna Lecci
giappone, tutto è perfezione
Partenza il: 31/08/2016
Ritorno il: 13/09/2016
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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Titolo: Giappone tutto è perfezione!

Data di partenza: 31/08/2016

Data di rientro: 13/09/2016

Range di spesa sostenuto: € 1.600 a persona

Numero di viaggiatori: 2

Temi del viaggio: Cultura, On the road, Terme, Enogastronomia

Destinazioni: Giappone, Tokyo, Kamakura, Kyoto, Nara, Hiroshima, Miyajima, Kanazawa, Takayama, Nikko, Narita, Sol Levante

Descrizione in breve: Un paese dove i servizi funzionano alla perfezione; un paese di divieti, della cultura del cibo e delle tradizioni a esso legate, ma dove la tecnologia è sorprendente, così come la distanza tra le persone, di una gentilezza, onestà, cortesia e rispetto nei confronti del prossimo disarmanti! Un paese sicuro, pulito, dai paesaggi da cartoline di un tempo e futuristici! Un paese dalle tante curiosità e stranezze! Il Sol Levante: tutto da vedere e scoprire!

Volo prenotato on-line dall’Italia su www.aifrance.it

€ 550 a persona per i voli internazionali A/R Roma–Tokyo con la compagnia Alitalia + Air France (scalo a Parigi)

Trasporti

€ 243 a persona per il Japan Rail Pass (Yen 29.119)

€ 32 a persona per bus Narita Tokyo

€ 50 a persona per Metro e bus a Tokyo

€ 15 a persona per Metro e bus a Kyoto

€ 22 a persona da Nikko a Narita

Hotel prenotati su www.booking.com

360 a stanza per 4 notti a Tokyo (Machida) presso il Best Western Rembrandt

€ 262 a stanza per 3 notti a Kyoto presso l’Hearton Hotel

€ 60 a stanza per 1 notte a Hiroshima presso il Reino Inn Hiroshima Peace Park

€ 142 a stanza per 2 notti a Kanazawa presso il Central Hotel Annex 3*

€ 70 a stanza per 1 notte a Nikko presso il Fukko Oyado Kaze 3*

€ 48 a stanza per 1 notte a Narita presso il Narita U-City Hotel 3*

Escursioni

€ 60 a persona sostenute in loco per le entrate ai siti, templi, palazzi, giardini

€ 270 a persona per colazioni, pranzi, spuntini, cene e bevande

€ 130 totali per un po’ di souvenir

PRIMA DELLA PARTENZA

Studio la mappa del Paese, individuo le città che ritengo importanti visitare in una dozzina di giorni e pianifico il viaggio.

Il primo acquisto è il volo; il costo di quelli di linea cresce con l’avvicinarsi della partenza. Ricerco on line su skyscanner e googleflight e scelgo Alitalia-Air France per il Roma-Parigi-Tokyo e ritorno.

Per girare il paese in autonomia, velocemente, senza spendere una fortuna, investimento indispensabile è il Japan Rail Pass al costo di 29.119 ¥ (243 € a persona) per sette giorni, in seconda classe, da acquistare non prima di 3 mesi dalla partenza. Potrei comprarlo on line e mi sarebbe recapitato a casa, ma preferisco recarmi in un’agenzia autorizzata a Roma: l’HIS (http://www.giappone.hisitaly.com/ a Via Barberini 86) dove applicano il cambio più favorevole. Il voucher dovrò cambiarlo in Giappone, al primo utilizzo di una delle reti ferroviarie nipponiche Shinkansen ossia ad alta velocità (non linee Nozomi e Mizuho). Sarà molto più economico rispetto ai biglietti singoli e varrà anche per il traghetto per Miyajima.

Sul sito www.hyperdia.com simulo gli spostamenti col treno, da città a città, nei giorni in cui prevedo di farli. Stampo gli orari delle partenze dei vari treni e i loro tragitti in modo da avere chiare le distanze e i tempi di percorrenza, ma il tutto lo prenoterò in una delle agenzie a Tokyo quando attiverò il JRPass.

Sul sito www.booking.com prenoto tutti i pernottamenti in hotel scegliendoli secondo le recensioni, i prezzi e soprattutto la comodità e vicinanza alle stazioni.

Non consiglio il pocket wi-fi, ovvero il modem portatile (per 7 giorni € 35) poiché negli alberghi il collegamento è sempre gratuito, durante il giorno in cui si gira il Paese in Italia è notte e in qualsiasi stazione si arrivi, presso i tourist information, gentilissimo personale in comprensibile lingua inglese dà indicazioni precise sui siti principali da vedere e come arrivarci.

La valuta giapponese è lo Yen e mentre effettuo il cambio nella mia banca (€ 1 = 114,5 Yen) mi comunicano che con le carte potremmo avere difficoltà a effettuare i prelevamenti per cui porterò più cash del previsto e non me ne pentirò affatto. Il Paese è sicuro, i pagamenti in contanti sono molto apprezzati e utilizzerò la carta di credito solo per saldare alcuni alberghi.

Sarà utile scaricarsi alcune informazioni con foto per identificare i cibi!

Valigia con indumenti comodi ed estivi, una felpa per le zone di montagna o per l’aria condizionata (onnipresente nei luoghi chiusi) e un k-way (può capitare nel tardo pomeriggio un acquazzone repentino, ma in hotel sono sempre disponibili ombrelli).

IL VIAGGIO NEI MINIMI PARTICOLARI

0 giorno: mercoledì 31 agosto 2016: ROMA-TOKYO (con scalo a Parigi)

Partenza da Fiumicino alle 9,15 con volo Alitalia (posti 24A). Due 2 ore e 15 minuti, una bibita con una merendina e siamo a Parigi CDG. Scalo di un paio d’ore e ridecolliamo per Tokyo (NRT) con Air France (posti 47F). Aereo piuttosto comodo, pienissimo, ognuno con un monitor per vari intrattenimenti. Durante le 11 ore e mezza di tragitto servono un aperitivo (snack alle arachidi e bicchiere di champagne), il pranzo (insalatina vegetale, formaggio Camembert, mela, dolcino alla crema per tutti e a scelta pollo con riso e funghi oppure maiale al curry con riso, piselli, carote e patate) e la merenda (gelatino Magnum). Il personale è gentile; volendo, lontano dai pasti, si può chiedere una bibita o uno snack (barretta ai cereali, cioccolatino Mars o salatini).

1° giorno: giovedì 1° settembre 2016: Aeroporto Narita – Tokyo (Machida)

Atterriamo alle 8,30, in Italia è l’una e mezza di notte. La differenza di fuso orario è di 7 ore. Siamo un po’ frastornati, ma già gasatissimi per l’inizio della sognata vacanzina.

Per soggiorni fino a 90 giorni non è necessario alcun visto.

Non commutiamo il voucher per l’attivazione dello Japan Rail Pass perché inizieremo a utilizzarlo fra qualche giorno, ma eventualmente presso l’aeroporto c’è un ufficio apposito.

Tanti taxi, limousine collettive, bus che portano al centro e in qualsiasi zona della metropoli. Sarà bene informarsi prima sulla destinazione iniziale perché le distanze sono enormi!

Abbiamo modo di notare come i taxi abbiano colori differenti secondo le tante cooperative alle quali appartengono. Ce ne sono di arancioni, neri, verdi, bordeaux… quasi tutti con uno dei due sportelli dietro automatico nonostante si tratti di auto semplici!

La nostra prima meta è a due ore di viaggio, Machida, a sud-ovest di Tokyo, zona in cui vive un’amica giapponese, mia ex vicina di casa a Roma da trent’anni, che in questo periodo è in ferie dalla mamma e che coglieremo l’occasione per andare a trovare!

Prendiamo il bus della linea Kanacyù (3.600Y a testa con carta e 3.400Y cash) dal Terminal 1 alle ore 10,45 che arriverà alle 12,45 alla stazione di Machida, uno dei 23 quartieri della metropoli.

Naso appiccicato al finestrino per non perderci nemmeno un centimetro di paesaggio che però al momento non è un granché.

La guida è a sinistra e le indicazioni sono in giapponese: guidare un’auto per noi penso sia quasi impossibile!

La troviamo che ci aspetta alla fermata, è così strano vedersi qui e non per i vicoli di Trastevere! Ci conduce all’albergo prenotato (e scopriamo già saldato dalla sua famiglia!) per noi, il Best Western Rembrandt, veramente molto bello!

La stanza sarà pronta fra una mezz’oretta che impiegheremo sorseggiando un caffè/tea in uno dei numerosissimi Starbucks del Paese. Il prezzo si aggira sui 3 € (939Y tre consumazioni) e non sono poche le persone che ordinano una sola bibita e poi stanno sedute a navigare su internet o a chiacchierare per ore intere.

Check-in nella lussuosissima stanza n. 1302, enorme e fornita di tutto: macchinetta del caffè con cialde Illy, bollitore per il tea, prodotti per il corpo da donna e da uomo della nipponica marca Shiseido.

Il tempo di una doccia, di acquistare insieme alla nostra amica un dolcino e andiamo a prendere un tea a casa della mamma onorati di vedere più che da vicino l’abitazione e le usanze reali di una famiglia giapponese.

Mettendo in pratica lo studio delle buone maniere in questa terra, quando la sig.ra ci apre la porta, non la abbracciamo e baciamo calorosamente come ci verrebbe di fare, ma sorridiamo (mano davanti alla bocca perché non va mostrato nessuno dei 32 denti) e rispettosamente inchino, così come fa lei con lo sguardo basso e le mani congiunte.

Ci mostra le pantofole di cortesia che dovremo indossare lasciando le nostre scarpe fuori. Un’usanza che ritroveremo anche in un altro albergo e, comunque, scalzi si entrerà non poche volte nei luoghi sacri.

Le abbiamo portato qualcosa d’italianissimo: pasta, salsa di pomodoro, parmigiano reggiano, salsa al tartufo, olio al peperoncino e marmellata fatta in casa super bio che sembra apprezzare molto! Lo evinciamo dai mesti sorrisi e da quanto profondamente pieghi il busto con le mani congiunte. Molto curiosi facciamo il giro della casa. E’ ordinatissima, pulitissima e senza troppe suppellettili. Le stanze alle quali si accede da porte scorrevoli hanno il pavimento in paglia (tatami) e di notte vi si appoggerà un futon (materassino di cotone), ora arrotolato e riposto in qualche armadio. Nulla più! Una camera, sempre con tatami, è usata per pregare davanti a una nicchietta dove è allestito un tempietto.

Ci accomodiamo su un divanetto e la mia amica ci confessa l’unica italianità che ha introdotto: la macchinetta Nespresso!

Hanno un cagnolino che si siede vicino la padrona poiché anche per lui è l’ora della merenda. Incredibile vedere come sia educato e aspetta che il suo biscotto sia scartato. Ha un armadietto in cui sono tenute le sue cose e i cibi sono confezionati così bene, che avremmo difficoltà a capire che sono per gli amici animali.

Ci chiedono subito della drammatica situazione in Italia dopo il forte terremoto che ci ha scosso un paio di settimane fa. Che dire? Abbiamo lasciamo tanta tristezza, disperazione e speranza. Inevitabilmente arriviamo a parlare del fatto che siamo arrivati nel paese considerato a più alto rischio sismico. Qui le autorità predispongono cartelli che illustrano i piani da adottare in caso di emergenza (nei siti più turistici anche in lingua inglese), ma la tranquillità la danno le strutture appositamente costruite per resistere ai più forti movimenti della terra. Una volta il mese ne avvertono minimo uno!

Ci congediamo tra tanti inchini, concordandoci per l’indomani sera, quando ceneremo insieme con altri membri della sua famiglia in un locale più che esclusivo.

Usciamo per un giro in quest’area piena di giovani con tanti negozi aperti dalle 10 alle 20, un centro commerciale sotterraneo e uno enorme della catena 109. Quasi tutti i banchi, dove si vendono dolci, salati o cibi cucinati… ci invitano ad assaggiare qualcosa. E’ divertente e, ciò che più ci lascia incuriositi, è il sapore dell’Aceto da dessert (Osuya, Vinegar_word.com), realizzato dalla fermentazione della frutta dai differenti sapori: alle mele, ai mirtilli, alle rose… Il tizio è molto affabile nello spiegarci le proprietà benefiche di questa “bevanda da diluire”.

Curiosi i mini frigoriferi dove lasciare la spesa e continuare il giro per la ricerca degli oggetti più impensabili! L’allarga elastico dei calzini corti, il copri scarpe per pulire per terra, l’omino in gomma chiudi coperchio, l’apri linguetta del barattolo, lo svita tappi di plastica da muro, il guanto panno per vetri, la spazzola pulisci scarpe in raffia o le scope di peli di cavallo…

Molte anche le sale con videogiochi e slot in palazzi con insegne – sembra di stare a Las Vegas – che indicano il Pachinko, un gioco d’azzardo molto diffuso e purtroppo passatempo di persone di tutte le età.

Il giapponese è la lingua ufficiale e in generale l’unica parlata; troveremo pochissime persone che accennano qualche parola d’inglese, ma riusciremo sempre a farci capire e a comunicare! Incredibile a credersi!

Nei pressi del nostro hotel vi sono due linee metro (Odakyu e JR Yokohama) molto comode per raggiungere, in una mezz’oretta, Shinjuku (il cuore) e le altre zone dell’immensa metropoli, collegata in maniera perfetta. Troviamo tutto inizialmente complicatissimo, ma è così razionale, chiaro e ben illustrato che non avremo difficoltà a muoverci.

Per la nostra prima cena l’amica Mayumi ha pensato di farci provare, al ristorante Tonkatsu Wako, all’ultimo piano del centro commerciale Odaxyu, una vivanda tradizionale ma non così distante dalle nostre fettine panate! Si tratta per l’appunto del Tonkatsu, un piatto unico con insalata di verza, riso, zuppa di miso e la cui pietanza principale è una cotoletta di maiale o più medaglioni in crosta dorata. Abbondo lacrimando un po’ con il wasabi, la piccantissima mostarda giapponese che metterò ovunque sostituendo il peperoncino. Compresa una birretta Kirin spendiamo, scoprendo che qui la mancia non si usa assolutamente, 3.888Y, praticamente € 12 circa a testa!

E’ fortissimo il fatto che tutti i piatti (e ovunque sarà così!) sono riprodotti in resina/plastica in vetrina (alcuni sono così veritieri!) con l’indicazione del prezzo (al quale, a volte, va aggiunta la tassa dell’8%) e dei primi tre che vanno per la maggiore. Basterà puntare il dito sulla preferita e, senza bisogno di parlare (se non per ordinare una bibita), sarà prontamente servita. Solitamente sul tavolo si troverà una caraffa d’acqua con ghiaccio o un tea (verde o tostato, freddo o caldo) e un tovagliolino imbevuto. Il servizio è sempre veloce, il personale gentile, ma avrà difficoltà a procurare le posate.

Per fortuna non abbiamo il vizio del fumo! Qui un pacchetto di sigarette costa sì qualcosina meno che in Italia (Marlboro circa 4 €), ma il divieto di fumare è ovunque, persino per strada. Sull’asfalto di tutte le città battute vi è una segnaletica ad hoc (apposta a mo’ di strisce pedonali) e gli smoker corner in cui è consentito fare una tiratina, dotati di due-tre posacenere e il distributore automatico di sigarette, non sempre sono individuabili.

Alcune persone indossano le mascherine. Pensavamo fossero di più e utilizzate per proteggersi dallo smog, invece sono messe da chi ha un raffreddore o qualche malessere e che, per rispetto del prossimo, si coprono naso, bocca ed evitano di contagiarlo. Atteggiamento veramente altruistico!

Onnipresenti in ogni angolo dell’intero paese e nei vari piani degli hotel, i distributori automatici di bevande, snack e gelati a prezzi ragionevoli (una bottiglietta d’acqua 1 €, di coca cola € 1,5, di gelato “magnum” € 1,5).

Stanchi ma contenti dell’inizio della vacanzina rientriamo in albergo. Una doccia veloce e a ninna ognuno nel suo lettone da una piazza e mezza!

Nessun problema per ricaricare: le spine giapponesi sono piatte e a due poli e noi abbiamo un adattatore.

L’entusiasmo e il jet leg fanno brutti scherzi che diventano bellissimi quando mi accorgo che alle 5,20 del mattino un sole rosso come quello di un tramonto si sta alzando dall’orizzonte: siamo nel paese del Sol Levante in cui l’alba è fantastica ed emozionante!

Sembra proprio di veder sventolare la bandiera che su sfondo bianco ha un grande disco solare vermiglio al centro.

2° giorno: venerdì 2 settembre 2016: Tokyo

La colazione a buffet prevede cibo per tutte le persone provenienti da ogni dove. L’angolo con dolci, pane, marmellata e cereali è il “nostro”, quello con zuppa di miso, pesce crudo, spaghetti di riso… sarà il preferito dagli asiatici, mentre gli occidentali si serviranno dal banco delle frittatine, bacon, wurstel… Pochissima frutta fresca, ma ampia scelta di succhi, tea e tisane. Mitica è la macchinetta per l’espresso e il cappuccino mentre alquanto curiosa è quella del gelato soft alla vaniglia.

Appuntamento con la nostra amica alla fermata della metro, il cui costo dipende dal numero di stazioni in cui si transita. Per comodità, giacché staremo in zona quattro giorni, acquistiamo, per 500Y, una tessera Padmo che ricaricheremo due volte (complessivamente con 3.500Y). I soldi saranno scalati ogniqualvolta usciremo da una stazione; andrà inserita o appoggiata sui rilevatori sia all’ingresso sia all’uscita della metro. La carta si aggiorna automaticamente; se termina il credito, due sportellini si chiuderanno al passaggio, interverrà un addetto e ci sarà sempre la possibilità di mettersi in regola. Non si scappa! Tutto funziona alla perfezione! I trasporti saranno sì piuttosto costosi e con controlli serrati, ma nessun tempo morto durante i trasferimenti, mai un ritardo, un contrattempo o un furto! La rete di 15 linee colorate è lunga e ultramoderna! Quanto abbiamo da imparare! La mattina, dalle 7,30 alle 9, ora di punta, quando si viaggerà costipati e verremo spinti dentro i vagoni dagli addetti ai controlli (cappellino, bandierina rossa e guanti bianchi), alcune carrozze saranno riservate alle sole signore, altre a disabili, malati, donne gravide o con bimbi. La segnaletica sarà ben visibile sulla banchina e bisognerà disporsi disciplinatamente in fila. Nonostante i milioni di frequentatori, non si creeranno ingorghi e le porte dei mezzi si fermeranno esattamente sul punto indicato.

Il primo viaggio ci sembra surreale. In seguito faremo l’abitudine a quanto i nostri occhi vedono… anzi, no! Nemmeno il tredicesimo e ultimo giorno ci capaciteremo! Migliaia di persone in un vagone; tutti adoperano uno se non due cellulari e domina il silenzio! Chiunque indossa le cuffiette, non si sente un minimo rumore di cosa stia ascoltando; è comunque vietato parlare e far squillare l’apparecchio. Molti giocano, alcuni leggono, gli altri dormono anche profondamente, lasciando la borsa sulla cappelliera. Qui nessuno tocca né ruba nulla. Se si lascia qualcosa sul vagone, si potrà richiederla, previa descrizione e presentando un documento; appena possibile sarà sicuramente riconsegnata. L’ho visto coi miei occhi e mi è stato confermato!

Prima tappa il tempio Tsukiji Hoogwanji gestito dalla “setta” della vera scuola della terra pura, il maggior centro buddista del Kanto, attivo nella diffusione della dottrina. Al centro della sala l’oggetto di adorazione è il Buddha Amida che “salva tutti e non abbandona nessuno”. L’entrata è gratuita e una donna ci avvicina regalandoci dei petali di carta e accogliendoci con calore.

Seconda meta il mercato del pesce all’ingrosso più grande del mondo, lo Tsukiji, nel quale lavorano più di 60.000 persone. Arriviamo di buon’ora e dovremo aspettare un pochino perché l’apertura al pubblico è soltanto dopo le 10. Anche qui è tutto organizzato; alcuni addetti danno le indicazioni su dove passare per non intralciare i commercianti e i muletti (che curiosi!) – guidati da persone anziane – si spostano velocemente da una parte all’altra dell’immenso capannone. Veramente interessante capire i prezzi, i tipi di pesci, di crostacei (aragoste 26€ al kg), di molluschi, di grossi tonni le cui fettine sembrano bistecche, venduti anche vivi e – incredibile a credersi – per terra tutto limpido e pochissimo odore di pescheria! Tanti i blocchi di ghiaccio grandi quanto iceberg e venduti a cubi.

Per assaggiare il sushi dal produttore al consumatore presso mini punti vendita che hanno nel retro bottega la pescheria, le file sono già lunghe!

Ci fermiamo a prendere un caffè espresso che si rivelerà americano, un succo di mango e un tea nel minuscolo bar Mikado Coffee dove una coppia di anziani ci fa accomodare tra mille inchini. Le vecchie pareti sono quasi interamente coperte da calendari di ogni genere, da quello dei gatti a quello dei lottatori di sumo. Un antico apparecchio telefonico e uno storico macinino da caffè attirano la nostra attenzione. La signora è molto magra, curva e truccatissima. Insieme alle consumazioni (450Y l’una) ci serve dell’acqua con ghiaccio e si presta sorridente per una foto ricordo. Il costo non basso della consumazione è perché potremmo rimanere seduti per ore dal momento in cui in Giappone non si usa consumare velocemente, al banco o in piedi, ma non è il nostro caso e ci congediamo presto.

Riprendiamo la metro per Asakusa, antico quartiere sede di uno dei più importanti, sacri e grandi templi buddhisti della città, il Tempio di Senso-ji o Sensoji dedicato al Buddha della benevolenza (Senso=Asakusa e ji=tempio), il quale sorge dove la leggenda vuole che, nel 628, due fratelli, che pescavano nelle acque del fiume Sumida, recuperassero una statua d’oro della dea Kannon Sama e, pur volendosene disfare, gettandola nuovamente nell’acqua, questa tornava sempre a loro.

Da un piccolo braciere esce del fumo che i fedeli con le mani orientano verso il proprio corpo secondo dove hanno dei dolori fisici o dei desideri (testa per intelligenza, cuore per amore…).

Da una piccola fontanella esce dell’acqua per sciacquarsi le mani e bere da piccoli mestoli in modo da purificarsi.

Molti danno donazioni per bigliettini porta fortuna o che informano sull’oroscopo del giorno, cartuccelle che saranno stese o infiocchettate su appositi “stendini”.

L’entrata al Santuario è libera e per raggiungerlo percorriamo la Nakamise Dori o Shin-Nakamise una via piena di negozi dove si trova ogni sorta di souvenir e proposte di assaggini di manju (dolcetti a forma di uccellino fatti con farina di riso, grano saraceno e ripieni di pasta di fagioli rossi) e senbei (snack-cracker di riso dalle forme più bizzarre e aromatizzati con salsa di soia, alghe, erbette, sesamo, wasabi…) veramente sfiziosi!

Due passi in Kappabashi Dori dove carretti trainati da ragazzi robusti vestiti ad hoc (stile rugantino con braghe e scarpe che sembrano calzettoni infradito) e pranzo all’Yamato Soba Restaurant a base, appunto, di Soba, ovvero di tagliolini di grano saraceno piuttosto spessi, mischiati a delle erbette, serviti freddi su una stuoietta quadrata con contorno di cipollina e wasabi. Il mio boy prende il Ten-Seiro, in altre parole dei grossi spaghetti nudi e crudi con un gamberone fritto (tempura prawn) di accompagnamento. Sempre utili le fedeli riproduzioni di cibo all’esterno dei locali che facilitano non poco la scelta! Spendiamo circa € 10 a testa (1100Y), non ci abbufferemo ma sicuramente sazieremo.

Tokyo è affacciata sull’omonima baia e sul fiume Sumida. Ci sono diverse compagnie di traghetti che propongono una Crociera e noi scegliamo quella di una mezz’oretta con la linea Big Sight-Palette Town che parte da Hinode e arriva fino a Palette (1000Y), ma volendo si poteva proseguire fino all’isola di Odaiba e vedere la baia di Tokyo. Alcune info si possono trovare sul sito www.suijobus.co.jp.

Proprio dal porticciolo è ben riconoscibile il palazzo della birra Asahi (Beer Hall), una struttura moderna dalla forma di un bicchiere con una Fiamma color oro in cima, una sorta di baffo schiumoso che i giapponesi hanno rinominato “edificio della cacca d’oro” e situata accanto alla torre Tokyo Sky Tree alta ben 634 metri.

Passiamo sotto tanti ponti, ognuno di un differente colore e di una diversa forma. Vediamo Shiodome, la zona dei grattacieli e del quartiere Shimbashi. Foto al palazzo della Dentsu e alla Nagakin Capsule Tower tutta cubi scomposti con tetto appuntito.

Da lontano s’intravede il quartiere Ryugoku, dove si trovano l’Edo-Tokyo Museum, il Kokugikan ovvero lo Stadio e il Museo del Sumo. Ancora non è stagione per gli spettacoli di Lotta, inizieranno fra qualche settimana e costano moltissimo. Sarebbe stata un’esperienza particolare partecipare…

Scendiamo al giardino Hamarikyu o Hama-rikyu, l’antico parco in cui l’imperatore andava a cacciare l’anatra. Ci rilassiamo intorno al laghetto sul quale grattacieli altissimi si specchiano e hanno come cornice una natura che sfoggia pini particolari e secolari (il più vecchio ha 300 anni), fiori cosmos dagli alti steli con corolle dall’intenso colore (viola, rosso, giallo, arancio) in mezzo ai quali si sta svolgendo un servizio fotografico per una coppia di sposi in abiti tradizionali.

Riprendiamo la metro, in una piazzetta antistante alla fermata una fontana a forma di tartaruga, la caretta fountain, per l’odierna ultima meta, il quartiere che rappresenta al meglio la vera essenza di Tokyo: Shinjuku dove è presente una sede del Japan Rail Pass il cui voucher commuteremo prenotando tutti gli spostamenti della nostra vacanza. E’ la stazione più trafficata al mondo, è immensa e bisogna fare attenzione a quale uscita prendere perché alcune si trovano anche a 2km l’una dall’altra. E’ una giungla in cui c’è sempre qualcosa da scoprire.

Qui si trova il Tokyo Metropolitan Government Office da cui vedere la città dall’alto delle famose Torri. E’ una zona ricca di ristoranti, di locali e negozi vari e la sera, quando le luci si accendono e il quartiere prende vita, ci si emoziona solo a star fermi e guardarsi intorno.

Ceniamo nell’elegantissimo ristorante Umenohana (che significa fiore di prugna) nella zona di Machida insieme con alcuni parenti della mia amica che hanno il piacere di conoscerci. Siamo in 10, più una bimba di 8 anni. La cucina è Kaiseki, di alto livello, specializzata in yuba e tofu. Ogni gruppo di clienti ha una stanza riservata, apparecchiata con tante ciotoline che contengono differenti salse (wasabi, al sesamo, di soia…). Al centro dei tavoli, delle piastre da accendere e regolare secondo la cottura da dare alle pietanze crude che verranno portate. Iniziamo facendo bollire del tofu con fagiolini e polpa di granchio a forma di fiorellini e proseguiamo con lo Shabu Shabu o Sukiyari! La pentola in mezzo al tavolo viene cambiata, contiene del brodo sempre di tofu e, quando bollirà, dovremo immergervi per pochi secondi delle fettine di manzo Kobe sottilissime e tenerissime! Proseguiamo con lo Yakiniky: una mini piastra rovente ogni due persone sulla quale andranno cucinati due quadratini di gustosissima carne, anche questa servita cruda. Tantissimi assaggini (uova al vapore in brodo con funghi, un raviolo…) e alcuni simpatici utensili (spremi fettina di limone) rendono l’esperienza veramente unica! Un’immersione nella cultura giapponese a 360 gradi.

Tanti Kanpai (cin cin) e mille Arigatò non bastano per ringraziare questa famiglia per averci deliziato e resi edotti dei loro sapori e delle loro originali usanze.

Seconda notte a Tokyo nella confortevole stanza del Best Western Machida.

3° giorno: sabato 3 settembre 2016: Tokyo

Buongiorno! Oyahoo!

Colazione sempre all’altezza e gustata anche la zuppa di corn, bollente e cremosa al punto giusto! Una piacevole scoperta!

Prima tappa odierna, nella zona Marunouchi, il Palazzo imperiale. Si può entrare solo con tour guidati prenotati in anticipo, ma gli adiacenti giardini sono altrettanto belli. Proprio oggi si tiene una maratona di beneficenza di 5 km e sarà interessante veder correre tanti giapponesi e nel frattempo rimanere stupiti dal contrasto che c’è con gli altissimi e modernissimi grattacieli che si affacciano sulla verdissima area dai particolari pini nipponici.

Vorremmo visitare il Palazzo della Dieta Nazionale, l’organo legislativo, in pratica il nostro Parlamento, ma è chiuso e scattiamo alcune foto dal cancello esterno presidiato da poliziotti guardinghi.

Sosta idraulica in un centro commerciale all’interno del quale consumiamo uno spuntino in uno dei numerosi Starbucks (caffè e dolcetto 1000Yen) proprio di fronte il Tokyo International Forum, opera di Rafael Vinoli, una delle più belle strutture architettoniche dove si tengono contemporaneamente varie esposizioni. In un’ampia area c’è una fiera del mobile, in una hall quella degli strumenti musicali e in quella più grande il Festival del Jazz.

Riprendiamo la metro e ci dirigiamo a Shibuya il quartiere dei giovani, dove si colloca l’imponente incrocio pedonale in cui c’è posto per tutti! E’ impressionante il numero di persone che lo attraversa contemporaneamente. Il tempo di smaltire i pedoni che percorrono la strada da un lato all’altro allo scattare del verde del semaforo e si ricrea una folla inimmaginabile sui quattro marciapiedi. Osserviamo più volte la scena dall’alto di un centro commerciale e poi ci divertiamo a passare avanti e indietro (che scemi che siamo!).

Una folla umana davanti alla statua del cane Hachiko, poco fuori dall’uscita della stazione, nulla di che, ma famosa perché rappresenta la fedeltà. Di razza Akita, si racconta che il suo padrone morì improvvisamente e lui andò ogni giorno, per nove anni, ad attenderlo, invano, alla stazione in cui l’uomo prendeva il treno per recarsi al lavoro. Ha ispirato tanti film, tra cui il più noto Hachiko – Il tuo migliore amico del 2009 con Richard Gere.

Iniziamo un bel giro nel Center Gai, la zona in centro al quartiere e ci “perdiamo” in quest’atmosfera piena di giovani con tanti negozi, fast food, locali… Un ragazzo con un cartello ci fa ridere e pensare, lo espone con le braccia sollevate, ha scritto in inglese “abbracci gratis” e qualcuno si ferma per farsi stringere velocemente e un po’ con imbarazzo tra gli sguardi della gente. Si sa che i giapponesi non sono propensi al contatto fisico per dimostrare affetto!

In una traversina della zona di Dogenzaka (che di notte si trasforma per il gran numero di Love Hotel) ci fermiamo nel localino Keika a mangiare gyoza ovvero ravioli di carne dalla forma di mezzaluna alla piastra e ramen ossia tagliolini di farina di grano in una ciotola con brodo, uovo, legumi e pezzettini di maiale. Curioso il modo in cui li ordineremo: inserimento di soldi in una macchinetta per l’emissione dello scontrino da consegnare a chi gestisce il locale e che, a sua volta, lo dà ai cuochi in bellavista davanti a un bancone. La cifra che pagheremo (Yen 700 a persona), comprensiva di salsine e tea freddo no limits, è irrisoria e l’esperienza più che originale! In locali come questo, con l’auto emissione del ticket, una volta consumato il pasto, è bene non sostare per troppo tempo.

Contrariamente a quanto pensavamo, il cibo è piuttosto economico e il pranzo in genere, detto bento, è costituito da pesce o carne, riso e verdure. Ecco come si mantengono in forma! Di tutto un po’!

Il quartiere Harajuku è famoso perché è il luogo da dove partono le mode, le tendenze giovanili in fatto di stile e abbigliamento in genere. Si dice che le foto più bizzarre di Tokyo, e forse del mondo, siano state scattate qui, dove ognuno crea il proprio stile. Sul ponte che cavalca la ferrovia ogni tanto di domenica si trovano i cosplayer (cos=costume e player=giocatori), persone vestite in modo unico e stravagante e che ricordano personaggi riconoscibili.

Ci addentriamo nel “bosco”; lungo il percorso vediamo esposti tanti barili di sakè e di vino della Bourgogne e arriviamo al tempio Meiji Jingu, un santuario shintoista dedicato alle anime dell’imperatore Mutsuhito e della moglie Shoken. Siamo fortunati e nel giro di una mezz’oretta assistiamo a due matrimoni, celebrazioni molto pacate, silenziose, con sposi e invitati eleganti che indossano indumenti tradizionali od occidentali.

Lo shintoismo è la religione dominante in questo paese (84% dei credenti) ed è legato, oltre che alla venerazione della natura, alle più antiche forme di culto come lo sciamanesimo e l’animismo.

Il buddismo è la seconda religione, arrivata dalla Cina e dalla Corea nel V secolo e oggi praticata dal 71% dei giapponesi. I nipponici hanno una visione molto libera della religione, spesso ne praticano più di una durante la loro vita e a volte s’identificano nei valori di entrambe professando una forma di sincretismo antico: lo shinto-buddismo.

A Omotesando (il cui significato è strada del tempio) si trovano tantissimi negozi di catene internazionali. Davanti a quello della Nike c’è una fila lunghissima per la promozione di alcuni articoli! E poi Calzedonia che offre un bicchierino di succo di frutta per invitare a visitare la nuova collezione, vari candy shop che titillano con figure di dolci giganteschi e supercolorati, l’Oriental Bazaar (molto turistico), marche esclusive esposte in palazzi realizzati dagli architetti più famosi del mondo. Impressionanti quello di Prada, di professionisti svizzeri, tutto a rombi di vetro verde che sporgono da una griglia diagonale, quello di Stella Mc Cartney che ricorda un nido d’ape, Moncler

La passeggiata continua in direzione Ginza, il quartiere dell’eleganza più elitario della città, sede dei più grandi e lussuosi magazzini del Giappone. Si respira una ricchezza sfrenata, con strutture galattiche come quella realizzata da Renzo Piano per la Maison Hermés tutta a vetri quadrati; da Fuksass per Armani con steli e fiori dai petali luminosi; da Jun Mitsui per De Beers alta e ondulata, da Tokyo Ito per Mikimoto… E poi il bellissimo e bianchissimo palazzo di Louis Vuitton e quello di Bulgari, di Cartier, di Giorgio Armani, di Dior, di Gucci…

Passeggiamo per la Suzuran Street dall’insegna coloratissima e, degne di nota, anche le pasticcerie d’alto livello e con prezzi da boutique come quella Wako o di Henri Charpentier davanti la quale incantanti ci fermiamo!

Impressionanti sono i prezzi della frutta: mele da 24€ l’una, meloni retati da 202€ l’uno… Strabuzzo gli occhi in continuazione sia per il costo sia per le confezioni per privilegiati! Sono considerati oggetti da regalo in occasioni speciali più che cibi da consumo quotidiano! Quanto mi manca la frutta fresca! Mi rifiuto, però, di spendere tanti soldi per un pomo… e se poi non è neppure dolce e succoso?

A furia di guardare gli edifici mi gira quasi la testa, soprattutto dopo il tramonto del sole quando s’illuminano con giochi di colori e pubblicità estreme.

Sempre in questa zona ammiriamo il Wako, il celebre teatro di spettacoli di Kabuki ovvero di attori solo uomini i quali si tramandano il mestiere secondo antiche tradizioni familiari studiando sin da piccoli, un po’ come i circensi: danza, recitazione e canto. Sono molto bravi a interpretare anche le figure femminili qualora fossero previste.

Al piano terra del Ginza Kabukiza, la struttura che ospita il teatro, tanti negozietti espongono di tutto di più e quelli che vendono cibo ci invitano ad assaggiarlo (io non perdo mai occasione). Al primo piano tante foto di antiche rappresentazioni e all’ultimo un roof garden dove ci riposeremo su alcune panchine e rilassare un po’.

Stasera incontreremo Yuko, un’altra ragazza conosciuta a Roma che ha prenotato per noi una cena da 88 in zona Suzuran Street. Che bello riabbracciarla! La troviamo raggiante, l’ultima volta l’avevamo vista triste e sconsolata per il suo rientro improvviso a Tokyo a causa di alcuni problemi di salute dei genitori (che ora per fortuna stanno meglio). E’ strano sentirla parlare nella sua lingua originale e per lei è bellissimo comunicare in italiano e stringerci tra le braccia. E’ tornata da un annetto e ha subito trovato lavoro (ha una cinquantina d’anni) presso un lussuoso negozio di scarpe. Roma le manca molto, si sta riambientando e tra un ricordo e l’altro ordiniamo gli okonomiyaki, le pizze giapponesi. Non hanno nulla a che fare con la pizza come la intendiamo noi! Su una piastra d’acciaio bollente al centro del nostro tavolo, sono adagiate, su della carta stagnola, le montagnette schiacciate di pastella di acqua, farina e cavolo cappuccio sopra le quali ognuno decide di mettere vari ingredienti (ne prendiamo una ai calamari, una con del manzo e una con le uova). Le tagliamo a spicchi e le gustiamo bollenti. Io le trovo molto più simili a un hamburger o a una grande polpetta, ma tant’è. Vuole farci provare anche del riso, dei tagliolini e delle verdure cotte sempre su carta stagnola e non ci dispiacciono per nulla. Tra una birretta Suntory e una grappa di riso trascorriamo una piacevolissima serata. Le offriamo la cena (€ 22 a testa, 10.000Y totali), la ringraziamo per averci omaggiati con dei pensierini locali e regalato una serata autentica.

Una mezz’oretta di metro e a ninna stanchi, ma soddisfatti per la penultima notte nella stravagante e dinamica Tokyo.

4° giorno: domenica 4 settembre 2016: Tokyo – Kamakura – Tokyo

Colazione con dolcetti, pane, marmellata, un po’ di cocomerino, litchi e assaggio di gelato (non potevo non farlo!) e pronti per una gita fuori città, a Kamakura, famosa per i templi.

Metro per Fujisawa e poi, per l’ultima parte del tragitto, un trenino. Potremmo prendere la linea Odakyu Enoshima che raggiuge anche l’omonima isola o l’Enoden. Scegliamo quest’ultimo per un tratto lungomare e lo scenario cambia completamente! Sull’oceano tantissime barche a vela e in mezzo ai paesini in cui passiamo il ritmo della vita appare meno stressante. Eh, il potere dell’acqua!

Giungiamo a Kamakura alle 12,30, l’orario è ben visibile su una torretta orologio in mezzo alla piazzetta della stazione.

Sull’asfalto anche qui segnalazioni di strade in cui è vietato fumare e di percorsi da seguire nel caso in cui scattasse l’allarme tsunami (per salvarsi bisognerà raggiungere i 1240mt).

Percorriamo la Komachi Dori, stretta strada pedonale con negozi di ogni genere che hanno prezzi piuttosto convenienti, anche se i souvenir sono sempre i medesimi. Molto preciso e accurato il packaging, anche solo se si acquista una calamita o una confezione di cioccolatini!

Il tempo è un po’ instabile e ci mettiamo subito in moto – percorrendo un viale di circa un paio di km – per il Santuario shintoista Tsurugaoka Hachimangu, costruito dal primo shogun Yoritomo Minamoto e composto da più santuari. Quello principale, sul fianco della collina che domina la città e quello minore sono i più importanti, entrambi posizionati su due livelli comunicanti tramite scalinate.

Molto particolari gli alberi, i cui rami con verdissime chiome hanno la forma di fiamme e bellissimi i laghetti con bianchissimi fiori di loto.

Poi una bella sfacchinata lungo il sentiero di 3 km chiamato “la camminata di Daibutsu” per il tempio di Kōtoku-in del 1252 con la grande statua di bronzo dell’Amida Nyorai Buddha alta 11,3mt, con un peso di 121 tonnellate, che troneggia imperturbabile in mezzo a noi visitatori (200Y). Questo Daibutsu è leggermente più piccolo di quello di Nara (che vedremo) cui è ispirato, ma resta una delle più grandi statue di bronzo (seppure il tempo gli abbia fatto perdere il colore dorato) del Paese ed è rimasto intatto anche dopo il violento tsunami nel 1498.

Non riusciamo a vedere l’Hase Kannon, il tempio buddista della dea dalle 11 teste, situato su una collina con vista mare perché al mare preferiamo proprio andarci!

La spiaggia è di sabbia nera, il colore dell’acqua non ci dà la sensazione di pulito, ma tanti sono i surfisti e le persone che in muta fanno il bagno. Io immergo i piedi e passeggio un po’, non è fredda, né invitante per un tuffo!

Alla stazione uno dei tanti Daiso o 100yen shop, negozi di una catena in cui è possibile acquistare souvenir-cineserie a buoni prezzi.

In qualsiasi negozio si trovano i manga, i popolari fumetti giapponesi, che gli otaku amano, così come adorano le anime: personaggi di animazione. Sono appassionati che, però, spesso non escono da casa, vivono in solitudine e conducono una vita parallela alla realtà.

Rientriamo in stanza stanchi e soddisfatti, ma prima il mio boy cena vergognosamente da Mc Donald’s e io all’interno del centro commerciale sotterraneo con due ottimi tranci di salmone al forno e Curry rice: delizioso riso al curry in stile giapponese che sembra abbia doti afrodisiache!

5° giorno: lunedì 5 settembre 2016: Tokyo – Kyoto

Ultima colazione luculliana e partenza per Kyoto. Alla stazione ci vengono a salutare la mamma e il fratello della nostra amica con un pacchetto di cioccolatini per il viaggio! Che carini! Un’educazione disarmante!

E’ il nostro primo viaggio con l’utilizzo del JR pass che, da oggi, varrà per una settimana e ci darà la possibilità di prendere alcuni dei treni più veloci al mondo: gli Shinkansen dai nomi più svariati.

Dalla stazione Shin-Yokohama, lo spaziale Hikari 501 parte alle 8,52 e ci trasporta silenziosamente e velocissimamente a Kyoto dove arriviamo alle 11,11.

L’esperienza è me-ra-vi-glio-sa. Le poltrone sono comodissime. Ogni postazione dà la possibilità di ricaricare il cellulare o utilizzare il pc; i bagni sono pulitissimi e ultramoderni, perfettamente funzionante la raccolta differenziata, addirittura una moderna cabina telefonica, l’opportunità di acquistare qualcosa da bere o da mangiare dall’addetta alla ristorazione che frequentemente e silenziosamente passa con un carrellino!

Durante il percorso tanti cimiteri in mezzo ai campi che ci fanno riflettere su ciò che sappiamo sui funerali: quando qualcuno muore, le persone care vanno a far visita alla famiglia senza portare nulla (in segno di rispetto perché altrimenti si potrebbe pensare che aspettassero il “decesso”). Il giorno del funerale, il settimo giorno dal decesso, il 49° e il 100°, si tiene una cerimonia durante la quale vengono consegnate offerte in denaro che i familiari utilizzeranno solo parzialmente. La metà dei soldi ricevuti sarà restituita ai rispettivi donatori sotto forma di beni di consumo o servizi. Il bonzo (monaco) riceverà una cospicua quota per la cerimonia e gli sarà offerto, così come a quelli che parteciperanno al rito funebre, un pranzo. La media per una funzione è di 15000€.

Siamo nella città dei mille templi, dove ben 17 siti sono stati dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Le guide parlano di una metropoli tradizionale dall’atmosfera unica e autentica e… noi saremo felici di confermarlo.

Alla stazione prendiamo la metro, la linea verde karasuma (210Y) che in pochissime fermate ci porterà all’hotel prenotato su booking.

Le stanze non sono ancora pronte ma abbiamo la possibilità di lasciare le valigie. Chiediamo qualche informazione per girare la città, alla reception gentilissime ragazze ci propongono un abbonamento per i bus di 500Y, ma oggi non vale la pena perché pensiamo di muoverci solo con la metro, fare lunghe passeggiate a piedi e prendere l’autobus solo un paio di volte.

Proprio nei pressi dell’albergo, un primo tempio antico, quello di Rokkaku-do che significa letteralmente “esagonale”, per le forme della struttura principale e della “pietra ombelico”, la prima originale. Ha un doppio tetto e fu costruito intorno al 600, era destinato alla preghiera per la pace della nazione e per la prosperità dell’allora famiglia imperiale. Curiosi i numerosi sassi rivestiti e piccole papere in fila su un’aiuola.

Un po’ di fame si fa sentire ed entriamo in una sorta di supermarket, credo si chiami Centro 801 (www.kyotoyaoichihonkan.com), nato come frutteria ma che ha 4 piani. Attratti dai profumi e dall’esposizione di tutto ciò che è pane, pizza e prodotti da forno nel reparto The Bread, emuliamo molti giapponesi che, vassoio alla mano, con lunghe pinze, prendono ciò che più fa acquolina e consumano il pasto in un’area riservata. Io assaggio una pizzetta simpaticamente condita con micro verdure, una zuppa calda di zucca che richiedo alla cassa (è servita in bicchieri di cartone di varie dimensioni) e spendo 530Y. Volendo, però, vi sono tanti cibi già pronti da poter consumare al piano, mentre il secondo espone prodotti occidentali (dall’olio d’oliva alla pasta Barilla!). Nell’ultimo piano, invece, un ristorante-caffetteria con un roof garden dove vengono coltivati vegetali!

Saliamo sul bus (230Y) che ci porterà al Tempio Kiyomizu o Kyomizu-dera (400Y), secondo tempio buddista più antico di Kyoto costruito nel 780 su palafitte di legno incastonate tra loro senza che sia stato usato un singolo chiodo. Dal padiglione principale che si trova su una piattaforma di legno, appoggiata su piloni di dodici metri di altezza, godiamo di uno splendido panorama della città. Considerato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, il suo nome significa “acqua pulita, pura” e deriva dalla cascata che scorre dalle colline vicine, posta sotto la terrazza che raggiungiamo dopo aver sceso una lunga rampa di scale. Dal momento in cui si pensa che la sua acqua sacra abbia delle virtù terapeutiche e porti buona fortuna (scuola, amore e longevità), lunga è la fila per berla, ma noi lasciamo il posto a tanti altri turisti e a molte scolaresche. Fantastica esperienza.

Iniziamo la via del ritorno e ci fermiamo a visitare il coloratissimo Santuario shintoista Shogunzuka del 656 che include diversi edifici e rende omaggio a varie figure mitologiche giapponesi. E’ così appariscente che funge da cornice per numerose manifestazioni, spettacoli e il famoso festival Gion Matsuri che si svolge a luglio. Rimaniamo fermi a guardare le persone che s’inchinano davanti al tempio, battono le mani varie volte, versano un’offerta e, tirando una lunga corda, suonano una campana.

Attiguo al Santuario, uno dei parchi più antichi della città, aperto nel 1886, il Maruyana, dove ci riposiamo immaginando lo spettacolo della natura a marzo/aprile quando gli 800 ciliegi qui piantati fioriscono!

Una passeggiata a Gion, il limitrofo quartiere delle geishe, ma è presto e non incontriamo neppure una maiko (giovane apprendista che studia per diventare una geisha). Alcuni cartelli, Gion Corner, indicano che si può assistere alle prove delle loro danze, ma non abbiamo prenotato nulla… per cui ci riserviamo l’esperienza a una prossima volta.

Giretto sulle sponde del fiume Kamogawa dove i ristoranti hanno prezzi piuttosto alti e qualche topo – grande quanto una nutria – rosicchia ciò che trova. Le case sono di legno, basse, i locali numerosi, le vie strette, alcune auto parcheggiate dentro i negozi e antiestetici sono i vistosi fili elettrici sulle nostre teste che le percorrono.

Riprendiamo la Kawaramachi Sanjo e ritorniamo a piedi all’Hearton Hotel la cui stanza è piccolina e dobbiamo ingegnarci un po’ per aprire entrambe le valigie. E’ però fornita di tutto e per il tempo che dovremo trascorrerci… va più che bene.

Ops, stasera pioviccica per cui non ci allontaneremo molto e chiederemo in prestito gli ombrelli in albergo. Proprio di fronte l’albergo entriamo in un ristorante specializzato negli spiedini. Togliamo le scarpe e ci accomodiamo su delle panche di pelle. Ordiniamo Yakitori di differenti parti di pollo e con vari ingredienti. Prendiamo quelli fatti con la coscia, impastati a mo’ di salsiccia, arrotolati con pancetta e separati da asparagi. Bisogna stare attenti perché ci sono anche quelli di sola cartilagine o interiora o pelle. Ci facciamo portare anche delle verdurine, ma le porzioni sono veramente infime! Ciotoline piccole con soli tre quadratini di melanzane o di rape con crema al sesamo, sembrano quelle per le bambole (a Roma portate del genere sarebbero uno scherzo!). Non sazi, terminiamo il pasto con un piatto di riso saltato. Compresa una birretta spendiamo 2000Y a testa.

Prima notte all’Hearton Hotel dalla posizione piuttosto strategica.

6° giorno: martedì 6 settembre 2016: Kyoto

Colazione in camera dove ci prepariamo del tea col comodo bollitore e intingiamo più tipi di biscotti acquistati lungo il viaggio.

Passeggiatina di una ventina di minuti e siamo ai giardini imperiali (chissà che spettacolo in primavera con lo sbocciare dei tanti alberi di ciliegio, di prugno…) all’interno dei quali il Palazzo che ha ospitato la famiglia imperiale per centinaia di anni fino al 1869, quando la capitale fu spostata da Kyoto a Tokyo. Accediamo gratuitamente – previo un breve e tranquillo controllo delle borse – indossando un cartellino numerato e gironzoliamo soli e in libertà poiché la visita guidata la avremmo dovuta prenotare. Numerosi sono i padiglioni, il verde è curatissimo e i piccoli laghetti riflettono paesaggi da cartolina mentre l’arancione di diversi padiglioni spicca violento.

Poco distante, il curioso Tempio Goou-jinja, rappresentato da sculture di cinghiali e da forme di piedi. La leggenda narra che 300 di questi animali apparvero a un personaggio che viaggiò verso la sua destinazione e le sue gambe furono curate durante il percorso. E’ quindi dedicato a queste bestiole e pregare qui pare risolva problemi ai piedi!

Dopo qualche foto ci rimettiamo in cammino per il Castello Nijo o Nijo-jo (600Y), antica e sfarzosa residenza del primo governo dello shogun del 1603, di rilevanza storica e composto da sei grandi edifici. Ci muoviamo all’interno di questo patrimonio dell’umanità, in un’area di 275 mila mq, dove, tra i giardini perfetti, sono presenti delle isolette, tra cui quella dell’eterna felicità. Entriamo scalzi nel Ninomaru Palace, dove molte sezioni sono collegate tra loro e raggiungiamo una superficie totale di 3300 mq con 33 stanze, più di 800 tatami e superbi disegni sulle mura. Purtroppo nessuna fotografia!

Saliamo sul bus 101 (230Y) e ci fermiamo sulla strada principale che ci porterà al Padiglione d’Oro.

Prima però pranziamo al Furutà una “trattoria” con tavolini bassi poggiati su una pedana sulla quale ci sediamo a gambe incrociate e togliendo le scarpe. Io assaggio su-udon ovvero sottili tagliolini di grano saraceno immersi in una ciotola di caldo brodo con cipolletta fresca e pezzettini di polpa di granchio (400Y). Non sono per niente male e volendo si possono ordinare anche freddi. Il mio boy ordina la Tempura don buri, una sorta di riso alla cantonese con sopra gamberoni fritti (850Y). Spendiamo in totale solo 2050Y (e poi si dice che il cibo è caro!).

E’ ora del Kinkaku, The Golden Pavilion o Rokuon-ji (400Y), patrimonio Unesco dal 1994, il complesso templare in cui si trova il santuario shintoista dedicato al fondatore della capitale, l’imperatore Kanmu e costruito nel 1397 per rappresentare la terra pura di Buddah sul nostro mondo. Sul corridoio di ghiaia che ci porta all’interno, del vapore fresco ci rigenera e in un batter baleno ci ritroviamo davanti l’appariscente struttura laccata d’oro zecchino che si riflette su un laghetto. E’ perfetta, luminosa e preziosa anche perché conserva le sue reliquie; è attorniata da incantevoli giardini e pare che nessuno abbia mai cercato di portar via qualcosa.

Prendiamo un bus e ci spostiamo al Ryoanji (500Y) o Tempio del drago pacifico, la cui area si estende su circa 120 acri. Tutto il sito è considerato Patrimonio dell’umanità e noi passeggiamo lungo un sentiero detto del filosofo, nei pressi di un canale e di uno dei due grandi stagni fiancheggiati da ciliegi e abitati da quasi 1900 papere mandarine. Il Giardino Zen Satori o Rock Garden o dei quattro segreti, ci lascia un po’ perplessi. Non so come lo immaginavamo, ma sicuramente non così essenziale: 15 rocce sapientemente posizionate, su una ghiaia bianca in un’area di mq 248, larga 10mt e lunga 25mt. Non sono molto alte, non sono sparse qua e là come sembrerebbe ed è un mistero chi lo disegnò. Probabilmente è proprio questa sua semplicità che infonde pace interiore, aiuta a riflettere, pensare, trovare serenità, illumina spiritualmente e trasmette infiniti insegnamenti. Altrimenti non si spiegherebbe perché è così noto e perché così tanta gente lo contempli lungamente e silenziosamente. Ci stupisce l’attenzione maniacale alla sua cura: lunghe pinzette per raccogliere le foglie o pezzettini di carta, un coppino per annaffiare qualche tronco, una scopetta di raffia per “ararne” il terreno intorno.

Proprio di fronte, 8 minuti a piedi, prendiamo il trenino mono vagone per Arashiyama (allegrissima stazione di colonne colorate), dove rimaniamo incantati dalla foresta di altissimi bambù di Sagano che ci sovrastano imponenti. Una luce quasi irreale passa tra le canne alte anche dieci metri e assistiamo a un gioco di luci e ombre. Non c’è vento, per cui non sentiremo alcun suono, ma pare che il Governo chiami questo posto da preservare, il luogo dai Cento suoni del Giappone. Percorriamo tutti i 200 metri, intravediamo anche un grande cimitero spoglio di fiori ma solo con qualche piantina e sbuchiamo davanti al lungo fiume Hozu. Inizia a piovere, ci fermiamo in un caffè giusto il tempo dell’acquazzone e poi iniziamo a rientrare.

In hotel una doccia e via per una cenetta con Kazuko e Tomoko, due ragazze giapponesi conosciute a Roma dove hanno vissuto rispettivamente per 20 e 26 anni e “rimpatriate” da pochissimi mesi. Nonostante la lunga assenza da Kyoto e la non più tenera età (una cinquantina di anni) dopo solo un mese avevano entrambe già un’occupazione, una presso un’azienda fornitrice di gas e l’altra in un museo.

Siamo troppo contenti di vederle e quando cominciamo a raccontare loro che il Paese del Sol Levante ci sta conquistando il cuore perché è tutto funzionale e perfetto, ci confessano di sentire la mancanza dei difetti di Roma. Ci svelano qualche pecca nipponica: il clima, il non calore dimostrato dalla gente, il costo dei trasporti e la poca movida notturna! Beh, non è poco, le capiamo perfettamente e tra mille chiacchiere e ricordi ordinano la cena anche per noi giacché tutto il menu è scritto nella loro lingua!

Siamo in un Izakaya ovvero in un ristorante in cui si fanno arrivare differenti tipi di piatti da condividere. Ci togliamo le scarpe e accomodiamo in bassi tavolini che però hanno un ampio spazio sotto dove poter allungare le gambe (sarà come stare seduti a tavola con un differente effetto ottico iniziale!). Arrivano più piatti di Sashimi: solo pesce crudo che a volte identifichiamo, altre no, perché pescato solo da queste parti e non esportato in Italia. E’ poi la volta della Tempura: verdura e pesce, principalmente gamberi, fritti con una pastella molto leggera; di soba, di tagliolini saltati su una piastra, di ravioli di melanzane, di “involtini primavera” ripieni di pesce, di un’anguilla affumicata all’istante con un mini estintore… Tutte le pietanze sono sporzionate e non abbiamo difficoltà a servirci con le bacchette. Pasteggiamo con birra Sapporo, grappa di riso e per finire un goccio di particolarissimo sakè alla prugna! Spendiamo circa € 22 a testa e ci alziamo sazi e stracontentissimi! Abbiamo collezionato un’altra esperienza unica ed endemica!

Trasmettendo il calore di cui sentivano la mancanza, le abbracciamo, era da tanto che non ricevevano una stretta, ripromettendoci di accoglierle, quando potranno, nella nostra capitale.

Seconda notte all’Hearton Hotel di Kyoto.

7° giorno: mercoledì 7 settembre 2016: Kyoto – Nara – Kyoto

Colazione sempre in camera e, con orari un po’ più comodi, alle 9,30 ci mettiamo in moto per la lunga giornata di visite.

Metro per la stazione centrale di Kyoto (210Y) e poi bus (230Y) per il Tempio Sanjusangen-do (600Y), il cui significato è 33, costruito per volere dell’imperatore in ritiro Go-shirakawa nel 1164, la cui sala principale ospita ben 1001 statue di legno dorate della divinità buddhista Kannon di 3,35mt. Purtroppo non sarà possibile fare né foto né video, ma la visita è molto interessante.

Nuovamente sul bus (230Y) per la stazione di Kyoto e, con il treno, via per il Fushimi Inari Shrine, ovvero per il Santuario delle Volpi. E’ un importante tempio dedicato al Dio scintoista del riso Inari, le volpi erano delle sue messaggere e famoso per i Tori arancioni posti su una rete di sentieri escursionistici che conducono nella foresta boscosa del Sacro Monte Inari alto 233mt. Scattiamo tante foto soprattutto alle due fitte file parallele di porte chiamate Senbon Torii donati da privati, da aziende, il cui nome e la data è riportato sul retro di ogni porta.

L’intera escursione in cima alla montagna durerebbe un paio d’ore, ma noi ci fermiamo prima anche perché un certo languorino si fa sentire e i ristorantini lungo il percorso che propongono i “cibi preferiti dalle volpi” ovvero Fox Udon e tofu fritto sono piuttosto cari.

Oggi street food! Ci facciamo tentare dal Tokoyaki ovvero da polpette di polpo preparate al momento e molto velocemente da due sorridenti ragazzi. Studiamo un po’ la situazione, vediamo come mangiano gli altri e proviamo anche noi! La confezione da sei polpette costa 500Y ed è riempita da salse che non distinguiamo e che a gesti facciamo capire di non gradire tutte insieme! Wow sono gustose, bollenti e faremo fatica a mangiarle con le bacchette perché morbidosissime! Notiamo come qualcuno che con non calanche ci osserva divertito e ricambiamo i sorrisi sotto i baffi! Assolutamente da provare!

Venticinque minuti sul treno Inari per Uji, cambio binario e una mezz’ora sul Miyakoji per giungere a Nara, una delle più antiche capitali del Giappone, dal 710 al 794, che all’epoca si chiamava Heijo. Anche questa città è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, ha circa 320000 abitanti e proprio nel 2016 ha preso il titolo di città della cultura dell’Asia dell’Est.

Ci informiamo quale mezzo prendere per raggiungere i siti di maggior interesse. La risposta è il bus 2 (210Y) che in poche fermate ci porterà al Todai-ji Temple (500Y) il monumento più importante della città, costruito in onore al Great Buddhache risplende in tutto il mondo come il sole” rappresentato da una colossale statua di bronzo placcata in oro, alta 14,98mt e risalente al 752. Rispetto a quella originale è più piccola del 33% ed è posta sulla più grande struttura di legno. Oggi in questo santuario si prega per la pace nel mondo, ma è anche un centro di dottrina e di ricerca nella quale si sono formati importanti preti.

Ci immortaliamo davanti ad altri capolavori architettonici considerati Tesori Nazionali, davanti allo stagno sul quale è adagiato un bellissimo veliero di legno e leggiamo cartelli in cui si celebra l’arte, al di là dello spazio e del tempo.

Riprendiamo la via del ritorno, ma prima acquistiamo calamite identiche, ma molto più convenienti, di quelle comprate finora!

Passeggiamo nel Parco dei Daini di Narakoen in cui vivono in libertà più di 1200 cervi domestici. Per i giapponesi questi eleganti animali rappresentano la divinità del successo e della fortuna, a noi fanno tenerezza e ci lasciano stupiti per quanto addomesticati.

Bus (210Y) più treno per rientrare a Kyoto più che soddisfatti per l’esperienza.

Tempo di una doccia e nuovamente fuori. Gironzolando per le viuzze intorno alla zona in cui siamo, ripassiamo davanti al Centro 801 e decidiamo di cenare al suo interno scegliendo alcune mitiche composizioni di pasti già pronti che saranno scaldate al momento del pagamento in fornetti dietro la cassa. Tra questi, il Katsudon, ossia una fettina di maiale panata con sopra uovo ed erbetta cipollina. Compriamo dal panificio The Bread alcune bontà scontate (dalle 19,30-20 moltissimi prodotti subiscono ribassi) con cui faremo colazione domani.

Acquistiamo anche una piantina molto simpatica dal fioraio Harmonious dentro un barattolo di vetro pieno d’acqua… il pollice verde in questi casi non serve.

Rientriamo per l’ultima notte all’Hearton Hotel.

8° giorno: giovedì 8 settembre 2016: Kyoto – Hiroshima – Miyajima – Hiroshima

Colazione all’alba nella nostra stanza (comincia a diventare una vera comodità oltre che un gran risparmio dal momento in cui la breakfast in albergo costerebbe € 10 a testa!) con tea/ Nescafé e brioche e alle 7,30 check-out.

Metropolitana (210Y), con JRPass treno Hikari 495 e partenza dalla stazione principale di Kyoto alle ore 8,23 per Hiroshima dove, spaccando il secondo, giungerà alle 10,44.

I posti sono comodissimi e spaziosissimi, abbiamo la possibilità di ricaricare pc, cellulari e ogni tanto venditrici silenziosissime di bevande e snack passano sorridenti.

Alla stazione ci informiamo come raggiungere l’hotel Reino Inn Hiroshima Peace Park Art & Culture prenotato su booking: filobus arancione 7 (160Y) e in una ventina di minuti saremo a destinazione.

Alla reception una graziosa ragazza ci informa che il check-in si fa dopo le 16, ma lasciamo in tutta sicurezza le valigie e iniziamo il giro della città.

Attraversiamo il ponte sul fiume Motoyasu-gawa e siamo subito al Parco della Pace (Peace Memorial Park), la più estesa area verde della città con 120.000 mq, all’interno della quale passeggiamo notando il contrasto di alberi (alcuni rami con la “barbetta”), prati e sentieri con gli edifici circostanti. Prima della bomba, la zona in cui siamo era il cuore politico e commerciale della città e fu proprio questo il motivo per cui fu sganciata qui l’atomica. Quattro anni dopo la tragedia del 6 agosto 1945, si decise che non sarebbe stata riqualificata, ma dedicata a strutture commemorative della pace.

Superiamo la Fontana della preghiera ed entriamo nel Museo della Pace (Peace Memorial Museum, 200Y) dove tocchiamo con mano i resti dell’ordigno, ne vediamo gli effetti e sentiamo le testimonianze registrate dai superstiti. Un’esperienza toccante che potremmo commentare con tante parole, ma anche col silenzio.

Anche qui, come in altri posti, c’è la possibilità di apporre un timbro in ricordo del luogo visitato. Molti stampano il passaporto, noi la cartolina-souvenir consegnata insieme al biglietto d’ingresso. Ci portiamo via anche una piccola papera di carta (origami), come fece Obama nel maggio 2015.

Una foto al Cenotafio in ricordo delle vittime e una al memoriale dove una fiamma perenne (della pace) ricorda le 350.000 persone decedute tra studenti cinesi, coreani, americani, prigionieri di guerra, civili, militari… e ci rimettiamo in cammino.

Sempre nel Parco, una costruzione a forma di Cupola della bomba sotto la quale la campana (della pace) che si può far suonare e dove scolaresche offrono lavoretti.

Non distante si trova l’A-Bomb Dome, patrimonio dell’umanità Unesco dal 1996, ovvero i resti del palazzo che ospitava la fiera commerciale della prefettura di Hiroshima, uno dei pochi edifici rimasti in piedi dopo lo scoppio. E’ spettrale e cozza con le modernissime costruzioni.

Riprendiamo il tram n. 7 (160Y) e in una mezz’oretta arriviamo alla stazione. Saliamo sul JR Sanyo Line e in un’altra mezz’oretta raggiungiamo il porto Miyajimaguchi. Da lì il traghetto e in 10 minuti sbarchiamo a Miyajima.

Mettiamo piede sull’isola in cui convivono uomini e Dei. Ci danno il benvenuto tanti daini selvaggi, ma dovremo fare attenzione – come consigliano i cartelli – ai vestiti, ai souvenir, ai biglietti, alle mappe… perché sono generi che le bestiole gradiscono!

E’ un luogo sacro da quando vi fu costruito il Santuario di Itsukushima (300Y) nel 593 d.C., dedicato alla dea dei mari ed edificato parzialmente in mare su palafitte. Il corridoio che collega una ventina di costruzioni è lungo 280 mt, di un color arancio intenso che spicca sul mare blu e sulle verdi colline alle spalle. Il suo o-torii del 1875, dichiarato patrimonio dell’Unesco una decina di anni fa, è uno dei più scenici spot del Paese e quindi tra i più fotografati. E’ collocato in mezzo al mare, a 200 metri dal Santuario, è alto 16mt e ogni pilastro ha una circonferenza di 10mt. Pesa 60 tonnellate ed è uno dei più grandi realizzato in legno di canfora e cedro. Peccato per alcuni lavori di ristrutturazione in corso che lo nascondono parzialmente.

Anche oggi street food con lunghi spiedini di calamaro (300Y) e ostriche alla piastra/griglia (€ 2 l’una) che esperte mani aprono rapidamente e perfettamente!

Passeggiamo per i sentieri, alcuni scorci sono magnifici; l’idea è di fare un’escursione sul Monte Misen in funivia, per godere – a mt 500 d’altezza – di un panorama che, dicono, essere mozzafiato, ma il tempo è poco (chiude alle ore 17) e il costo non basso (€ 20 A/R).

Lasciamo l’isola col traghetto JRP e riprendiamo la via del ritorno a Hiroshima.

Ci sono, sparsi per tutto il paese, i conbini, dei supermercati (le catene più straviste sono Lawson, 7 Eleven e Family Mart) che vendono, tra gli altri prodotti, vassoi composti di pasti completi già pronti, preparati con generi freschi, che su richiesta vengono velocissimamente scaldati in fornetti a microonde presenti quasi sempre dietro le casse. Si possono consumare all’interno dei negozi stessi, appoggiandosi su idonei banconi forniti di distributori di acqua oppure portare via. Solitamente, dopo una certa ora (19-19.30) alcuni cibi subiscono dei ribassi del 20 o 30% e il numero delle persone che si ritrova a fare la spesa (la chiusura è tra le 23-24 o sono aperti h24) aumenta. Nella busta, insieme ai contenitori, mettono le bacchette, tovagliolini imbevuti e salse monodose.

Acquistiamo la nostra cena presso un conbini e ce la portiamo nell’enorme stanza 305 del Reino Inn Hiroshima Peace Park Art &Culture hotel (6800Y).

E’ spaziosissima, con aria condizionata, tv, scrivania e bagno nuovissimo dove, però, non vi sono campioncini e asciugamani. Noi abbiamo i nostri prodotti e teli, ma volendo si possono acquistare quelli usa e getta o noleggiarli con una spesa esigua. Tutto è molto pulito e sul corridoio si può gratuitamente utilizzare una cucina con forno a microonde, lavandino, bollitore e frigorifero. Ci sono anche una lavanderia a gettoni e un distributore automatico di bevande. Ottima scelta.

9° giorno: venerdì 9 settembre 2016: Hiroshima – Kanazawa

Nel cucinotto ci prepariamo la colazione e senza fare il check-out (le tessere-chiave della stanza si disattiveranno automaticamente diventando un souvenir!) ci dirigiamo alla stazione.

Il treno Sakura 542 delle 9,53 per Shin-Osaka – neppure a dirlo – è super puntuale così come l’arrivo alle 11,24. Il tempo di cambiare binario (dal 25 al 12) e alle 11,46 ripartiamo con il Thunderbird21 per Kanazawa. Spaccando il secondo, alle 14,20 giungiamo a destinazione superando paesini dalle casette basse e quasi tutte con giardinetto adiacente.

Arriviamo affamati e dentro la stazione scegliamo di pranzare presso la German bakery dove decine di cibi appena sfornati titillano e soddisfano pienamente le nostre papille gustative.

Ritiriamo la mappa al tourist information, ci facciamo dare qualche indicazione e partiamo per la prima meta: il mercato Omicho Ichiba, il più grande di prodotti freschi a Kanazawa dal periodo Edo. Oggi si tratta per lo più di una fitta rete di strade costeggiate da circa 200 negozi e bancarelle.

Ci fermiamo a contemplare il giardino Kenrokuen, considerato uno dei più belli del Giappone e, in effetti, sembra finto! Neanche un plastico potrebbe essere così perfetto! All’epoca era adibito a giardino esterno del castello della famiglia Maeda che regnò per quasi due secoli. L’ingresso è gratuito e la passeggiata rigenerante.

Rinunciamo sia al Tempio dei Ninja, perché un po’ scomodo da raggiungere e perché lo avremmo dovuto prenotare telefonicamente, sia al quartiere Chaya – anche questo un po’ fuori mano – dove si dice che in alcune case da tè gli ospiti sono intrattenuti da geishe che eseguono canti e danze.

Passeggiamo invece nel quartiere tradizionale Nagamachi, ai piedi dell’ex Castello di Kanazawa, area in cui vi risiedevano i samurai e le loro famiglie. Respiriamo un po’ di storia ammirando case, vicoli, canali d’acqua e dai cancelli d’ingresso privati sbirciamo un po’ dentro le abitazioni.

Un signore molto gentilmente ci invita a entrare in quella che era una residenza samurai restaurata, la Shimizu house. L’interno è molto minimalista, tatami su tutto il pavimento, stanzette piccole e quadrate, qualche baule, ma il giardino è bellissimo e molto curato. Lo ringraziamo e tra mille inchini ci congediamo.

E’ tardo pomeriggio e molte case e ville adibite a musei chiudono alle 17 per cui le vediamo solo dall’esterno.

Rimaniamo estasiati davanti al Castello di Kanazawa, dal 1583 fino alla fine del Periodo Edo, sede del potente clan Maeda, signori di Kaga e produttori di riso. Lo scenario è spettrale! Migliaia di corvi neri, cornacchie, una miriade di uccelli vari svolazza intorno a noi, gracchiano rumorosamente e si posano sui tetti. Da lontano sembra di rivedere la scena del film The Birds di Hitchcock!

Ceno con qualcosa che mi è familiare anche in Italia ma che qui ha tutto un altro sapore e soprattutto costo: sushi (fettine di pesce crudo avvolgono il riso) che insaporisco col wasabi, maki (rotolini fatti con l’alga nori) e nigiri ovvero le polpettine di riso con salmone, gambero, spigola o tonno crudi adagiati sopra.

Non c’è nulla da fare, la cucina autentica, gustata nel paese d’origine, è molto più deliziosa e quasi irriconoscibile!

Pernotteremo al Kanazawa Central Hotel Annex 3*, centrale e comodo visto i numerosi trasferimenti.

10° giorno: sabato 10 settembre 2016: Kanazawa – Takayama – Kanazawa

Oggi gita a Takayama, città storica del Giappone, sulle montagne del centro, dove inizialmente avevamo pensato di trascorrere una notte, ma sarebbe stato più difficile rientrare a Tokyo e rimuoverci con le valigie.

Da Kanazawa il treno Kagayaki 506 per Toyama dove arriviamo alle 9,06 e da lì Hida 8 delle 9,52 per Takayama dove arriviamo alle 11,23.

Siamo alla scoperta di un antico borgo feudale e presso un tourist information troviamo anche una cartina in italiano! Sarà la prima e l’ultima! Decidiamo di percorrere la stretta via, piena di bancarelle che offrono di tutto di più e che collega i due mercati mattutini Asaichi e Miyagawa. E’ un tripudio di colori, profumi e sapori; non ci facciamo scappare neanche un banco e per non far torto a nessun venditore – che ci invita sorridente -, arriviamo ad assaggiare addirittura l’aglio nero! Oggi si pappa street food: spiedino di mochi ovvero pallette di riso tritato e pestato che diventa una pasta bianca, morbida ed appiccicosa 80Y, oyaki=palla di pasta di pane ripiena di carne 150Y, “cotoletta” 150Y e per concludere un frutto: pera giapponese 100Y.

Oltre che per la carne di kobe, questa cittadina ha come specialità il sakè. Diverse vecchie distillerie si trovano nel centro storico e si riconoscono dal sugidama (rami di cedro intrecciati a forma di sfera) appeso sopra le entrate. Alcuni banchi ci invitano a sorseggiarlo in bicchierini; spiritosamente un tizio mi fa indossare un kimono e si pone accanto a me per una foto ricordo.

Non assaggeremo mai, invece, il whisky Yamazaky.

Amuleto caratteristico da acquistare sarebbe il sarubobo, un porta fortuna “cucciolo di scimmia” che in realtà è una bambolina bruttina senza connotati che non porteremo con noi e che espongono in differenti colori secondo la tua sfiga (Rosso = Fortuna, Rosa = Amore, Giallo = Denaro, Arancione = Lavoro, Verde = Relax, Blu = Studio, Viola = Lunga vita, Nero = contro il demonio e Bianco = Mente calma).

Passiamo per la via Kami Sannomachie arriviamo all’Yatai Matsuri Kaikan Hall (820Y), dove sono realizzati e decorati i carri per il festival di Takayama. Diverse maschere leonine, bambole meccaniche montate su carri altissimi… Il ticket dà diritto a visitare anche il museo di Nikko dove sono esposte città in miniatura, numerosissime statuette di eserciti, samurai… veramente ben tenuto e rappresentativo.

Un’ultima foto dall’esterno al Takayama Jinya, una bella costruzione in stile tradizionale giapponese utilizzata come ufficio governativo e iniziamo il rientro.

Alle 17,16 il puntualissimo Hida 13 ci porta alle 18,52 a Toyama, da lì alle 19,16 l’Hakutaka 57 ci fa giungere a destinazione alle 19,38.

Mangiamo in un semplice ristorantino anonimo che non ci delude. Io ceno con zuppa, salmone e verdurine, il mio boy con riso, pollo e insalatina.

Seconda e ultima notte al Kanazawa Central Hotel Annex 3* dove crolliamo soddisfatti della gita e dopo un caldo tea verde.

11° giorno: domenica 11 settembre 2016: Kanazawa – Nikko

Colazione in stanza e check-out!

Prendiamo il treno Kagayaki 508 alle 9,46 e arriviamo alla stazione di Omiya alle 11,54. Da lì, saliamo sull’Yamabiko 137 delle 12,26 per arrivare a Utsunomiya alle 12,49. Alle 13,02 un trenino non prenotabile per la stazione JR Nikko dove scendiamo alle 13,46.

Ci troviamo a soli 5 minuti a piedi dalla stazione Centrale, presso alcuni box della quale lasceremo le valigie (900Y) per girare in libertà tra i templi prima di recarci in hotel, questa volta un po’ fuori.

Facciamo un biglietto giornaliero per i bus (500Y) dal momento in cui pagare due tratte già costerebbe di più (310Y a tratta) e raggiungiamo (fermata n. 7) il ponte Shinkyo interamente laccato di rosso la cui fattezza contrasta con la natura selvaggia della gola, ma non acquistiamo i biglietti per salirci sopra.

Con una bella camminata ci dirigiamo al sito archeologico immerso in un parco con 16000 cedri per vedere il Santuario Toshogu (1300Y), costruito nel 1636 in memoria di Ieyasu, il fondatore dello shogunato Tokugawa, uno dei più importanti esempi di arte giapponese del periodo Edo, la cui tomba si trova all’apice di una scalinata con più di 200 gradini e a circa 634mt. Il tempio è bellissimo ed enorme, molto colorato, con applicazioni di lamine d’oro e sculture di ogni genere. Numerosissimi artigiani sono stati impiegati per realizzarlo e scattiamo più foto alla famosa scultura delle Tre scimmiette della saggezza (non vedo, non sento e non parlo del male) e alla Torre della Campana. Rimaniamo un po’ delusi, invece, del gatto dormiente (o della pace), designato come tesoro nazionale e noto perché di un celebre scultore che studiò 8 mesi il comportamento dei mici per rappresentarlo e far sì che diventasse fonte di ispirazione per tanti artisti. E’ un bassorilievo piccolino e non facilmente individuabile.

Rientriamo alla stazione di Nikko e un po’ affamati entriamo nel grande supermarket Leon per fare merenda. Ci facciamo prendere dall’entusiasmo e dalle tante pietanze già pronte, invitanti, dai prezzi accessibilissimi e acquistiamo pure la cena che consumeremo in stanza.

Prendiamo il trenino della Tobu line (320Y a p.), due fermate e si cambia binario per arrivare, dopo 40 minuti, alla stazione Kinugawa Koen proprio di fronte il nostro albergo!

Check-in in questa struttura che subito ci conquista. Si accede scalzi o con ciabattine di cortesia. La nostra camera è la n. 509 ma non dobbiamo prendere alcun ascensore, il piano è il medesimo della reception. Un gentilissimo signore ci fa strada mostrandoci, durante il percorso, la grande sala relax con una decina di poltrone super tecnologiche che massaggiano dalla testa ai piedi, l’angolo karaoke, i tre distributori di bibite, il fornetto a microonde dove riscaldare cibi. Però! La stanza è molto ampia, un bagno con solo il water, un antibagno con il lavabo, lo specchio e il phon, una zona con stendino prima della comoda e funzionalissima doccia fornita di prodotti Shiseido. Tv, cassaforte, armadietto… e poi una piccola saletta con bollitore per il tea sopra un mini frigo, un divanetto con un tavolino e un balconcino che affaccia sul fragoroso fiume.

Dopo una doccia rigenerante andiamo a provare le poltrone massaggianti: che ficata! Programmiamo dei minicomputer, secondo la parte del corpo che vogliamo trattare; un po’ a naso le facciamo funzionare e quasi quasi ci addormentiamo! Per cena ci apparecchiamo in stanza dopo aver scaldato – con l’aiuto di un gentilissimo impiegato del front desk, che con grandi inchini ci augura buon appetito – le pietanze al fornetto dai pulsanti scritti solo in giapponese! Tempo due minuti ed è tutto pronto e gustosissimo.

In Italia ci saremmo quasi vergognati a far cose del genere, ma qui si usa e non poco! Quasi tutti i giapponesi acquistano vaschette di cibo già confezionato in piccoli vassoi che vanno solo inseriti nel microonde e noi ci adeguiamo.

Buona notte presso il Fukko Oyado Kaze 3* (7600Y la stanza e 150Y a testa per le terme) che avevamo scelto perché nella categoria dei Ryokan, ovvero delle locande tradizionali giapponesi all’interno delle quali i bagni pubblici, e non ci delude assolutamente!

12° giorno: lunedì 12 settembre 2016: Nikko – Tokyo – Narita

Colazione in stanza con tea e dolcini alla crema di castagne acquistati ieri al supermarket e subito relax nell’onsen, la calda vasca di acqua termale dovuta all’attività sismica e vulcanica. Le zone in cui immergersi sono differenti per donne e uomini, dal momento in cui si entra completamente nudi. In stanza troviamo il kimono da indossare e gli asciugamani da portarci dietro. L’esperienza è bellissima. Le vasche sono due, una più bollente dell’altra. Tanti prodotti per la doccia prima e dopo l’immersione. Il rilassamento è assicurato, trovo solo un’altra donna giapponese con gli occhi chiusi. Io guardo il paesaggio verdeggiante che s’intravede dalle grandi vetrate. Mi addormenterei se non fosse prima mattina e mi aspetta l’ultima giornata in questo bel Paese. Faccio una doccia con tutta la calma possibile utilizzando i prodotti messi a disposizione: due tipi di shampoo, bagnoschiuma, sapone per il viso e acqua delicatamente profumata per il corpo. Rientro in stanza, anche il mio boy è tornato, prepariamo le valigie che lasceremo alla reception dopo il check-out. Passeggiamo un’oretta lungo il fiume Oiki, passiamo su un piccolo ponte “tibetano”, immortaliamo qualche bellissima farfalla e quasi inciampiamo su un innocuo serpentello.

Alle 11,37 abbiamo il treno diretto per Asakusa (1550Y). Nonostante sia una linea rapida, impiegherà circa 3 ore! Non è un convoglio spaziale, con attacchi per pc, sedili reclinabili… ma è comunque comodo e ovviamente pulito.

Arriviamo alle 14,24 e ci informiamo per raggiungere l’ultimo albergo prenotato dall’Italia che si troverà a una mezz’oretta dall’aeroporto.

Percorriamo un breve tratto di strada, saliamo su un trenino della linea Keisei (960Y) e dopo una decina di fermate scendiamo a destinazione.

Il Narita U-City Hotel 3*(5400Y) è comodissimo, proprio a due passi dalla stazione e ben visibile dalla stessa. Facciamo il check-in e ci accomodiamo nell’ultima stanza, la n. 710, di medie dimensioni, confortevole, fornita di ciabattine, vestaglia, tv, bollitore e, in bagno, vari prodottini.

Il wi-fi è eccezionale! Ci prepariamo un Nescafé, doccetta con prodotti Shiseido (per il viso addirittura tre differenti bustine con sapone, tonico e latte detergente) e via per una passeggiata.

La cittadina non offre granché, si vede che è di passaggio per chi parte e chi arriva, ma entrare e uscire dai negozi, osservare la gente prima di intraprendere il lunghissimo viaggio di rientro e alla fine di questo… è l’unica attività che ci va di fare oggi!

Per cena scegliamo, proprio di fronte l’albergo, un localino che offre una cucina espressa di piatti da scegliere su carta o indicare tra quelli riprodotti in resina esposti. Ordiniamo due donburi ovvero due ciotole di riso bianco e sesamo con sopra trancio di salmone (470Y) io e carne di manzo (490Y) il mio boy. Comprese delle patatine fritte (200Y) e una coca cola spendiamo in totale 12€!

Cosa non abbiamo assaggiato in questa decina di giorni? Il Fugu ovvero il pesce palla che, se non cucinato bene, può essere nocivo, ma è una pietanza invernale… per il resto non ci siamo fatti mancar nulla e a prezzi veramente abbordabili, spesso più convenienti che in Italia.

Peccato non esser rimasti fino al 19 settembre; il terzo lunedì di questo mese si celebra la Festa degli Anziani ed erano previste differenti manifestazioni, ma il dovere ci chiama.

13° giorno: martedì 13 settembre 2016: TOKYO-ROMA (con scalo a Parigi)

Colazione in stanza: Nescafé con cremine al latte per avvicinarci al cappuccino, merendine, biscottini e alle 7 navetta gratuita che in 30 minuti spaccati ci scarica al Terminal 1.

Il volo di rientro Air France delle ore 11,00 per Parigi (CDG) è in anticipo di dieci minuti. Velocissimo check-in (la mia valigia pesa 12 kg, quella del mio boy 16kg) e spediti i controlli. Spendiamo gli ultimi Yen trovando convenienti solo le sigarette (Marlboro € 25 a cartone).

Le 12 ore di volo (posti 41J) passano in fretta anche mangiando: prima uno snack con un bicchiere di champagne e a seguire il pranzo (maccheroni con salsa bianca e fettina di tonno affumicato, formaggino Camembert, dolcetto creme caramel e come piatto principale, a scelta, pollo arrosto con broccoli e carote o straccetti di maiale con riso e sottili spaghetti in bianco con cipolle in agrodolce). A metà viaggio gelatino, mini panini al prosciutto e formaggio e bibite a volontà. Ognuno trascorre il tempo come vuole, guardando un film, giocando con la sua postazione di fronte al sedile, leggendo, dormendo, scrivendo…

Alle ore 16,25 atterriamo a CDG, passiamo i controlli interni e ci ritroviamo pronti per imbarcarci sul volo Alitalia delle 18,25 (posti 20B).

Mettiamo piede a Fiumicino alle 20,30 un po’ provati ma strafelici della magnifica vacanza fai da me!

Buon viaggio, Luna Lecci

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