Tra i colori del Perù

Tour classico tra natura e cultura
Scritto da: gianpiturista
tra i colori del perù
Partenza il: 21/04/2017
Ritorno il: 08/05/2017
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €
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21 aprile – 8 maggio 2017

Paracas – Nazca – Arequipa – valle del Colca – Cruz del Condor – Puno e lago Titicaca – Cuzco – Lima

21 aprile

Partenza da Linate con volo delle 8, con arrivo alle 10,20 a Madrid, con Iberia, e pronti per il volo intercontinentale alle 12,50 . Oltre 12 ore di volo… comunque arriviamo neanche troppo provati alle 18 a ‘Lima’. Non c’è coda all’immigrazione, aspettiamo la valigia un po’ e in una oretta e qualcosa siamo fuori, e in mezz’ora in hotel. Catena José Antonio, quartiere Miraflores, uno tra i più belli ed esclusivi di Lima; la guida ci fiorisce nel frattempo tutte le informazioni di viaggio. Camera fantastica, con anche idromassaggio !! ma noi siamo troppo stanchi e andiamo giusto al negozio all’angolo a prendere dell’acqua e poi a nanna!

22 aprile

Colazione alle 6, che poi viene Richard a prenderci per portarci alla stazione dei bus. Partenza per ‘Paracas’ in bus. Siamo curiosissimi di provare l’esperienza del viaggio in bus in Perù, non sappiamo esattamente cosa aspettarci, fondamentalmente siamo molto prevenuti , nonostante siamo viaggiatori, non ci si libera facilmente dei pregiudizi … La stazione degli autobus è una vera sorpresa: tutto funziona come i aeroporto, check in bagaglio e check in delle persone con metal detector , controllo passaporti e biglietti. Gli autobus Cruz del sur sono a 5 stelle: servizio tipo aereo, poltrone comode reclinabili, video, hostess di bordo, colazione servita al posto e toilette.

Arrivati a Paracas ci attende la guida con l’autista Jean che subito ci propone il giro guidato della riserva. Circa 2,30 ore, costo totale 120 soles (la moneta locale). Ne vale la pena. Il sole, nonostante sia autunno è cocente, e anche se la guida Lonely Planet dice che si può fare a piedi o in bici… credetemi, in auto è molto più salutare.

La riserva è molto grande. Ci sono vari “mirador”, ossia punti panoramici o d’osservazione dove è consentito sostare. La guida è un ragazzo sveglio, si prodiga a spiegarci tutto utilizzando parole semplici e parlando piano cosicché riesco a capire tutto anche se è in spagnolo. Lui è sposato con due figlie piccole, viene dalla “selva” come dicono qui, la parte amazzonica del Perù. È il maggiore di 6 fratelli e vanta una nonna italiana, ma non sa di dove, le informazioni si sono perse nelle storie di ordinaria immigrazione… Ogni volta che gli capita, piazza nel discorso un detto che usa dire suo padre, o sua madre o suo suocero e così via… alla fine della visita ci sembra di conoscerlo da una vita, compreso tutto il parentado!

Ci spiega che lì c’era una foresta nella preistoria, e c’era il mare, e ci mostra i fossili fermandosi in un punto dove se ne vedono effettivamente parecchi. La (ora) riserva naturale di Paracas è il deserto meno piovoso della terra, pur non essendo molto esteso. I colori delle dune di sabbia vanno dal giallo, al bianco (qui c’è molto sale, e ancora oggi ci sono le miniere) al rosso (il ferro caratterizza deserto e spiagge). Gli scorci delle baie si aprono magicamente da dietro le dune. Ci sono pochissimi turisti, spesso siamo soli… dune, vento mare… il vento è una caratteristica importante. Qui soffia sempre, a volte, ci spiega la guida, soffia a 50km/ora e allora sì che non vedi nulla! Noi, che già ci sentiamo la sabbia ovunque, sgraniamo gli occhi! Stasera tocca una mega doccia per liberarsi di tutta questa sabbia!

Ci fermiamo a mangiare a ‘Lagunillas’ da Carlos, mangiamo sul terrazzo, davanti alla splendida baia, a suon di capesante, polipo piccante per Enrico e gamberi per me. La guida opta per il tipico ceviche (pesce crudo). Che delizia… che pace…. che bellezza ….. Tornando ci fermiamo al centro visitatori della riserva per vedere il filmato (istruttivo), il museo (niente di ché ma la guida ci teneva tanto….) e la baia dei fenicotteri. È accessibile solo con un piccolo passaggio, nel pieno rispetto di questi eleganti uccelli, fenicotteri cileni (più rossi dei “nostri” sardi), dai loro colori pare che il generale San Martin (che partì da qui per la liberazione del Perù dalla dominazione spagnola nei primi decenni del 1800) trasse ispirazione per i colori della bandiera nazionale, rosso come la parte delle ali del fenicottero in volo, e bianco come il suo petto. La sera non abbiamo voglia di fare gran ché, dall’hotel Awana a piedi raggiungiamo il ‘centro’ dove c’è il porto e ci facciamo una pizza e birra nel locale Miki’s, musica, pizza e via.

23 aprile

Dalle 8 alle 10 è prevista l’escursione alle isole Ballestas , paradiso di uccelli marini vari (pellicani, cormorani, gabbiani) foche e leoni marini e del mio preferito, il pinguino, che qui è in versione piccola e ci vive tutto l’anno. Grazie alle acque ricchissime di pesce e alla zona che è riserva naturale, qui vivono indisturbati. La gita si fa in motoscafo, guida in spagnolo o inglese.

Non si può sbarcare, la barca si avvicina e fa fare il giro delle isole. Sembra il film di Hitchcock! Bellissimi i cormorani, i pinguini e le foche spaparanzate al sole! Incrociamo già anche il primo misterioso geoglifo, il cactus, anche detto “candelabro” da quando pare sempre il generale San Martin (ma quante cose gli vengono attribuite??) lo assunse a simbolo , sempre pare con Valenza addirittura massonica…. Sta di fatto che si vede a 7 miglia dalla costa e guida ancora oggi i navigatori! Chi lo fece? Pare il popolo di Paracas, tra il 700 a.c. e il 300 d.c. . In fondo, Nazca è a soli 250km …. Poi questo popolo sparì, interrando i suoi tesori tra le dune….saranno gli antenati del popolo di Nazca?? Ps. Hotel Awana niente di ché…. la puzza delle vicine fabbriche di pesce e il rumore di frigo e del condizionatore in camera lo rendono non proprio riposante, rispetto al costo poi!!! Si vede che con la camera siamo stati sfortunati…

Riprendendo il bus, andiamo a ‘Nasca’. Si passa da Ica, la zona della ‘routa del Pisco’, con i suoi vigneti. E poi km e km di deserto, sullo sfondo, la cordigliera andina. Arrivati a Nazca verso le 15,30 andiamo subito in aeroporto per il volo sulle famose linee. Ci dicono che è meglio il pomeriggio perché in questa stagione il mattino può esserci una fastidiosa foschia. Volo con aereo a 6 posti +2 piloti. 35 minuti di volo, partenza con controllo passaporti, metal detector, e sala attesa con poltrone di vimini e ben due gate, ridicolissimo!

Volo sulle linee, che dire, da WOW! fantastico! Quanti documentari ho visto… quante puntate di Voyager…. (immancabile benchmark) e ora sono qui! E’ tutto vero, anzi è molto di più di quello che si vede dai documentari, altro che Giacobbo! Il pappagallo, la scimmia, il ragno, il colibrì, il condor, e l’uomo dal volto allungato che sembra salutare o invitare a fermarsi. A parte i disegni più noti, ci sono altre enormi linee tracciate ovunque!! Certo alcune sono rovinate dal passaggio di mezzi e uomini, pensate che l’autostrada ci passa in mezzo. A Nazca siamo in un bell’hotel sulla via principale, Dm hotel. Conviene stare in questa via, è la più sicura. Ceniamo all’Encantada Cafè, la mia prima zuppa di quinoa (accento sulla i, mi raccomando!) è buonissima! Poi spiedini di pollo.

24 aprile

Si parte alle 7,30, destinazione ‘Arequipa’. Per ca 6 ore si prosegue lungo la costa. Lungo la strada si apre un canyon (trovato anche un fossile casualmente!), poi una zona desertica con dune gigantesche di sabbia, e ancora sabbia dorata, rossa, grigia, e poi bellissimi scorci di mare, scogliere a picco battute dalle onde e ampie spiagge con solo granchi, uccelli e vento… sempre vento… Ci fermiamo a mangiare lungo la strada, io provo la banana fritta, riso e uovo. Enrico opta per un più sicuro panino. Mi sa che ha ragione lui… La strada attraversa tratti desertici che all’improvviso diventano verdi e coltivati in corrispondenza di ampi fiumi che sfociano a mare. In un paio di questi, ci sono estesi oliveti! Ne approfitto subito per fotografare di che olio si tratta, pensando alla collega in ufficio! Una volta abbandonato il mare si inizia a salire e in ca 3.30 ore si passa per un vasto altipiano a ca 1600 coltivato con frutta, vigneti, fichi d’india, mais e le onnipresenti patate, per poi arrivare (finalmente!) ad Arequipa.

L’impatto con Arequipa prima è con i vulcani che la circondano, di 5/6 mila metri con la neve sulle cime, il solo scorgerli arrivando ci toglie il fiato. Poi si arriva alla città, ca 1, milione di abitanti. Da fuori sembra orrenda, caotica, disordinata, sporca. Baraccopoli. Arrivati al centro, però, ci ricrediamo, centro bellissimo, patrimonio Unesco non a caso. Il nostro hotel, Casa Andina Select, è proprio sulla Plaza de Armas, in parte alla cattedrale, che meraviglia!!! Optiamo per una pizza leggera da Inkani e io provo il “famoso” vino peruviano, forte, proprio non male questo bianco!

25 aprile

Colazione in terrazza, questo hotel è forse un po’ caro ma la colazione in terrazza, vista cattedrale, vale tutto il prezzo! Alle 9 partiamo con la guida per scoprire il centro storico. Centro storico veramente suggestivo, vediamo la cattedrale e poi la chiesa della Compagnia di Gesù dove io mi fermo a prendere i classici rosari che ormai è tradizione e prendo sempre ovunque per portarli alla mamma! Poi facciamo un giro in varie case coloniali che ora sono banche o musei. Miguel, la guida, ci spiega la storia della città e in particolare ci fa sorridere che gli abitanti di Arequipa siano considerati per la loro storia dagli altri abitanti del Perù “gli arroganti”! Sarà perché (ancor oggi) sono i più “spagnoli” di tutti! Ci dice anche che la piazza centrale, Plaza des Armas, funge anche da “centro di collocamento”: quando qualcuno vuole lavorare, viene qui, e ci sono un paio di punti con gente che cerca-offre lavoro. Poi sulla piazza c’è il Comune di Arequipa. E ci sono dei personaggi che aiutano per le pratiche comunali armati di macchina da scrivere con carta e carta carbone…. un buon servizio al pubblico dice la guida, per due soles ti scrivono la lettera che devi presentare. La storia della città, e soprattutto delle chiese, è la storia dei conquistatori spagnoli, delle conversioni forzate, di come i gesuiti abbiano comunque lasciato un buon ricordo perché crearono scuole ed avviarono attività artigianali, ed avvicinarono in tal modo i nativi alla cultura europea. La città è un tripudio di architettura coloniale. Fu distrutta e ricostruita varie volte a causa dei frequenti terremoti, più o meno uno ogni vent’anni.

La sera andiamo da Manolo, due locali vicini uno all’altro sulla via principale, dove ci sono fantastici panini, zuppe locali, e Enrico si concede una mega lasagna vegetariana. Totale ca 24€ in due.

26 aprile

Partenza verso le 7,30 per ‘Colca’ con varie soste. Il viaggio è certamente faticoso, sono due giornate in cui si visita la riserva naturale dove si vedono vigogne allo stato brado, lama e alpaca, si conosce molto bene la regione dei vulcani, si toccano i 4910 metri poi si riscende a 4000 e si va finalmente a ‘Chivay’ a dormire direttamente nella Valle del Colca. Vorrei sottolineare che quando siamo passati uno dei vari vulcani ancora attivi di questa regione si è messo a eruttare!!!!e questa è un’altra storia per un altro articolo…. Abbiamo visto moltissime vigogne! La vigogna (un cammelliade, se si dice così!) vive solo allo stato selvaggio, è stata incrementata la sua popolazione che era quasi estinta grazie ad un’azienda italiana che circa 20-30 anni fa è arrivata qui, la Loro Piana (ora non più italiana), ed ha incentivato il governo locale a preservare questo animale per utilizzare la vigogna come fibra. Da allora la vigogna è arrivata sul mercato ed è una fibra carissima poiché è molto calda e anche molto rara, pensate che è diventata la fibra più cara al mondo. La guida ci ha spiegato come le prendono per tosarle (il chè giustifica anche il prezzo….): in pratica una volta all’anno vanno ca 1000 persone nel parco naturale, si danno la mano e accerchiano le vigogne in un punto vicino alla montagna, stringendosi sempre più finché, in sei persone alla volta, riescano a catturarne una, che viene tosata e poi rilasciata libera. Una volta all’anno ! perché la fibra di vigogna non è come la lana…. è un po’ come se fossero capelli… Bellissimi anche i paesaggi, dall’arida sterpaglia dei 5mila metri fino “giù” alla Valle del Colica, che invece è molto verde, con tutti i terrazzamenti coltivati pre-inca e poi Inca.

Gli sbalzi di altitudine si fanno sentire, molti in bus non si sentono bene nonostante le caramelle e il “mate de coca”, bevanda di acqua calda con le foglie di coca che, essendo un energizzante, aiuta nell’adattamento. Enrico nei passi più alti si sente un po’ mancare il respiro, teme per il cuore (e una volta tornati scopriremo che a ragion veduta temeva… per fortuna non è successo nulla). Andiamo a dormire all’hotel Colca Lodge. Davvero fantastico, si trova vicino al letto del fiume dove ci sono le sorgenti naturali di acqua calda, una cosa magnifica. Anche il ristorante dell’hotel è molto buono, purtroppo noi siamo un po’ stanchi e provati dal mal di altitudine, io ho mal di testa e nausea, perciò non sfruttiamo i bagni termali ma andiamo dopo cena subito a letto (dalla torretta della nostra camera, anzi, esattamente dal letto, la vista sulla vallata ci lascia incantati, e rimpiangiamo di non aver programmato almeno due giorni in questo angolo di paradiso, consigliatissimo!).

27 aprile

Oggi partiamo con un tempo nuvoloso e staremo in autobus tutto il giorno. Il mal di testa prosegue, certo adattarsi ai 4-5 mila metri non è semplice, ma oggi è la giornata dei condor e l’eccitazione e la curiosità ci fa superare tutto (insieme ad una mezza aspirina e un po’ di tè alla coca…! ) Prima discendiamo la Valle del Colca per arrivare ad un punto che si chiama ‘Cruz del Condor’ , dove appunto dovremmo vedere i condor. Lo spettacolo è magnifico, il cielo si apre sulla cordigliera andina con un bel sole, e riusciamo a vedere condor, aquile e falchi. Il condor ha una ampiezza alare media di 3,20 metri, è davvero magnifico, quando ti passa vicino sembra un aeroplano, un’emozione unica stare ad aspettarli quando dai nidi, il mattino, sfruttando le correnti ascensionali, si levano in volo col tipico movimento circolare. Comprendiamo finalmente perché questo uccello fosse il simbolo del mondo celeste e divino per i popoli preincaici e Inca, perché potesse essere venerato e temuto (anche se si ciba solo di cose morte!) e perfino la canzone più famosa del Perù, El Condor pasa, onnipresente motivetto che accompagna i turisti, assume un significato diverso. La natura in questa stagione è molto bella perché gennaio, febbraio e marzo sono stati i mesi della stagione delle piogge e quindi ora è tutto verde, è veramente superbo. Dopo aver visto i condor, torniamo a Chivay per mangiare e poi riprendiamo un altro autobus per andare a Puno (sul lago Titicaca, un’altra delle mete che abbiamo sognato da sempre!!!). Dobbiamo purtroppo rifare tutta la salita del parco, per cui tocchiamo di nuovo i 4900 metri e poi scendiamo nella valle per prendere la coincidenza con l’altro autobus. Con 5 ore, anzi quasi sei di bus, arriviamo a ‘Puno’ alla sera. Siamo all’hotel Josè Antonio, fronte lago Titicaca, il lago del Puma grigio, o anche lago dall’acqua senza colore, questo sarebbe il significato della parola, un altro tetto del mondo, centro di energia di mistero.

28 aprile

Partiamo con battello privato, i due capitani e la guida Esmeralda, detta Esme (di etnia aymara, come ci tiene a dirci subito) che saranno i nostri compagni di viaggio per questi giorni.

La guida ci dice che è meglio approfittare del tempo bello e andare subito a vedere le isole galleggianti degli ‘Uros’ (e meno male che ha avuto questa geniale idea!!!). Le isole sono realizzate completamente con il giunco che cresce nel lago. Gli Uros sono stati “scoperti” non molto tempo fa. Vivono ormai abituati ai turisti, e la signora che ci accoglie nella sua casa ci spiega il genere di vita che fanno, insieme a Esmeralda la cui traduzione è decisamente essenziale. Vivono di turismo e di piccolo artigianato che producono. Restituiscono una parte di quello che guadagnano alla comunità Uros, che in questo modo ha già provveduto a costruire una scuola e un centro medico che prima non esisteva, e gli Uros erano letteralmente dei selvaggi. Sono considerati dagli altri abitanti del lago ancora di livello inferiore e, ci diceva Esmeralda, c’è molta discriminazione in tal senso. Spendo ben 130 soles (ca 40€) per comprare un prodotto di artigianato, un simpatico piccolo tappeto tutto colorato di cui faremo un quadro, insomma, aiutiamo anche noi la comunità….. Poi non manchiamo di fare la foto tradizionale con addosso i loro vestiti (Enrico recalcitrante, ma alla fine cede! dietro solenne promessa che la foto rimarrà segreta) e il giro in barca per 10 sol. Le barche sono molto particolari, è davvero è un’esperienza unica, sono quelle in giunco con tanto di baldacchino, rappresentate in molte foto del lago Titicaca. Poi partiamo alla volta dell’isola di ‘Ccotos’ , la nostra prima destinazione, dove incontriamo Ottavio, che ci guida verso la sua casa che ci ospiterà per questa notte. Arriviamo dopo circa due ore di navigazione. Ottavio ci viene a prendere con una barchetta a remi, e getta le reti che poi anche noi dovremo aiutare a raccogliere domani. La casa è molto primitiva, fortunatamente la camera ha una specie di bagno. Tutto molto approssimativo e non troppo pulito (mi sa che dormiamo vestiti stasera, non avendo un sacco – lenzuolo!). Il pranzo è freddo, la cucina piccolissima, e decisamente mal messa….. come tovaglioli ci danno due pezzetti di carta igienica tenuta religiosamente da parte, e niente acqua da bere, ci beccheremo qualcosa? Andiamo con Ottavio a visitare un’isoletta poco distante, davvero bella, ci rinfranchiamo alla vista di questa meraviglia, siamo gli unici turisti e ci divertiamo a fare foto e girovagare qui e là. Poi rientriamo per cena (verso le 18), minestra di patate, e poi riso ,(freddo) e uovo …. e poi, scoppia un fortissimo temporale, un diluvio tutta notte!!! Non c’è elettricità, per fortuna Enrico aveva portato una pila (lo adoro!!!), buio pesto fin dal sette e mezza circa, e i nostri padroni di casa hanno due moccoli di candela che ovviamente gli lasciamo. La povera Esme ha il bagno in comune (una latrina) fuori nel cortile, ha acqua che le piove in camera e quasi si ammazza per scendere la scala a pioli dalla sua camera del secondo piano!. I due capitani della baca pure….che notte tremenda! Enrico non sta bene, colpito da dissenteria, proprio non ci voleva. Ci sentiamo isolati, via lago sarebbe impossibile raggiungere Puno e via terra, sono molte ore, ammesso di arrivarci, su strade non asfaltate nel bel mezzo di un diluvio. Insomma, do fondo alla mia “farmacia” che porto in ogni viaggio e si comincia il combattimento.

29 aprile

Che nottataccia, in qualche modo arriva l’alba e la tempesta si calma. Decidiamo che si rientra a Puno in hotel stasera, niente altra notte sull’isola (dovevamo andare ad Amantani). Fortuna che Enrico sta un po’ meglio. Volevamo fare un’esperienza di un paio di giorni di vita con una famiglia locale, un modo per capire meglio la loro cultura e anche di dare un aiuto concreto alla comunità che ospitando dei turisti riesce poi a fornire vari servizi essenziali. Forse siamo stati sfortunati, non avevamo il sacco-lenzuolo e varie cose da campeggio (in realtà non eravamo stati avvisati che potevano servire), o dovevamo fare meglio i conti con l’arretratezza di questi posti, siamo ormai abituati troppo bene….o tutte e tre le cose.

Sulla rotta di rientro a Puno visitiamo come da programma l’isola di Taquile, bellissima. Si sale fino ad un ristorante dove mangiamo all’aperto a base di frittelle di quinoa e trota freschissima del lago. Una vera delizia in un tripudio di luci e colori!

Gli scorci sono incantevoli e passando si vedono le persone locali intente nelle loro attività quotidiane, chi nei campi, chi a tessere o fare a maglia. Tutte salutano e ti sorridono, pronti a scambiare due parole con te. L’isola di Taquile fu acquistata da uno spagnolo, il signor Taquile appunto, che sfrutto’ a fini commerciali l’abilità di tessitori dei locali che ancora oggi mostrano con orgoglio i loro lavori. Lavorano a maglia gli uomini qui, e le donne portano mantelli neri decorati da pon pon, mentre gli uomini indossano fasce colorate e una borsetta, sempre di lana colorata, piena di foglie di coca perché qui , non ci si saluta dandosi la mano ma scambiandosi foglie di coca! Il ritorno a Puno è a ancora pieno dei colori del lago e noi ci facciamo cullare dalla barca, dal vento, dai pensieri che vagano su questo tetto del mondo.

30 aprile

Enrico non sta bene, la dissenteria lo tormenta… quindi decidiamo di fare una giornata di riposo a Puno e intanto vado in farmacia a pendere qualcosa di più forte. Io sto bene (fortuna!) e quindi nel pomeriggio vado a visitare il sito archeologico di Silustani e la laguna di ‘Umano’ , ca 30/40 min da Puno. Bellissimo il lago e le tombe preinca, con pietre enormi perfettamente tagliate e sovrapposte. Belle anche le tipiche fattorie chiuse con torrette circolari. Se le ristrutturassero e tenessero bene tutte questa valle sarebbe un vero gioiello!

Le genti di questa zona, come quelle delle montagne che abbiamo visto, sono povere, vivono prevalentemente di agricoltura e allevamento. La famosa quinoa, nelle versioni gialla, rossa o nera, viene coltivata ovunque, insieme alla patata (ne esistono oltre 500 varietà) che viene proprio da qui. Passando si vedono le piccole case e noto le latrine azzurre fuori a qualche metro dalle case, tutte uguali, un programma voluto dallo stato di aiuto alla popolazione contadina. Nonostante la povertà diffusa e la fatica di vivere in territori dove l’altitudine, le condizioni climatiche e i frequenti terremoti rendono precaria la vita quotidiana, la gente è accogliente, generosa e regala sorrisi meravigliosi. Sarà il senso di pace di questi posti e la distanza dai ritmi della civiltà “moderna”, sarà perché, come spiegano le guide e la stessa Esme, il Titicaca è uno dei centri di maggiore energia del mondo, insieme a Cuzco (che bello lasciarsi suggestionare!!) , ma fa bene all’anima venire qui.

1 maggio

(festa anche qui!) Oggi giornata intera in bus da Puno a Cusco con varie soste per visitare siti archeologici e località varie (per fortuna Enrico sta molto meglio e ormai ci siamo adattati all’altitudine). Bravissima la guida Marita, capace di raccontare la complessa storia peruviana con tutta la sua simbologia in modo così coinvolgente!

Primo stop, visita al museo di ‘Pukara’, importante sito archeologico. Capire i vari aspetti della vita delle civiltà preinca e Inca è un esercizio affascinante. Tutto gira intorno al cosmo, l’essenza è l’uomo all’interno ed in armonia con il cosmo, con i 4 elementi dominanti della natura, acqua, aria, terra, fuoco, e le linee dell’ energia. Poi passiamo il passo a 4300mt di ‘La Raya’ . Montagne innevate, vento, spazio dominato dalla natura… di devastante e maestosa bellezza…. Più prosaicamente per qualcuno, sosta all’immancabile mercatino, immancabile signora o bambino con lama o alpaca da fotografare per qualche sol, anche questo è il Perù dei pastori e degli ambulanti. Noi decidiamo di darci agli acquisti a Cuzco, dove avremo più tempo e più scelta.

Pranzo a buffet e via per un altro incredibile sito archeologico, la città sacra di ‘Raqchi’, con il tempio di Wiracocha. Era una città sacra; il tempio, di cui rimangono ampie parti, fu costruito da una civiltà preinca. Tutto è allineato con la proporzione aurea (impareremo che gli antichi conoscevano molto bene la matematica e l’astronomia, e pur essendo civiltà che non hanno lasciato tracce scritte, le loro conoscenze sembrano provenire, qualcuno dice, da popolazioni molto più antiche! Come mi piacciono questo tipo di misteri! La guida cita un paio di studiosi moderni e le loro teorie, e naturalmente me li appunto, prossimo acquisto sul kindle! Ma torniamo a Raqchi: con il solstizio d’estate (che per noi è inverno), momento chiave per tutte queste popolazioni andine preinca, ed intrecciando sapientemente numerologia, geometria, astronomia, la guida ci mostra come distanze, proporzioni, posizioni prendano significato negli edifici che tuttora si ergono maestosi. Circondano la città resti di case nobiliari e di circa 200 botteghe per le varie attività. E per finire la giornata, la sbalorditiva chiesa dei Santi Pietro e Paolo a ‘Andahuaylillas’. Tutta dipinta da artisti locali, la chiamano la cappella Sistina del Sudamerica! Non si possono far foto all’interno, ma con il biglietto di ingresso ti danno un cd con un video. E lì in parte c’è un piccolo museo dove è custodita la cosiddetta mummia dell’alieno. Il teschio di un bambino di un anno, con cranio allungato e forato, molari (ma mica li ha un bambino a 1 anno?!), occhi allungati…..sarà vero? Nonché innumerevoli pezzi di un meteorite caduto nella zona… mi sento un po’ Giacobbo e un po’ Indiana Jones… misteri, my passion!

Con tutta questa eccitazione, e nonostante i predetti buoni propositi, ci facciamo comunque prendere dagli artigiani locali, e ci scappa l’acquisto… una bella croce in argento di quelle tipo “Inca”, che quindi in realtà non è croce ma un simbolo del cosmo o meglio del “tutto” forse molto più antico…

E finalmente Cuzco ! (hotel sempre della catena Josè Antonio).

2 maggio

Mattinata a zonzo per Cuzco. Il centro è bellissimo, la città “ombelico del mondo” non delude, e ci sentiamo anche meglio visto che siamo scesi di quota, 3.400.mt! Pomeriggio di tour guidato alla città. Il tour è con la guida “Junior”. Optiamo per il tour in spagnolo, così anche Enrico può seguire più facilmente. Tutto il tour è molto compatto, e un po’ troppo di corsa. Si parte dalla cattedrale, sulla Plaza de Armas, costruita sui resti di un antico edificio Inca, poi andiamo a vedere le rovine del tempio Coricancha, molto importante al tempo, e poi preso dagli spagnoli che vi costruirono il convento domenicano. Poi, col bus, saliamo sulle colline fuori Cuzco e vediamo due incredibili siti archeologici, uno rituale, rotondo, e la cosiddetta Fortezza, in realtà un enorme sito, Sachsayuaman con vari edifici inca. Rappresentava la testa del puma, animale sacro, mentre la città di Cuzco era costruita in forma di corpo del puma. Impressionanti le pietre che costituiscono il perimetro a zig zag del Tempio del Sole. Gli inca presero possesso di questo edificio costruito in precedenza, da chi veramente? Una tale abilità nella lavorazione delle pietre e della costruzione…. nessuna fessura tra le pietre, quelle angolari sono tonde, pietre megalitiche simili a quelle viste in altre parti del mondo…. si affollano ricordi e pensieri in testa, teorie lette in vari libri, siti visitati, congetture, giocando un po’ a fare Indiana Jones…

Quando gli Inca presero possesso di questo luogo, ogni anno il giorno del solstizio d’estate vi celebravano l’Inti Raimi, la festa di Inti, il Dio del sole. Il Dio Turismo ha fatto invece in modo che questa antica cerimonia sia rivissuta ai giorni nostri, così per avere un’idea di più o meno cosa fosse… boh…

3 maggio

Si parte verso 8,30 alla volta del sito di Moray e delle saline di Maras. Si rientra nel primo pomeriggio. Oltre alle due visite, ci si ferma a vedere i tessuti di lana di alpaca e in un negozio dove la guida ci spiega anche i diversi tipi di mais (uno è tra i più grandi al mondo) e il sale, che poi vedremo a Maras. Il sito di Moray consta di 4 mega terrazzamenti circolari, più alcuni sulle montagne, secondo una disposizione geometrica che richiama gli elementi primordiali della fertilità della madre terra, con organi riproduttivi maschili e femminili. Pare siano di epoca inca e servissero per le varie colture. I terrazzamenti scavati circolari mantenevano infatti differenti temperature e microclimi, e a tutt’oggi questa tecnica continua ad essere utilizzata.

Le saline sono più interessanti di quanto mi aspettassi. In spagnolo Minas de sal, ed essendo in montagna mi aspettavo delle miniere di sale. Invece, il torrente di acqua calda salata che sgorga dalle profondità della montagna (da un mare salato sotterraneo, intrappolato all’epoca delle glaciazione e dai terremoti?) finisce in oltre 5mila terrazze di evaporazione, tipo le saline marine. Uno spettacolo. Si “estraggono” il fior di sale, il primo e più puro strato, il sale rosa, ed il sale marrone usato solo per terapie curative.

4 maggio

Intera giornata di escursione sempre nella ‘Valle Sacra’. Prima tappa a Pisac. Antica città fortezza. C’era anche una grande muraglia a protezione della città. L’attuale “pueblo”, o villaggio, è noto per il mercato, in particolare per argento e pietre. In realtà è molto simile a tutti i vari mercati che si vedono a Cuzco e un po’ ovunque.

Seconda tappa a ‘Ollayanatambo’. My favorite! La città si sviluppa sulla montagna dove ci sono i terrazzamenti per le coltivazioni, le case ed il tempio. La particolarità di questa città è l’essere costruita di fronte ad una straordinaria montagna, utilizzata come calendario, dove si trovano due enormi rocce antropomorfe: una rappresenta l’emissario del dio che, secondo la tradizione, era alto, bianco e con la barba, con un bastone ed un sacco pieno di sementi ed altri doni per gli uomini. L’altra è la stilizzazione del re. Da questa figura viene il primo raggio di sole il giorno del solstizio d’inverno, 21 giugno. La storia del dio bianco e barbuto ricorda tanto il Messico… La città è comunque straordinaria, ma che fatica arrivare in cima agli enormi gradoni! Da lassù si vede bene la montagna di fronte, grandissimi astronomi questi popoli, si resta sbalorditi dalle loro conoscenze. Chissà perché non avevano la scrittura…

5 maggio: Escursione di una intera giornata a Machu Picchu

Si parte da Poroy (20 min ca da Cuzco) col treno delle 7,35, il Viewdome. Si scende ad Agua Calientes, e poi si prendono i frequentissimi bus per salire a Machu Picchu (ca 20 min). Il treno è molto comodo con servizio di bevande e snack. Una volta giunti in cima, la guida ci accompagnare per un giro di ca 2 ore, lasciandocene quasi altrettante libere. La città è superba, bellissima, indescrivibile l’emozione di essere qui! Finalmente il sogno si avvera! Non smettiamo di riempirci gli occhi di tanta bellezza. La città è praticamente visibile interamente, adagiata sulla montagna e circondata da una vegetazione lussureggiante (siamo scesi a 2.300 mt ed è già vegetazione tropicale, occhio alle zanzare!). Il tempio, le case, gli spazi comuni, è come entrare nella vita quotidiana di uomini vissuti qualche centinaia di anni fa. E poi, di nuovo, il mistero di come sia scomparsa dalla storia… e l’incredibile casualità della sua scoperta…

Alle 17,20 ca riprendiamo il treno per far rientro a Cuzco. Ritorno un po’ lungo, forse anche per la stanchezza… sul treno però i camerieri intrattengono perfino con una sfilata di moda per possibili clienti amanti dei capi in alpaca e vigogna… noi abbiamo già dato!

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Riserva di Paracas



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