Tour del Marocco: 1.600 km di colori e contrasti
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Il mio è un commento alle foto che ho scelto come meglio rappresentative della varietà di paesaggi, di colori, del lavoro e degli aspetti contrastanti di questa terra e della sua gente. Non voglio evidenziare i soliti luoghi comuni: certo nella medina i venditori sono insistenti, in quella di Marrakech sfrecciano i motorini, la povertà nei paesi è evidente, la condizione della donna non credo sempre facile. Potrei citare altri aspetti che tutti conosciamo non certo piacevoli, ma voglio mostrare solo quello che di bello mi è rimasto, perchè davvero un viaggio in Marocco è un’esperienza da fare. L’aeroporto di Marrakech, prima città imperiale, è un esempio di modernità, pulito, con personale efficiente e veloce nei frequenti controlli. Vi atterriamo nel pomeriggio del 30 aprile.
1 maggio
Nella medina di Marrakech dove l’impatto è sorprendente, il Caffè Arabe, luogo dell’attentato del 2011, tutto è stato ricostruito e ci accoglie la magia dei colori dell’arredo e della vista dalla terrazza. Assaggiare con cautela i cibi tradizionali è d’obbligo. Profumi e sapori di spezie, verdure e carni di montone e manzo presentate nelle tradizionali tagine. L’olio di argan, una pianta coltivata nella zona tra Marrakech ed Essaouira, viene ottenuto grazie al paziente lavoro delle donne riunite in cooperative. Nella medina di Marrakech le abbiamo fotografate e fatto acquisti a prezzi accessibili.
L’enorme piazza El Fna accesso inevitabile alla medina, è stata riconosciuta patrimonio orale dall’Unesco nel 2001; qui si vive un’atmosfera unica: è un mercato all’aperto dove si vende di tutto: dalle dentiere alle uova di struzzo, datteri e stoffe; c’è chi decora con l’hennè, chi legge la mano e ti chiede la foto con il serpente al collo e con la scimmietta con il pannolino; i venditori di acqua con il tradizionale cappello, ora offrono ai turisti le bacinelle di metallo come souvenir; i serpenti “incantati” dai suoni si alzano e danzano.
Le donne, alcune velatissime, altre in jeans, giovani bellissime nei loro abiti monocolori se arabe, multicolori se berbere, sorridono, chiacchierano tra i veli e acquistano profumi e prodotti di ogni genere. I colori dei fiori e le scritte arabe, capolavori artistici, riempiono il palazzo della Bahia.
2 maggio
E il viaggio prosegue verso Casablanca, capitale economica che sorge sull’Oceano dove sul mare sorge la bellissima e imponente Moschea di Hassan II: è la più grande del Marocco (può ospitare ben 25.000 fedeli) e nel mondo si colloca al terzo posto dopo quella de La Mecca e di Medina. Ma questa imponente costruzione bianca e verde costruita su una piattaforma che si protende per due terzi nell’Atlantico, vanta un altro primato: quello di avere il minareto più alto del mondo (210 metri) su cui è posizionato un laser che punta direttamente a La Mecca. Costruita tra il 1986 e il ’93 lascia senza fiato per le decorazioni, i materiali usati (anche italiani) e, come tutte le moschee, per il vuoto e il silenzio che la abita.
Si prosegue verso Rabat, capitale politica e seconda città imperiale, residenza del re. Visitare il Mausoleo è d’obbligo: qui vi si trovano le tombe del Sultano del Marocco che governò tra il 1927 e il ’53 e dei suoi figli; la costruzione è sempre presidiata da austere giovani guardie impassibili che a cavallo si danno il cambio.
Eccoci nella piazza del mercato di Meknes, terza città imperiale, ricca di suoni e di colori dove scorre la vita che ci piace osservare dalla terrazza di un bar. Anche qui si accede al centro da una grande porta che gli artigiani del passato hanno decorato con pazienza e abilità; ancora oggi l’artigianato di vasi, arredi, tessuti, stoviglie, pellame, argento, rappresenta la vera ricchezza di questo popolo che cerca di mantenere viva la tradizione con sacrificio, dedizione e competenza. Durante il viaggio è impossibile non vedere grandi nidi di cicogne sui tralicci, le torri e le cime dei minareti.
3 maggio
Fez è la capitale religiosa e della cultura e quarta città imperiale. La sua medina si differenzia da quella di Marrakech, solo artigianale e commerciale, per il fatto che qui scorre la quotidianità della gente: nessun motorino, ma asini carichi di merce, gente che trasporta pesanti carichi sulle spalle e chiede il passaggio; bambini con la cartella che si urtano negli strettissimi vicoli dove a stento riusciamo a passare in fila indiana; persone che si recano nelle moschee, bancarelle anche di petali di rosa per realizzare cosmetici, abitazioni nascoste dietro a porte talune riccamente decorate, altre fatiscenti e le famose concerie e tintorie dove si colorano tessuti ambiti dai grandi stilisti. Fuori dalla medina, in un quartiere vicino, sui balconi si notano i segni del passato aragonese.
4 maggio
Si continua verso Erfoud su strade lisce e ben tenute anche nelle zone desertiche. È un percorso lungo e ricco di sorprese paesaggistiche. Si sale verso l’Alto Atlante attraversando verdi coltivazioni di alberi da frutto e foreste di conifere e si arriva a Ifrane, la Svizzera marocchina, città pulitissima, sede di una prestigiosa e costosissima Università per la futura classe dirigente: l’altra faccia di un Marocco dai tanti contrasti.
Attraversiamo passi, la strada si inerpica e scende. In lontananza pascolano greggi dalle teste marroni e asini. Appaiono immensi altipiani desertici dove purtroppo brillano al sole sacchetti di plastica (il cui uso ora è vietato) e bottiglie trasportati dal vento. E poi distese di fiori gialli e blu che sembrano cuscini e campi coltivati lungo i corsi d’acqua che in Marocco non manca, ma dove è la terra difficile da coltivare. Ogni tanto nel nulla appaiono villaggi fatiscenti: sulla strada il banco del macellaio espone bestie intere appese in bella mostra.
Continua il viaggio nella solitudine e in lontananza si scorgono le sagome delle cime innevate dell’Alto Atlante che raggiungono anche 3000 e più metri di altezza. Nei paesaggi lunari nei pressi dei rari villaggi, ecco piccoli campi giochi per i bambini e, immancabili, le porte di rudimentali campi da calcio. Donne velate riempiono le taniche alle fontane: macchie coloratissime nel grigio del paesaggio. Riappaiono basse conifere battute dal vento e poi lungo i fiumi nella valle del Ziz dove l’acqua è abbondante, le oasi di palmeti sotto i quali la gente coltiva ciò che loro occorre: erbe aromatiche, grano… Nel deserto, solitarie caserme militari e nei rari villaggi, tra le povere case, svettano minareti in costruzione. File di ragazze avvolte da colori sgargianti si recano a scuola, negli edifici circondati da muretti, nel silenzio del deserto di sassi. Compare un vasto villaggio di terra rossa disabitato: quando le case cominciano a crollare, gli abitanti le abbandonano per costruirne altre più vicine ai corsi dei fiumi.
A Erfoud lasciamo le valigie all’hotel dove ci aspettano i fuoristrada che destreggiandosi nei 50 Km di fuori pista su un terreno sassoso preludio del deserto, ci portano a destinazione. E lì, alle porte del deserto, dove ci piacerebbe riposare nel bellissimo hotel con fontane interne, ci vengono invece indicati i nostri dromedari (comunemente chiamati cammelli) pronti per il trasporto. Op! Eccoci in groppa a questi pazienti e preziosi animali (pare che possano valere anche 15000 euro) che con andatura ondeggiante ci conducono nel deserto per arrivare in tempo ad ammirare il tramonto. Io e il mio compagno abbiamo la nostra guida e ci piace chiacchierare con lui lasciando anche spazio per sentire il silenzio e il vento che modifica le forme morbide delle dune. Il paesaggio è incantevole. Il vuoto non spaventa, anzi invita alla meditazione. Peccato non aver scelto di trascorrere la notte nel deserto.
5 maggio
Assistiamo alla lavorazione di sorprendenti lastre di fossili in un villaggio vicino. Dalle mani sapienti di questi artigiani escono tavoli, lavandini di ammoniti di 140 milioni di anni fa e centinaia di altri oggetti preziosissimi, alcuni a prezzi irrisori. Impossibile non acquistare. Fortunatamente ora il governo protegge e tutela la vendita di questa ricchezza, mentre in passato gli europei ne esportavano in grande quantità.
Vicino, antiche buche scavate nel 1200 per raccogliere l’acqua piovana che poi veniva incanalata per irrigare i campi, ora in disuso. Il panorama torna lunare, piatto o con leggeri altopiani terrosi e in lontananza si scorgono le montagne nere, le catene vulcaniche i cui versanti sono disegnati da spirali che indicano i movimenti creati dal magma incandescente. Torna il deserto dopo una distesa di ulivi ed eucalipti ed ecco appaiono le famose Gole di Todra, dove le parete altissime e scalabili cadono perpendicolari su un fiume dove sarebbe proibito accamparsi e bagnarsi. Un rosso agglomerato di case sorge proprio sotto la parete e sparsa, qualche bancarella di colorati tappeti. Si prosegue fino a Ouarzazate nella valle del Dadès a 1160 m sul livello del mare, nella parte meridionale del Marocco a ridosso del deserto del Sahara, famosa ai più per essere stata il set cinematografico di Lawrence d’Arabia, di Star Wars e il Gladiatore. Qui ci fermiamo una notte.
6 maggio
Ripartiamo. Sosta per perderci nel rosso della terra sperduta nel nulla, ma in lontananza appare il villaggio di Ait Benhaddou che con gli aiuti dell’Unesco stanno ricostruendo con gli antichi metodi, mescolando fango, sterco e paglia. Ci perdiamo nei vicoli e tra le case in ricostruzione. Artisti e artigiani vendono a pochi euro quadretti dipinti col limone e abiti dai morbidi tessuti. Si riparte. All’improvviso una vasta distesa azzurra: un lago artificiale e poi si sale fino a 2260 metri seguendo un nastro di strada che gli operai stanno allargando per rendere più agevole e veloce questo lungo percorso di montagna verso Marrakech… E inizia una discesa infinita di curve tra paesaggi che ancora mutano e si trasformano.
7 maggio
All’alba partenza per ritornare in Italia… al freddo. Fino a qui ho raccontato di paesaggi che rimarranno indelebili nei miei ricordi, paesaggi dai mille colori che hanno suscitato emozioni e sensazioni forti, ma voglio anche sottolineare la delicatezza dei gesti e dei sorrisi delle persone che abbiamo incontrato.
Mi ha colpito la descrizione dei tre tipi di saluti: con la stretta di mano, con la mano sul cuore e con un bacio sulla mano se fai parte della famiglia.
Spesso la nostra guida elargiva mance per non farci importunare, per aiutarci a districarci tra i vicoli delle medine, dove le donne devono stare a destra per non rischiare di essere investite.
Giravamo sperduti alla ricerca del nostro hotel e un uomo senza che gli chiedessimo niente ha capito e ci ha aiutato ad orientarci.
La gente ha voglia di chiacchierare e ci chiedeva dell’Italia.
Il ragazzo berbero che ci accompagnava nel deserto col suo dromedario, al richiamo del muazzin che giungeva da lontano, ha cominciato a pregare nel silenzio del tramonto, continuando a piedi scalzi a ricondurci lentamente verso casa.