I mille volti di Torino
Tutto si può dire su Torino ma non certo che sia una città monotona e priva di fascino, incapace di adattarsi alle continue trasformazioni frutto di una storia impegnativa eppure sorprendente.
Un glorioso passato che ha inizio nel III secolo a.C. grazie all’insediamento di alcune tribù celtiche taurine da cui deriva il nome Taurasia. Sotto il dominio romano dell’imperatore Augusto diviene Augusta Taurinorum e nel successivo Medioevo sopravvive alla paura e alle carestie. In questo lungo periodo oscuro l’attento osservatore può già intuire che un qualcosa di grande si cela nel piccolo insediamento urbano sulle rive del Po. Nel XVI secolo con l’arrivo di Emanuele Filiberto di Savoia e l’imposizione di nuove riforme si gettano le basi per la Torino moderna sia dal punto urbanistico che politico. Il suo sviluppo supera gli ostacoli dell’ingerenza francese e della devastante peste, e nel 1713 con il principe Eugenio di Savoia Torino diventa capitale del Regno di Sardegna.
L’architetto Filippo Juvarra mette a disposizione il suo genio per creare il nuovo aspetto urbano, pronto ad accogliere il primo Parlamento italiano nel 1861. Torino rimarrà capitale del nuovo Stato fino al 1865 per poi cedere il primato a Firenze e quindi all’eterna Roma.
Archiviate le importanti vicende politiche, a cavallo tra l’ottocento e il novecento, la città diviene un polo industriale fra i più grandi dell’intera Europa grazie alla FIAT, fabbrica italiana automobili Torino. I decenni di boom economico furono diversi ed esaltanti ma purtroppo la storia ci insegna che tutto ha una fine. La crisi economica infligge profonde ferite e con il nuovo millennio Torino cambia nuovamente volto, divenendo a tutti gli effetti la città d’arte che oggi abbiamo imparato a conoscere e ad amare.
Ideata dall’architetto Filippo Juvarra, la Basilica di Superga si adagia sull’omonimo colle alle porte del capoluogo del Piemonte e rappresenta la prima meta in terra torinese. Per arrivarci bisogna seguire una stretta e ripida strada trasformatasi in terreno di allenamento per molti ciclisti che preferiscono raggiungere Superga col solo motore di gambe e cuore. Alcuni scelgono di superare a piedi l’arcigno dislivello tra la pianura e la cima della collina, percorrendo i sentieri della limitrofa area protetta regionale, un po’ come una sorta di pellegrinaggio. Noi (io, mio marito e il nostro piccolo Leonardo) invece, ci arriviamo in auto senza fare nessuna fatica. In alternativa ci si può servire anche della tranvia Sassi-Superga.
Qualunque sia il modo con cui la si raggiunga l’eleganza della Basilica ripaga gli occhi di tutti, così come la vista sul lungo e frastagliato orizzonte innevato dove si scorgono la caratteristica forma appuntita del Cervino, il massiccio del Monte Rosa e le montagne del parco nazionale del Gran Paradiso. Appena sotto il colle la bella cittadina di Torino si estende da un lato, mentre dall’altra i boschi ricoprono le colline.
E’ merito della volontà di Vittorio Amedeo II di Savoia se possiamo ammirare questo edificio sacro. Nel 1706 infatti, durante il difficile assedio dei francesi, il duca salì fin quassù per esaminare dall’alto il campo di battaglia e sembra abbia pregato la Madonna affinché le strategie militari elaborate riuscissero a scacciare l’invasore. Vittorio Amedeo II vinse il conflitto e quello che accadde poi è lì da vedere: un vero e proprio capolavoro.
La struttura circolare della Basilica sui toni dell’ocra termina con l’alta cupola barocca che da vicino appare ancora più imponente. L’ingresso è anticipato da uno spazio coperto detto pronao, in stile neoclassico. Il marmo bianco delle slanciate colonne, sormontate dal frontone decorato, splende alla luce del sole ed è magnifico. Ai lati del corpo centrale due campanili perfettamente simmetrici anticipano il lungo convento.
Della Basilica si possono visitare gli appartamenti e le tombe reali e, per godere di un panorama ancora migliore, è possibile salire in cima alla cupola. Attenzione però agli orari di apertura. Noi abbiamo preferito godere ‘solo’ della sua bellezza esterna perché l’interno non ci incuriosiva particolarmente.
Merita invece la passeggiata sino alla parte posteriore dell’intero complesso dov’è stato eretto il monumento in ricordo della tragedia consumatasi il 4 maggio del 1949, quando l’aero con a bordo la squadra del Grande Torino si schiantò contro il muraglione di sostegno della Basilica (www.basilicadisuperga.com/it)
Lasciamo Superga per raggiungere il cuore di Torino.
Prima di gettarci nell’esuberante baraonda domenicale delle vie del centro arriviamo in albergo dove poterci rinfrescare e soprattutto parcheggiare la macchina. Come in ogni città i posteggi rappresentano un problema, per questo abbiamo scelto di pernottare all’hotel Urbani, dall’ottimo compromesso qualità prezzo, che ci ha consentito di lasciare l’auto nella piccola area antistante l’entrata a un prezzo inferiore rispetto al garage. Situato in via Saluzzo, appena fuori dalla zona a traffico limitato e vicinissimo alla Stazione ferroviaria di Porta Nuova, occupa una posizione davvero comoda per raggiungere a piedi tutte le maggiori attrazioni cittadine.
Domenica pomeriggio è davvero difficile poter ammirare con calma il cuore della città e per noi si tratta di un volto un po’ sgradevole di Torino. Se alzi lo sguardo la percentuale di scontrarti con qualcuno è altissima, se osi abbandonare il denso flusso di persone che procede nella tua stessa direzione rischi di non poterci più rientrare, se speri di rilassarti gustando un gelato potresti morire di fame tanto sono lunghe le code davanti alle gelaterie. Evitiamo quindi l’ambitissima via Roma e seguiamo strade parallele più periferiche per arrivare in Piazza Castello.
Si tratta di un’area piuttosto ampia, circondata da antichi edifici con facciate dall’eleganza lineare e impreziosita sullo sfondo dalla cupola barocca dalla chiesa di San Lorenzo. La continuità della piazza è rotta dal particolarissimo Palazzo Madama eretto proprio nel centro. La sua costruzione esibisce una parte barocca ideata da Filippo Juvarra, caratterizzata da portali decorati, alte finestre delimitate da colonne e fine balaustra sul tetto, contrapposta al lato che ricorda un castello medievale con tanto di torri e bifore.
Nell’angolo sud-orientale della piazza si nasconde la Galleria Subalpina. Merita di certo una visita se volete sfuggire dalla baraonda esterna. Si tratta infatti di un ambiente silenzioso e tranquillo lungo una cinquantina di metri e coperto da una struttura di vetro e ferro. Tra il tripudio di marmi dell’interno trovano posto negozi prestigiosi dai prezzi poco economici come il caffè Baratti & Milano…ma non si è obbligati a consumare qualcosa!
Sul vertice opposto di Piazza Castello si apre una pizzetta più intima su cui affaccia Palazzo Relae, nostro prossimo obiettivo (www.ilpalazzorealeditorino.it). Si sviluppa attorno a un cortile interno e affaccia in parte sui giardini reali recentemente restaurati. L’esterno non è appariscente ma appena entrati si viene colpiti dalla monumentale bellezza dello Scalone d’onore con la volta affrescata, i dipinti alle pareti e la possente balaustra in marmo. Un unico biglietto consente la visita di diversi percorsi.
Merita la Galleria Sabauda con l’esposizione di oggetti particolari come l’astrolabio, ovvero lo strumento astronomico per calcolare la posizione dei corpi celesti, i busti in marmo e i testi antichi, oltre ovviamente all’immancabile raccolta di quadri. Le sale di rappresentanza testimoniano la ricchezza della dinastia dei Savoia e fra tutte ci hanno colpito la sala del trono, e la sala delle udienze private in cui è conservata una grande coppa in pietra di malachite verde.
Tuttavia il gioiello del palazzo è l’Armeria Reale. La mostra di armi accanto a quella delle armature poste in piedi o a cavallo lascia senza parole. Per quanto riguarda i destrieri si tratta di sculture in legno rivestite con veri mantelli di cavallo.
Una volta tornati in Piazza Castello non bisogna dimenticarsi di entrare nella Biblioteca Reale, semplice eppure ricca di storia grazie alla sua ampia collezione di volumi.
Per la cena scegliamo il ristorante proprio davanti all’hotel Urbani: la Locanda del sorriso (sito internet: www.lalocandadelsorriso.it). Comodo per chi ha bambini piccoli, personale gentile e disponibile, ambiente alla mano e cucina davvero sfiziosa con piatti gustosi e particolari. Ci siamo trovati talmente bene da tornarci pure la sera successiva. Un altro punto a sua favore è ovviamente la vicinanza all’albergo.
Una rilassante passeggiata tra le vie del centro è d’obbligo per smaltire l’abbondante cena. A quell’ora la confusione della domenica pomeriggio è completamente dissolta. La gente si è rifugiata nei tantissimi ristoranti ed è piacevole camminare senza fretta sbirciando nei locali illuminati dai quali proviene un vociare allegro ma non fastidioso, e da cui sfuggono le fragranze dei cibi. Si tratta di un altro dei mille volti di Torino.
Diciamo la verità, il bello dell’essere in vacanza, oltre al fatto di vedere posti nuovi, è quello di iniziare la giornata con un’abbondante e gustosa colazione, ben diversa dal caffè ristretto accompagnato da pochi biscotti secchi e da tanta malavoglia.
Ben rimpinzati ci avviamo verso il Parco del Valentino, disteso lungo la riva del Po e distante nemmeno dieci minuti a piedi dall’hotel.
La giornata è limpida ma non calda, l’ideale per scoprire il polmone verde della città, la versione torinese del Central Park di New York. L’intenzione è di trascorrerci la mattinata dando la possibilità al piccolo Leonardo di giocare sull’erba e incontrare tanti altri bambini. In effetti è poi andata così ma la visita di quest’area verde non si è limitata soltanto a questo.
L’edificio fiabesco in stile francese del castello del Valentino, riadattato nel ‘600 dalla principessa Cristina di Francia poi diventata duchessa di Savoia, ha accompagnato il nostro girovagare tra i tanti sentieri e le piste ciclabili. E’ possibile entrarci tuttavia amici ce l’hanno sconsigliato. Probabilmente si tratta di un caso in cui l’esterno merita più dell’interno.
Il pezzo forte del parco rimane il Borgo Medievale. Sebbene si tratti di una ricostruzione eseguita nel 1884 per l’Esposizione Generale italiana, pare davvero di trovarsi in un tipico villaggio medievale di mattoni rossi con tanto di rocca, chiesetta, botteghe e cartiera.
Vicino al Borgo, sul viale che costeggia il fiume Po, vale la pena sedersi a uno dei tavolini dei diversi chioschi per gustare un gelato, un panino o semplicemente una bibita fresca. Così ci si dimentica di essere in città.
Se devo essere sincera da questo polmone verde mi aspettavo qualcosa di più. Mi è sembrato un po’ trascurato, non particolarmente esteso e privo di giochi per bambini, ma si tratta solo di un punto di vista personale.
Il nostro itinerario prosegue nel pomeriggio e ha come obiettivo finale la Mole Antonelliana. Prima però gironzoliamo fra le infinite piazze torinesi della parte orientale della città. Ce ne sono davvero molte, così come di monumenti, musei e di palazzi antichi, e per questo motivo mi ricorda un po’ Roma. In fondo anche Torino, se pur per un breve periodo, ha ricoperto il ruolo di capitale.
Si inizia da Piazza Giambattista Bodoni con la statua equestre del generale Alfonso Ferrero della Marmora nel mezzo, per continuare sino all’Aiuola Balbo impreziosita da una bella vasca con getti d’acqua verso l’alto e da diverse opere scultoree. Lì vicino incappiamo nei giardini di Piazza Cavour, una graziosa e tranquilla oasi verde.
Una manciata di passi in direzione nord e troviamo Piazza Carlo Emanuele II, semplicemente detta dai torinesi piazza Carlina. Il simpatico soprannome le è stato affibbiato alcuni secoli fa in riferimento ai modi femminili di Carlo Emanuele II. Le linee curve della chiesa di Santa Croce da un lato e la centrale statua di Camillo Benso di Cavour, noto per essere stato un grande politico e statista italiano, contraddistinguono questo spazio.
Il traffico caotico dell’immensa Piazza Vittorio Veneto, tra le più grandi d’Europa, ci accoglie dopo pochi minuti. Guardiamo verso il fiume Po su cui si affaccia. Oltre il ponte sorge la famosa chiesa della Gran Madre di Dio e dietro di essa si distendono le colline.
Torino è così, una città dai mille volti. Pur rimanendo intrappolati nel centro storico si può volgere la testa da un lato per vedere in fondo alla via i poggi ricoperti di boschi, mentre se la si gira dall’altra parte è possibile ammirare le cime innevate delle catene montuose più alte d’Italia.
Il flusso di persone ci guida fino al cospetto della Mole Antonelliana, il simbolo cittadino come lo è il Duomo per Milano o il Colosseo per Roma.
L’esterno colpisce non tanto per i suoi elementi architettonici quanto per l’ampiezza e la possanza dell’edificio di base, sopra cui poggia la cupola e poi si allunga verso il cielo l’elegante e sottile guglia. Fu un certo architetto di Novara, Alessandro Antonelli, a iniziarne la costruzione nel 1863 e il palazzo doveva originariamente essere una sinagoga. Nel 1878 però il comune lo acquistò cambiandone la destinazione d’uso. Fu completato nel 1889 e nel corso dei decenni ospitò varie mostre e il museo del Risorgimento, oggi in Palazzo Carignano. Si dovette attendere l’anno 2000 per l’inaugurazione del Museo del Cinema.
Non commettete il nostro stesso errore di non prenotare l’orario di salita con l’ascensore panoramico fino al ‘tempietto’ sulla sommità della Mole. Sebbene fosse lunedì l’attesa si aggirava intorno alle due ore, un tempo impensabile da affrontare con un bimbo particolarmente vivace di nemmeno un anno. La vista in cima dicono sia splendida. Pazienza, vorrà dire che ci torneremo quando Leonardo sarà più grande per dare anche a lui la possibilità di ammirare Torino, e il suo scenografico circondario, dall’alto.
Il Museo Nazionale del Cinema all’interno della Mole, al cui ingresso non c’erano code, si è rivelato una vera e propria sorpresa. Premetto che non avevamo mai visto nulla di simile e forse per questo ne siamo rimasti rapiti.
L’esposizione inizia con ‘l’archeologia del cinema’, ovvero una preziosa raccolta dei macchinari che ne hanno segnato la nascita e la storia. Per esempio abbiamo scoperto l’esistenza del ‘kaiserpanorama’, uno strumento risalente al 1880 con cui le persone, sedute su comode poltroncine, potevano ammirare fotografie in 3D di spettacolari luoghi lontani.
Si procede con l’area de ‘la macchina del cinema’ dedicata ai componenti e alle fasi di realizzazione di un film, per passare poi alla ‘Galleria dei Manifesti’ che non ha bisogno di spiegazioni. Il percorso è reso ancora più coinvolgente grazie a esperienze interattive, video, musiche e ricostruzioni di ambientazioni cinematografiche.
La ciliegina sulla torta è l’Aula del Tempio, cuore del museo nonché della Mole Antonelliana. E’ d’obbligo sdraiarsi sulle chaises Longues per ammirare dal basso verso l’alto l’interno della cupola percorsa da una rampa elicoidale e sulle cui pareti, tra una proiezione e l’altra, danzano le luci dello spettacolo ‘son et lumière’. L’ascensore panoramico attraversa questo spazio, lanciato verso la sommità della Mole. Per tutte le informazioni consultate il sito internet: www.museocinema.it/mole.php.
Concludiamo la seconda serata nella cittadine torinese percorrendo una lunga e quasi deserta Via Lagrange che culmina con la sede del Museo Egizio. Dopo la Mole rappresenta l’altro inconfondibile simbolo della città. Di certo merita una visita ma noi non lo abbiamo incluso nell’itinerario in quanto l’ampia esposizione dedicata all’Antico Egitto del British Museum di Londra, visitata due anni fa, ci è bastata. Non siamo proprio degli appassionati in materia.
Due edifici nelle immediate vicinanze del Museo Egizio che hanno attirato la nostra attenzione sono stati la chiesa di San Filippo Neri, ideata dal solito Filippo Juvarra, e il Palazzo Carignano. Il primo per il suo pomposo ingresso in stile neoclassico con tanto di colonne e frontone, il secondo per il colore rosso della facciata barocca in cotto resa unica dalle sue forme curvilinee: uno spettacolo per gli occhi.
Guardando le vetrine di Via Lagrange non potevamo non notare il prezzo esorbitante (diverse migliaia di euro) di alcuni capi di abbigliamento firmati. Proprio lì accanto una coppia di barboni con il cagnolino ci ha chiesto la carità. Ecco due volti agli antipodi eppure vicinissimi di questo capoluogo.
L’ultima mezza giornata a Torino la dedichiamo alla città vera e propria. Niente visite a musei o edifici sacri ma solo passeggiate nel fascinoso centro storico. D’altronde se si vuole percepirne l’anima bisogna girare a zonzo il più possibile.
Gli infiniti portici di Via Roma sono il parco giochi degli amanti dello shopping: boutique e negozi, negozi e boutique. Consentono di ripararsi dalla calura estiva, dalla pioggia e dal vento pungente della stagione invernale ed è un piacere camminarci attraverso.
A un certo punto le grandi statue marmoree di un uomo e di una donna agli angoli opposti della strada accolgono i passanti con la loro posizione sdraiata sopra un basamento dal quale sgorga l’acqua. Raffigurano rispettivamente il Po e la Dora, i due fiumi cittadini.
I monumenti annunciano il vicino arrivo nella splendida Piazza San Carlo di forma rettangolare, a mio parere lo spazio più raffinato di Torino, non a caso definitane il salotto. I lati lunghi sono occupati da eleganti edifici barocchi fra loro simmetrici, mentre la parte meridionale è chiusa dalle due chiese gemelle di Santa Cristina e San Carlo. Ovviamente anche qui non poteva mancare una statua equestre, stavolta dedicata a Emanuele Filiberto di Savoia.
Proseguiamo il giro fino all’area archeologica oltre i giardini reali. Scavi a parte spicca l’imponente struttura rossastra di Porta Palatina che ai tempi dei romani costituiva l’ingresso principale all’abitato di Augusta Taurinorum. Da qui scendiamo in picchiata in direzione sud, per tornare a riprendere l’auto parcheggiata proprio davanti all’hotel Urbani. Sfiliamo fra un tripudio di antichi palazzi. Sono talmente tanti che è impossibile ammirarli tutti: bisognerebbe puntare sempre gli occhi verso l’alto.
Piazza Solferino si rivela l’ultima bella, quanto inaspettata, sorpresa. Nella lunga aiuola centrale alberata trova posto la ‘Fontana Angelica’ nota per le quattro statue in bronzo ispirate alle stagione e le quali, secondo la leggenda, nasconderebbero simboli d’ispirazione massonica. Lì accanto il monumento a cavallo di Ferdinando I di Savoia colpisce invece per il toccante realismo con cui è stata raffigurata l’agonia del cavallo morente colpito da una pallottola.
Eccoci alla fine delle nostre intense giornate torinesi. E’ giunto il momento di salutare lo splendido capoluogo piemontese. Questo però non è un addio: arrivederci cara Torino dai mille volti.