La Via Francigena da San Miniato a Roma
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Mercoledì 22 Giugno
Quest’anno l’estate sembrava non voler arrivare, fino al giorno della nostra partenza. Di prima mattina, alla stazione di Signa saliamo sul treno, con le nostre bici cariche di borse. Anche se abbiamo limitato all’essenziale l’equipaggiamento, il peso si sente… Poco prima delle 7, siamo già sui pedali, io della mia nuova Kona da turismo, Samuel con la sua mountan bike front 29″. Il tratto fra San Miniato e San Gimignano, attraversa le meravigliose colline toscane. Noi seguiamo la traccia gps della via francigena originale, quella per i camminatori, che presenta alcuni passaggi su sentieri abbastanza ostici. È un continuo saliscendi, la pianura inesistente, ma i panorami sono impagabili. ….A Gambassi, ci concediamo un piccolo ristoro e poi via verso la prossima meta. Siamo entrambi entusiasti di compiere questo viaggio, anche se infondo, non abbiamo mai viaggiato insieme, a parte qualche girata domenicale.
Attraversiamo San Gimignano con le sue torri, e i tanti turisti che passeggiano per le vie, poi proseguiamo verso sud, lasciandoci alle spalle il profilo inconfondibile dalla cittadina medievale. La tappa di oggi, prevede 120 chilometri, fino a Buonconvento. Ci fermiamo per mangiare qualcosa che non sia la solita barretta energetica, e ci concediamo soste per fare foto e poco altro, ma quando il sentiero costeggia un limpido torrente, io non so resistere alla tentazione di un tuffo, in quelle acque verdoline, anche se per la verità un po’ freddine. In questa prima giornata di caldo estivo, la rinfrescata, è un toccasana per me, che riparto rinvigorito. Samuel invece è un po’ restio ai bagni, preferisce quelli caldi, così rimane all’ombra ad aspettarmi. La salita al castello di Monteriggioni, è dura ma fortunatamente breve. Arriviamo un po’ stravolti, nei giardini della città fortificata. Riempiamo le nostre borracce per l’ennesima volta alla fontanella, e ci riposiamo un po’. Riprendiamo il viaggio, e ogni tanto, anche per darci forza, ci cantiamo: “e bomba o non bomba, noi, arriveremo a Roma…” . Giungiamo a Siena, in una piazza del campo gremita di gente. Può essere ancora il momento giusto per la merenda, e un bel gelato, è una buona alternativa alla barretta. Proseguendo per la campagna toscana, la via francigena sale e scende per lievi alture, dove le grandi ruote di fieno sembrano monumenti. Superati i cento chilometri di giornata, tutti questi dislivelli, si fanno sentire nelle gambe, ma fortunatamente ad un certo punto, il percorso comincia a costeggiare una ferrovia, che ci porta fino al paese di Ponte d’Arbia. Da qui in un paio di chilometri su strada bianca, raggiungiamo il nostro rifugio, alle porte di Buonconvento. La Ripolina, è un agriturismo con una struttura in pietra, a dominio di piccole vallate in cui sgambettano i caprioli. C’è anche una meravigliosa piscina, che è l’ideale per una breve nuotata rilassante.
Ceniamo con i proprietari. Sono due belle persone, che ad un certo punto della loro vita, hanno deciso di vivere liberi, in questo posto meraviglioso. Lui ottantadue anni portati incredibilmente bene, ex console in Svizzera, lei molto più giovane, ha lasciato la cattedra di diritto internazionale all’università di Siena, per preparare ottimi piatti, come la squisita pappa al pomodoro. Il sole tramonta dietro la collina, lasciando un cielo rosato, che sembra non voler spegnersi.
Giovedì 23 Giugno
I ritmi negli agriturismi, sono lenti si sa. La colazione è a base di prodotti naturali e abbondante, ma servita alle 8.30, e così partiamo che sono già le 9.30, in netto ritardo sulla tabella di marcia. Dopo aver attraversato Buonconvento, piccolo centro pieno di pensionati, riprendiamo delle belle strade bianche, che serpeggiano e ondeggiano fra queste dolci collinette. Di tanto in tanto incontriamo qualche pellegrino, che da solo o al più in coppia, percorre la via francigena a piedi. Tanti sono stranieri, una coppia matura di americani, un arzillo pensionato spagnolo, ma troviamo anche due giovani amiche del nord. Ci fermiamo a scambiare due chiacchere, e a farci qualche foto insieme, con lo sfondo di queste belle collinette, che da due giorni, accompagna la nostra pedalata. Tutti sono entusiasti del cammino che stanno affrontando. Giungiamo a San Quirico d’Orcia, un bel borgo con le strade imbandierate. Non ci soffermiamo troppo, anche perché la tappa di oggi prevede di arrivare a Viterbo, 130 chilometri!
Arrivati a Bagno Vignoni però, visitiamo il centro, con la grande vasca in mezzo alla piazza. Rivoli d’acqua termale scorrono un po’ dappertutto, e finiscono in alcuni laghetti sotto il paese. Nell’acqua tiepida, anche Samuel, si abbandona in un bagno rigenerante. Comunque alla ripartenza, la fatica accumulata in questi due giorni, comincia a farsi sentire. Decidiamo di seguire il percorso destinato alle bici, anziché intestardirci sulla francigena originale, che più di una volta, ci ha portato a salire delle ripide pettate, senza molto senso, fatta ad hoc per i camminatori, solo per evitargli pochi chilometri, o addirittura metri d’asfalto. In questo lungo tratto pianeggiante, andiamo abbastanza spediti verso Radicofani. La montagna è ben riconoscibile anche da lontano, per via della rocca che la sormonta. Il caldo si fa sentire in queste prime ore pomeridiane, l’acqua scarseggia. Per la prima volta, non riusciamo a trovare fonti potabili. Consumiamo sei, sette litri di liquidi al giorno. L’idratazione è fondamentale. Ci fermiamo davanti ad una casa isolata, dal cui giardino provengono voci di bambini. Una mamma gentile riempie le nostre borracce, così possiamo ripartire all’attacco di Radicofani, anche se Samuel, vorrebbe proseguire seguendo i cartelli per Roma, ed evitare la salita. “Ma noi stiamo facendo la via francigena!”, dico io, “se no potevamo fare l’autostrada…”.
Con la fatica, cominciano i primi attriti fra noi. Siamo entrambi consapevoli di avere due caratteri molto diversi, e quando affiorano le prime difficoltà, ognuno rivela la propria natura, senza nascondere più niente. È proprio il caso di dire, che eravamo arrivati al punto in cui, l’impresa vuol vedere l’uomo in faccia. La salita per Radicofani, in verità non sarebbe proibitiva, ma con tutti i chilometri che abbiamo nelle gambe, e la calura pomeridiana, è dura. Samuel a metà strada, si butta per terra sfinito, e quando si rialza, è emblematica, la traccia di sudore che rimane sull’asfalto… In qualche modo arriviamo in cima, ma ormai appare chiaro anche a me, che la tappa di oggi, dovremo accorciarla. Arrivare almeno a Bolsena, pare già abbastanza. Il fatto è che in questo caso, per arrivare a Roma entro venerdì, nei tre giorni previsti, la tappa di domani, diverrebbe di oltre 140 chilometri… Dagli 800 metri di Radicofani, scendiamo lungo un crinale, su una strada bianca fiancheggiata da profumate ginestre. Di nuovo abbiamo le borracce quasi a secco. Ci fermiamo presso quello che sembra un agriturismo, per trovare un po’ d’acqua. In realtà è una bella colonica in pietra, posizionata a cavallo di questa cresta, da cui domina una vallata da ogni lato. Esce una signora con accento tedesco, che gentilmente ci rifornisce di acqua minerale. Insieme al marito, potendoselo permettere, qualche anno fa, hanno mollato tutto, e si sono trasferiti in quest’angolo di paradiso… Restiamo qualche minuto, a godere della pace e dei panorami infiniti, da quest’invidiabile posizione, per poi riprendere una ripida discesa, che velocemente ci porta a valle. Ritroviamo l’asfalto di una provinciale, ed un barretto, che con i suoi tavolini all’ombra, sembra essere il posto ideale, per integrare la nostra dieta fatta di barrette energetiche. La birra non mi è mai piaciuta tanto, ma abbinata ad un buon panino, mi fa sentire proprio ricaricato. Ripartiamo verso Acquapendente sulla strada asfaltata. Io sto già amministrando le energie, pensando che l’indomani ci sarà una tappa lunghissima. Samuel, si vuole organizzare, per raggiungere Roma, in treno, o in bus…Le nostre strade sembrano dividersi. Chi per testardaggine, chi per sfinimento, ognuno pare irremovibile dai propri propositi. Viaggiamo in fila indiana per risparmiare le forze rimaste, a momenti sembriamo due separati in casa. Anche oggi undici ore di bicicletta… Giungiamo a Bolsena quasi al tramonto, e un po’ stravolti, troviamo alloggio in un tre stelle sul lago. Prima di cena ho il tempo per un tuffo, mentre una nutria mi osserva perplessa.
Quando, dopo una lunga doccia rilassante, ci presentiamo in sala per la cena, tutti riassettati, quasi non ci riconoscono… Sono solo due i tavoli occupati, quindi, facendo l’ordinazione, chiediamo alla cameriera, se può dire in cucina di abbondare con le porzioni. Siamo accontentati, è tutto molto buono, e davanti a degli ottimi piatti, e ad una buona birra, anch’io comincio a valutare la possibilità, di allungare l’avventura di un giorno. Mi ci vuole sempre un po’, per digerire i cambi di programma, ma tutto sommato, a questo punto, sembra essere la soluzione più sensata. Così passeggiando sul lungolago, chiamo la moglie, che, comprendendo la situazione, accetta di buon grado, di posticipare di un giorno, la partenza per le nostre vacanze. Anche Samuel è molto contento. L’idea di arrivare a Roma con le proprie forze, lo rinvigorisce. Anch’io sono felice, non solo del fatto che avremo più tempo, per visitare i posti che attraverseremo, ma anche perché, siamo riusciti a trasformare, una situazione di potenziale conflitto, in un’occasione per cementare la nostra amicizia.
Venerdi 24 giugno
Oggi è San Giovanni, secondo il programma iniziale, stasera saremmo dovuti arrivare a Roma e, più o meno, all’ora dei “fochi”, a Firenze.
Non ci pensiamo più, e godiamoci in tranquillità, la nostra pedalata verso la capitale.
Una bella strada bianca, si snoda in un’ondulata campagna, disseminata di caratteristiche ruote di fieno. Arriviamo a Montefiascone, dove un’incisione sulla porta, ci ricorda che mancano 100 chilometri alla porta santa. Dal belvedere, si domina tutto il lago di Bolsena. Facciamo alcune foto, insieme a delle giovani monache, e ripartiamo verso Viterbo. Percorriamo ancora strade sterrate, passiamo anche per un boschetto, attraversato da un lastricato di epoca romana. Il territorio intorno ora, è molto meno tormentato. La pianura che ci porta a Viterbo, tramite una rilassante strada bianca, taglia immensi campi, con le solite monumentali ruote di fieno, a caratterizzare il paesaggio. Qui ci sono anche le invitanti terme dei papi, ma l’ingresso è a pagamento, e noi non ci potremmo fermare che per poco tempo, quindi proseguiamo. Giungiamo a Viterbo, e non ci fa una bell’impressione. Soprattutto l’impatto con la gente, non è dei migliori. Entriamo in un mercatino alla ricerca di una fresca fetta di cocomero, ma la signora non vuole vendere meno di mezzo frutto. Lasciamo perdere, anche perché in quel momento, arriva un negoziante trafelato, che sfila di mano la borsetta ad una nera, sventolandole sul viso i 100 euro falsi con cui lei, aveva appena fatto degli acquisti nel suo locale… Proseguiamo spediti, e tra una barretta e l’altra, superiamo la soglia dei 300 chilometri, attraversando delle belle nocciolete, per una strada bianca, che non presenta difficoltà, a parte qualche lieve e breve pendenza. Passiamo dal paese di Capranica, percorrendo la viuzza centrale, che però ci porta nella parte alta del vecchio borgo, da dove siamo costretti a scendere solo tramite una ripida scalinata. Da sotto in effetti si ha un’immagine particolare, con le case costruite su uno sperone roccioso. Altri facili chilometri di asfalto, su stradine molto poco trafficate, e siamo a Sutri. Nella piazza centrale, c’è una bella fontana, e un’invitante gelateria artigianale. Gustando dei bei coni, siamo avvicinati da personaggi del posto, che ci offrirebbero a buon prezzo, una stanza dove dormire. Ma noi abbiamo in mente di arrivare a Campagnano romano, in modo che, domani, sarà poco più di una passeggiata, raggiungere Roma, e avremo tempo per girare la capitale. Prima di lasciare Sutri, un signore del posto, ci consiglia simpaticamente col suo accento laziale, di fregarsene della francigena, e ci invita a girare verso il lago di Bracciano, dove dice :”ce stanno dei camping, dove se trova un sacco de bagna….” Ma noi non molliamo, e riprendiamo il nostro itinerario. Tratti di strada bianca, si alternano a pezzi asfaltati. Siamo nel territorio del parco del Veio. Senza incontrare salite, arriviamo alle cascate del Monte Gelato. In realtà non sono granché, ma il luogo è bello e fresco. Il richiamo dell’acqua, verso di me è sempre forte, e ne approfitto per un tuffo, ed un “idromassaggio” veloce, dato che, come suggerisce il nome, è piuttosto gelida.
Poco oltre ritroviamo una strada sterrata. Siamo ancora nel territorio del Veio, intorno a noi c’è una zona boscosa e collinare, che non ci permette di vedere in lontananza. Però cominciamo a chiederci dove sia Campagnano romano, perché secondo il gps, mancherebbe pochissimo… Dopo una curva, sopra la cima degli alberi, vediamo spuntare un campanile. La parte vecchia del paese, si erge su una roccia, e ci appare all’improvviso, come un miraggio. Per arrivarci, però dobbiamo compiere un ultimo sforzo. Salendo una ripidissima rampa raggiungiamo Campagnano di Roma.
Abbiamo l’impressione di trovarci in un paesino sperduto del sud, con alcune anziane signore, sedute dinanzi alla porta di casa. Temendo difficoltà, chiediamo loro dove possiamo trovare da dormire, ci indirizzano dal parroco, oppure da un signore, che affitterebbe una stanza della propria abitazione. Proseguiamo sul vicolo centrale, e arriviamo in una bella piazzetta, dove intorno a due bambine che si esibiscono in una danza, si sono radunate, sedute in cerchio, una ventina di persone. Assistiamo anche noi allo spettacolo, e alla fine applaudiamo, unendoci alla “folla”. Ci presentiamo e chiediamo informazioni. Stasera c’è una festa di paese, nella piazza principale, è stato allestito un grande palcoscenico, per l’esibizione di giovani aspiranti cantanti. Proseguendo lungo la strada, scopriamo che in realtà Campagnano romano, è molto più esteso di quanto dava l’impressione. C’è tutta una parte nuova piuttosto ampia, dove troviamo anche la casa parrocchiale, per l’alloggio dei pellegrini. Ci informano però che non hanno posti liberi, proprio per via della festa di questi giorni. Poco male, in una grande piazza, c’è la trattoria Benigni, che ha anche tante camere disponibili. Facciamo il pieno con pizza, e una bella grigliata mista. Prima di coricarci, andiamo a fare due passi, ma lo spettacolo tarda ad iniziare, e noi siamo troppo stanchi per aspettare, prendiamo un gelato e andiamo a riposare, perché nonostante tutto, anche oggi, abbiamo percorso quasi 100 chilometri. Circa 350 in tre giorni!
Sabato 25 giugno
Gustiamo con calma la colazione. Oggi non c’è fretta. Ci mancano una cinquantina di chilometri alla meta, e il treno di ritorno parte alle 15.
Ci mettiamo in marcia sull’asfalto, seguendo il tracciato della francigena per le bici. Non ci sono neanche salite, solo una lieve pendenza in discesa, che ci accompagna fino ad imboccare una strada bianca. Siamo ancora nel parco di Veio. Una radura si apre, fra alcune lievi colline ricoperte di boschi, c’è anche una piccola mandria di bovini, che fa sembrare proprio strano di essere alle porte della capitale. Poco dopo siamo di nuovo sull’asfalto. Per vie secondarie, arriviamo a Saxa rubra, passiamo un paio di caotiche rotonde, poi una rampa ci porta sull’argine del Tevere. Mancano si e no quindici chilometri a San Pietro, percorriamo la pista ciclabile cementata e verniciata di rosso, con tanto di linea di mezzeria. In alcuni tratti la larghezza si riduce di molto, a causa della vegetazione ai lati, lasciata un po’ troppo andare. Ogni tanto prendiamo qualche frustata sul casco, ma è meglio restare da parte, perché è sabato, ci sono tanti ciclisti, qualcuno procede veramente troppo velocemente, e più volte rischiamo di agganciarci. Sarebbe il colmo, farsi male su una ciclabile, a quindici chilometri dall’arrivo, dopo che tutto è andato liscio finora. Prima di entrare a Roma, diamo sfogo agli ultimi bisogni fisiologici, e nei pressi dello stadio Olimpico, lasciamo la pista, per entrare sulla viabilità ordinaria. Ci facciamo foto nei punti più caratteristici, mancano una manciata di chilometri, quasi ci dispiace percorrerli, e portare a termine quest’avventura. Le ultime centinaia di metri, le assaporiamo, ce le gustiamo proprio. Passando davanti a Castelgandolfo, mentre poco oltre si staglia il “cupolone” , ci vengono i brividi. Arriviamo davanti a San Pietro, insieme ad una coppia di sposi olandesi. Certo la nostra impresa, pare nulla al loro confronto, ma per noi vale molto. Mentre ci diamo il cinque, nella piazza più famosa del mondo, pensiamo già alle avventure che ci aspetteranno.
Dopo le foto di rito, facciamo un bel giro per la capitale. Piazza Navona, fontana di Trevi, altare della patria, in un attimo siamo dappertutto. Al Colosseo, acchiappiamo due coreane per un ultimo scatto, e poi, ci gustiamo dei tipici bucatini sui fori romani. Il treno parte in orario. È un regionale, è lento, ci dà il tempo per riflettere su questi giorni. ….
Volendo trarre delle conclusioni da questa prima vera esperienza di cicloturismo, devo dire di essere partito con un collega di lavoro, e di essere tornato con un amico. È stata dura percorrere 400 km su strade bianche e sentieri, in così poco tempo. Ci sono stati dei momenti di difficoltà, alla fine abbiamo dovuto concederci un giorno in più, ed è forse su quel giorno, che si è costruita l’amicizia e il rispetto reciproco. Con Samuel abbiamo delle visioni della vita un po’ diverse, che si sono rivelate anche durante il nostro viaggio. Ma ci siamo venuti incontro, e penso che alla fine, ognuno abbia imparato qualcosa dall’altro.
Per quello che riguarda il viaggiare, penso che il senso di libertà che ti può dare la bicicletta, è inarrivabile. Hai con te tutto quel poco che ti serve, viaggi ad una velocità ideale, per permetterti di osservare tutto ciò che ti circonda, parcheggi dove vuoi, conosci facilmente un sacco di persone, vivi l’ambiente senza filtri, sei a contatto diretto con tutto, e con tutti. Meraviglioso.