In giro per il Lazio

Via da Roma - Sentieri nel traffico, su basolo, tra i monti fino al mare
Scritto da: anniaffollati
in giro per il lazio
Partenza il: 01/08/2016
Ritorno il: 07/08/2016
Viaggiatori: 2
Spesa: 500 €
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Adoro Roma, in qualsiasi stagione riesce a comunicarti l’idea che per quanto nulla sia eterno, questo luogo possa fare eccezione. Le sue strade, colorate da gente che ha in comune solo il saper d’essere in una città sospesa tra cultura e shopping, finanza e cucina, politica, arte, il naif dei souvenir. In pochi posti, gli estremi si attraggono: Roma è uno di questi. Persino i gas di scarico delle auto profumano di cinema, non si fanno mai due passi senza incappare in un ipotetico – o già utilizzato – set naturale. Tutto ciò annegherà pure nella quasi totale disorganizzazione, ma mette i brividi pensare che per quanto si possa scavare e girare, sempre si troverà qualcosa di antico da cui poter partire per ricostruire le radici di un antico impero ormai decaduto (valga per l’impero romano o per cinecittà).

Il percorso intrapreso è un ipotetico giro del Lazio a piedi; zaino in spalla, l’intenzione è di uscire dalla capitale mediante l’Antica via Appia, per poi imboccare da lì un percorso che porti dapprima ai colli Albani. Attraversando la zona di Nemi, sarebbe facile poi oltrepassare Velletri e raggiungere i borghi di Cori e Sermoneta. Quindi, oltre la stazione di Priverno, nell’entroterra vi è un paese, Sonnino, abbarbicato su basse montagne: da lì, scendere a Terracina sarebbe un’esperienza meravigliosa. E così pure scalare il Circeo, vedere la lingua di terra di Sabaudia estendersi per diversi chilometri, le isole pontine in lontananza.

Ogni paese che attraverseremo avrà i resti di un passato glorioso da mostrare, persone da conoscere e fontane da cui abbeverarsi. Come una mandria di bestiame formato solo da due capi, e per di più esseri umani, ci mettiamo in cammino alla ricerca di resti, boschi, sorgenti e avventura. Sembra un’impresa titanica, ma il Numero n.119 di Airone del marzo 1991 è sempre a nostro fianco: una personale bibbia, unica guida contro un mondo che cambia spesso inutilmente.

Giorno 1

Serata lunga a Roma, quartiere Monte Sacro, dopo una lunga passeggiata d’allenamento da Termini lungo quasi tutta la via Nomentana. Aperitivo lunghissimo del lunedì sera, a letto a tarda notte dopo un’escursione notturna fino al Ponte nomentano, ora chiuso al traffico. Un buon assaggio della vita di quartiere nella “Città Giardino Aniene”, come fu chiamato Monte Sacro negli anni ’20, trasformato in una sorta di “garden city” all’italiana. Oltre la scenica piazza Sempione e adiacente il fiume. Peccato la metro sia piuttosto distante. O forse meglio così.

Giorno 2

Partenza dopo un’abbondante colazione, cielo azzurro terso, il meteo dice che non pioverà o quasi per settimane. Temperatura media piuttosto elevata, in programma camminate intensive di diverse ore proprio nelle ore centrali del giorno. Volata non in programma all’Eur, un solo stop per rimirare sui quattro lati il magnifico Palazzo della Civiltà Italiana, dal curioso numero di archi corrispondenti alle lettere di nome e cognome del più famoso gerarca nostrano. Il Palazzo dei Ricevimenti e Congressi è sullo sfondo. Ampi spazi lasciano un respiro sorprendente sulle vedute degli edifici.

Partenza del viaggio ufficiale dal Circo Massimo, da lì si imbocca la via Appia che lasceremo, non senza alcun dispiacere, solo qualche ora dopo, nei pressi di Ciampino. Il primo tratto, in corrispondenza delle Terme di Caracalla, rappresenta un tour de force fra auto e strade a più corsie difficilmente attraversabili dai pedoni. Oltre le mura Aureliane, la strada si fa meno ampia, camminarne ai lati è piuttosto difficoltoso, ma molte delle principali attrazioni della zona sono lungo questa arteria. Stiamo parlando delle Catacombe di San Callisto, di quelle di San Sebastiano e del Mausoleo di Cecilia Metella. Dopo un errore di valutazione, che ci spinge a salire su un bus di linea che ci fa attraversare le Capannelle e perdere tempo, ritroviamo il modo di tornare sulla regina viarum, costruita dai romani quasi 2500 anni fa. Mettere un piede davanti all’altro, sfiorando con le suole basolati antichi scavati dalle ruote di centinaia di carri, è un’emozione indicibile. Dopo una sosta vicino a una fontanella, cominciamo a renderci conto di ciò su cui poggia il nostro guardo: centinaia di ettari di prati secchi, pecore libere che brucano, domus a far da sfondo a questa incredibile zona-cuscinetto, localizzata tra il centro della capitale e il grande raccordo anulare. Una volta giunti all’aeroporto, ultimo tratto semi-pedonale, con qualche difficoltà cerchiamo un mezzo per salire in serata sui colli, verso Frascati. In qualche modo riusciamo a saltare la destinazione e arriviamo direttamente a Genzano; incuriositi dalla vicina Ariccia, celebre per la porchetta, la raggiungiamo a piedi e restiamo un po’ a goderci il panorama. Ma la mancanza di disponibilità un alloggio per la notte, ci spinge a tornare sui nostri passi e a pernottare a Genzano.

Giorno 3

Ci si incammina fuori dal paese, vorremmo scorgere almeno dall’alto le scure acque del lago di Nemi, per poi dirigerci verso Cori. All’ultimo decidiamo invece di arrivare fino a Nemi, per poi tentare di attraversare i colli successivi fino a destinazione. Dopo una ripida discesa, risalire è piuttosto arduo. Il lago non è balneabile, per lo meno non nella zona che raggiungiamo noi. Un ampio canneto impedisce l’accesso, una tartaruga di terra è l’unica custode dell’incanto di una zona d’un verde mozzafiato. Il museo delle navi romane può essere una buona idea per spezzare il percorso, ma non è certamente imperdibile. Verso Nemi, grande centro di produzione della fragola, sul percorso pedonale a salire ci imbattiamo in un teatro di paglia con vista lago (https://teatrodipaglia.wordpress.com/2015/07/11/nemi-un-teatro-di-paglia-in-riva-al-lago/). Non solo qui organizzano spettacoli in cui la gente può esibirsi liberamente, ma a detta loro hanno ripreso in mano un discorso legato a produzione sostenibile e salvaguardia paesaggistica, da queste parti abbandonato da tempo.

Il centro di Nemi è piuttosto turistico, molti ristoranti, parecchie botteghe. Solo qui ci lasciamo tentare dalla porchetta che comunque da queste parti è buona ovunque. L’autobus per Velletri passerà qualche ora più tardi. Da lì, sotto sera prenderemo un bus che ci porterà a Cori, meraviglioso paese abbarbicato sui bassi monti antistanti i Lepini. Dalla finestra del b&b in cui siamo ospitati (consigliato: Residenza 1642) si può osservare la piana di Latina, estesa zona di bonifica strappata alla palude per dare terre a lavoratori veneti accorsi qui in migliaia durante il ventennio. A tarda sera ceniamo alla Trattoria da Checco, finalmente ottimi piatti tradizionali e vini locali (il Castore e il Polluce, certamente da assaggiare) ad un prezzo più che giusto.

Giorno 4

I Monti Lepini ci affascinano, fin da subito abbiamo preferito non puntare decisi verso Terracina – prima tappa della via Appia, che poi prosegue verso Brindisi – ma avventurarci zaino in spalla nell’entroterra, proprio per sfidare loro, i poco visitati appennini laziali. I percorsi da seguire però non sono molti, è facile perdersi proprio per il loro essere completamente selvaggi, a tratti vere e proprie foreste. Decidiamo quindi, anche per mancanza di tempo, di non arrampicarci troppo in quota, ma di restare sui primi promontori. Da Cori a Norma, le indicazioni dei passaggi tra le radure sono molto approssimativi, in certi punti i rovi hanno invaso i pochi sentieri che qualche decina di anni fa qualcuno doveva aver tracciato. Così, dopo ore di snervante cammino tra vegetazione secca e spine, ramarri, falchi, cavalli selvaggi e vacche al pascolo, ci appare in lontananza finalmente l’antica Norba, roccaforte del V secolo a.C. del territorio pontino. In qualche modo riusciamo a raggiungerla e ci fermiamo nel primo pomeriggio in una piccola rosticceria centrale a sbranare un piatto di amatriciana e numerose birre. Il centro è bello e parzialmente disabitato, come molti altri paesi limitrofi. Sermoneta, sarebbe in realtà il paese più noto qui attorno, ma per ragioni logistiche dobbiamo rinunciarvi, giungendo in bus dapprima a Latina, e poi nel tardo pomeriggio, sulle alture di Sonnino, paese di medie dimensioni abbarbicato sui monti. Dall’alto parrebbe la sagoma di uno squalo intento ad attaccare, in realtà l’abitato è sviluppato su un discreto numero di tornanti; il centro storico è ovviamente in cima, e dopo una rapida quanto inutile ricerca di una qualsiasi struttura ricettiva, ci diamo per vinti e ci accomodiamo in Piazza San Pietro, vicino ad una fontana, plateatico della nuovissima bottega “Chello che tengo Brother’s” che serve prodotti locali e vini magnifici. Il calore della gente, che a prima vista si direbbe invece piuttosto strafottente, ci permette anche questa volta di non dormire all’addiaccio, ma in un vicino agriturismo da cui il giorno dopo partiremo verso i calcarei e scenografici Monti Ausoni, direzione Terracina.

Giorno 5

La partenza da Sonnino è ormai compromessa, dato che abbiamo trovato una sistemazione a Sonnino Scalo la sera prima. Non ci resta che chiedere un passaggio ad altri viaggiatori fino a Capocroce e da qui risalire in quota. Dapprima arriviamo a Campo Soriano (passando di colpo da 10 a 360 metri slm), parco naturale carsico che presenta enormi massi isolati a forma di guglie chiamati hum, tra cui la cosiddetta Cattedrale di San Domenico che arriva a 18 metri di altezza. Da lì si prosegue verso Campo Santo Stefano, antica fonte e cappella votiva, per poi puntare decisi verso il mare di Terracina. Uscire dai monti, per quanto bassi, dopo diverse ora di cammino quasi completamente isolati, e intravedere il mare alla fine di un percorso tortuoso quanto i nostri pensieri, è una sensazione molto strana. Percorriamo ripide vie invase da pietre di ogni dimensione, staccando dall’alto anche il lago di Fondi; da poco più avanti inizia la reale discesa verso il centro abitato di Terracina. Dall’altrettanto ripida via del Cimitero scorgiamo sulle nostre teste il tempio di Giove Anxur alle prime luci della sera. L’antico abitato è in parte diroccato, ma ben presto capiamo che è proprio questo il bello del luogo: l’avere lasciato intatto quello che è restato in piedi da sé. Inutile dilungarsi sugli storici scorci del paese, la sola piazza centrale merita un lungo aperitivo rilassante tra il museo archeologico e la cattedrale di san Cesareo.

Giorno 6

In piedi alla buonora, mattinata a rimirare dalla spiaggia il promontorio che abbiamo attraversato a piedi il giorno precedente. Intorno all’ora di pranzo intercettiamo un autobus per San Felice Circeo. Una volta giunti là, non possiamo fare a meno di notare la differenza di conservazione delle due cittadine marittime: Terracina è reale, lasciata a se stessa, mentre San Felice, ristrutturata da capo a piedi, è lustra come un salotto nobiliare. Discorriamo di questo mentre attraversiamo il centro storico e ci fermiamo al Belvedere di Piazza Marconi, cercando di capire come poter giungere in cima anche all’ultimo promontorio del nostro viaggio. Chiedendo ai passanti, riusciamo a trovare un sentiero che si avventura in direzione del faro. Da lassù la vista non sarà completa, ma in realtà molto poco ci è nascosto dalla vegetazione: a destra, l’altro picco del Circeo, quello di Circe, e alle sue spalle il lungo mare di Sabaudia; di fronte a noi le isole pontine (Ponza, Palmarola, Ventotene), sulla sinistra sono visibili Ischia e il Vesuvio oltre la coltre di foschia. La svelta discesa è motivata dall’unico tuffo in mare del viaggio. Poi, di corsa verso la fermata dell’autobus che ci riporta alla stazione di Priverno e da lì in treno fino a Roma. Giusto in tempo per goderci dal finestrino l’unico breve temporale del mese. Una volta giunti in città, ci perdiamo la notte a calcarne i vicoli più celebri: da Montecitorio a Piazza del popolo, da via Margutta al Pantheon e Piazza Navona, fino a Piazza di Spagna, i Fori Imperiali e il Colosseo. Al fresco di una notte di mezz’estate tutto è possibile, anche che le vie sgombre di gente siano invase da una brezza leggera che spira dal mare o forse dalle montagne, certamente giunta da qualche remoto paese disperso, ad augurarci un buon ritorno.

Dopo un centinaio di chilometri percorsi a piedi, è giunto il momento di salutarsi, o Roma. Arrivederci, unica, magica città eterna.

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Terracina

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Tra Cori e Norma

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Vegan, no grazie - Nemi

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Via Appia Antica 2

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Sopra Terracina



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