Week end sull’appennino

Tra laghi e monti del versante bolognese dell’appennino tosco-emiliano
Scritto da: ollygio
week end sull'appennino
Partenza il: 30/06/2016
Ritorno il: 02/07/2016
Viaggiatori: DUE
Spesa: 500 €
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E’ quasi un anno che conservavo gelosamente un cofanetto di viaggio sul comodino e, vuoi per un motivo, vuoi per un altro non avevo ancora avuto occasione di poterlo usare.

Dopo essere stati in India a gennaio, finalmente una settimana di ferie, quale miglior occasione per fuggire due giorni dal tran tran quotidiano. Noi siamo due buoni camminatori, quindi tra le centinaia di proposte abbiamo scelto un luogo montano dove si potesse fare un po’ di trekking.

Ovviamente per 2 giorni, non volevamo attraversare la penisola e, consultate le previsioni meteo abbiamo prenotato nell’hotel “Il Crinale “ a Grizzana Morandi, sul versante bolognese dell’ Appennino tosco-emiliano.

E’ giovedì mattina, il traffico sull’autostrada è sostenuto, siamo rimasti in coda a lungo prima per lavori in corso, poi per un incidente, finalmente, in tarda mattinata, siamo usciti a Pistoia per poi inoltrarci sulla strada statale in direzione Porretta Terme.

Oltrepassata la periferia cittadina la strada serpeggia in salita, curva contro curva costeggiando il letto del fiume Reno, attraversando grandi tratti boschivi e qualche centro abitato fatto di quattro case in pietra e, paradossalmente tante trattorie ed agriturismi, segno sicuramente di un’eccellenza gastronomica.

Abbiamo fatto sosta per uno spuntino a Porretta Terme dove sono ancora ben visibili antichi stabilimenti termali e poi abbiamo proseguito fino a Vergato dove abbiamo svoltato a destra e, sempre salendo, dopo 8 km abbiamo raggiunto Grizzana Morandi.

E’ un paesino piccolissimo, fatta da una manciata di case, malgrado ciò conta quasi 4000 abitanti perché attorno al centro ruotano una miriade di frazioni e borgate.

Al nome del paese è stato aggiunto quello del celebre pittore d’ inizio novecento che soggiornò a lungo qui, dipinse molti dei suoi quadri più famosi, come quelli dei fienili del Campiaro,ancora in piedi accanto a quella che fu la sua casa, oggi divenuta museo.

Nel centro del paese, ad un centinaio di metri dal palazzo comunale è sito l’ hotel da noi scelto, ed è una vera sorpresa trovare una struttura come quella in un paese così piccolo.

E’ una palazzina rosa a tre piani, ristrutturata di recente, dalle pareti dipinte con delicati colori pastello, ampi bagni arredati con gusto e le finestre che si aprono davanti allo spettacolo del verde delle colline e del giallo dei campi di grano ormai maturo .

Tutto qui trasmette pace, le poche auto che passano, il vociare delle persone sedute ai tavolini dell’ unico bar, il profumo intenso dei gelsomini della villa di fronte…

Abbiamo posato le valigie e ci siamo diretti nel parco regionale dei Laghi dove si trovano due laghi con tanto di diga su cui sono sorte 2 centrali idroelettriche.

Abbiamo visto passando in auto il lago di Brasimone ma ci siamo fermati presso il lago di Suviana. Abbiamo lasciato l’auto sul limitare del bosco e ci siamo incamminati per un piccolo sentiero che costeggia il lago dalle acque color smeraldo e dalle sfumature dorate dei raggi del sole che vi si riflettono. Lungo questo piacevole percorso ci sono molti tavoli in legno e panchine dove fare un tranquillo pic nic, ci sono anche aree adibite a bracieri per fare grigliate e sulle punte sabbiose spesso si trovano persone in costume a prendere il sole immersi nel silenzio, rotto solo dallo sciabordio dell’ acqua. Qui siamo decisamente lontani dal mare e credo che questa sia una piacevole alternativa per avere un po’ di refrigerio nella calura estiva. Siamo arrivati alla fine del sentiero percorribile dove c’ è una sorta di stabilimento balneare con tanto di noleggio lettini e pedalò e poi siamo tornati indietro sempre lungo lo stesso percorso . Doccia e siamo scesi a cena nel ristorante dell’hotel, perché compresa nel nostro cofanetto. Le due sale erano quasi piene, probabilmente da operai che alloggiavano qui durante la settimana, ma presto sono partiti con tanto di valigie.

La cena è stata all’altezza di un grande ristorante, portate impiattate con cura, porzioni abbondanti, il coniglio in agrodolce una squisitezza; una cena veramente raffinata che non ti aspetti, in un posto in cui è facile immaginare una cucina tipica delle trattorie .

Dopo cena per non andare a dormire con il boccone in gola abbiamo fatto quattro passi per la strada buia e silenziosa, non abbiamo incontrato anima viva per la strada, se non fosse stato per il suono dei televisori accesi che si avvertiva dalla finestre aperte, avremmo pensato di essere gli unici abitanti di questo paese!

Cullati dal silenzio irreale che ammanta queste valli abbiamo aperto gli occhi alle 9.30 ! Siamo volati giù a far colazione temendo che non ce la servissero più data l’ ora, ma i 2 giovani fratelli gestori dell’ hotel sono stati molto comprensivi, anzi ci hanno detto che succede spesso che i loro ospiti restino addormentati !

Oggi il nostro intento è di percorrere il “Percorso Etrusco” che parte da Grizzana, si inerpica sul monte Salvaro,entra nel Parco di Monte Sole e raggiunge Marzabotto. Il tutto per una lunghezza di 13 km, che con il ritorno sarebbero 26 km, quindi la lunghezza di una delle solite tappe che percorriamo durante i nostri cammini.

Malgrado fossero le 10.30, dopo esserci fermati nell’ unico alimentari del paese per farci fare un panino, siamo partiti seguendo le indicazioni bianche e rosse del sentiero 100 del Cai e siamo saliti gradatamente alternando a salite tratti di semipiano, attraversando il fitto bosco o aree tufacee dove il giallo delle ginestre spiccava tra il grigio del terreno, a tratti aprendo la visuale sulle dolci colline punteggiate qua e là da gruppetti di case ; non c’ è silenzio: le cicale friniscono, gli uccelli cinguettano, il vento fa frusciare le chiome verdi degli alberi, il tutto in una pace surreale.

Abbiamo raggiunto la vetta del Monte Salvano a 836 metri dove è posta un’ edicola votiva poi il sentiero sterrato comincia a scendere in modo vorticoso, per alcuni tratti è segnalata una pendenza superiore al 40 %; è difficoltoso tenersi in piedi malgrado il fondo fosse asciutto ma la presenza di sassi e rametti compromette la stabilità della discesa.

Fino qua non avevamo ancora visto menzionato il Percorso Etrusco, abbiamo seguito sempre le indicazioni del sentiero 100 e ci è sorto il dubbio di non aver visto qualche deviazione ; sono ormai quasi 3 ore che camminiamo e, secondo i nostri calcoli avremmo già dovuto essere quasi a destinazione, eppure non avevamo ancora lasciato il fitto del bosco.

Provvidenzialmente Internet sul telefono di Giò funzionava ed abbiamo appurato di essere sulla strada giusta ma…. di non essere neppure a metà strada ! Altro che 13 km!

Terminata la discesa ci siamo trovati finalmente all’ interno del parco e qui è comparsa la prima indicazione del percorso etrusco; abbiamo camminato forse per un paio di chilometri su di una carrareccia per poi svoltare a sinistra giù per uno stretto sentierino nel bosco. Fortunatamente la segnaletica bianca e rossa era sempre presente e ci ha impedito di sbagliare strada ; lasciato il bosco abbiamo attraversato prati dove il fieno era appena stato tagliato e poi abbiamo imboccato un sentiero completamente invaso dai rovi ed abbiamo dovuto farci largo con i bastoni che fortunatamente avevamo portato con noi.

Dopo ore di cammino assorti nella natura abbiamo trovato una casa sul limitare del bosco, disabitata, ci siamo seduti sotto la tettoia a mangiare il nostro panino e poi abbiamo proseguito, abbiamo costeggiato alcune fattorie poi il sentiero si fonde con la strada asfaltata, un paio di chilometri poi abbiamo attraversato il ponte sul fiume Reno, dove persone trovavano refrigerio fra le sue acque limpide e pescatori lanciavano le lenze tra la corrente. Assetati, quasi disidratati ( abbiamo clamorosamente sbagliato il quantitativo della riserva d’ acqua !) siamo giunti a Pian di Venola primo centro abitato incontrato, ci siamo fermati al primo bar trovato ci siamo bevuti tutta d’ un fiato una birra ed una bottiglia d’acqua.

Gli ultimi due chilometri prima di raggiungere Marzabotto li abbiamo fatti camminando sul ciglio della strada .

Marzabotto è una città di origine etrusca, prima di raggiungere il centro ci imbattiamo nel museo etrusco e nei resti dell’ acropoli, dell’ abitato e della necropoli dell’ antica città .

Sono le 16.30 i supposti 13 km non erano affatto veritieri, di tornare indietro a piedi non se ne parla, quindi abbiamo deciso di fermarci per una visita al museo e alle rovine.

Il museo, neppure troppo grande si trova sul terreno appartenuto alla famiglia Pompeo Aria, che nel 1830, lavorando il terreno per le culture agricole ha cominciato a trovare reperti di vasi, manufatti, armi di chiara origine etrusca . Il proprietario ha cominciato a raccoglierli ed immagazzinarli nelle sale del palazzo, che purtroppo durante la seconda guerra mondiale è stato bombardato e la maggior parte dei reperti è andata distrutta.

Oggi la giornata era bellissima, il sole caldo, il cielo limpido ma appena entrati nel museo si sono scatenati un paio di tuoni ed è cominciato a piovere, un acquazzone durato solo mezz’oretta ma ci ha poi impedito di visitare le rovine del parco archeologico.

Siamo entrati in Marzabotto, una cittadina più grande di Grizzana ma senza alcuna attrattiva, qui abbiamo cercato il modo per rientrare: abbiamo dovuto prendere un treno fino a Vergato poi da lì un autobus che ci ha portato fin davanti al comune, per fortuna non ci siamo attardati nella visita degli scavi perché quello delle 18.25 era l’ ultimo autobus per Grizzana e camminare per altri 8 km in salita sarebbe stato veramente molto duro !

Ieri sera abbiamo chiesto quanto ci sarebbe costata un’ ulteriore notte in hotel per allungare la vacanza di un giorno e ci è stato concesso uno sconto del 50 % sulla camera così la mezza pensione ci è costata complessivamente 80 € in 2, considerata la location e soprattutto la cena, veramente poco !

Stasera lo chef ci ha deliziato con crostoni di rognoncini di coniglio profumati al tartufo, gnocchi di patate viola su ragù di salsiccia e picanha,ovvero una tagliata di carne brasiliano, rucola e aceto balsamico con patate al forno il tutto innaffiato con lambrusco emiliano .

Giusto per digerire siamo andati in auto fino Vergato sperando di trovare un locale in cui bere qualcosa, ma l’ unica cosa d’ aperto era una baracchina nei giardini pubblici che serviva granite e caffè!

L’appennino è incantevole, incontaminato, selvaggio, tranquillo, rilassante ma se vi piace la vita notturna non venite qua!

Stamane siamo stati un po’ più mattinieri, alle 8.30 siamo scesi per la colazione e dopo aver ringraziato di cuore i 2 fratelli per l’ ospitalità ci siamo avviati verso il borgo medioevale de La Scola, una frazione di Grizzana in cui tutte le case sono in pietra così come sono state costruite nel XIV secolo, le stradine fatte di ciottolato serpeggiano tre il nucleo di case, abbellite con terrazzini e portali scolpiti; al centro del paese la piccola graziosa chiesa romanica di San Pietro.

Anche oggi non possiamo farci mancare una bella passeggiata così, lasciata l’ auto qui abbiamo raggiunto a piedi il paese di Riola dove è sita la singolare costruzione della Rocchetta Mattei.

Ci siamo incamminati lungo il sentiero del CAI n° 39 che dal fondo della borgata si inoltra nel fitto bosco e di lì scende fino al fondo valle, attraversando prima un tratto d’asfalto, poi un altro sentiero quindi si arriva al ponte del fiume Limentra con una strada statale.

Appena usciti dal bosco è apparsa davanti a noi la sagoma del castello, posizionato sulla sommità di una collinetta dalle torri sottili sormontate da cupole moresche, dandogli l’ aspetto di un castello delle fate.

Inequivocabilmente per raggiungerlo abbiamo dovuto affrontare un tratto di statale in salita e poi un ultimo tratto di sentiero.

Il castello è visitabile solo su prenotazione che deve avvenire esclusivamente on line e, ieri, non avendo ben chiaro il percorso da effettuare, abbiamo prenotato la visita per le 12.45 ma alle 11.30 eravamo già davanti al castello. Gentilmente siamo stati così spostati all’ ingresso delle 11.45. La nostra guida ci ha spiegato che il costruttore di tale maniero è stato il conte Cesare Mattei alla metà dell’ 800, che non è nato conte ma bensì contadino, proprietario di molti terreni, quindi molto facoltoso e venne insignito conte dal Papa Pio IX dopo che egli donò allo Stato Pontificio uno dei suoi castelli nella zona di Comacchio in modo che l’esercito austriaco non potesse oltrepassare il confine.

In gioventù divenne amico di letterati e studiosi, in particolare di Minghetti, studioso di esoterismo, che lo introdusse a tale scienza tanto che moltissimi sono i riferimenti esoterici all’interno del castello.

Mattei perse la madre per un tumore al seno che la medicina tradizionale non riuscì a guarire, così cominciò lo studio di una medicina alternativa in cui all’omeopatia aggiunge lo studio delle cariche elettriche da cui è composto il nostro corpo che chiamò elettromopatia. In questo luogo un po’ magico, pieno di simboli esoterici egli preparava i suoi composti a base di erba con cui curava i malati, dai più poveri, che si dice curava gratuitamente, alle persone più in vista all’ epoca: pare che anche lo zar di Russia fosse venuto in incognito a farsi curare da lui. LA sua cura venne adottata in una ventina di paesi nel mondo, in India è ancora tutt’ ora usata. Il castello è stato eretto su di una collinetta dove sorgeva un medioevale castello matildeo e due sono gli stili dominanti, quello moresco tanto amato dal conte e quello liberty prediletto da Mario Venturoli, figlio adottivo del conte . Entrando nel primo cortile possiamo osservare una grande vasca in pietra, antica fonte battesimale considerata una delle più antiche d’ Italia; si passa alla sala dei 90 ottagonale fatta costruire appositamente per festeggiare i 90 anni del conte, che però morì ad 87 anni. Al piano superiore la cappella e il cortile sono la copia della moschea e del cortile moresco dell’ Alhambra di Granada; nella cappella si trova il sepolcro del conte esattamente come lo aveva progettato e con le stesse iscrizioni da lui scelte . All’ ultimo piano ci sono le stanze pare occupate dal conte con preziose tappezzerie in velluto e una splendida biblioteca non visitabile.

La grandiosità delle sale e la magnificenza dell’architettura è solo fallace perché i materiali utilizzati sono materiali poveri, al posto del marmo le colonne sono in legno colorate a strisce bianche e nere, i soffitto a bugnato è in carta pesta, al posto del marmo lo stucco.

Le stanze arredate in origine da preziosi mobili in legno e tappeti persiani enormi oggi sono completamente vuoti perché durante il secondo conflitto mondiale il castello era divenuto quartier generale nazista e all’ avanzata dell’ esercito americano lasciato il castello, questi ultimi lo hanno depredato di ogni arredo di valore, opera poi completata dagli americani .

Il castello da allora è rimasto in degrado fino agli anni 90 quando la fondazione della Cassa di Risparmio di Bologna, in collaborazione con le Belle Arti ne ha cominciato un minuzioso restauro cercando di riprodurne fedelmente i pavimenti in parquette, gli intonaci, le porte e gli infissi, oggi però, malgrado ci siano ancora moltissimi ambienti da ristrutturare, i lavori sono però fermi per mancanza di fondi.

L’ interessante visita è durata più di un’ ora poi noi siamo tornati sui nostri passi per ritornare a La Scola a riprendere l’ auto; la temuta salita sotto il sole dell’una non è stata così tragica, giunti nel borgo ci siamo seduti all’ombra ridosso di una delle graziose case in pietra, abbiamo mangiato il nostro panino e ci siamo riposati un po’.

Il borgo si stava animando di curiosi turisti con macchine fotografiche perché nel pomeriggio ci sarà una manifestazione chiamata “Scola Magica” e venivano allestite bancarelle e palchi su cui si esibiranno saltimbanchi e giocolieri.

Non ci siamo fermati oltre ma abbiamo proseguito per il santuario di Montovolo, da La scola partiva un sentiero ma il tratto era troppo lungo, infatti stasera dobbiamo rientrare a casa, così abbiamo proseguito un po’ in auto e l’abbiamo lasciata a circa 5 km dal Santuario.

Il sentiero denominato degli sterpi si inoltra nel bosco in salita, a metà percorso attraversa la strada asfaltata e poi continua sotto i rami degli alti alberi fino al pianoro dove si trova la romanica pieve del XII secolo dedicata alla Madonna della Consolazione, dall’ interno austero e il soffitto in legno a capriate e la statua dorata della Madonna sull’ altare.

Di fianco alla chiesa parte un sentiero che porta all’ oratorio di santa Caterina dove a lato sono piantati 12 cippi in pietra con altrettante formelle di ceramica con l’ immagine di un fiore a cui è assegnato un nome : i nomi di 12 studenti uccisi da un incidente aereo avvenuto nel 1990.

Nel punto più alto c’ è un punto panoramico che spazia per tutto l’ Appennino e, nelle giornate limpide si vede anche Bologna.

Siamo nuovamente scesi all’ auto e abbiamo preso la via verso casa…

Abbiamo trascorso 3 giorni bellissimi in una parte d‘Italia da noi sconosciuta, una zona in cui la natura regna sovrana, così come la pace; una zona che se non avessimo avuto il cofanetto regalo probabilmente non avremmo mai preso in considerazione: è stata veramente una sorpresa inaspettata!



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