Gujarat, in viaggio tra deserto e mare

Alla scoperta di questo stato dell'India poco conosciuto
Scritto da: ryghmes
gujarat, in viaggio tra deserto e mare
Partenza il: 22/02/2016
Ritorno il: 07/03/2016
Viaggiatori: due
Spesa: 2000 €
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Ho viaggiato diverse volte in India in gioventù, ricordi memorabili e indimenticabili con gli amici, zaino in spalla e mezzi pubblici. Ma ora, da pensionati, io e mia moglie decidiamo di concederci qualche comodità e di appoggiarci a un’agenzia locale indiana. Richiedo tre preventivi alle agenzie che ritengo più rassicuranti, almeno leggendo i commenti dei viaggiatori. Alla fine scelgo Indiakarni Popular India Vacations, un’agenzia con sede a Jaipur in Rajasthan, non solo per il prezzo più competitivo rispetto alle altre due ma anche per le buone recensioni in internet. Richiedo un servizio di noleggio auto con autista e prenotazione di hotel con colazione e cena. Ho deciso autonomamente il percorso e seguito qualche consiglio della agenzia. Posso dire di essere rimasto molto soddisfatto del servizio che mi è stato offerto!

Lunedì 22 febbraio

Chiudiamo casa e ci rechiamo a Malpensa. Abbiamo prenotato un volo con Ethiad , partiamo puntuali e arriviamo a Ahmedabad nelle prime ore del mattino.

Martedì 23 febbraio

All’aeroporto conosciamo il nostro autista, è un ragazzo di 31 anni molto prudente, allegro e sorpresa! Parla anche un po’ di italiano. L’auto prenotata è una Toyota Innova, molto spaziosa e comoda. L’autista ci accompagna al nostro hotel, moderno, in zona semicentrale. Dormiamo poche ore e alle 11 andiamo a visitare la città. Il traffico nella città vecchia è caotico , ci sono diverse moschee da visitare, mercati , bazar. Da non perdere il Calico Museum dove c’è una importante collezione di tessuti indiani. Commovente è il Gandhi Ashram a 7 km dal centro città. Pranziamo in un ristorante vegetariano dove l’aria condizionata crea nel locale una temperatura artica perciò mangiamo velocissimamente. La cena è in hotel, squisita con ampia scelta di piatti indiani e continentali.

Mercoledì 24 febbraio

Con l’autista ci siamo accordati di partire alle 8 dopo una abbondante colazione. Siamo diretti a visitare Patan e Modhera per poi raggiungere Dasada dove pernotteremo. Il pozzo di Patan è il più bello di tutto il Gujarat, davvero spettacolare. Molto interessante il Tempio dedicato a Surya di Modhera, qui troviamo due scolaresche in gita . Nel tardo pomeriggio arriviamo a Dasada , il nostro hotel è suggestivo , ci sono diverse casette in muratura in un bel giardino ben curato. Si mangia all’ aperto, cena ottima con un delizioso pollo arrosto che apprezziamo davvero tanto.

Giovedì 25 febbraio

Alle nove partiamo per la visita al villaggio Kharapat Rabari vicino a Dasada dove c’è la possibilità di vedere le donne che lavorano e realizzano vari manufatti. Comperiamo braccialetti, collane, lavori patchwork bellissimi con inserti di piccoli specchi. Rientriamo per il pranzo e alle tre partiamo per il safari di tipo naturalistico per vedere gli ultimi esemplari di asini selvatici. Ne vediamo parecchi e ci consentono di scendere dalla jeep per fotografare da vicino questi animali, abituati comunque alla presenza umana. Lungo il percorso ci sono delle saline che fanno un bel contrasto con cielo blu . Meraviglioso il tramonto sul fiume un luogo pieno di uccelli.

Venerdì 26 febbraio

Partenza alle otto e mezza,la strada è un buono stato e arriviamo a Buhj nel primo pomeriggio. Prima di entrare in città ci fermiamo a visitare un piccolo villaggio chiamato Bhujaria. Ogni casa qui è una piccola bottega, i manufatti sono quelli tipici del Gujarat con ricami e inserti di piccoli specchietti. Le stoffe sono molto colorate , tessute a mano. Mia moglie si lancia negli acquisti che sono davvero economici, faccio qualche esempio: portacellulare da appendere al collo ( 100 rupie), porta chiavi da appendere al muro in ferro battuto ( 200 rupie). La bottega più particolare è quella di un uomo che crea oggetti in rame con agganciate delle campanelle da mettere fuori casa come porta fortuna. Mia moglie sceglie un “Om” con appese dieci campanelle. Arriviamo in hotel, ci danno una stanza molto carina nella dependance, circondata da un giardino.

Nel pomeriggio andiamo a vedere il Tempio di Swaminarawan, c’è un santone che parla ripreso anche dalla tv. I fedeli maschi stanno davanti, dietro le donne e sul lato sinistro un gruppo misto, tutti vestiti di rosso, sono persone devote che hanno deciso di vivere in santità.

Tornati in hotel, il tempo di fare una doccia e il mio sguardo cade sul vetro del bagno dove un serpente verde smeraldo dallo sguardo poco rassicurante, striscia lentamente verso l’alto. Mia moglie che ha il terrore dei rettili armeggia freneticamente col telefono ma al centralino della reception non risponde nessuno. La vedo partire come un razzo e parlare con un dipendente dell’hotel. Arriva subito la security, tre uomini, del serpente non c’è traccia ma potrebbe essersi infilato da qualche parte oltre la nostra finestra… Ci cambiano stanza e ci offrono una suite meravigliosa al secondo piano del corpo principale dell’albergo.

Sabato 27 febbraio

Ci troviamo col nostro autista alle 9 e mezza per visitare la città di Bhuj che ha subito gravi danni dal terremoto del 2001. Si possono visitare tutti gli antichi palazzi dell’ ultimo maharaja della città: il Rani Mahal e il Prag Mahal, lo stato di conservazione è però pessimo. Ci sono crepe e mattoni dissestati un pochino inquietanti. Alle spalle di questi edifici c‘è un grande e rumoroso bazar. Gli articoli in vendita sono quelli tipici della zona, mia moglie compera diverse borse ( prezzo tra le 100 e le 150 rupie), una sciarpa tessuta a mano a 350 rupie, un taglio di stoffa per realizzare un Kameez salvar ( tunica ,pantalone, sciarpa) a 750 rupie. Alla fine del bazar, in una piazzetta siamo circondati da uno numerosa scolaresca, i ragazzi si fanno fotografare, abbiamo spedito le foto all’indirizzo della scuola datoci dai maestri.

Pranziamo in un ristorante locale e poi ci dirigiamo verso il White desert non molto lontano dal confine con il Pakistan. Il luogo è di una desolazione assoluta, battuto dal vento, arido e ricoperto da incrostazioni di sale che danno questa colorazione bianco abbagliante. Non si può visitare tutto l’anno, durante la stagione dei monsoni è tutto allagato. Si paga una tassa di ingresso per accedere alla zona, bisogna portare il passaporto e due fotocopie del passaporto e visto per potersi registrare presso il piccolo ufficio militare. Si pagano 50 rupie per l’auto e 100 rupie a persona. All’inizio del deserto bianco c’è una lunga strada che porta al sunset point. Ci si può arrivare a piedi ma la strada è lunghetta oppure a dorso di cammello, cavallo o carretto per 50 rupie a testa. Decido di fare una deviazione a piedi a lato della strada e rimango incatramato nel fango da cui la scarpa riemerge a fatica… e dovrò rimanere imbrattato cosi’ fino al rientro in hotel Comunque il tramonto con questa luce quasi accecante è stupendo.

Torniamo in hotel che è ora di cena.

Domenica 28 febbraio

Partiamo alle 8 e mezza e a mezzogiorno raggiungiamo Morbi, avevo espressamente chiesto alla agenzia di fare una sosta in questa cittadina. Ora posso dire che non vale la pena fermarsi, perché il Tempio è inagibile e il Royal Palace è un ristorante. Perciò raggiungiamo la tappa successiva cioè la città di Rajokot. Alloggiamo in un hotel centrale e decidiamo di andare subito a vedere il bazar, ma con un tuk tuk, mezzo che si muove meglio nel traffico caotico e ci da libertà di riprenderlo lungo la strada quando siamo stanchi. Il bazar è molto animato e i prezzi di molto inferiori che negli stati turistici come Rajasthan o Kerala. Mia moglie compra orecchini ( 20 rupie), braccialetti ( 150 rupie) anelli ( 60 rupie) e una bellissima borsa a 350 rupie. Ci fermiamo ad acquistare peperoncini rossi secchi, un bel sacchettino per 10 rupie.

Lunedì 29 febbraio

Alle otto siamo in marcia e dopo un’oretta arriviamo a Jamnaghar. Qui ci sono due templi janaisti molto interessanti. Il primo è molto antico e dipinto a colori vivaci. Nel secondo incontriamo una ragazza americana che sta facendo un master all’università di Ahmedabad e ci illustra la storia di questo tempio. All’arrivo dei musulmani , i fedeli avevano sotterrato tutte le antichissime statue che quindi si sono salvate dalla distruzione. Una volta passato il pericolo hanno riedificato il tempio e rimesso al suo interno le statue.

In città c’è anche un animato e colorato mercato. Alle 11 ripartiamo per Jamnaghar, arriviamo dopo due ore e mezza. Questa è una città sacra dove il ghat scende nel mare, è meta di pellegrinaggio non solo dal Gujarat ma anche dagli stati vicini. Siamo gli unici occidentali e la gente è estremamente cordiale. Vengono a salutarci e stringerci la mano, ci chiedono da dove arriviamo. L’hotel è ai limiti dell’accettabilità. Abbiamo una suite molto grande ma la pulizia è sommaria, è un po’ polveroso così come il ristorante annesso . Del resto non ci sono hotel migliori di questo in città e perciò ci adattiamo senza brontolare. L’ascensore è vecchio, con una doppia chiusura, porta e griglie ma, appena si schiaccia il bottone del piano, il mezzo parte con un tonfo assordante e contemporaneamente si aziona una ventola talmente potente che i capelli volano in aria …Se non si scende immediatamente e qualcuno chiama l’ascensore, si riparte col botto e sventolata di criniera!

Passiamo il pomeriggio lungo il ghat molto animato, ci sono santoni, fedeli ma anche attrazioni tipo dromedari che per poche rupie fanno fare un giretto a bambini, ma anche adulti. Come in tutte le città sacre le botteghe vendono oggetti religiosi e souvenir vari da portare a casa come ricordo. Chi vende conchiglie fa affaroni, gli indiani le amano molto! Compro due lumini con la candela e i fiori da mettere nell’acqua in ricordo di mio papà. Il nostro autista ci spiega per gli indiani ha un significato di buona fortuna. Alle sette e mezza comincia la puja, la preghiera induista, nel grande tempio che sovrasta l’oceano. Le funzioni si svolgono in diverse stanze, tutte molto affollate e per accedere alla statua di Shiva c’è una lunga coda, uomini e donne sono separati. Mia moglie viene letteralmente travolta da un gruppo di donne del Rajasthan che pur di stare in gruppo riescono a passarle davanti sgusciando come anguille… non una ma ben sei ragazze. Interviene il nostro autista per arginare l’orda, ma non viene minimamente calcolato dalle donne. Tra il tempio antico e quello più nuovo ci sono gruppi di devote sedute per terra che cantano inni religiosi o gruppi di uomini che suonano strumenti musicali, il tutto in una luce crepuscolare che crea una atmosfera mistica.

Martedì 1 marzo

Partiamo alle otto e dopo mezz’ora ci fermiamo in un centro per la salvaguardia delle tartarughe marine. Le uova vengono tenute a calduccio sotto la sabbia e quando si schiudono le piccole tartarughe vengono messe in ampi catini. Una volta raggiunta l’età giusta per potere vivere da sole vengono rimesse in mare. La spiaggia davanti al centro è fantastica, bianca, immensa, senza ombra di essere umano, l’oceano è caldo forse un tantino mosso. Peccato non esserci messi i costumi da bagno per fare una nuotata.

Ora ci attende il Parco nazionale Sa sangir. La strada è lunghetta e non tenuta bene, arriviamo al nostro Resort all’1 e mezza. Il proprietario del nostro lussuoso campo tendato è un distinto uomo che scopriremo appartenere alla famiglia reale. La nostra sistemazione consiste in un’ampia camera da letto e annesso un bagno molto grande. La tenda poggia su una gettata di cemento pavimentata in legno. Mi spiegano che nella stagione monsonica, quando il parco è chiuso, tutto il campo viene smantellato e rimontato a ottobre quando si apre di nuovo la stagione turistica. Siamo in mezzo alla natura. Pranziamo molto bene e alle tre partiamo per il nostro primo safari. Arriva la nostra jeep, modello seconda guerra mondiale, il motore si spegne e l’ autista comincia a darsi da fare per fare ripartire il mezzo. Solleva il cofano e ci mette un strato di carta per tenerlo aperto… sgancia e riaggancia dei tubi ma non succede nulla. Si passa cosi’ alla partenza a spinta giù per la discesa, la jeep corre giù sempre a motore spento pericolosamente veloce verso lo stagno che abbiamo davanti all’ingresso del resort, ma l’autista abilmente sterza a sinistra e scompare dalla nostra vista. Dopo dieci minuti la jeep ricompare scoppiettando, ma lo staff decide che non è affidabile e nel giro di pochi minuti arriva una nuova macchina. Prima di fare il safari bisogna registrarsi, noi avevamo già prenotato on line e cosi’ dobbiamo solo mostrare i passaporti e pagare le 1200 rupie per l’uso della macchina fotografica. Se si vuole la jeep ad uso privato, come nel nostro caso, bisogna pagare per sei persone cioè per tutti i posti vendibili. Partiamo. Il percorso si snoda in un territorio molto arido, gli alberi sono quasi tutti stecchiti, ma col monsone riprenderanno vita e in estate il parco è tutto verde. Vediamo una moltitudine di cervi, uccelli, ma la vera attrazione del parco sono i leoni asiatici. Nella riserva ce ne sono 530, ma nella parte visitabile ci sono solo due famiglie di leoni, gli altri vivono nella zona dove non sono ammessi i turisti. Il Parco è il più grande dell’India dopo il Corbett National Park. Quando ormai non ci speravamo più arriva il passa parola tra guide e partiamo con la nostra jeep più veloci della luce. Cosi’ abbiamo la soddisfazione di vedere due leonesse, le fotografiamo, saremo gli unici ad avvistare i leoni nelle due giornate trascorse nel parco. La pista che abbiamo seguito oggi è la numero 6.

Le piste sono molto battute, ovunque incrociamo jeep di turisti indiani, siamo gli unici occidentali. Gli escursionisti si dividono in due nette categorie: sorrisi a 32 denti (abbiamo visto i leoni), muso lungo e piega della bocca all’ingiù (abbiamo caracollato per tre ore senza vedere i felini). Noi apparteniamo alla prima invidiatissima categoria. Per proteggersi dal sole picchiettante si possono comperare cappelli nei negozietti all’ingresso del parco. Vanno per la maggiore il modello cowboy o da baseball per l’uomo, a falda larga con fiore per le donne. Abbiamo incrociato jeep dove tutti i passeggeri indossavano il modello cowboy e tenevano un fazzoletto sulla bocca per proteggersi dalla polvere. Sembravano banditi del Farwest!

Andiamo a cena alle otto, ottima come il pranzo.

Mercoledì 2 marzo

Ci svegliamo al canto degli uccelli ma si odono anche grida non ben definite, fa molto effetto giungla! Facciamo colazione alle 8 a alle 9 arriva al Resort la nostra jeep, nuovo autista e nuova guida. Percorriamo la route numero 7. Il percorso è molto più verdeggiante di ieri, più bello e ricco di animali. Assistiamo a un combattimento tra due cervi maschi con corna enormi. Le femmine e i piccoli assistono da lontano, tutte in gruppo. Cosi’ come la lotta è iniziata cosi’ finisce di colpo. Scattiamo foto e anche un breve filmato. Ci sono tante antilopi, cervi e un lungo serpente nero che nuota nell’acqua di un torrente. La parte più spettacolare della route 7 è vicino a un piccolo lago dove vivono 300 coccodrilli enormi. Non ci si può avvicinare molto perché luogo dove tutti gli animali si vanno ad abbeverare, ma i rettili sono cosi’ grandi che si vedono benissimo sia sulle piccole isole di sabbia in mezzo al lago, sia nelle acque dove nuotano lentamente. Si arriva anche a un punto panoramico da dove è bello scattare le foto. In questa zona hanno accesso solo un numero limitato di jeep al giorno. All’interno del parco ci sono 53 villaggi, alcuni di poche case, c’è anche una scuola, piccolina. La popolazione vive con l’allevamento delle bufale. L’alimentazione di queste persone è quasi esclusivamente a base di latte.

Torniamo verso il nostro Resort e poco prima c’è un villaggio abitato da famiglie che si sono trasferite qui una trentina di anni fa dal Sud Africa. Hanno costruito le loro case su modello africano, circolari. E’ curioso vedere queste persone dalla pelle nerissima vestiti da indiani e che parlano la lingua locale! Vivono in estrema povertà, vicino a un cumulo di immondizia e mi chiedo se sarà valsa la pena di lasciare il sud Africa per vivere poveramente in India.

Dopo il pranzo ci riposiamo un pochino e alle 3 partiamo per il terzo safari, route numero 2 , la strada che attraversa la zona di caccia dei leopardi. Questi felini sono ancora più difficili da avvistare dei leoni. Ancora una volta abbiamo fortuna, ne vediamo uno seduto su un masso all’interno della foresta. Il tempo di realizzare e prendere la mira si è già alzato ed è scomparso nella boscaglia. Vediamo tanti animali anche un’ aquila, delle piccole civette e tanti tipi di uccelli. A fine safari abbiamo la schiena a pezzi, nove ore in jeep in due giorni su strade sconnesse non sono il massimo per la colonna vertebrale. Posso consigliare di fare solo due safari, quello del mattino e della sera. Cena e a nanna.

Giovedì 3 marzo

Mentre facciamo colazione sentiamo uno sparo tremendo. Questa mattina sono arrivati al Parco alcuni appartenenti alla famiglia reale dal Rajasthan, Madhya Pradesh e Himachal Pradesh con le loro famiglie, per fare il safari. Tutta questa nobiltà deve vedere i leoni e così le guide hanno pensato bene di dare la sveglia ai felini con uno sparo cercando poi di dirottarli sulla pista giusta… Tutte queste persone blasonate verranno a pranzo nel nostro Resort. Ma noi siamo in partenza per Diu che dista un paio di ore di auto. Il nostro hotel è sul mare, molto bello, c’è anche una grande piscina. Visitiamo il Forte eretto dai portoghesi e poi decidiamo di regalarci una mezza giornata di relax in spiaggia. Il problema è che le donne indiane entrano in acqua vestite e mia moglie non si sente a suo agio a mettersi in costume, intero per altro. Trova la soluzione: costume intero e pinocchietti ma nonostante ciò abbiamo gli occhi addosso di tutta la spiaggia. Quando emergiamo dalle acque siamo fotografati da quasi tutte le persone presenti e arrivano di corsa alcuni ragazzini per fare selfie con noi! Cosi’ scappiamo in hotel e passiamo un paio di ore in piscina. Solo verso il tramonto facciamo una bella camminata lungo la spiaggia. Su una nota guida, la città di Diu viene descritta come un luogo pieno di ubriaconi, con una spiaggia lercia. Noi abbiamo trovato la spiaggia pulita e nemmeno l’ombra di ubriachi. Nessuno ci ha importunato. Qui è lecito bere e cosi’ in hotel ceniamo dopo tanti giorni con una bella birra gelata!

Venerdì 4 marzo

Il nostro autista parlando con dei colleghi del posto, scopre che a 6 km da Diu c’è un villaggio di pescatori chiamato Vanakbara. Qui si costruiscono i pescherecci in legno ancora a mano. E’ un vero spettacolo! Chiediamo il permesso di accedere al cantiere a un tipo che sembra essere il proprietario del posto e che sorridendo ci invita a entrare. Proprio accanto al cantiere sorgono le minuscole e povere abitazioni dei pescatori. Di fronte c’è un vasto magazzino del pesce dove si possono acquistare casse di pescato del giorno. Lungo il molo ci sono tutti i pescherecci, grandi e piccoli appena rientrati dalla pesca notturna. Scattiamo tante bellissime foto.

Imbocchiamo la dissestata strada che ci porterà a Palitana, nostra prossima meta. Siamo alloggiati in una antica residenza, quello che si definisce hotel Heritage. Si respira un’aria coloniale, ovunque ci sono vecchie foto del Maharajà che qui viveva. Siamo accolti con calore dai proprietari che vivono in una moderna villetta vicina al palazzo. Oltre a loro il benvenuto viene dato da una coppia di bassotti e i loro sette cuccioli di tre settimane. Bellissimi! La nostra stanza è grande e annessa a un secondo locale relax dove c’è un dondolo. Il bagno è esterno, ma ad uso personale. I due proprietari con grande generosità hanno offerto un letto e tutti i pasti al nostro autista senza volere una rupia, un gesto davvero nobile che abbiamo tanto apprezzato. Siamo gli unici clienti. Nel giardino ci sono 5 nuove camere realizzate in quelle che dovevano essere le stalle, ma non sappiamo se siano ultimate o meno. La cucina in questo hotel è buonissima e ci offrono un croccante delizioso che ci riporta all’infanzia. Nel pomeriggio gironzoliamo nel paesino e attendiamo il tramonto nel giardino dell’hotel.

Sabato 5 marzo

Ora 5,15, suona la sveglia, ci attende la salita verso la collina di Shatrunjaya e i suoi meravigliosi templi. I gradini sono circa 3475. Arriviamo alle sei all’ingresso della scalinata e veniamo assaliti dai portatori. Circondano la nostra macchina, battono sui vetri per essere scelti. Scende il nostro autista e si occupa lui di assoldare quattro giovani ragazzi. La mia asma non mi permette di fare uno sforzo simile, devo farmi trasportare, mi sento umiliato, ma non ho scelta… Mia moglie invece decide di farla a piedi, andata e ritorno. Partiamo, io cerco di camminare finchè il mio respiro non assomiglia al fischio di una pentola pressione, credo di avere percorso almeno il 40% del percorso. Quando non ce la faccio più monto sulla mia sedia e mi affido ai portatori. Devo dire che sono in buona compagnia. C’è una vera processione di portatori e i clienti sono anche giovanotti di 25 anni. Mia moglie cammina con a fianco due ragazzi che sperano crolli e si accomodi, ma dopo due ore raggiungiamo tutti insieme la cima. Il sorgere del sole ci ha accompagnato per alcuni minuti. Consiglio vivamente di non cominciare la scalata alle 10 del mattino se non si vuole soccombere, non c’è un albero. Si sale sotto un sole caldo e senza un alito di vento. Ci sono lunghe gradinate alternate a pezzi meno faticosi, ma i gradini sono tanti in ogni caso. Da aprile è meglio partire alle quattro del mattino, il caldo è micidiale.

Si può fotografare solo lungo il percorso. La nota guida dice che pagando 100 rupie all’ingresso si ottiene il permesso di fare scatti anche nei templi in cima ala collina, ma non è vero. Il gabanotto citato esiste, c’è un impiegato ingrugnito che spiega che si può fotografare anche in cima senza dover pagare ma, nulla di più falso… In tutti i templi janaisti il rigore è di casa. Siamo stati fermati da almeno dieci persone che vedendo la macchina fotografica ci invitavano, mani giunte e con grande educazione, a non scattare foto. C’è molta spiritualità in questi templi, ci sono persone che passano la notte all’interno dell’area templare. La scalata alla collina non ha momenti di pausa, ci sono pellegrini che affrontano i gradini in piena notte armati di torce. Nei templi ci sono santoni che tengono i loro discorsi, si vedono persone in posizione yoga e di meditazione. Mia moglie viene avvicinata da un uomo che le spiega a chi sono dedicati i vari templi.

La discesa dei miei portatori è a passo di trotto, io vengo girato verso la salita forse per non spaventarmi. In un’ora siamo all’ingresso della scalinata. Prezzi dei portatori: portantina con due portatori 1500 rupie, andata e ritorno. Portantina da quattro portatori (come la mia) 2500 rupie.

Oggi c’è un festival e arriva un elefante bardato d’argento, una carrozza trainata da cavalli bianchi, c’è una banda e una lunga processione. Ad aprirla due bellissime Hijras, le transessuali indiane.

Il pomeriggio è di riposo assoluto, mia moglie dopo 6900 gradini è distrutta.

Domenica 6 marzo

Partiamo da Palitana, il saluto dei proprietari del’hotel è caloroso. La signora mi regala un piccolo porta gioie in velluto! Lungo la strada vediamo decine e decine di persone in cammino verso Palitana. Persone che oltre alla scalata di 3475 gradini arrivano a piedi da km e km di distanza. Alcuni sono santoni, non viaggiano mai da soli. Quando raggiungono un paese c’è sempre qualche persona che lo accompagna fino al paese successivo. Poi la persona torna a casa sua e il santone troverà nella nuova località un nuovo compagno di viaggio.

Arriviamo a Bhavnagar, siamo in un bellissimo hotel Hertage di proprietaà del maharaja. C’è un vasto giardino con piscina, campo da tennis. Ci facciamo un tuffetto prima di andare a vedere il bazar, unica attrattiva di questa brutta città. L’inquinamento è alle stelle e anche il mercato dice poco, solo la parte dove vendono frutta e verdura è degno di nota. Ci bruciano gli occhi dallo smog e cosi’ decidiamo di rientrare in hotel. Ceniamo nel ristorante all’aperto, nel cielo c’è uno svolazzo di pipistrelli giganti… ma volteggiano ad una altezza che non crea ansia…

Lunedì 7 marzo

Stamattina il risveglio è in stile jurassico, fuori dalla finestra si odono urla inquietanti che ci ricordano i film sull’era preistorica. Colazione e partenza per Ahmedabad, il rientro a casa è alle porte.



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