Innamorarsi di Brescia
Durante la stagione invernale non abbiamo la possibilità di prendere un’aereo e di volare dall’altra parte del mondo e, a dirla tutta, non ci dispiace poi così tanto godere delle belle montagne valtellinesi innevate, perciò la gita fuori porta diventa la piacevole evasione di una domenica. Questa volta è toccato a Brescia e il capoluogo dell’omonima provincia in Lombardia non ha disatteso le nostre aspettative. Saranno stati il dedalo di angusti vicoli serpeggianti all’ombra di antichi palazzi e intervallati da slarghi e androni nascosti, i musei e le sue ampie piazze baciate dal tiepido sole invernale a regalarci una bella giornata col sorriso sulle labbra.
Iniziamo la visita dal Museo Mille Miglia accolto in un antico convento poi convertito in cascina, un edificio lungo e basso dalla tipica forma a ferro di cavallo raccolto intorno all’ampia corte dove un tempo si svolgevano le principali attività agricole e scorreva la vita di signori e contadini. Il Museo si trova nel quartiere di Sant’Eufemia nella periferia ovest della città, addossato alla base del Monte Maddalena, quindi per raggiungerlo è comodo utilizzare un mezzo proprio per non dipendere da orari e autobus affollati.
La storia di Brescia del ‘900 è indissolubilmente legata alla Mille Miglia, la corsa automobilistica su strade aperte al traffico più fascinosa al mondo e contrassegnata dall’inconfondibile freccia rossa. La leggenda nasce nel 1927 grazie alla viscerale passione per i motori del popolo bresciano e in particolare per merito dell’Automobile Club Brescia. Sino al 1957 la Mille Miglia raccoglie fans e trionfi via via sempre crescenti, finché l’ennesimo incidente mortale spinge il Governo italiano a porre fine alle gare di macchine su percorsi normalmente aperti al traffico. In verità, molti avevano l’interesse a eclissare un tale successo motivati da gelosie e soprattutto da questioni economiche, in quanto la gara bresciana era scomodamente divenuta ben più popolare di qualsiasi altro tipo di gara automobilistica, come ad esempio la Formula 1. Si deve attendere il 1968 per veder rinascere il mito sotto forma di ‘rievocazione storica delle undici vittorie Alfa Romeo’. In quell’anno viene appunto organizzato un raduno di Alfa d’epoca spider per il lancio del nuovo modello 1750. Sono i primi passi verso il ritorno della leggenda. Dal 1977 infatti, con frequenza biennale, viene ufficialmente ripresa la Mille Miglia rievocativa, ovvero disputata con le vetture che hanno scritto la storia della competizione tra il 1927 e 1957, e a partire dal 1987 l’evento si ripete annualmente.
Prendere parte oggi alla Mille Miglia, o semplicemente assistervi come pubblico, significa a parer mio elogiare il glorioso passato automobilistico italiano nonché rendere omaggio ai piloti e ai costruttori di un tempo senza i quali non esisterebbero le eccellenze motoristiche dell’Italia di adesso.
Ovviamente nel Museo, com’è logico immaginare, sono esposti gli storici modelli delle automobili partecipanti alle edizioni della gara accanto all’abbigliamento, ai gadget e alle pompe di benzina dell’epoca. Se alzate gli occhi poi, potrete osservare i vecchi articoli di giornali riguardanti non solo la competizione ma pure i fatti storici più importanti accaduti in quegli anni. Mi ha lasciato senza parole leggere la prima pagina del Giornale di Brescia di martedì 7 agosto 1945 che riporta il drammatico titolo: La prima bomba atomica è caduta sul Giappone; sottotitolo: la sua potenza è pari a quella di 20 mila tonnellate di tritolo e distrugge ogni cosa nel raggio di tre chilometri. Terrificante.
Nella sede museale trova posto anche una piccola, se pur molto interessante, esposizione di modellini in scala di invenzioni meccaniche come per esempio quello del primo aereo a elica con motore dei fratelli Wright, il sistema biella-manovella, il Carro a vapore di Cugnot e la simpatica evoluzione della bicicletta a partire dal celeripede del 1816 fino all’antenata della tanto amata bicicletta moderna.
Per informazioni su costi, orari e molto altro consultate il sito internet: http://www.musilbrescia.it/minisiti/simil/web/musei-enti/brescia-hinterland/mille-miglia/index.html
La nostra scoperta di Brescia entra nel vivo dal suo punto più alto, il colle Cidneo, dov’è poggiato il suggestivo Castello la cui storia, come ogni altra fortezza che si rispetti, è lunga e tormentata.
Il primo insediamento risale addirittura al 1200 a.c.ma è nel I secolo d.c. che si vede sorgere un complesso fortificato. Da lì in poi i proprietari del castello rispecchiano le diverse dominazioni di popoli e casate susseguitesi nel nord d’Italia e lasciano un’impronta indelebile nel magnifico complesso odierno. Con i Visconti per esempio si costruiscono il ponte levatoio, il mastio e la torre dei prigionieri mentre sotto il dominio veneziano sono realizzati i possenti bastioni, le mura di cinta, il grande e piccolo miglio e il portone d’ingresso in pietra calcarea nella cui struttura sovrastante è inciso il leone di San Marco. Dopo il governo della Serenissima la fortezza perde il suo ruolo bellico e nel 1800 diviene prigione e caserma per le truppe austriache fino a quando, nel 1861, non viene proclamato il regno d’italia. Anche qui purtroppo si consumano gli orrori della seconda guerra mondiale con torture e fucilazioni ma oggi, per fortuna, conosciamo il castello come il grande polmone verde di Brescia in cui è possibile passeggiare, rilassarsi o fare footing.
Oltrepassato il bianco arco d’entrata in roccia calcarea decorato con lesene bugnate (ovvero con pietre sporgenti dal piano della facciata) giriamo a destra e, nei giardini del Bastione San Marco, veniamo accolti da due belle statue di leoni simboli di Venezia. Poi c’incamminiamo lungo lo scenografico giro delle torri che segue la cinta muraria esterna, da cui si osservano suggestivi scorci sui tetti della città, i rilievi e verso le dolci vallate bresciane. Salendo il ripido selciato a fianco del Piccolo Miglio e Grande Miglio, un tempo utilizzati come magazzini del grano e adesso divenuti sedi del museo del Risorgimento, giungiamo al ponte levatoio fiancheggiato dalla possente struttura tronco conica della Torre dei Prigionieri. Da qui si entra nel cuore del castello al cospetto del Mastio Visconteo, ospitante il museo delle armi, e della slanciata Torre Mirabella risalente al XIII secolo e alta ben 22 metri. Quest’ultima un tempo era un campanile infatti, all’ombra della sua sagoma cilindrica, le fondamenta di una chiesa romanica si nascondono sotto un’ampia superficie prativa; un altro terrazzo panoramico dal quale sbirciare lo scenario circostante.
Vista l’ora e il nostro scarso interesse verso le collezioni raccolte non visitiamo nessuno dei due musei ospitati al castello e, affamati, scendiamo dal colle Cidneo lungo la ripida Contrada Sant’Urbano per tuffarci nel Nucleo storico di Brescia.
E’ ora di pranzo e ci concediamo una sosta al ristorante Vasco da Gama. L’ingresso cattura subito la nostra attenzione grazie al portone in legno scuro intagliato e, dentro, l’ambiente rustico non delude di certo con le sue pareti in sasso e il soffitto dalle travi in legno, il tutto impreziosito da lampadari in ferro battuto, quadri e luci soffuse sistemati ad hoc per regalare al cliente un’atmosfera medievale. Il rapporto qualità prezzo è abbastanza buono anche se potrebbe essere migliorato abbassando i costi, d’altronde però di questa trattoria si paga pure la location caratteristica e l’ubicazione nella centralissima via dei Musei.
Dopo la sosta gustosa siamo pronti per godere delle altre attrazioni cittadine iniziando dall’incantevole Piazza della Loggia. Qui si respira l’elegante stile veneziano per merito degli edifici che la circondano, eretti durante l’occupazione della Serenissima e realizzati seguendo i canoni dell’architettura fine e pulita del 1500. Su tutti spicca la Loggia, ora sede del Comune, caratterizzata da un profondo porticato al quale si accede frontalmente attraverso tre grandi archi a tutto sesto. Sul lato opposto della piazza sorgono i lunghi portici la cui linearità è rotta dalla torretta dell’orologio, così chiamata per la presenza di un antico orologio abbellito ai quattro angoli con altrettante faccette di angioletti dorati e sormontato da due statue bronzee col martello in mano. Le sculture scandiscono le ore diurne della città battendo sulla campana, anch’essa forgiata in bronzo.
Un altro bel particolare di quest’angolo di Brescia è la loggetta scandita da sette piccoli archi sorretti da due alte arcate aperte nell’edificio Monte di Pietà Vecchia e ovviamente, a vivacizzare il luogo, non potevano mancare i caffè con i loro ombrelloni e i tavolini esterni.
Da sopra i tetti spioventi dei palazzi di Piazza della Loggia spuntano le linee squadrate della torre merlata del Broletto e quelle curve della cupola del Duomo Nuovo, nostre prossime destinazioni. Per raggiungerle passeggiamo senza fretta lungo viale Dieci Giornate perdendoci nelle vetrine delle sue attività commerciali. Una in particolare ci incuriosisce per le botticelle e le anfore in vetro ordinatamente sistemate in scaffali ben illuminati, studiati apposta per esaltarne l’esposizione e attirare così l’interesse dei passanti. Si tratta del Teatro del Gusto (sito internet: http://www.teatrodelgusto.it/negozi/brescia) dov’è possibile assaggiare vini, liquori, distillati e grappe stoccati in questi caratteristici contenitori e poi acquistarne solo nelle quantità desiderate (una vera comodità, non avevamo mai visto nulla di simile). Nel negozio non mancano neppure raffinate specialità culinarie come oli, aceti balsamici, funghi e tartufi, perciò vale la pena entrare anche soltanto per dare un’occhiata e farsi inebriare dai profumi.
Piazza Paolo VI è l’altro luogo simbolo di Brescia animato da bar e ristoranti i cui tavolini esterni sono pieni pure d’inverno durante le giornate di sole, nonostante le temperatura siano ancora rigide. Forse in tal modo i bresciani vogliono ‘chiamare’ la bella stagione e stando all’aria aperta la primavera pare illusoriamente più vicina. Stagioni meteorologiche a parte, accomodarsi fuori significa poter ammirare la schiera di monumenti allineati sul lato opposto della piazza.
S’inizia dal Palazzo del Broletto, scrigno di diversi cortili interni, riconoscibile dalla torre merlata in pietra alta più di 50 metri, dotata di una cella campanaria e fiancheggiata dalla signorile loggia delle Gride.
Vicino fa bella mostra di sé il Duomo Nuovo ed è impossibile non rimanere affascinati dalla magnificenza della facciata costruita in marmo bianco e resa ancora più slanciata grazie al timpano triangolare sostenuto da snelle colonne e abbellito da statue sorvegliate dalla cupola di ben 80 metri. L’interno è grandioso almeno quanto l’esterno e finemente decorato con bassorilievi, sculture e dipinti.
Il Duomo Vecchio sorge accanto al Duomo Nuovo e risale all’XI secolo. L’edificio è anche detto Rotonda e osservandolo se ne capisce il motivo, visto i due corpi cilindrici sovrapposti che lo compongono. L’utilizzo della pietra per la costruzione lo hanno reso molto più grezzo rispetto all’adiacente ‘fratello’ giovane, tuttavia si è cercato di aggraziarlo aprendo delle finestre a volta, applicando lesene a intervalli regolari e decorando la fascia sotto il cornicione.
Abbandonata Piazza Paolo VI ci lasciamo piacevolmente intrappolare dal dedalo di stretti vicoli serpeggianti all’ombra dei palazzi e tra androni nascosti e, poco dopo, sbuchiamo nella piccola Piazza del Foro sulla quale si affacciano i resti ben visibili del Tempio Capitolino e quelli più nascosti del Teatro Romano. La vasta area archeologica, dichiarata dall’Unesco Patrimonio mondiale dell’Umanità, testimonia la grande importanza di Brescia (un tempo Brixia) durante l’epoca romana. I resti della fondamenta di antichi insediamenti compaiono come squarci nell’attuale livello stradale, riportati alla luce grazie allo scrupoloso lavoro di esperti archeologi.
Ciò che rimane del Capitolium, ovvero del tempio principale dedicato al culto delle tre maggiori divinità romane Minerva, Giove e Giunone, svetta in primo piano con le sue slanciate colonne coronate da capitelli decorati sopra cui poggiano l’architrave, poi il fregio e infine il timpano. L’ampia Area del Teatro invece, si cela dietro signorili edifici e presenta la tipica forma a semicerchio, con gallerie degradanti dall’esterno verso l’interno usate come appoggio per le gradinate sulle quali prendevano posto gli spettatori.
Una parte dell’area archeologica è ben visibile dalla strada perciò, se come noi non avete molto tempo a disposizione, questo primo colpo d’occhio sarà sufficiente a darvi un’idea dell’importante dominio dell’Impero Romano sull’attuale provincia bresciana.
Per informazioni su costi, orari e molto altro consultate il sito internet: www.bresciamusei.com/capitolium.asp
Vicinissimo a Piazza del Foro lungo Via dei Musei sorge il Palazzo Martinengo Cesaresco nelle cui sale, dal 23 gennaio fino al 12 giugno 2016, è allestita la mostra ‘Lo splendore di Venezia: Canaletto, Bellotto, Guardi e i vedutisti dell’Ottocento’. Amanti del noto pittore Canaletto e dell’incantevole Venezia quali siamo, non potevamo lasciarci sfuggire l’occasione di partecipare all’evento per trascorrere un paio d’ore fra meravigliosi dipinti, talmente realistici da regalarci l’impressione di stare affacciati alla finestra di un albergo con vista su Canal Grande o Piazza San Marco.
Unico neo dell’esposizione è, a nostro parere, la proibizione di scattare fotografie. Raramente all’estero abbiamo incontrato tale divieto (Louvre di Parigi e British Museum di Londra compresi) e sinceramente ci pare davvero assurdo visto che l’arte ‘dev’essere di tutti e per tutti’, ma ancora una volta l’Italia si è dimostrata un passo indietro denotando una gelosia immotivata, come se pubblicare le immagini della mostra limitasse la curiosità e la voglia di visitarla. Se mai è proprio il contrario. Infatti fotografare e mostrare sui social simili capolavori significherebbe raggiungere un pubblico sempre più ampio, soprattutto tra i giovani, un modo potente per appassionare nuovi cervelli. Polemiche a parte siamo rimasti estasiati dai quadri esposti.
Venezia ha da sempre attirato artisti da tutto il mondo e i suoi scorci si prestano a essere catturati con colori e pennelli sulle trame di una tela. Ecco quindi ritratti canali, chiese, piazze, palazzi e abitanti in una varietà di sfumature, luci, contesti e condizioni meteo sempre diversi. Dalla giornata di sole de ‘Il Molo con la Zecca e la colonna di San Teodoro’ di Canaletto al pomeriggio invernale de ‘Venezia sotto la neve’ di Giuseppe Borsato. Dalle atmosfere crepuscolari de ‘Notturno veneziano alle Zattere’ di Federico Moja al particolare fenomeno che tutt’oggi rende unica la città de ‘Acqua alta a Venezia’ sempre di Moja.
D’altronde la corrente vedutista, la cui denominazione deriva appunto dal termine ‘vedute’, significa rappresentare nel modo più fedele e particolareggiato possibile ciò che l’occhio umano vede, con le stesse sfumature e prospettive, evitando interpretazioni o immaginazioni. A noi piace considerare i pittori vedutisti come una sorta di fotografi senza macchina fotografica e per tale ragione adoriamo le loro creazioni.
Per informazioni su costi, orari e molto altro consultate il sito internet: http://amicimartinengo.it/?page_id=81
Ubriacati dalle bellezze di Brescia, e ormai irrimediabilmente innamorati di questa città, torniamo all’automobile lasciata al mattino nel parcheggio coperto ai piedi del colle Cidneo ma lungo la strada del ritorno, in via San Faustino, ci concediamo l’ultima visita della giornata alla chiesa dei Santi Faustino e Giovita. Dedicata ai due Patroni cittadini, l’esterno appare imponente se pur non eclatante tuttavia non passate oltre perché la vera bellezza la nasconde l’interno, le tre navate infatti sono splendidamente affrescate e quella centrale è davvero un capolavoro.
La nostra gita fuori porta non poteva concludersi in modo migliore e, con la mente carica delle tante e nuove attrazioni appena godute, rientriamo a casa coscienti di aver scoperto un’altra perla italiana che erroneamente, per troppo tempo, avevamo ignorato.