Fuga infrasettimanale tra le montagne dell’Alta Pusteria, alla ricerca delle “Drei Zinnen”

In montagna tra belle camminate e ottimo cibo
Scritto da: m.niselli
fuga infrasettimanale tra le montagne dell'alta pusteria, alla ricerca delle drei zinnen
Partenza il: 05/01/2016
Ritorno il: 07/01/2016
Viaggiatori: 2
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Viaggio infrasettimanale in direzione delle Alpi, con l’obiettivo di raggiungere uno dei luoghi più belli in assoluto delle nostre montagne: le Drei Zinnen, ma che gli amici chiamano più semplicemente Tre Cime di Lavaredo.

Diario di viaggio

5 gennaio

san,candido

Abbiamo improvvisato questo viaggio approfittando di un breve periodo di riposo infrasettimanale: ciò ci ha consentito di evitare la “bolgia” del weekend e di godere di panorami sensazionali, grazie anche alle buone condizioni meteo. Purtroppo quest’anno la neve si è fatta desiderare e ha creato un paesaggio strano caratterizzato dai colori bianco ottico delle neve e giallo “secco” dell’erba riarsa dalla siccità. Partiamo da Treviso alle 8: il viaggio prevede un tratto di autostrada (A27) con uscita al suo termine (Belluno) per poi proseguire lungo la statale che porta ad Auronzo (attenzione a non finire a Cortina!) e poi al Passo Monte Croce Carnico. In circa 2h15m si arriva ad Sesto, immediatamente dopo il Passo.

L’impressione iniziale è di essere in Austria, e così è! Abbiamo infatti scoperto che, almeno geograficamente parlando, saremo in Austria, in quanto i comuni di Sesto e San Candido fanno parte del bacino idrogeologico della Drava, che sfocia sul Danubio. Tutto il paesaggio suggerisce Austria: le finestre delle case sono bianche e rosse, sventola la bandiera con l’usbergo degli Asburgo, i negozi riportano le scritte Backerei. Nulla di diverso dal solito Alto Adige, ma ci pare quasi più austriaco del solito.

Decidiamo di trascorrere la nostra prima giornata in Val Fiscalina. Prima di arrivare a Sesto si trova un piccolo paese chiamato Moso: all’arrivo in paese si gira a sinistra, si passano gli impianti di risalita della Croda Rossa fino ad arrivare al termine della strada. Parcheggiata la macchina al Piano Fiscalina (3 euro al giorno) si prosegue a piedi lungo una strada forestale in piano per circa tre quarti d’ora fino ad arrivare al Rifugio Fondovalle (85 metri di dislivello, lunghezza 3 km). La passeggiata è adatta alle famiglie.

Siamo arrivati al rifugio molto presto per cui decidiamo di proseguire all’esplorazione della valle: arriviamo ad un bivio che conduce da un lato al Rifugio Locatelli, il più famoso e forse uno dei più bei rifugi delle Dolomiti, situato ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo. Leggiamo i cartelli che riportano un cammino di 3 ore, ma non ci facciamo spaventare, in fondo siamo ottimi camminatori. Purtroppo non siamo attrezzati per una passeggiata molto tecnica: non abbiamo le scarpe adatte, le racchette e nemmeno una adeguata scorta di cibo e acqua. La nostra avventura termina dopo un’ora di scarpinata, spinti dall’entusiasmo di riuscire a scorgere almeno un pezzetto delle Tre Cime. Il sentiero che conduce al Locatelli è impervio, sempre in salita e pieno di crode. Siamo in difficoltà soprattutto in discesa a causa del ghiaccio e scivoliamo più di una volta rischiando di farci male. Il paesaggio merita per il ghiaione alla nostra sinistra e soprattutto per il silenzio assoluto che sembra quasi assordante.

Sconsolati facciamo marcia indietro verso il rifugio: siamo sudati fradici e fa freddissimo, inutile allungare il passo per il pericolo di scivolare, per cui il freddo ce lo prendiamo proprio tutto! Quando arriviamo al rifugio Fondovalle ci accorgiamo che il sole non illumina la valle e siamo all’ombra e inoltre i posti all’interno del locale sono pochi. Se arrivate all’ora di punta non esitate ad entrare e a prendervi un posto a sedere! Noi abbiamo mangiato sotto il portico: un buon piatto di canederli e gulasch ristora velocemente i nostri animi! Terminiamo il pranzo con un brulè di mele (buonissimo!) che ci riscalda le ossa, quindi ci rimettiamo in marcia direzione albergo.

Abbiamo prenotato una zimmer in una Gasthaus sul Monte Elmo, che si erge sopra Sesto (dieci minuti di macchina con tornanti). Il nome dell’albergo è Gutl Heini: ci apre la porta la tipica signora austriaca montanara, gentile ma asciutta. Ci fa salire una scala di legno e ci accompagna in camera: non potevamo chiedere di meglio! La camera è tutta coperta di legno e ha il bagno privato. Semplice e pulitissima. La signora ci dice che per mangiare possiamo andare al vicino Hotel Panorama che ha un buon ristorante oppure scendere in paese. Ci rendiamo conto che il panorama da quassù è straordinario: abbiamo davanti ai nostri occhi la famosa “Meridiana di Sesto”, di cui capiremo il significato l’indomani.

Ci riposiamo un po’: siamo in viaggio senza sosta da ore e ci concediamo un break. Alle 18 usciamo di nuovo in direzione San Candido. Lungo la strada la temperatura scende molto: sono già -5°C e ci ricordiamo di fare diesel artico per evitare il congelamento. Fra Sesto e San Candido c’è un unico distributore di benzina, tra l’altro parecchio caro! In circa un quarto d’ora siamo di fronte alla pista da sci illuminata a giorno (il martedì sera si può sciare in notturna). Parcheggiamo vicino alla stazione (1 euro/ora) e ci addentriamo nel paesino di San Candido che è delizioso! Il centro è zona a traffico limitato ed è pieno di negozi carini. Ci imbattiamo subito nel Wachtler che uno di noi due ha definito “la rovina di noi uomini”. Al di là degli articoli natalizi è pieno di oggettistica per la casa, tutta sfiziosa: dalle lanterne alle coperte, dalle ciabatte in pelo alle porcellane, con prezzi abbordabili. Fa freddissimo e passiamo una buona mezzora a girovagare per il negozio con l’intento anche di riscaldarci.

Quando usciamo ci rechiamo in Piazza dove sono ancora allestiti i mercatini di Natale: le casette non sono molte e non si ripetono, nel senso che c’è la casa del cioccolato, quella della grappa, quella del formaggio… ed è una per tipo. A nostro avviso è carino perché è più intimo rispetto ai grossi mercatini di Bozen e c’è tutto. Molto caratteristica la parte che si trova dietro la chiesa, dove ci sono i banchetti di cibo e bevande calde: noi abbiamo optato per una patata calda ripiena di formaggio fuso e alle erbe, squisita!

Quando usciamo dal dedalo dei mercatini ci accorgiamo che sono le 19 e che dobbiamo affrettarci a mangiare perché qui alle 21.30 è tutto chiuso! Ci rechiamo al Ristorante Kupferdachl che giudichiamo un buon compresso qualità prezzo: si mangiano piatti semplici e tradizionali a buon prezzo. Siamo stanchi, fra freddissimo e decidiamo di tornare in albergo: non possiamo affrontare la pista da slittino in notturna con questo freddo!

6 gennaio 2016

tre cime di lavaredo

Oggi è il giorno della grande escursione. Passiamo un buon quarto d’ora con il proprietario della Gasthaus che ci spiega in quali sentieri possiamo andare a passeggiare viste anche le condizioni meteo. Optiamo per la Nemesalm. Dopo una lauta colazione a base di pane, marmellata, yogurt e speck con formaggio, ci facciamo la sacca e partiamo. La macchina segna -11 °C ed è congelata (anche all’interno!): raggiungiamo il Passo Monte Croce Comelico e lasciamo la macchina al parcheggio di fronte agli impianti sciistici. Il passo è a quota 1636 m: imbocchiamo il sentiero numero 131 e iniziamo subito a salire lungo una strada forestale ben segnalata e ben battuta. Lungo il percorso attraversiamo un bel bosco di larici fino a raggiungere la torbiera di Palu Alta che ora è una immensa distesa di ghiaccio che luccica ai raggi del sole. Camminiamo lungo delle belle passerelle di legno che d’estate devono stare sopra un bel bacino di acqua dall’aspetto palustre. Il bianco intorno a noi è abbagliante.

A questo punto prendiamo la strada forestale con segnavia numero 13 in direzione Nemesalm: attraversiamo dei tratti dove il fiume è ghiacciato, fino a sbucare, dopo un’ultima salita, alla Malga. Il percorso è di media difficoltà e dura in tutto un’ora e mezza. Il paesaggio intorno a noi è molto bello anche se ancora non riusciamo a scorgere le Tre Cime che immaginiamo essere nascoste da una delle Cime che compongono la Meridiana di Sesto. Questo orologio naturale segna l’ora dalle 9 alle 13, in quanto i raggi del sole illuminano una montagna alla volta a seconda dell’ora. Le montagne ci circondano a 180 gradi, dietro di noi c’è il Monte Rotek che non è incappucciato dalla neve ma che appare brullo nei suoi toni sul marrone.

Il rifugio è carino e si mangia bene: optiamo per un piatto di penne delle casa (panna-speck-funghi) e uno di tagliatelle al ragù di selvaggina. Siamo sazi, e ci accorgiamo ancora una volta che è presto e abbiamo ancora voglia di esplorare. Puntiamo quindi la Klammbachalm, che ci dicono essere distante un’altra ora e mezza circa dalla Nemesalm. Rimaniamo lungo il sentiero numero 13, costeggiando il Rio di Pulla. La strada sale subito, e forte. All’inizio facciamo un po’ di fatica ma piano piano ci abituiamo all’altezza e iniziamo a pestare. Attraversiamo alcuni punti completamente ghiacciati: a posteriori abbiamo sottovalutato il problema e ci rendiamo conto che dovevamo comprarci quegli strani “ramponi” da attaccare sotto gali scarponi a mo’ di catene da neve, come ci aveva detto il proprietario dell’albergo. Ormai dobbiamo cavarcela e decidiamo di evitare il ghiaccio per la sicurezza offerta dalla collina erbosa, a scapito della fatica. Passiamo il fiume nel punto più alto del sentiero (2050 m) e quindi costeggiamo i prati fino alla Klammachalm, che compare improvvisamente alla fine di un bosco. Lungo il cammino passiamo dalla radura, al prato al bosco fitto nell’arco di un’ora circa: è molto bello cambiare set così frequentemente! Un’ultima salita ed eccoci in Malga: finalmente vediamo le Tre Cime di Lavaredo, seppur da distante. Il paesaggio è molto più bello rispetto alla Nemesalm: adesso siamo circondati dalle montagne e l’atmosfera intorno a noi è surreale. Entriamo dentro al rifugio (finalmente al caldo!) e ci godiamo una buonissima fetta di strudel con panna. Il rifugio è splendido, in stile, con tanto di canzoni tirolesi di sottofondo. Non è proprio economico ma considerato dove si trova ci sta che abbia quei prezzi.

Ripartiamo sulla via del ritorno alle 15, prendendo la segnavia numero 133: ci aspetta (dicono) un’altra ora e mezza di cammino. In realtà abbiamo la percezione che la strada sia ben più lunga, o forse siamo solo stanchi e abbiamo il passo più corto. Il sentiero che porta a valle è una pista da slittino e noi, nonostante la poca neve, proviamo a lanciarci giù con le padelle. Riusciamo solo a tratti a venire giù di fionda ma di fatto roviniamo le padelle che si aprono in due a causa dei sassi. Uno sforzo fisico bestiale ma è valso il divertimento! Verso la metà del nostro cammino proviamo a lanciarci con le padelle lungo un torrente di ghiaccio: anche qui il risultato è mediocre a causa della scarsa pendenza. Non siamo i soli: c’è chi ci prova mettendosi sopra un foglio di plastica! Alla fine della discesa si può scegliere se andare a Moso oppure tornare al Passo: noi optiamo per la seconda scelta perché temiamo di non trovare mezzi che ci portino da Moso al Passo dove abbiamo lasciato la macchina. Al bivio prendiamo la segnavia numero 13: indica ancora 4 km di percorso e siamo stanchi. Ci pare di aver camminato una vita! Tagliamo per la torbiera e riprendiamo il sentiero 130 fino al parcheggio. Quando arriviamo in macchina è buio e il termometro segna -9 °C. Due turisti di Bologna ci chiedono un passaggio per Sesto perché non ci sono più autobus. Abbiamo fatto bene a non proseguire per Moso! Arriviamo in albergo stremati: alla fine della giornata il contapassi segnerà 18 km! Ripaga la stanchezza una stellata magnifica: dal nostro albergo si vede la Via Lattea!

7 gennaio 2016

braies

Dopo una nuova lauta colazione, questa volte con wurtsel e formaggio, prendiamo la direzione Lago di Braies attraversando San Candido e Dobbiaco (45 minuti di auto). Prima di arrivare al lago facciamo pit stop alla Metzgerei di Sesto per comprare salsicce, carne e lo speck cotto: saranno un salato ricordo di questa vacanza sulla neve!

L’arrivo al Lago di Braies è quasi uno shock: sono -12°C e siamo all’ombra: paghiamo 4 euro per parcheggiare la macchina vicino all’albergo che si affaccia sul lago che di fatto è un blocco di ghiaccio sopra cui ci avventuriamo in camminata. Le montagne calano a picco nel lago. Bellissima la punta che si staglia di fronte a noi, maestosa e ricoperta di neve. Resistiamo poco a causa del freddo: risaltiamo in macchina e puntiamo Ponticello, punto di partenza di una camminata che raggiunge i 2000 m di altezza: Prato Piazza. A valle c’è la possibilità di prendere uno shuttle che porti direttamente in cima, dato che fa troppo freddo e la camminata è tutta all’ombra. Lo shuttle costa 4 euro/persona e ce n’è uno ogni mezzora. Ci sediamo in un pulmino da 20 posti e partiamo. E’ la strada perfetta per fare slittino!

All’arrivo camminiamo lungo una mulattiera che in circa 45 minuti ci conduce dal Rifugio Prato Piazza al Rifugio Vallandro. Il panorama è spettacolare: non c’è una nuvola in cielo e le montagne parlano da sole. Davanti a noi il Cristallo e la Croda Rossa, vediamo anche lo spigolo di una delle Tre Cime, che però si fanno sempre desiderare. Ci abbronziamo sulle panche di legno e facciamo una partita a scopa. Il pranzo nel rifugio è frugale considerato il prezzo, e forse il personale non brilla per simpatia. Ciò nonostante il panorama vale tutto. Usciamo dal rifugio verso le 15: le nuvole hanno preso il posto del sole e si preannuncia una nevicata. Ripercorriamo la mulattiera e al parcheggio scopriamo che il pulmino di ritorno è pieno. Vediamo una macchina rossa in movimento al parcheggio: si può salire su Prato Piazza con mezzi proprio fino alle 10 in inverno. Chiediamo l’autostop e due gentili signori di Modena ce lo concedono, facendoci risparmiare una bella botta di freddo.

Quando arriviamo alla macchina decidiamo di puntare Cortina che per noi è sulla via del ritorno. L’arrivo in città ci coglie un po’ impreparati. Siamo vestiti sportivi e alle 16 la gente già gira in pelliccia e scarpa firmata. Nonostante la bellezza incontrastata della valle d’Ampezzo la città non ha lo stile dei paeselli tirolesi che invece sono nelle nostre corde. Francamente restiamo un po’ delusi: ci ricordavamo qualcosa di diverso. Mangiamo un immancabile super bombolone al Panificio Averlà e ripartiamo alla volta di casa.

Siamo stanchi ma proprio appagati da questi paesaggi invernali così suggestivi. Ci ripromettiamo di tornarci per fare la ciclabile Dobbiaco-Linz (magari in discesa!). Aufwiedersen Pustertal!

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