La Birmania, un Paese che ti lascia un segno nel cuore
21/12/2014
A distanza di 11 mesi dalla prenotazione del volo intercontinentale Milano-Bangkok e quindi di un lunghissimo conto alla rovescia, finalmente si parte: siamo alle stelle! Atterriamo all’aeroporto di Bangkok Suvarnabhumi con pochissimo ritardo e prendiamo velocemente la navetta free per il Don Mueang. Con un viaggio di un’ora e mezza siamo nel nuovo aeroporto e di qui, con un’ora di volo, raggiungiamo finalmente il Myanmar. Dopo i soliti controlli e pratiche varie, velocizzate anche dal fatto che avevamo già il visto on line, attraversiamo in auto la città che ci dà un’idea di ordine e pulizia, mai riscontrata negli altri grandi centri del Sud Est asiatico. Siamo diretti al Three Seasons hotel. Ci sembra di essere stati improvvisamente catapultati negli anni ’20: la camera pare una cella e il bagno è spaventoso. Usciamo per una veloce cena in un modernissimo pub e al ritorno, in strada, Giors vede una blatta enorme ed io un brutto ratto. Sentiamo anche i topi squittire… come primo impatto con Yangon non c’è male! Ci rendiamo quindi subito conto che la nostra prima idea di pulizia era forse un tantino sbagliata!
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23/12/2014
La sveglia suona alle 4, abbiamo dormito solo 4 ore! La titolare dell’hotel ci ha preparato un buon the caldo e ci consegna una borsa con vari spuntini (banane, toast con marmellata, frittelle e frutta) per il viaggio. Infatti oggi si vola di nuovo: meta Mandalay. Qui conosciamo subito il nostro driver, molto ossequioso e cordiale. Ci accompagna immediatamente all’hotel, questa volta di ottimo livello: evviva, finalmente si può fare la la doccia! Verso le 10 partiamo per Mingun che si trova aldilà del fiume Ayeyarwady. Dobbiamo quindi fare una traversata in barca di un’ora, fa un freddo cane. Ma appena messi i piedi sulla terraferma, il caldo sole dei Tropici, inizia a scaldarci velocemente. Visitiamo subito la Mingun Paya, che avrebbe dovuto essere la più grande pagoda del Myanmar, non fosse che il re che l’aveva commissionata morì prima che essa fosse stata terminata. Inoltre il violentissimo terremoto che si verificò nel 1838 causò delle profonde crepe. Pertanto la pagoda è visitabile solo in parte ed ovviamente, come accadrà in tutti i luoghi sacri del Myanmar, a piedi nudi. A pochi passi si trova la più grande campana sospesa al mondo. Le sue dimensioni sono tali che al suo interno ci possono stare comodamente in piedi più persone ed il suo rintocco è così possente che ogni volta che qualcuno la percuote c’è da tapparsi le orecchie. Visitiamo anche il Tempio bianco che spicca nel cielo terso, sgombro da nubi. Fa molto caldo e decidiamo così di rifocillarci in un ristorantino costruito intorno ad un alto albero che quindi risulta essere radicato all’interno della costruzione. Vicino al nostro tavolo si trova il quadro elettrico del locale: a dir poco, spaventoso!! Gironzoliamo poi da soli per la città, precisamente nella zona dei mercati. L’ambiente ci ricorda tanto l’India: strade polverose, uomini che masticano il betel, tanti bimbetti sporchi. Tutte le donne hanno la crema tipica spalmata sul viso (ottenuta da una miscela di acqua e polvere ricavata dal legno di thanakha, simile alla pianta del sandalo; secondo la cosmesi birmana ha degli effetti portentosi per la bellezza della pelle ed ha un ottimo potere protettivo dai violenti raggi solari dei Tropici). Inoltre buona parte degli uomini indossa il longyi, la lunga gonna, annodata stretta in vita, che altro non è che un enorme rettangolo di stoffa, solitamente a quadretti scuri. Per sentire un po’meno la stanchezza, decidiamo di sederci ad un bar all’aperto dove prendiamo una specie di caffè, una brodaglia molto lunga, che viene servito con focaccine dolci. Ci piace osservare i monaci, le persone che contrattano tra loro per poi acquistare la merce, le donne che si dividono tra il lavoro e la custodia dei figli, gli uomini che masticano e sputano in continuazione, le persone accalcate sui mezzi di trasporto, gli scooter a bordo dei quali viaggiano sempre quattro o cinque persone più i relativi bagagli. Continuiamo a girovagare per la città e per la cena ci fermiamo in un locale tipico, frequentato principalmente da Birmani, dove ci gustiamo un’ottima zuppa di noodles. Intanto è stato allestito il mercato notturno, passiamo tra le bancarelle per ritornare in hotel, non è particolarmente invitante e poi la stanchezza si fa sentire sempre più, quindi verso le 9 siamo a letto, a dir poco stremati.
24/12/2014
Questa mattina andiamo a visitare alcuni laboratori artigianali: assistiamo alla lavorazione del legno e delle scaglie d’oro (preparate per poi essere incollate dai fedeli sulle statue del Buddha), e della stoffa con relativi negozi. Ci colpiscono in modo particolare gli operai che lavorano in condizioni disumane, nella tipica posizione orientale: accovacciati per terra a gambe incrociate. Proseguiamo nel viaggio e raggiungiamo Amarapura dove si trova un enorme monastero buddhista che ospita migliaia di giovani monaci. Fu fondato nel 1914 ed è famoso per la ferrea disciplina e come centro di studi. Assistiamo alla distribuzione del pranzo. Immaginavamo fosse un momento magico e che regnasse un gran silenzio, invece c’è confusione, dovuta non solo ai turisti, ma anche alla gente del luogo, forse i donatori, che si confondono tra i monaci. Arriviamo poi al ponte Ayevyard dal quale si gode una vista spettacolare sulla collina di fronte a noi: tante pagode, grandi e piccole, dorate e scintillanti sono sparse qua e là. Questa è Sagaing. Ne visitiamo alcune ed un tempio buddhista: il Soon U Ponya Shin Paya, antico santuario per le elemosine. Caratteristiche sono le enormi statue deposte all’ingresso: una rappresenta un coniglio ed un’altra una rana, entrambe in bronzo, usate un tempo per raccogliere le elemosine. Oggi però si utilizzano tanti contenitori in vetro, che si presentano stracolmi di biglietti di kiat, offerti dai fedeli. In Myanmar tutti desiderano fare offerte ai monaci e, se non ne hanno la possibilità economica, sono addirittura disposti a farsi i debiti. Ci fermiamo sulla terrazza per osservare ancora una volta lo spettacolo delle pagode, del fiume ed in lontananza vediamo anche la citta di Mandalay. Visitiamo anche l’Umin Thounzeh con un colorato colonnato a forma di mezzaluna al cui interno sono collocate 45 statue del Buddha.Per raggiungere il villaggio di Inwa, antica capitale del regno birmano, utilizziamo un traghetto che in soli due minuti ci trasporta dall’altra sponda. Come scendiamo dal battello, veniamo assaliti da venditori ambulanti che ci vogliono vendere ogni razza di souvenir. Ci viene poi proposto un giro in calesse e noi accettiamo. E’divertente e piacevole, ma veniamo sobbalzati qua e là per oltre un’ora. Fcciamo alcune tappe nei luoghi dove ci sono i resti degli antichi palazzi che crollarono in seguito al terremoto del 1838. Interessanti i resti di un antico monastero costruito completamente in tek e la Nammyn, una torre di guardia alta 27 metri che e tutto ciò che rimane di un palazzo. Essa si presenta inclinata in un modo preoccupante, quindi decidiamo di non salirci, anche se l’accesso è consentito. Infine percorriamo un tratto di strada completamente sterrata. E’un sobbalzare continuo, divertente, ma anche un po’stancante. Con una navigazione di due minuti ritorniamo alla sponda opposta. Ci dirigiamo poi verso il famoso ponte pedonale in legno di teak: l’U Bein’s Bridge. Si tratta del più lungo al mondo ed attraversa il sottostante lago Taungthaman per 1,2 Km. Si dice che l’ora migliore per ammirarlo sia proprio quella del tramonto ed infatti è proprio cosi: scattiamo moltissime foto rese più vive dal calore del sole. Ripercorriamo il ponte per ritornare dalla nostra auto. Di fronte a noi il sole sta scendendo e colorando il cielo e le acque del lago di meravigliose sfumature rossastre: è questo un nuovo motivo per altri numerosi scatti.
25/12/2014
Oggi si va a visitare, sempre a Sagaing, la Kaunghmudaw Paya: è un grande stupa dorato a forma di tetta! La leggenda narra che il re si arrovellò a lungo sulla forma da dare allo stupa, finchè la regina, stanca dell’indecisione del marito, si strappò la veste ed indicando il seno, disse: “Fallo come questo!” Iniziamo poi un lungo viaggio per raggiungere Moniwa, luogo di pellegrinaggio da quando nel 2008 è stata eretta una statua colossale, la più alta al mondo, che rappresenta un Buddha in piedi. Prima ancora ci fermiamo in un enorme campo disseminato di centinaia (o forse migliaia?) di statue, rappresentanti ovviamente il Buddha, dislocate perfettamente in fila. Purtroppo però sono in stato di degrado. Eccoci poi ai piedi del Bodhi Tataung, la luccicante statua del Buddha eretto che, con i suoi 129 m di altezza, domina il paesaggio. Visitiamo l’interno dove si trovano una serie di gallerie dipinte che raffigurano raccapriccianti scene dell’Inferno. Scendiamo sul fianco della collina dove è adagiato un Buddha Dormiente, più piccolo, ma comunque enorme con i suoi 95 m di lunghezza. Entriamo dalla sua natica, ma l’interno è piuttosto deludente, in quanto buio e trasandato. Ci concediamo una piccolo pausa per dissetarci, visto che fa molto caldo, intanto ci rilassiamo osservando i numerosissimi fedeli che si accalcano in zona. Questa infatti è una località frequentata poco dai turisti (forse siamo gli unici!) e molto dai fedeli Birmani che acquistano fiori ed offerte da portare ai piedi della grande statua. Un breve tragitto in auto ed eccoci alla Thanboddhai Paya, tempio buddista di recente costruzione, definito dalle guide di scarso valore artistico e dallo stile carnevalesco. In effetti è molto colorato, ma ci piace osservare le innumerevoli statue del Buddha, dalle più svariate dimensioni: naturalmente ve ne sono di enormi, ma questa volta anche di piccole, anzi piccolissime! Scattiamo alcune foto all’ingresso del sito dove si trovano due giganteschi elefanti bianchi di cemento. Infine raggiungiamo il nostro Hotel, sistemiamo velocemente i bagagli e verso le 18 siamo pronti per uscire alla scoperta della città. Qui il traffico è allucinante, senza regola alcuna e attraversare la strada è un’autentica impresa!! Gironzoliamo nel night market dove si trovano principalmente bancarelle di cibo da strada affollatissime. Rientriamo poi in hotel dove facciamo velocemente la doccia e poi subito a letto!
26/12/2014
Verso le 8.30 si parte con meta Bagan. Dormicchiamo ancora un po’in auto, apprezzando così una volta di più la scelta di affittare auto con driver. Poi iniziamo a guardarci intorno e scopriamo un paesaggio che ci ricorda sempre di più quello indiano: ovunque si trovano capanne in paglia,venditori di verdure e di frutta, chioschetti sporchi ed impolverati. Ci fermiamo per scattare alcune splendide foto ai carri trainati dai buoi e dagli agricoltori. Che quiete…..sembra di essere ritornati indietro nel tempo di almeno cent’anni! Attraversiamo il villaggio di Nyaung- U e dopo pochi minuti eccoci giunti all’hotel. Ci sistemiamo nella camera: è graziosa, anche perchè ha un piccolo terrazzino privato che dà sul giardino comune. Andiamo a pranzare in un ristorantino dove ci gustiamo piatti tipici birmani ed un ottimo pancake alla banana. A questo punto siamo pronti per iniziare la visita della città che si rivelerà una vera perla, per la moltitudine di reperti e per i paesaggi mozzafiato. Lasciamo le scarpe in auto e cosi camminiamo un breve tratto sullo sterrato (poveri i nostri piedi!), poi però passiamo nel bazar rivestito con una pavimentazione perfettamente liscia. Con una breve passeggiata entriamo nella Shwezigon Pagoda: una meraviglia di continui scintillii che ci ricorda un po’il palazzo reale di Bangkok. Scattiamo parecchie foto, anche in compagnia di alcune ragazze birmane. In corrispondenza dei quattro punti cardinali, sorgono quattro piccoli santuari, ciascuno dei quali ospita una statua in bronzo del Buddha in posizione eretta. Particolare la cavità circolare di 10 cm, praticata in una lastra di pietra che veniva riempita d’acqua per consentire ai sovrani di osservare il riflesso della cima della pagoda, senza dover inclinare la testa. Ancora oggi la cavità è colma d’acqua e così anche noi facciamo l’esperimento ed in effetti riusciamo a vedere il riflesso scintillante…. emozionante davvero! Percorrendo un altro breve tratto in auto, raggiungiamo la Hti – Lo – Min – Lo Pagoda, meno appariscente della precedente, ma caratteristica per le quattro enormi statue di Buddha con l’ombrello bianco, a ricordo della leggenda secondo la quale comparve appunto un ombrellino bianco di fronte al principe prescelto tra cinque fratelli per diventare re. Decido poi di acquistarmi una longyi. Scelgo un completo molto elegante ed un paio d’infradito. Ora mi sento un’autentica Birmana, ma a dire il vero questa tenuta non è così pratica per la vita da turista che sale e scende continuamente scalinate… Decisamente meno eleganti, ma più comodi, i pantaloncini corti! Dopo aver visitato il sito, gironzoliamo tra le bancarelle ed acquistiamo degli splendidi souvenir. Al rientro in hotel vediamo alcune monache: hanno la testa completamente rasata ed indossano il saio rosa. Erano state qui, per chiedere le offerte per la cena, come prevede la tradizione birmana. Lungo la via del nostro hotel scegliamo tra un’infinità di ristorantini uno che fa anche cucina nepalese e indiana. L’igiene lascia molto a desiderare, ma la cortesia dell’anziano titolare è squisita ed il cibo molto buono. Domani ci aspetta una giornata molto impegnativa, quindi anche stasera si va a letto presto.
27/12/2014
Consumiamo la colazione sulla terrazza dell’albergo che offre una gran varietà di cibo e poi iniziamo subito il tour alla scoperta di Bagan.Dopo pochi minuti di viaggio ci fermiamo per assistere ad una cerimonia di iniziazione di alcune bambine che entrano in monastero: è detta “ Ear-boring”, appunto perchè in quest’occasione viene praticata loro la perforazione del lobo per indossare gli orecchini. Una lunga processione, una specie di banda e delle carrozze, trainate da cavalli e buoi bardati a festa, ci invogliano a scattare tante fotografie. Iniziamo poi la visita delle pagode che è un crescendo continuo di sorprese ed emozioni. Capire e ricordare tanti nomi così difficili per noi è quasi impossibile, ma sulla nostra guida Lonely riusciamo un po’per volta a ritrovare tutto ciò che visitiamo. Questo lavoro è indispensabile per stendere con un po’di precisione questo diario a cui io tengo veramente tanto! La prima pagoda che visitiamo è la Wetky-In-Guyaukgyl. Si trova fuori dai circuiti più battuti, infatti incontriamo pochi turisti. Ha una guglia in stile indiano ed è interessante per alcuni affreschi che si presentano in buono stato. Originariamente essi erano molti di più, ma un collezionista tedesco ne trafugò parecchi, portandosi via i pannelli sui quali erano stati dipinti. In auto ci spostiamo al Buledi, tempio buddhista, caratterizzato da ripide scalinate a piramide. Dalla piccola terrazza che si trova quasi sulla cima ammiriamo uno spettacolo mozzafiato sulla piana di Bagan, costellata da decine e decine di pagode, alcune color terracotta, altre in parte dorate. Ovunque ci si giri si possono ammirare questi monumenti, l’uno diverso dall’altro e ti viene da pensare: “Questo è uno dei luoghi più belli che esistano al mondo!” Percorriamo in auto un altro tratto di strada sterrata e polverosa per raggiungere il Sulamani Pahto, un tempio buddhista immerso nella vegetazione lussureggiante. Al suo interno percorriamo dei lunghi e bui corridoi nei quali, in corrispondenza dei quattro punti cardinali, sono esposte enormi statue di Buddha. Il tempio è anche denominato il “gioiello supremo”, per la ricchezza degli elementi decorativi dei frontoni e delle colonne. Raggiungiamo poi il Dhammayangyi Pahto, un tempio tristemente famoso per i misteriosi corridoi murati che ospita all’interno e per la sua tragica storia. Secondo la leggenda il re Narathu fece costruire questo tempio per espiare i suoi peccati (aveva ucciso padre, fratello e moglie). Egli aveva ordinato agli operai di far combaciare i mattoni della muratura a secco in modo così perfetto che tra uno e l’altro non passasse nemmeno uno spillo, pena l’amputazione delle braccia. Infatti dicono che si possono ancora vedere le pietre con incavi delle dimensioni di un braccio dove pare avvenissero queste amputazioni, ma noi purtoppo non le abbiamo trovate…peccato! Inoltre questo è l’unico sito di Bagan in cui vengono presentate affiancate due immagini del Buddha, quello storico e quello futuro. Appena entriamo nel sito si avvicina a noi una bellissima ragazza birmana che, come tante altre, vuole venderci la sua merce. Ci colpisce per la sua bellezza e la gentilezza. La pelle del suo viso è ricoperta dal thanakha; tutte le donne lo utilizzano, ma solitamente è spalmato in modo poco preciso. So So, questo è il suo nome, invece l’ha distribuito con cura, formando dei disegni decorativi. Ha un sorriso dolcissimo e parla anche un po’di italiano. Non possiamo quindi fare a meno di acquistare la sua merce che conserva avvolta in pagine di giornali locali dalla scrittura stranissima, fatta tutta a circolini, per noi indecifrabile. Ci rechiamo poi all’Ananda Patho, uno dei templi più venerati di tutta Bagan. Venne costruito intorno all’anno 1090 e nel 1990, in occasione del novecentesimo anniversario del tempio, le sue guglie furono rivestite d’oro. Il suo imponente pennacolo misura 53 metri in oro e si vede luccicare anche in gran lontananza. All’interno si trovano grandi porte in teak, tutte scolpite ed enormi del Buddha, anch’esse in legno pregiato. Tutt’intorno al tempio si trova un grande bazar, dove ovviamente io mi lascio tentare dalle numerose offerte.
Nel pomeriggio si riparte per raggiungere il villaggio di Myinkaba, dove visitiamo la pagoda Manuha Paya. Di fronte all’edificio sono collocati tre Buddha seduti e sul retro uno enorme coricato. Tutte quattro le statue sembrano troppo grandi per le loro sedi; in modo particolare, per vedere il Buddha coricato, siamo costretti a percorrere degli stretti passaggi, in fila con altri turisti e molti fedeli. Percorriamo un ultimo tratto in auto per recarci alla Shwezandaw Paya, un tempio buddhista, dalla cui sommità, che si raggiunge percorrendo ripidissime scalinate, si gode una vista panoramica a 360 gradi. E’il momento del tramonto e gli ultimi raggi di sole che penetrano tra i pennacoli delle pagode, rendendole color dell’oro e dell’ambra, creano un’atmosfera magica, unica, indimenticabile. Nonostante la grande ressa di turisti, riusciamo a scattare innumerevoli fotografie che costituiranno un bel ricordo di questi momenti davvero magici. Rientriamo in albergo, facciamo una doccia veloce e usciamo nuovamente per la cena. Questa sera decidiamo di non fermarci in un ristorantino, ma mangiamo cibo di strada: degli squisiti spiedini e unapannocchia. Dopo una breve passeggiata andiamo a dormire, con gli occhi ancora carichi dei panorami incantevoli visti in giornata. Siamo felicissimi!
28/12/2014
Stamattina ci avviamo in auto verso il mercato brulicante di Nyaung- U, frequentato da moltissimi locali e da pochi turisti. Il suo nome è Mani- Sithu market. Assistiamo a scene tipiche dei mercati: tanta confusione, moltissima merce, profumi gradevoli e odori ripugnanti, urla, canti, persone strambe, uomini e donne tutti indaffarati a vendere, contrattare, fare affari. Ci immergiamo senza alcuna difficoltà nella confusione piùtotale e…. vai con lo shopping! Risaliamo in macchina e passiamo dall’unica porta delle antiche mura della città ancora esistente oggi: la Tharabar Gate, dove scattiamo alcune foto. Ci inoltriamo nella campagna disseminata di pagode grandi e piccole, ovunque se ne vedono sbucare ed all’interno di ognuna è situata una statua grande o piccola del Buddha. Tutt’intorno i contadini lavorano, noncuranti delle bellezze artistiche che li circondano. Con un po’di difficoltà e grazie alle indicazioni di alcuni passanti, raggiungiamo il villaggio di Pwa-Saw dove regaliamo tanti giochini ai bimbi che apprezzano in modo particolare. Sembra di essere ritornati a cent’anni fa: le case sono in bambù e paglia, ovunque girano mucche, capre e bimbetti sporchi, ma tenerissimi, che si divertono a giocare con il copertone di una vecchia ruota e con oggetti vari di recupero. Le donne anziane del villaggio fumano dei grossi sigari ed amano particolarmente farsi fotografare. Poi visitiamo la pagoda Lay-Myet-Hna che, all’esterno è tutta imbiancata, e all’interno presenta degli antichi affreschi del Buddha. Poco distante visitiamo la Paya-Thone-Zu, formata da tre sale, di cui due riccamente affrescate ed una incompiuta. Rientriamo in hotel per posare gli acquisti e fare una bella pipì, visto che qui le toilette pubbliche praticamente non esistono. Andiamo quindi alla ricerca di un ristorantino lungo la nostra via e ne scegliamo uno che cucina esclusivamente indiano. Gustiamo con piacere degli squisiti piatti di carne, verdura con crema di noccioline, accompagnati da riso e tante salsine più o meno piccanti e minestra di legumi. Ordiniamo anche il lassi, ma a dire il vero siamo già sazi…. È il desiderio di rivivere un po’il viaggio in India che ci spinge a mangiare tutto ciò, che si rivela comunque di ottima qualità. Con un piccolo sforzo ce la facciamo a mangiare tutto! Poi si riparte con la voglia di andare a vivere nuove avventure!
Oggi pomeriggio ci aspetta il giro in calesse. Percorriamo un tratto in auto e poco dopo saliamo sul carrettino trainato dal cavallo. Ci immergiamo nella campagna e facciamo sosta in un piccolo villaggio dove si trova un antichissimo monastero, tutto in legno, ancora abitato. Come scendiamo dal calesse, si avvicinano tre bimbetti che vogliono venderci i loro disegni ed avere delle caramelle. Come le tiro fuori, i bimbi si moltiplicano, allungano tutti le loro manine sporchissime, si fanno tenere in braccio, sono tenerissimi! Scattiamo alcune foto e vorremmo tanto avere ancora qualcosa da donare loro, mapurtroppo abbiamo già regalato tutto stamattina. Ci spostiamo per vedere il fiume, poco distante dal villaggio, l’Ayeryarwad river, e poi, ritornando indietro, incontriamo nuovamente i bimbi che ci salutano con dei sorrisoni incredibili ed agitando con gioia quelle tenere manine che non avranno sicuramente più toccato l’acqua da parecchi giorni! Infine facciamo sosta ad una piccola pagoda, ci addentriamo e, attraverso degli stretti e bassi passaggi, arriviamo in una piccola terrazza al piano superiore per ammirare ancora una volta il sunset. Il panorama non è incredibile come quello della sera precedente, ma la pace che regna non è certo da paragonare alla confusione creata dalla folla di ieri. Al ritorno in hotel, decidiamo di andare ad acquistare delle caramelle per i bimbi che incontreremo nei prossimi giorni. Facciamo un po’di spesa in un negozietto disordinato e impolverato. Mangiamo cena in hotel, nel nostro giardinetto privato e poi a nanna, come ogni sera stanchissimi, ma soddisfatti e realizzati!
29/12/2014
Quest’oggi purtroppo dobbiamo lasciare Bagan, direzione Monte Popa.Facciamo tappa ad una fattoria dove si lavorano le noccioline e la linfa di palma, producendo olio, dolci e liquori. Osserviamo un bue al lavoro che, grazie alla forza che imprime su una macina, contribuisce alla produzione di olio di arachidi. Vediamo poi un ragazzo arrampicarsi, con estrema agilità, su un albero di palma da cocco, raccogliere la linfa e quindi ridiscendere velocemente. Qua e là dei bambini giocano, altri raccolgono bottiglie di plastica, grazie alle quali riceveranno un compenso di alcuni kiat. Offriamo loro alcune caramelle ed acquistiamo un liquore che Giors offrirà ai suoi clienti. Proseguiamo poi nel viaggio e raggiungiamo, abbastanza velocemente, il Monte Popa. Appena scesi dalla macchina, veniamo circondati da alcune ragazze che vendono delle pietre sonanti e pezzi di legno pietrificato. Non possiamo fare a meno di acquistarne alcuni. Prima di iniziare la lunga scalinata che porta al santuario, facciamo tappa ai bagni, ma sono quasi inaccettabili! Nonostante ciò, vista l’urgenza, ne approfittiamo. Percorriamo poi i 777 scalini che conducono al monte sacro. Questo, secondo le credenze birmane, è la dimora di 37 nat, spiriti benigni che possono influire sulla vita degli uomini. Il Monte Popa è un vulcano estinto, alto 1517 metri e coperto da una foresta lussureggiante. Facciamo alcune tappe per fotografare le numerose scimmiette che incontriamo lungo la salita: sono simpaticissime! Giunti in cima al monte, godiamo di un panorama fantastico e ci riposiamo un po’, accarezzati da una fresca brezza. Infine ritorniamo in paese, dove mangiamo pranzo in un ristorantino; consumiamo dell’ottimo cibo tipico della cucina birmana. Iniziamo poi un viaggio lunghissimo per raggiungere Kalaw, percorrendo strade orribili e pericolose. Facciamo sosta in una banca,per scambiare dei dollari. Anche qui tutti gli uomini indossano il gonnellino e questa cosa ci fa un po’sorridere, ma la loro cortesia è squisita. Tutti ci guardano un po’incuriositi e ci offrono un bicchiere di the. Per spezzare un’altra volta il viaggio che sembra non finire mai, ci fermiamo ad una specie di autogrill… incredibile per il disordine e l’igiene scarsissima. Intanto si fa buio, ma noi continuiamo a viaggiare, percorrendo strade polverose, frequentate da file lunghissime di camion e tir. Curioso è il modo di guidare: le auto, essendo made in Japan, hanno la guida sulla destra ed anche il senso dela marcia è sulla destra. Quindi per l’autista è impossibile effettuare un sorpasso in sicurezza, in quanto non può vedere i veicoli che provengono in senso opposto; perdipiù le strade sono molto strette, ripide e tortuose. Che metodo hanno inventato allora questi folli guidatori? Gli autisti dei camion utilizzano le frecce per segnalare se si può sorpassare: quando questa lampeggia sulla destra, non è possibile superare, ma quando segnala la sinistra, allora significa che la strada è libera. A noi però pare che la visibilità non sia chiara e che tutti i sorpassi siano azzardati, quindi stiamo con il patema d’animo e la paura di un incidente stradale è grande, anzi enorme!! Comunque tutto procede bene e finalmente arriviamo a Kalaw, un paesino di montagna, dove fa un freddo cane. Nonostante ciò, decidiamo di fare un giretto per le stradine buie e quasi deserte, poi rientriamo in hotel, dove mangiamo velocemente qualcosa in camera. Fa così freddo che rinunciamo a fare la doccia e dormiamo con due coperte, pigiama e pail!
30/12/2014
Ottima colazione. Subito dopo ci apprestiamo a fare un lunghissimo ed interessantissimo giro per il mercato locale….a me sembra di essere inNepal, anche se non ci sono mai stata! Le scene di vita quotidiana, la spontaneità delle persone, le infinite sfumature dei loro abiti, le tante bancarelle che espongono principalmente i prodotti dell’agricoltura ci invogliano a scattare centinaia di fotografie, delle quali alcune sono particolarmente espressive. Così ci perdiamo tra i tanti vicoli di Kalaw e, solo dopo alcune ore, ritorniamo alla nostra auto. La giornata prosegue con un lungo viaggio in auto per raggiungere un altro luogo meraviglioso della nostra vacanza: Pindaya. La strada è orribile ed in buona parte in rifacimento. Ci meravigliamo vedendo che nei cantieri non solo lavorano gli uomini con il loro classico e scomodissimo gonnellino, ma anche molte donne. Poi ci prepariamo per la visita alla pagoda rupestre di Shwe Oo Min: via le scarpe e diamo inizio alla salita di una lunghissima scalinata che porta alla Golden Cave. Qui si trovano più di 8000 statue di Buddha, precisamente 8700. Alcune sono state lasciate qua secoli fa dai pellegrini birmani, altre collocate più recentemente da organizzazioni buddhiste di tutto il mondo. Alcune statue sono in alabastro, altre in teak, in marmo, mattoni, lacca e cemento. Si respira un’atmosfera magica e suggestiva, contornati da tutte queste statue che quasi sembrano fissarti e seguirti nella visita che si rivela particolarmente interessante. S’intraprende poi ancora una volta un lunghissimo viaggio in macchina. In serata arriviamo al lago Inle, precisamente nel villaggio di Nyaungshwe, e ci sistemiamo al Remember Inn, caratteristico hotel formato da tanti bungalow. Giriamo un po’nel centro, polveroso e trasandato, anche se molto turistico. Dopo una veloce cena in camera, ci addormentiamo.
31/12/2014
Consumiamo una discreta colazione sulla terrazza dell’hotel. Fa frescolino!! Appena usciti dall’albergo, incontriamo un uomo che sale in macchina con noi e scopriremo solo dopo essere il barcaiolo che ciaccompagnerà per l’intera giornata alla scoperta del lago Inle. La nostra nuova guida ci fa sistemare su una lunga canoa con tanto di felpa, pile, copertina e ombrello paraspruzzi. Durante il primo lungo tratto di navigazione, incontriamo i pascatori del luogo, famosi per il loro strano modo di remare: spingono il remo con una gamba e si tengono in equilibrio con l’altra. La nostra prima tappa è ad una casa galleggiante dove tessono e producono tipici capi d’abbigliamento. Assistiamo alla lavorazione dei tessuti e visitiamo il piccolo bazar che è stato allestito all’interno della casa, ma non acquistiamo nulla, visti i prezzi che, per essere in Myanmar, ci sembrano un po’gonfiati. Raggiungiamo poi il villaggio di Nampan, dove ogni cinque giorni si svolge un mercato tribale. Non siamo ancora scesi dalla canoa che siamo già circondati dai venditori di souvenir. Sono organizzatissimi: hanno un foglio dove sono scritti i vari prezzi. Loro indicano ciò che intendono chiedere e tu devi toccare la cifra che sei disposto a pagare. La contrattazione è velocissima, in quanto giungono abbastanza in fretta al prezzo da te proposto o poco più. Percorriamo un tratto lunghissimo tra centinaia di bancarelle che espongono monili e oggetti tipici di vario tipo, ma anche ortaggi, carne e pesce. Dopo una contrattazione, questa volta lunga ed estenuante, ci aggiudichiamo un set da tatuatore e fumatore a cui Giors teneva particolarmente. Come in tutti i mercati, è piacevolissimo gironzolare tra la gente del posto ed osservare le persone impegnate nelle loro attività, seguite sempre dai bambini che vengono lasciati un po’all’abbandono. Ritorniamo alla nostra barca verso mezzogiorno ed ormai fa veramente caldo. Ci dirigiamo quindi verso una casa galleggiante dove si producono sigari. Interessante è assistere alla lavorazione, esguita da alcune giovanissime ragazze, ma non ne acquistiamo più, in quanto avevamo già fatto il pieno in un altro bazar. La nostra guida ci lascia poi in un ristorante palafitta dove consumiamo un ottimo pranzo. Ci rilassiamo osservando il via vai di imbarcazioni di ogni tipo che si svolge sulle acque di fronte a noi. Bellissimo momento! Usufruiamo anche dei servizi che scopriamo essere nientr’altro che un buco che si apre nelle acque sottostanti. Quindi, tutto ciò che si fa finisce nel lago direttamente!
La tappa successiva prevede la visita alla pagoda Phaung Daw Oo Paia. Questa volta lasciamo le ciabatte in barca, perché tutta l’isoletta è considerata sacra e quindi si può circolare solo a piedi nudi. Assistiamo ai riti religiosi dei locali che compiono più giri intorno ad alcune statue del Buddha. Queste, come vuole la tradizione birmana, vengono continuamente ricoperte dai fedeli da piccoli fogli d’oro e quindi hanno perso quasi completamente la loro forma. Ci accodiamo anche noi e poco dopo risaliamo per l’ennesima volta in barca e ammiriamo gli orti galleggianti e le tante casette colorate che si rispecchiano nelle acque del lago .Raggiungiamo anche una fabbrica di ombrellini dove assistiamo alle varie fasi di lavorazione che prevedono l’utilizzo di semplicissimi macchinari, messi in funzione esclusivamente dalla forza dell’uomo. Poco distante si trovano le donne dal collo lungo. Alcune, giovanissime, se ne stanno sedute in bella mostra, per farsi fotografare dai turisti, altre invece, più anziane, lavorano ai telai. Queste ultime hanno molti più anelli di ottone intorno al collo che ha così raggiunto una lunghezza straordinaria. L’ultima tappa prevista è al Monastero dei gatti danzanti. L’aspettativa era tanta, in quanto pensavamo di riuscire ad assistere allo spettacolo di questi particolarissimi gatti che, addestrati dai monaci, dovrebbero saltare ed eseguire acrobazie di vario tipo. Purtoppo invece per loro non era il momento di danzare, ma piuttosto quello di cenare, così seguivano con attenzione tutti i movimenti del monaco che preparava loro il pasto, ovviamente a base di riso. Piccola delusione! Ma all’improvviso sentiamo la voce della nostra guida che era venuta a cercarci all’interno del monastero. Gridava: “Sunset, sunset!” Ci invitava quindi a ritornare sulla canoa, perché ormai il sole stava tramontando e non voleva farci perdere questo magnifico momento in cui il sole, riflettendosi sul lago, dà origine a mille sfumature rossastre. Nel viaggio di ritorno fa un freddo incredibile, così ci ripariamo con le coperte forniteci dal barcaiolo. Rientrati alla base, siamo costretti a fare una lunghissima passeggiata per raggiungere il nostro hotel. Qui si sta organizzando la festa di Capodanno. I titolari offrono un’abbondante cena a buffet, accompagnata da musica dal vivo. Non aspettiamo la mezzanotte e alle 11 andiamo a dormire. Domani ci aspetta il trekking!
1/1/2015
Questa mattina la sveglia suona alle 6.30. Ci attrezziamo per il trekking, convinti di fare una lunga camminata. Raggiungiamo in auto Taunggyi, il capoluogo della regione Shan. Qui sbrighiamo alcune pratiche, indispensabili per raggiungere il villaggio di Kakku, al quale si può accedere solo se accompagnati da una guida della tribù Pa- o. Dopo due ore di viaggio circa, siamo al mercato delle mucche del villaggio, molto particolare. Le donne portano in testa un asciugamano a mò di turbante, i bimbi sono ancora più trasandati del solito…. ma le persone piu strane siamo noi, in quanto tutti ci guardano incuriositi: siamo gli unici turisti! Poco più avanti facciamo tappa alla scuola del paese: veramente impressionanti lo squallore, la sporcizia, il disordine che regnano nell’edificio… Eppure i bimbi sono felici e ci accolgono con entusiasmo. Cantano una canzoncina, diretti dalla loro maestra e ci salutano in coro. Viviamo così un momento molto particolare e commovente. Lasciamoalla maestra un sacchetto pieno di giochini da offrire ai bimbi; ci ringrazia e li ritira. Probabilmente li darà agli scolaretti in un secondo momento.Peccato, perché mi sarebbe piaciuto vedere il sorriso nascere su quei visetti mocciosi, leggere nei loro occhi la sorpresa e la gioia provata nel ricevere qualche piccolo dono. Percorriamo un altro tratto di strada in auto e arriviamo nell’unico ristorante di Kakku dove ci offono una tazza di the. Ecco poi quasi all’improvviso aprirsi di fronte a noi un sito incantevole: 2478 stupa, di cui i più antichi risalenti al 200 a.C., si presentano ben allineati sul fianco di una collina. Gli stupa presentano un’incredibile varietà di stili: alcuni sono semplici e disadorni, altri sono ricoperti da elaborate decorazioni che raffigurano divinità ed animali mitologici. Il tutto è reso particolarmente piacevole dal tintinnio delle campanelle che si trovano in cima ad ognuno di essi. Quando arriva una folata di vento, la musica si fa sentire di più e rende l’ambiente magico e surreale. In mezzo ai monumenti passeggiano dei fedeli del luogo che indossano tutti uno stesso abito, formato da pantaloni neri, lungo vestito nero, bordato di arancione, colore che è presente anche nel copricapo, costituito da un telo sapientemente avvolto come un turbante. Pranziamo poi nell’unico ristorante di Kakku che si affaccia proprio sul sito e di lì lo spettacolo è veramente unico, indimenticabile. Poco dopo si riparte in auto, per il lungo viaggio di ritorno. Ma dov’era il trekking?? Non si sa! Facciamo ancora una sosta nella città di Taunggy dove ci addentriamo nel mercato Si rientra a Nyaungshwe e per la cena ci fermiamo ad una bancarella sporca sporca dove cucinano carne alla brace buona buona. Dopo una doccia rinfrescante, prepariamo le valigie: domani mattina si prende l’aereo per raggiungere nuovamente Yangon.
2/01/2014
Giornata parecchio movimentata… più ancora del previsto!! Raggiungiamo l’aeroporto di Heho, ma, mentre siamo in attesa del boarding, vediamo due omini con un cartello dove sono scritti i nostri nomi. Ci dicono di andare con loro, non riusciamo a capire che cosa sia successo. Un’impiegata ci fa un lungo discorso in inglese, del quale riusciamo solo a intendere che non c’è più posto in aereo, nonostante la prenotazione. Dopo un momento di smarrimento, veniamo rassicurati: ci faranno prendere un altro volo e l’ora di arrivo a Yangon sarà all’incirca la stessa. Quando atterriamo saliamo velocemente in auto, senza neanche pranzare. Infatti la meta di oggi è la Roccia d’Oro che è ancora molto distante da qui. Quando arriviamo nello stato Mon, a Kinpum, il villaggio alla base del monte Kyaiktiyo, fa un caldo asfissiante. Ci dirigiamo verso un grosso caponnone dove regna la confusione più totale. Qui sono posteggiati decine di grossi camion dove degli uomini sporchi e sudati, che masticano e sputano in continuazione betel, fanno sistemare pellegrini e turisti. Siamo tutti stipati su panche vicinissime l’una all’altra, in modo da riuscire a far stare circa 60 persone su ogni camion……. e, fin quando non si è al completo, non si parte. Gli organizzatori della comitiva gridano tra loro parole per noi incomprensibili. Finalmente si parte!! Ma poco dopo siamo già fermi, perchè alcuni uomini del luogo ci richiedono l’elemosina, facendo tintinnare delle grandi ciotole in metallo e urlando chissà cosa. Dopo una lunga fermata, il viaggio riprende: il camion s’inerpica per una strada ripidissima, con curve a gomito impressionanti. Il motore del camion sforza così tanto, che in qualche momento sembra quasi non farcela, ma, dopo innumerevoli giri intorno alla montagna, e dopo circa un’ora di questa emozionante e strana, ma divertente avventura, eccoci giunti alla cima. Scendiamo da una scaletta e poi ci aspettano ancora una ventina di minuti a piedi. Procediamo velocemente verso la Golden Rock, perchè vorremmo raggiungerla prima del tramonto. Nel punto in cui inizia il luogo sacro, dobbiamo ovviamente togliere le scarpe e le asperità del terreno rendono la camminata un po’faticosa. Quando raggiungiamo la Roccia d’Oro, dobbiamo farci strada tra una marea di fedeli che si sono accampati con tanto di stuoie e coperte nella grande spianata che precede il luogo sacro. Immaginiamo che passino qui la notte ed aspettino l’alba, mangiando e pregando. Intanto è diventato buio e la roccia splende sotto la luce dei riflettori che alternano vari colori sfumati. Scattiamo un mare di fotografie e ci attardiamo più del previsto, data la magia del momento. Dopodichè decidiamo di andare alla ricerca del nostro hotel che non abbiamo la più pallida idea di dove si possa trovare. Per fortuna avevamo con noi una grossa pila e l’accendiamo subito: è buio pesto e dobbiamo percorrere una discesa ripidissima, naturalmente in buona parte sterrata. Non incontriamo anima viva per tutto il percorso, se non due ragazzi del luogo e più tardi un monaco solitario in meditazione. Io sono un po’impaurita, anche perchè il nostro hotel sembra essere irraggiungibile, ma poi, quasi all’improvviso, vediamo comparire delle lucine lontane e, dopo circa dieci minuti a passo sostenuto, vediamo l’insegna…. a me sembra quasi un miraggio!! Dopo la doccia e la cena, ci rendiamo conto che, come il solito, si è fatto tardi troppo in fretta ed è meglio dormire, dal momento che la sveglia domani suonerà alle 5.45.
03/01/2014
Dopo la colazione in hotel, iniziamo subito la discesa per raggiungere la fermata del camion e, appena arrivati alla macchina, si riparte per un nuovo viaggio. Questa volta la nostra meta è Bago. Facciamo solo una tappa intermedia in piena campagna, dove scattiamo alcune splendide fotografie alle donne che lavorano nelle risaie sotto il sole cocente. Bago fu l’antica capitale del Myanmar ed è quindi sede di di numerosi monumenti religiosi che contengono splendidi tesori. Visitiamo la Shwemawdaw Paya che contiene alcune reliquie del Buddha e che è stata ricostruita più volte a causa di alcuni crolli. Tra questi, si ricorda in particolare quello risalente al 1917, anno in cui si verificò uno spaventoso terremoto. E’ben visibile anche un settore crollato ed incorporato nella struttura stessa dello stupa attuale. La sua sommità dorata domina il paesaggio ed è più alta di quella che avremo poi l’opportunià di vedere a Yangon. Infatti raggiunge i 113 metri . Veramente magnifica!! Usufruiamo poi dei bagni riservati ai turisti che un bimbetto ci viene ad aprire. Nonostante l’uso occasionale, come tutti i servizi igienici del Myanmar, sono spaventosi e, dopo aver fatto ciò per cui si aveva l’urgenza, si dovrebbe prendere una scodella sporchissima che galleggia in una vaschetta piena di acqua putrida, riempirla per “pulire”. Poi visitiamo poi il Palazzo Reale, in buona parte ricostruito, ma che riesce a rendere alla perfezione l’idea del fasto e della ricchezza dei reali della dinastia Mon. Ultima attrazione, davvero molto particolare di Bago, è lo Snake Monastery dove vive un gigantesco pitone birmano di 120 anni che, a quanto si racconta, pare sia la reincarnazione di un monaco. Qui i fedeli fanno visita e portano offerte di vario tipo, tra cui in particolare soldi che appoggiano sul corpo del pitone. Questo così striscia lentamente, carico di biglietti di kiatt!! Gran finale della visita di Bago: il Reklining Buddha, più precisamente denominato Naung Daw Gyi Mya Tha Lyaung, lungo più di 75 metri, realizzato nel 2002 con le offerte dei fedeli. Gironzoliamo un po’nel bazar che si trova poco distante e poi passeggiamo nei dintorni, fermandoci ad osservare dei bimbi locali che sguazzano felici in un corso d’acqua non proprio pulito. Dopodichè siamo pronti per intraprendere per l’ennesima volta un lungo viaggio in macchina per raggiungere Yangon. Sinceramente temevamo già di ritornare nell’hotel dove avevamo trascorso la prima notte, l’unico di tutto il viaggio in condizioni veramente deplorevoli. Invece ci sistemiamo in un altro decisamente più confortevole e moderno. Dopo una veloce doccia, siamo pronti per recarci a cena in un lussuoso ristorante in compagnia della nostra guida con la quale chiacchieriamo a lungo sulla vita e sulle abitudini del popolo birmano. E’stato un vero piacere!
4/1/2015
E anche l’ultima mattina del viaggio la sveglia suona presto. Ci rechiamo subito a visitare la Shwedagon Paya, il luogo più sacro del paese Indossiamo gonna e pantaloni lunghi, dal momento che il nostro abbigliamento estivo all’occidentale non è accettato all’interno della zona sacra. Di fronte a noi si presenta un susseguirsi ininterrotto di stupa ricchissimi, tempestati di diamanti e di altre pietre preziose. La sua cupola dorata, alta 98 metri, purtroppo non è ben visibile, dal momento che gli operai stanno lavorando per sistemarvi numerose lamine d’oro, offerte dai pellegrini. Leggiamo però nella nostra guida che la sommità della pagoda è sormontata da una sfera d’oro cava in cui sono contenuti 4351 diamanti che raggiungono complessivamente i 1800 carati… ricchezze impressionanti! Altrettanto piacevole è osservare i fedeli tutti presi nei loro riti: si fermano ai diversi punti planetari che indicano i vari giorni della settimana, in particolare di fronte a quello corrispondente al loro giorno di nascita e pregano, lavano con devozione le statue, portano offerte di ogni tipo: dalla frutta a banconote, anche di grande valore, a enormi lamine d’oro, per le quali viene rilasciato un attestato scritto. Ovunque c’è una gran confusione, un viavai continuo di persone che camminano ovviamente tutte a piedi nudi, in segno di rispetto per il Buddha, cui è dedicato questo immenso sito religioso. Conclusa la visita, ci rechiamo nella Chaukhtatgyi Paya dove ammiriamo ancora una volta un’enorme statua rappresentante il Buddha coricato, simile per la ricchezza e l’imponenza a quella di Bago. Purtoppo la nostra vacanza sta giungendo al termine e ci rechiamo in aeroporto! Con un volo abbastanza rapido raggiungiamo il Don Mueang di Bangkok. Come già nel viaggio di andata, utilizziamo la navetta per raggiungere il Suvarnabhumi, dove, in attesa di procedere all’imbarco, io mi acquisto un ultimo ricordo della vacanza: un graziosissimo elefantino, decorato con molta cura che andrà a far compagnia nel nostro salotto agli altri elefanti-soprammobili, di origine indiana. Qui, dopo un’altra attesa di 3 ore e mezza per il secondo, anzi terzo volo, c’imbarchiamo sull’aereo che ci porterà a Milano. Atterriamo puntuali alle ore 12.45, con il solito stato d’animo che caratterizza il momento del rientro a casa: un po’di tristezza, tanti splendidi ricordi delle esperienze vissute, dei luoghi visti, delle persone conosciute, in particolare dei bimbi sorridenti e tenerissimi. Proviamo già un’infinita, incolmabile nostalgia che ben presto, sicuramente, ci porterà ad organizzare un altro viaggio in Oriente. E’veramente difficile guarire dal mal d’Asia! Ma questa è una malattia piacevole che ti dà una gran forza e che non intendiamo assolutamente debellare!
Bilancio conclusivo del viaggio: esperienza validissima sotto tutti i punti di vista, emozionante ed indimenticabile che ci ha permesso di conoscere in prima persona un altro piccolo “pezzo di mondo” che resterà sempre nei nostri cuori!