Stati Uniti e Baja California: tour fra rocce, cactus, cowboys e balene

Viaggio on the road dal Canada al Messico attraverso gli Stati Uniti
Scritto da: luciana57
stati uniti e baja california: tour fra rocce, cactus, cowboys e balene
Partenza il: 15/07/2015
Ritorno il: 05/08/2015
Viaggiatori: 6
Spesa: 4000 €
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Usciti da un inverno molto pesante, abbiamo scelto di fare le vacanze estive, per la seconda volta negli Stati Uniti perché questo ci dava sicurezza e ci faceva sentire tranquilli: abbiamo costruito liberamente l’itinerario cercando di toccare mete che non avessimo già visto e ci sono stati preziosi la nostra fedele Lonely Planet, la mappa ed il navigatore, indispensabili compagni di viaggio. Smanettando su internet abbiamo trovato un convenientissimo volo della Air Transat, compagnia low cost canadese che, tranne per la mancata fornitura (se non a pagamento) di coperte e cuffiette, si è rivelata veramente ottima. Ottimo il rapporto qualità prezzo. Siamo in sei : Velia, Pino, Cinzia, Maico, Giulio ed io e ci cimenteremo in questa allettante nuova avventura, all’insegna, come sempre, della libertà. Unica cosa fissa il tour del West che faremo in macchina tutti insieme, ma per il resto ognuno è libero di partire prima o tornare dopo e visitare ciò che più gli aggrada.

Il nostro itinerario: Roma – Toronto – Niagara Falls – Denver – Cheyenne – Monte Rushmore – Cody – Gardiner – Yellowstone – Jackson Hole – Salt Lake City – Bluff – Monument Valley – Page – Las Vegas – Cabo San Lucas – La Paz – Isola Espiritu Santo – San Josè del Cabo – Las Vegas – Toronto – Roma.

15 luglio Roma – Toronto

Lasciamo l’Italia su un aereo praticamente stracolmo un mercoledì sera diretti a Toronto dove abbiamo prenotato l’Isabella Hotel and Suites . Dopo un ottimo volo di circa 9 ore arriviamo in Canada e con la “modica” cifra di 120 dollari canadesi un taxi ci accompagna in hotel dove ci viene richiesta una cauzione di 100 dollari a stanza, anzi a micro-stanza. Ma una buona doccia ci rimette in sesto ed usciamo per cena. Toronto ci appare quasi deserta e priva di qualsiasi sapore. L’unico che sentiamo è quello dell’ennesimo panino comprato da Subway.

16 luglio Toronto – Niagara Falls

Siamo finalmente sul nostro bus Greyhound per Niagara Falls , del quale abbiamo già in tasca i biglietti acquistati on line . L’autostrada che collega Toronto alle Cascate del Niagara è lunga circa 125 km , ma c’è un traffico incredibile. Impieghiamo praticamente 2 ore e mezza per arrivare e alle 14,30 circa siamo al nostro hotel , il Days Inn near the Falls , buon hotel con una grande camera al prezzo di E. 70 per due persone, compresa colazione.

Il tempo di lasciare le valigie in camera e ci dirigiamo verso le Cascate che raggiungiamo in 10/15 minuti di camminata a piedi sotto un sole cocente. Ci siamo. Le tanto decantate cascate del Niagara sono davanti a noi, ma in fondo poi non sono così grandi come ce le aspettavamo e neanche così spettacolari. Cominciamo a fare le nostre foto e ci facciamo tutta la passeggiata camminando con calma . L’aria con l’acqua che viene alzata dalle cascate forma un bellissimo arcobaleno che viene ovviamente immortalato. Ci dirigiamo alla biglietteria per il famoso giro in battello che arriva proprio sotto la cascata Ci danno il classico impermeabile di plastica rosso e partiamo per il centro delle cascate canadesi…che esperienza emozionante! Sentiamo la potenza dell’acqua che ci ruggisce addosso! L’acqua ci lava nonostante gli impermeabili, e le foto si sprecano anche sotto il vapore acqueo che sale! Per cena andiamo in un ristorante italiano lì vicino, ma assolutamente niente di che! E che prezzi! Domani visiteremo Toronto e nel pomeriggio voleremo a Denver da dove inizierà il nostro tour del West.

17 luglio Niagara Falls – Toronto – Denver

Partiamo alle 7.00 per Toronto…che sonno! Altre 2 ore di pullman per un paesaggio qualsiasi! Quando ci avviciniamo alla città si vede subito la CN Tower, la torre più alta del mondo…Lasciamo le valigie in un deposito bagagli e ci tuffiamo nella visita della città. Toronto è molto moderna e in ogni angolo c’è un alce di cemento decorato da un artista del posto. Inizia a piovere e ci dirigiamo al St. Lawrence Market, un centro commerciale completamente invaso da piccoli “chiostri” che propongono le più svariate tipologie di cibo, dall’italiano al cinese, all’inglese, al messicano, al tailandese, al turco e chi più ne ha più ne metta. Ci accontentiamo di un ottimo panino al volo addentato al suono di un’originale e sparuta orchestrina e dopo aver ritirato i bagagli andiamo a prendere il nostro aereo per Denver. Voliamo con U.S. Airways ed abbiamo la prima spiacevole sorpresa: dobbiamo pagare $ 25,00 a testa e sarà la stessa cosa per tutti i voli interni che faremo! Tra l’altro la pessima U.S. Airways ci offre viaggi senza musica, né intrattenimento con aerei vecchissimi e scomodi e servizi a bordo, da low cost. Unica compensazione i generosi sorrisi delle hostess coetanee degli aereomobili!

Ma dopo circa 4 ore di volo siamo a Denver dove ci attende la nostra auto già prenotata dall’Italia! La ritiriamo all’Avis, (gli autonoleggi sono raggiungibili, dal terminal degli arrivi, con dei bus appartenenti alle diverse compagnie noleggiatrici); è una Ford Expedition 5600 che deve contenere necessariamente tutte le nostre valigie! Ci saliamo e inspiriamo profondamente, inalando il profumo che ci accompagnerà per i prossimi giorni di vita sulla strada.

Sentiamo crescere l’adrenalina! Usciamo non con poche difficoltà dalla zona dell’aeroporto ed arriviamo al motel Super 8 prenotato dall’Italia.(E. 90 a stanza con colazione).

18 luglio Denver – Cheyenne – Custer

Oggi iniziamo il nostro tour di buon mattino e la nostra prima tappa è Cheyenne, Wyoming ( km 163 ) dove si sta svolgendo il Frontier Days, una caratteristica manifestazione che si tiene una volta l’anno e che coinvolge circa 200.000 persone ; siamo certi che ci farà immergere subito nell’atmosfera americana del selvaggio West! Guardando fuori dai finestrini molti dettagli rubano la nostra attenzione : piccoli paesi di cowboys , mercatini dell’usato con banchi improvvisati lungo la strada grande quanto la nostra autostrada. Finalmente arriviamo e parcheggiamo la macchina dirigendoci in una sorta di stadio dove si sta svolgendo un rodeo. Guardandoci intorno ci appare una realtà completamente diversa dalla nostra: la gente guida enormi pick up, indossa jeans, camicie a quadri, stivali e cappello. Chiediamo di entrare per scattare qualche foto e siamo subito accontentati. E’ la nostra prima volta ad un rodeo ma immediatamente ci lasciamo travolgere da questo ambiente fatto di sudore e polvere. Lo spettacolo, pur nei suoi eccessi ci piace parecchio: difficile capire quanto sia autentico o quanto a beneficio del solo spettacolo, la cosa certa è che gli americani sono veramente entusiasti e non fanno che applaudire e gridare come forsennati! Cowboys professionisti si cimentano in gare con cavalli e con la cavalcata dei tori, bestioni di quasi una tonnellata di peso. Si vince se si riesce a stare sull’animale per un tot di secondi: non so quanti . Di quelli che abbiamo visto, nessuno è rimasto più di tre secondi .. Per noi europei è impensabile, ma pare che sia normale!! Siamo euforici ed affascinati, assorbiamo ogni dettaglio! Visitiamo poi un villaggio indiano ed assistiamo a colorate danze tradizionali Cheyenne. Il tempo però vola e a malincuore dobbiamo ripartire: ringraziamo la generosità degli americani, ma abbiamo molta strada da fare! In macchina il pensiero va agli indiani, al loro sguardo fiero e alla condizione che vivono oggi. Per migliaia di anni la civiltà occidentale si è “evoluta” cercando di dominare e modificare l’ambiente e la natura che la circondava ma gli indiani d’America, invece, erano parte di essa: non dominavano e non modificavano ciò che era il tempio e la chiesa del loro credo spirituale. In tarda serata arriviamo a Custer, una cittadina con quasi tutte le luci ormai spente ma che ci permette di cenare con una decente pizza. Dormiamo al Mystic Valley Inn, il solito motel americano lungo la strada.

19 luglio Custer – Monte Rushmore – Cody

Dopo aver lasciato le valigie in hotel siamo subito partiti alla volta del Memorial del Monte Rushmore. La distanza da Custer è di poche miglia e l’ingresso è gratuito, ma è necessario pagare il parcheggio; per ogni auto 11,00$, non importa quanti passeggeri ci siano a bordo. Dopo aver lasciato l’auto e varcato l’arco in pietra dell’ingresso percorriamo il lungo viale. Sui pilastri, a destra e sinistra del corridoio che porta alla terrazza, sono appese le bandiere dei 50 Stati degli USA e riportati i nomi e la data nella quale lo stato è entrato a far parte dell’Unione. Arriviamo alla terrazza: proprio di fronte alle statue dei quattro Presidenti, Washington, Roosevelt, Jefferson e Lincoln, davvero somiglianti agli originali e scolpiti a colpi di dinamite e di martello pneumatico . Scattiamo tantissime foto prima di riprendere il viaggio, ma poi, non lontano da qui, nello splendido scenario delle Black Hills, improvvisamente ci appare l’immagine di “Cavallo Pazzo” ;. solo il suo volto è completo; il resto, il petto largo , i capelli sciolti, il braccio teso e il suo cavallo, sono ancora avvolti nella pietra! Eruzioni di polvere hanno strappato tutta la montagna come una cerniera dando vita al famosissimo Crazy Horse, la celebrazione dell’orgoglio di chi non si è mai arreso, la realizzazione di un sogno iniziato parecchi anni fa e per la cui ultimazione tanti altri ne dovranno passare! Ma i sogni non hanno prezzo! Un giorno, tra molto tempo, potrà finalmente emergere! Molti chilometri ci separano ancora dalla prossima tappa e riprendiamo il nostro viaggio per arrivare a Cody in tarda serata. Andiamo in centro, ma non troviamo granché di quell’autentica atmosfera che porta nostalgici cowboys a recarvisi per fare omaggio a Buffalo Bill che la fondò nel 1896. Tanti negozi per turisti con molta mercanzia made in China, cappelli, stivali e giacche con le frange anche carine da guardare, ma non per noi!! Siamo stanchi e torniamo in hotel, (Sunrise Motor Inn E. 120,00 a stanza con colazione), domani si va a Yellowstone.

20-21-22 luglio Yellowstone National Park

Questa mattina entreremo nello Yellowstone National Park. Il parco ha un’estensione pari al territorio dell’Umbria e i percorsi obbligati formano un otto con una parte superiore ed una inferiore. Andiamo subito a vedere l’Old Faithfull, la più famosa attrattiva di Yellowstone. Ci fermiamo al Visitor Center dove un cartello espone gli orari delle eruzioni del geyser che deve il suo nome “vecchio fedele” proprio alla regolarità delle eruzioni che si susseguono ogni ora e mezza circa. Come noi, molte altre persone, sono in attesa dello spettacolo e puntualmente all’ora prevista il geyser comincia : una colonna d’acqua si erge fino a quasi 55 metri per una durata che va dai 2 ai 5 minuti ed ogni eruzione provoca la fuoriuscita anche di 35.000 litri d’acqua. Al termine ci dirigiamo verso Nord , a Gardiner, che si rivela una buona base se si opta per dormire fuori dal parco, poiché si trova vicinissima all’ingresso. Inoltre ha un piccolo centro abitato e molti localini per mangiare, soprattutto il Pizza Company , dove gustiamo la pizza più buona di tutti gli Stati Uniti ad un ottimo prezzo . Trascorreremo due notti all’Absaroka Lodge, un bell’hotel dotato di comode e spaziose camere con vista sul fiume.

Il giorno successivo, di buon’ora raggiungiamo Mammoth Hot Springs, con le sue suggestive terrazze di rocce bianche. Proseguiamo la strada in macchina e un bisonte solitario ci dà il benvenuto mentre ci dirigiamo verso il Norris Geyser Basin. Percorrendo le passerelle di legno, costeggiamo diversi geyser e sorgenti calde, dalle quali fuoriesce vapore creando un’atmosfera davvero surreale. In alcuni punti si può sentire un caratteristico rumore (come di una grossa pentola che bolle!) che viene dalla terra evocando qualcosa di primordiale e al tempo stesso inquietante. Ci sono tantissimi luoghi in cui fermarsi, tutti molto ben segnalati, ognuno con delle comode passerelle di legno, che passano accanto a bacini di fanghi bollenti e rumorosi, a numerosi geyser fumanti che di tanto in tanto zampillano acqua e stupefacenti sorgenti calde che esibiscono colori straordinariamente vari, dal giallo, al rosso, all’azzurro, al verde. In assoluto la più stupefacente è la Grand Prismatic Spring nel Midway Geyser Basin. Ammirarla da vicino lascia stupefatti e senza parole! Risaliamo in macchina e decidiamo di raggiungere il Gran Canyon percorrendo a piedi l’Uncle Tom’s Trail che conduce ad un belvedere dal quale si ha una vista sull’impetuosa cascata e dove l’incontro dell’acqua con il sole produce splendidi arcobaleni. E’ magnifico! In sostanza il Parco è un misto di pace e serenità unite a vapori maleodoranti di migliaia di fumarole, di piccoli geyser intermittenti, di vulcanetti spenti, di laghi di carbonato di calcio appena formati che si solidificano inglobando gli alberi su cui si sono estesi, di montagne intere che danno, con il loro biancore latteo, un tono da inferno dantesco all’ambiente nel quale il silenzio è rotto soltanto dal rombo delle cascate e dall’urlo delle aquile. La nostra visita qui è finita, di animali ne abbiamo visti assai pochi, un bisonte, qualche cervo e alcuni cerbiatti ma non abbiamo avuto nessun incontro veramente spettacolare! Lasciamo Yellowstone per dirigerci verso Jackson Hole dove dormiremo nel peggior motel di tutto il viaggio, El Rancho Motel, centralissimo ma con un letto microscopico ed un prezzo esorbitante. Arriviamo nel pomeriggio, Jackson Hole è molto più carina di Cody, con costruzioni in legno, una piazza con archi costruiti con le corna di wapiti e negozi con animali impagliati in vendita. L’aria è parecchio fresca e non é difficile immaginare un paesaggio invernale scorgendo le numerose piste da sci che dalle montagne, arrivano sino in città. Cena da McDonald’s e a nanna presto.

23 luglio Jackson Hole – Salt Lake City (km 450)

Arriviamo a Salt Lake City all’ora di pranzo, abbiamo percorso cinquecento chilometri e ormai le ossa ci dolgono come se avessimo cavalcato su una rigida sella di cuoio anziché sulle poltrone molleggiate della nostra Ford Expedition 5600. Giulio e Maico si alternano alla guida, Cinzia si occupa della colonna sonora del viaggio, Velia fa il punto dei regali da acquistare, Pino dorme ed io leggo la guida. Trascorriamo tante ore in auto e questo ci permette di fare lunghe chiacchierate, di ridere e scherzare spensieratamente come sei bambini in gita, lasciandoci il modo di inventare nuovi passatempi e la possibilità di creare un’atmosfera intima e divertente tutta per noi! L’accesso alla capitale dello Utah è complesso e caotico come in ogni metropoli americana che si rispetti ma poi il centro cittadino è ben ordinato e ci si orienta facilmente: arriviamo dritti sparati a quello che pensiamo essere il tempio dei Mormoni e parcheggiamo l’auto per mangiare. Il pranzo al sacco ci è costato una bella multa di 15$ per aver sbagliato il numero del parcheggio! Corriamo a Temple Square, il centro dove ci sono i più importanti monumenti della città; si vede che il benessere abita qui: le vie sono linde e perfette e tutto è decorato con piante e fiori coloratissimi. Vogliamo visitare il tempio e scopriamo che recandosi al Visitor center, si può richiedere una visita guidata gratuita (anche in italiano) della durata di circa mezz’ora che verrà condotta dai “missionari”, giovani provenienti da tutto il mondo che trascorrono un periodo di 18 mesi di volontariato. Ci assegnano una gentilissima ragazza abruzzese che ci dà alcune informazioni sulla religione dei Mormoni e ci accompagna in una interessante visita ma non al tempio al quale possono accedere solo i fedeli. Il nostro hotel è il Metropolitan Inn, pulito e confortevole dove spendiamo E. 82,00 a stanza compresa la colazione. Ma domani si va alla Monument !!

24 luglio Salt Lake City – Dead Horse Point – Bluff – Monument Valley (km 550)

Ancora una volta la lunga strada che percorriamo è un magnifico paesaggio. Facciamo però una piccola deviazione che ci porta al Dead Horse Point State Park :il grandioso panorama delle falesie sulle placide anse del Colorado ci regala altre straordinarie emozioni . Ai tempi del far-west i cow-boys intrappolavano qui le mandrie di cavalli selvatici per catturare facilmente gli esemplari migliori, mentre gli altri, lasciati liberi, normalmente se ne andavano. Un giorno, però, i cavalli non trovarono la via d’uscita e morirono di sete …Il luogo prese lo strano nome che ancora oggi porta: Dead Horse Point (Punto del cavallo morto). Terminata la deviazione attraversiamo un immenso territorio pianeggiante e desertico che di tanto in tanto ci fa pregustare la visione di cui godremo a breve. Arriviamo a Bluff dove ci fermiamo al nuovissimo Kokopelli Inn, il sorprendente hotel che abbiamo prenotato. Il tempo di lasciare le valigie nelle nostre stanze e partiamo con una frenesia irresistibile pregustando la meraviglia che ci attende. Sono le cinque del pomeriggio , trentacinque minuti di macchina ed eccoci alla Monument Valley. La vedi quando sei ancora a chilometri di distanza, sulle strade senza fine e semi deserte. La vista ,dalla stessa strada sulla quale Forrest Gump si fermò dalla sua interminabile corsa e disse che “era un pò stanchino”, rimane uno dei ricordi più belli ed emozionanti del viaggio! Ci sentiamo come catapultati dentro un film western e da un momento all’altro ci aspettiamo di veder apparire John Wayne. I monumenti sono stati scolpiti ad arte da madre natura, impiegando centinaia di milioni di anni ed utilizzando sempre i soliti strumenti: l’acqua ed il vento. Le arenarie e le rocce calcaree conferiscono allo scenario un colore rosso/arancio che tende al dorato quando il sole è basso all’orizzonte. I turisti ci sono, qui incontriamo quasi tutti gli italiani incrociati nell’intero viaggio e probabilmente siamo anche numerosi, ma lo spazio ed il terreno sono così vasti che sembriamo piccole e rade formichine disperse e a testa in su per ammirare le alte e massicce formazioni rocciose intorno a noi e per godere di un meraviglioso tramonto sullo scenario della Monument . Sulla strada del ritorno in hotel ci fermiamo dalle parti di Mexican Hut, una località che prende il nome da una roccia dall’aspetto simile ad un sombrero messicano , a gustare un’ottima carne cotta su una griglia dondolante sul fuoco.

25 luglio Ancora Monument Valley – Page

Sole!… C’è il sole! … e carichi di nuovo entusiasmo partiamo per visitare di nuovo, la Monument Valley! Alle 9,00 in punto siamo di fronte alla porta d’ingresso! Entriamo, determinati a percorrere la pista sterrata di 27 km con la nostra macchina.

Guidare sul fondo della Monument Valley è ovviamente un’esperienza unica e mozzafiato, le ruote dell’auto affondano nella sabbia rossa, e ci fanno leggermente sbandare, ma la lenta velocità ci dà modo di ammirare la meraviglia che ci circonda.

Subito, davanti a noi le famosissime East, West e Merrick Buttes: semplicemente fantastiche e le scenografiche Three Sisters. Ad una biforcazione seguiamo il tracciato sulla destra e c’inoltriamo nel cuore della valle fra scenari di grande suggestione e d’incommensurabile bellezza, fino a raggiungere l’Artist’s Point, dove la vista sull’immensa, coloratissima, distesa sabbiosa riesce quasi a toglierci il fiato. La mattinata vola via e lungo la strada che conduce all’uscita siamo continuamente fermi a scattar fotografie: la Monument Valley è indubbiamente uno dei luoghi più spettacolari del pianeta e l’indice della mano destra ormai è rovente.

Non riusciamo proprio ad andarcene: ora, con la giusta luce, i tre Buttes visti dal centro visitatori sono straordinari, manca solo la diligenza che corre all’impazzata inseguita dagli indiani! Molto a malincuore ce ne andiamo e ci dirigiamo verso Page che dista circa 200 km. A Page rimettiamo l’orologio indietro di un’ora, mentre la Monument , pur essendo in Arizona, applica l’ora legale, al contrario del resto dello stato, per cui si trova ad avere lo stesso orario dello Utah. Il nostro albergo è il Motel 6 dove ci fermeremo per due notti potendo finalmente usufruire della lavanderia a gettoni.

La sera, Page offre locali per tutti i gusti dove troverete sicuramente la cena che più vi stuzzica. Noi scegliamo una steakhouse con un rustico gruppo sonoro di attempati cowboys. Fagioli a volontà e ottima t-bone steak well done, salsa barbecue e boccali di birra . Domani visita all’Upper Antelope Canyon.

26 luglio Page – Upper Antelope Canyon

Dopo colazione ci spostiamo di poche miglia fuori Page al punto di partenza per l’escursione all’Upper Antelope Canyon che ricade nel territorio degli indiani Navajo: sono loro che lo gestiscono e ne organizzano la costosissima visita. Paghiamo il biglietto che dà accesso al luogo agli indiani presenti sul posto e poco dopo ci troviamo a sedere nel cassone di un autocarro predisposto per il trasporto dei turisti e a correre sul letto di un torrente in secca. Il polveroso viaggio dura non più di dieci minuti, fin quando arriviamo nel punto il cui l’alveo, improvvisamente, sembra ostruito da uno spesso strato roccioso. Lì ci fermiamo perché solamente a piedi si può accedere all’incredibile Canyon, che, scoperto casualmente da una pastorella Navajo, è una una fessura lunga duecento metri e larga due scavata nei periodi di pioggia dal flusso delle acque. Abbiamo scelto di proposito il tour delle undici in quanto il momento migliore della giornata per vedere gli effetti creati dalla luce del sole all’interno del canyon.

Il fondo è ricoperto di sabbia e le pareti sono levigatissime e ondulate. Alcune aperture in alto lasciano passare i raggi del sole generando bellissimi giochi di luci ed ombre che esaltano il rosso della roccia. Le giovani guide navajo tirano in aria manciate di sabbia e terra per rendere ancora più spettacolare la vista dei fasci di luce, strepitoso…Restiamo immersi per una buona mezz’ora in un mondo surreale fatto di rocce contorte, striate e levigate … gialle, rosse, ocra … pennellate di colore senza un senso logico … onde di arenaria che sembrano foulard mossi dal vento… tutto sembra un sogno, una fantastica allucinazione, e invece è realtà! Scattiamo migliaia di foto ed arriviamo, sfiniti dal caldo, alla fine del canyon. Quando torniamo all’aria aperta, sotto il cielo terso dell’Arizona, torniamo a sedere su quello sconquassato automezzo che ci riporta, in balia del tracciato sconnesso, al punto di partenza e soprattutto alla realtà. Domani andremo a Las Vegas dove terminerà il nostro tour in macchina.

27-28 luglio Page – Las Vegas (km 440)

Stamattina il cielo è nuvoloso; durante la notte forse è piovuto. Noi ci prepariamo di nuovo ad attraversare il deserto, il Nevada ci aspetta. Ancora valigie. La tratta da coprire è piuttosto lunga: circa 440 km sulla freeway di cui non ricordo il numero. La strada è larga e costeggiata dal nulla: terra cotta dal sole, colline rocciose e cactus, le uniche piante in grado di sopravvivere all’arsura. Il sole non si è fatto desiderare e ora splende alto in un cielo terso. Non mi pesano queste ore da trascorrere in auto: con la mente rivisito le bellissime tappe di questa vacanza. Abbiamo da poco superato Kanab quando notiamo che una macchina della polizia, comparsa dal nulla, ci sta seguendo con i lampeggianti accesi. Cominciamo a preoccuparci quando sentiamo un accenno di sirene e accostiamo scoprendo che il poliziotto voleva fermare proprio noi! Niente paletta e inseguimenti da film, ma se vedete una macchina con lampeggianti dietro di voi fermatevi subito! Un simpatico, si fa per dire, poliziotto bussa al finestrino della nostra auto e, accusandoci di avere commesso tre infrazioni al codice della strada ci invita a fornirgli i documenti.. Quando pensiamo ormai di essere sull’orlo dell’arresto, il magnanimo ricompare e, accusandoci di eccesso di velocità ci fa una ramanzina sulla guida pericolosa e ci spiega che ci darà una multa di “soli” 163,00 dollari. Ancora oggi, ricostruendo l’accaduto, siamo certi di questa versione dei fatti: l’annoiato poliziotto, vistosi seguito da una macchina guidata da stranieri in vacanza , pensa bene di giocarci un bello scherzetto: rallenta per farsi superare e quindi oltrepassare il limite di velocità (37 miglia orarie anziché 35 ai limiti del deserto!), fornendosi così l’occasione per darci una bella multa! Dopo avergli augurato di tornare a casa e trovare sua moglie in dolce compagnia riprendiamo il nostro viaggio . Cinquanta gradi Celsius, un sole luccicante e una bolgia umana in un tripudio di luci : Las Vegas ci accoglie così, anche la seconda volta! Lungo la Strip , la strada principale, hotels e casinò grandiosi si contendono i clienti con attrattive sempre più strabilianti e stars di grido. Ad eccezione dei giorni proibitivi, venerdì e sabato, a Las Vegas cibo e pernottamento, secondari rispetto al business, sono a buon mercato. Noi dormiremo al Four Queens, sulla Fremont Street, cuore storico della città, dove artisti di strada, bravi musicisti e gruppi musicali si esibiscono sui vari palchi. Ogni sera Fremont Street, regala uno spettacolo di luci, sulla sua volta cosparsa da miliardi di lampadine e se avete coraggio potete decidere di ammirare il tutto dall’alto, facendovi lanciare, seduti o sdraiati, lungo la via, imbragati ed agganciati ad una teleferica. Dentro l’hotel l’impatto con le slots machines è da togliere il fiato: decine, centinaia di macchinette mangiasoldi ovunque, persino nei bagni e l’aria condizionata altissima. Per riscaldarci usciamo per una passeggiata perché le mille luci di questo paese di balocchi per adulti sono davvero impedibili. Affrontiamo il caos della strip, frastornati dal rumore e dal traffico a cui, dopo tante cittadine silenziose e quasi disabitate, non eravamo più abituati. Las Vegas ti piace e non ti piace allo stesso tempo, ti diverte lo sfarzo esibito ovunque ma ti infastidisce lo spreco assurdo di qualsiasi cosa. Il divertimento sfacciato delle persone nei locali contrasta con la tristezza degli homeless che trovi sui ponti o negli angoli meno affollati. I grandi casinò, dove persone di qualsiasi età sono incollate a slots machines come se elargissero aria da respirare, ti stupiscono e ti lasciano l’amaro in bocca. Solo qui la statua della libertà è a pochi isolati dalla Torre Eiffel, ma anche vicino ad atmosfere veneziane e castelli delle favole. E nel frattempo una monorotaia ti passa sopra la testa e personaggi vestiti nella maniera più bizzarra, passeggiano per le strade. . È possibile entrare e perdersi facilmente in tutti i grandi alberghi della strip, alcuni dei quali vale la pena visitare per stupirsi di fronte alle megalomani ricostruzioni come Venezia: all’esterno c’è il campanile di piazza San Marco affiancato da alcuni palazzi in stile, ma lo spettacolo è all’interno, sono ricostruiti i canali della Serenissima con annessi i gondolieri che portano i turisti in giro fino al ponte di Rialto e al Palazzo Ducale. Siamo letteralmente sconvolti da tutto ciò! Insomma vale la pena di vedere Las Vegas almeno una volta nella vita, (per noi è la seconda) fermandosi più o meno in base alle proprie vocazioni al divertimento. Torniamo in albergo, abbiamo ben 50 dollari con cui tentare la fortuna alla roulette, il nostro gioco preferito, tanto per noi più dell’azzardo vale il momento. Sono in pochi a vincere; ogni tanto, negli immensi saloni, si odono voci garrule esultanti di vittoria, ma più spesso è la voce metallica delle infernali macchinette a prevalere.! Siamo veramente stanchi . Meglio andare a dormire!

29 luglio Las Vegas – Cabo San Lucas

Due dei nostri amici sono partiti ieri per tornare a casa e oggi saluteremo gli altri che andranno a New York. Noi concluderemo questo viaggio nella la Baja California e nel pomeriggio un aereo della U.S. ci porterà a San Josè del Cabo. Con un taxi percorriamo circa 30 chilometri di ‘corridoio turistico’ che uniscono San Josè a Cabo San Lucas, l’unico pezzo di strada a doppia corsia di tutta la Baja, costeggiato da imponenti alberghi e campi da golf che si susseguono uno dopo l’altro in prossimità delle due cittadine. Il nostro è il Siesta Suites Hotel, affacciato sulla piscina di un ristorante italiano, Salvatore’s. La nostra stanza è in realtà un mini appartamento, veramente piccolo, ma comodo e confortevole. Dopo un pò di relax e una doccia rinfrescante decidiamo di assaggiare, perché no, la cucina del ristorante sottostante, già stracolmo di gente. Mangiamo degli ottimi spaghetti e dei fantastici gamberi . Domani ci torneremo.

30/07- 01/08//2015 Cabo San Lucas- La Paz – Isla Espiritu Santu

Stamattina ce la prendiamo un po’ più comoda e dopo colazione ci dirigiamo alla marina perché vogliamo andare a vedere il famoso ‘arco’ e le spiagge vicine. Le banchine del porto sono piene di barche di tutti i tipi, da quelle piccole turistiche a quelle private per la pesca d’altura che da queste parti è molto in voga, fino ai catamarani per passare un’intera giornata in mare. Tutt’intorno modernissime costruzioni, piene di ristoranti, negozi di ogni genere, gallerie commerciali, agenzie di viaggi, veramente di tutto… in un posto così non ci stupiamo di trovare Mc Donald, Hard Rock Cafè e tutto quanto possa rendere poco messicana l’atmosfera circostante! Potremmo essere in qualsiasi posto del mondo! Partiamo per la nostra escursione con una delle piccole barchette. L’uscita dal porto è molto caotica, siamo davvero in tanti ad andare verso la punta estrema… il tragitto è abbastanza veloce, dopo circa 15 minuti siamo già in prossimità dell’arco, “Land’s end” , il punto dove finisce la terra e si uniscono i mari e dove le onde cominciano a farsi notare… Dopo aver immortalato il momento facciamo inversione di rotta e siamo di nuovo verso il mare di Cortez , alla Playa de Amor. La discesa dalla barca che verrà a riprenderci qualche ora più tardi non è delle più semplici perché non esiste alcuna banchina, ci si avvicina semplicemente a riva e cercando di cogliere l’onda migliore si salta in acqua… Non c’è ancora molta gente e così’ alla ricerca di un posto ancora più tranquillo attraversiamo la cocente spiaggia per vedere la costa che dà sul Pacifico, quella che prende il nome di Playa Divorcio dove le onde sono davvero altissime. Torniamo sulla Playa de l’Amor e ci distendiamo all’ombra ammirando il bellissimo posto dove ci troviamo. La nostra barca sta tornando a prenderci e fra un’onda e l’altra cerchiamo il momento migliore per risalire a bordo senza farci del male. Rientrati alla marina ci fermiamo per uno spuntino in un ristorantino che si affaccia sulle banchine del porto. Il caldo è feroce! Domani andremo a La Paz e dobbiamo acquistare i biglietti del bus anche per il ritorno. Partiamo alle 10, 30 con una corsa low cost . Guardando dal finestrino ci sembra proprio di essere in un posto tranquillo, lontano da qualsiasi stereotipo di turbolento e pericoloso Messico.Si notano subito una costante presenza di polizia e dei ridicoli limiti di velocità rispettati alla lettera dai conducenti. Dopo circa 2 ore e mezza siamo a La Paz, Posada Luna Sol. Conosciamo subito Ismael, un gentilissimo e disponibile ragazzo che ci assegna la nostra stanza. L’hotel è leggermente decentrato rispetto al Malecon, ma pulitissimo e dotato di una gradevole piscina. Ci sistemiamo e torniamo da Ismael per organizzare l’escursione che più ci interessa , l’isola di Espiritu Santo, dove andremo domani. La Paz è una cittadina colorata dove convivono i segni di un paese ancora in via di sviluppo e spiagge mozzafiato. La sera ceniamo a El Rustico, un vero ristorante italiano dove gustiamo saporitissimi piatti della nostra terra .

02 Agosto – Isla Espiritu Santo

Colazione verso le 8 e 30 del mattino e Ismael ci accompagna al Malecon dove partiremo per l’isola di Espiritu Santo. Giornata stupenda, mare calmo. Sull’imbarcazione siamo 9 di cui quattro italiani e il Capitano Jorge. A manetta raggiungiamo la nostra meta in poco tempo. Il giro è uno spettacolo da cartolina, non si può venire da queste parti e lasciarsi scappare questa occasione. Espiritu Santo è un’isola che cambia metro dopo metro: scogliere colorate dai minerali, spiagge bianche, faraglioni a picco sull’acqua, grotte marine e naturalmente un mare assolutamente strepitoso dal blu ,all’azzurro, al verde. I gruppi di pellicani e gabbiani non si contano, una baia dalle acque verdi e azzurre ospita un villaggio di pescatori, mentre sotto di noi il mare è talmente limpido che riusciamo a vedere interi branchi di pesci tropicali e anche un pesce palla. Ma il top ci aspetta dietro l’angolo: oltre la sommità più settentrionale dell’isola si trovano Los Islotes, anonimi massi di granito sporgenti dal mare, dove vivono beatamente circa 400 leoni marini e oggi ci sono proprio tutti. Ci tuffiamo, lo spettacolo è indescrivibile, passiamo vicinissimi, anche se dobbiamo cautelativamente restare a distanza di sicurezza perché questa è la stagione della nascita dei cuccioli e soprattutto i maschi potrebbero risultare pericolosi. Vediamo branchi di migliaia di sardine muoversi in modo uniforme con il luccichio delle loro squame sotto i raggi penetranti del sole. Ci sono anche tanti pesci colorati e stelle marine. Tornati a bordo dell’ imbarcazione ci dirigiamo successivamente verso la parte occidentale dell’isola completamente ricoperta di guano dove decine di migliaia di gabbiani e fregate di mare vengono a rifocillarsi in modo certo. Il tour prosegue verso Ensenada Grande, l’acqua è cristallina, la sabbia bianchissima e le rocce che circondano questa baia sono di un colore rosso che accentuano il contrasto con il resto degli elementi. Qui ormeggiamo la barca per goderci la spiaggia e soprattutto la straordinaria acqua del mare. Nel pomeriggio, contenti prendiamo la via del ritorno. L’isola è meravigliosa ed un vero esempio di grandi trasformazioni geologiche avvenute qualche milione di anni fa… Strati di lava nera e spugnosa danno il via a pareti di granito rosa che sembrano tagliate apposta con una lama di coltello bene affilata… . Saguaros si affiancano ripidi sul ciglio delle rocce di granito a piccoli arbusti desertici delle più svariate dimensioni. Durante la navigazione Jorge si ferma, ha visto qualcosa: pochi minuti ed ecco arrivare inaspettatamente le balene , dando inizio ad uno spettacolo a pelo d’acqua: rumorosi spruzzi e soffi, pinne, schiene e code che appaiono e scompaiono. Giulio, Jorge e Antonio si tuffano, nella folle speranza di toccarle! Ce ne sono almeno quattro. Una scivola sotto di noi sfiorando la chiglia della nostra fragile lancia e appare sull’altro lato. Basterebbe un colpo della sua coda per spezzare in due la nostra barca, ma nessuno di noi ha paura. Osservarle così da vicino nel loro ambiente e sentire il rumore dello spruzzo è davvero un momento indimenticabile ed un grande privilegio. E mentre siamo commossi e increduli ci accorgiamo che sono ancora lì, vicinissime e che ci stanno accompagnando creando una fantastica coreografia spontanea fatta di balzi, giravolte, veloci incursioni sotto lo scafo: decisamente un momento magico ed irripetibile. Torniamo a La Paz in silenzio, con il cuore gonfio di emozioni.

03-05 Agosto

Partiamo di buon’ora per San Josè ed arriviamo all’hotel El Incanto Inn: fantastico, quel cortile interno con la piscina e le camere tutte attorno è davvero molto, molto carino; Prima di cena facciamo un giro nelle viuzze del centro, ma quasi tutti i negozi sono già chiusi… che peccato!

Il nostro viaggio è terminato, domani inizia quello per tornare a casa! Ci impiegheremo due giorni. (San Josè del Cabo – Las Vegas – Toronto – Roma)

In ventidue giorni abbiamo toccato molti stati: Canada – Colorado – Wyoming – South Dakota – Montana – Utah – Arizona – Nevada e Messico e percorso 5000 chilometri in macchina.

E’ stato un viaggio vario tra persone gentili e luoghi facili da girare. Ci restano negli occhi e nel cuore i colori dello Yellowstone, la vastità dei paesaggi e le strade senza fine, l’emozione di un incontro con le balene e i leoni marini, un sogno, sì, un sogno che abbiamo avuto il coraggio di realizzare! Tutti noi abbiamo un sogno nel cassetto… Il nostro cassetto è stracolmo di tanti sogni e desideri, ma è bene tirarne fuori ogni tanto uno, lavorarci su con calma e dedizione, pensare a come e cosa fare per vederlo concretizzarsi, assaporare con gioia ogni minimo particolare, ogni piccola emozione…, insomma crederci perchè a volte i sogni diventano realtà!



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