Un tocco d’Indonesia
Sì, ma perchè solo Bali? L’Indonesia è enorme, ci sono centinaia e centinaia di isole, tutte diverse, e con AirAsia (date un premio a chi l’ ha inventata!) ci si sposta a prezzi più che competitivi. E siccome il volo dall’ Italia a Bali non era particolarmente economico, molto meglio volare sulla capitale Gjakarta (poco più di 430 Euro con Qatar Airways, compagnia ottima, tra le migliori con le quali ho volato e scalo di poche ore a Doha) e da li spostarsi con i voli interni.
Soliti giorni passati fra Lonely Planet e vari siti internet, alla fine pianifichiamo di non fermarci nemmeno e Gjakarta (non amo molto le megalopoli e il caos, ancor più se non sono particolarmente ricche di monumenti e siti storico-culturali), ma, appena arrivati, spostarci immediatamente su Jogjakarta, sull’isola di Giava, cosi come la capitale. Da qui volo per Bali, e da Bali tappe alle Gili Islands e Lombok. Mio malgrado devo rinunciare a Komodo, che mi attirava parecchio, per mancanza di tempo (alla fine due settimane non sono molte …), lo terrò in considerazione per un prossimo viaggio, magari abbinato a Flores e Sulawesi.
Arriviamo a Jogjakarta e ci sistemiamo in albergo, l’Hotel Dafam Fortuna Malioboro, ottima struttura, confortevole e particolarmente consigliata in quanto situata direttamente su Jln. Malioboro, la via principale e più turistica della città, dove si trovano una miriade di ristorantini da strada e negozietti. La città, di per se, non è particolarmente attraente, è molto trafficata e offre ben poco da vedere (anche i tanto reclamizzati Kraton, il palazzo del Sultano, e Taman Sari, il palazzo sull’ acqua, sono, tutto sommato, trascurabili …) ma in Jln Degen, una via attigua, si trovano numerose piccole agenzie turistiche che offrono la possibilità di visitare gli imperdibili siti di Prambanan e Borobudur che sono a pochi km dalla città, affidandoci un autista che ci lascia all’ ingresso dei vari siti e ci aspetta per tutto il tempo necessario.
Partiamo pertanto il mattino successivo alla volta di Borobudur, un enorme tempio buddhista, patrimonio dell’UNESCO, che troviamo già affollato di turisti e pellegrini. Ammiriamo i bassorilievi e le numerose nicchie con le statue del Buddha, partendo dal livello più basso e risalendo pian piano le varie terrazze (10 in tutto) sino a giungere sulla sommità, dove vi sono i vari stupa (con caratteristica forma a “campana rovesciata”, in realtà fiore di loto) dalla quale si ammira il paesaggio circostante. In questo sito, e in altri successivi, notiamo numerosissimi studenti e semplici turisti locali che ci chiedono una sorta di “intervista”, una piccola conversazione che a loro serve per migliorare la qualità dell’ inglese (in verità non proprio eccellente …), che si rivelano particolarmente simpatici e gentili e con i quali non manchiamo di scattarci alcuni “selfie”, cosa che a loro sembra divertire parecchio!
Il pomeriggio lo dedichiamo, invece, alla visita del vulcano Merapi, uno degli innumerevoli vulcani attivi che ci sono in Indonesia, nonchè uno dei più pericolosi poichè situato in una zona densamente popolata. Lungo la strada ci fermiamo alcuni minuti per visitare un paio di piccoli ma graziosi templi, il Candi Pawon e il Candi Mendut. Giunti ai piedi del Merapi, notiamo immediatamente la nube che fuoriesce dalla caldera e percorriamo, in jeep, i canaloni e le depressioni causate dalle varie eruzioni del passato. Visitiamo anche un piccolo villaggio, o ciò che ne resta, adibito ora a piccolo museo con i pochi oggetti di uso quotidiano e le ossa di animali domestici, rinvenuti sotto la cenere di una precedente eruzione, diciamo una sorta di Pompei in salsa giavanese (con le dovute proprozioni, ovviamente!).
Il giorno successivo è la volta di Prambanan, un complesso di templi Hindu, anch’esso patrimonio dell Unesco. Un paio di giovani studentesse di una scuola di Gjakarta ci offrono di accompagnarci e farci da guida: si riveleranno decisamente preparate e simpatiche e non chiedono nulla in cambio se non l’ immancabile “selfie” e un giudizio, si spera positivo, sul loro quaderno; ve ne sono parecchi nei pressi dei siti turistici, non vanno cacciati (come purtroppo alcuni turisto snob fanno …), non sono guide abusive o malintenzionate, ma solamente studenti che vengono inviati dalle loro scuole ad indirizzo turistico come una sorta di tirocinio. Il complesso di Prambanan consta di numerosi templi, di cui tre principali, che sono dedicati alla triade Brahma-Vishnu e Shiva. In realtà i templi, anch’essi adornati di splendidi bassorilievi e sculture, erano probabilmente mausolei di antichi re. La struttura, benchè in realtà precedente, ricorda il complesso di Angkor Wat, in Cambogia, e si rivela uno dei top del viaggio in Indonesia, imperdibile.
Un breve volo, già prenotato in precedenza via internet sul sito di AirAsia, ci porta alla seconda parte del nostro viaggio, a Bali. Atterriamo all’aeroporto di Denpasar e da qui raggiungiamo Legian e il nostro alloggio consigliatomi da amici alcuni mesi prima. Purtroppo la guesthouse (Kubu Kauh Beach Inn) sebbene particolarmente economica, non si rivela molto accogliente, le stanze sono a dir poco spartane e la struttura, pur essendo a pochi passi da Legian Street, è situata in un gang laterale e non è facilmente localizzabile dagli autisti o dai taxi. Il personale tuttavia si fa in quattro per assegnarci una stanza leggermente migliore di quella prenotata via mail (se non altro il bagno ha uno specchio e l’acqua corrente c’è tutto il giorno …) e per darci due dritte su cosa fare. La zona di Kuta-Legian e Seminyak è la più turistica di Bali, le tre città sono sostanzialmente attaccate l’una all’ altra e sono molto trafficate e rumorose. Legian street è la via principale che le attraversa e corre parallela alla spiaggia, è disseminata da una marea di negozietti, bar, locali, centri massaggi e ristoranti. Kuta, in particolare, è affollata di turisti australiani amanti del surf e da coloro che amano fare baldoria fino a tarda notte, fra alcool e discoteche. Seminyak è più tranquilla e adatta alle famiglie, Legian una via di mezzo fra le due. A parte l’irrefrenabile vita notturna, non vi è praticamente nulla da visitare (a parte il monumento eretto in memoria delle vittime dell’ attentato del 2002 che sorge dove vi era il Sari Club), il mare non è per nulla attraente, ma dalla spiaggia, enorme, di sera si assiste a degli splendidi tramonti. Due considerazioni: per quanto riguarda il cambio dei soldi affidatevi solamente agli uffici autorizzati, lasciate assolutamente perdere i negozietti turistici che sembrano offrire cambi particolarmente vantaggiosi, cercheranno in ogni modo di fregarvi. Per quanto riguarda il cibo, i ristoranti sono generalmente molto economici e di ottima qualità, ma i veri sapori indonesiani li trovate nei piccoli warung delle vie laterali, chioschetti spesso non particolarmente attraenti, ma che rappresentano il vero top della cucina da strada in Indonesia (in particolare Nasi Goreng, Nasi Kampur, Bebek Goreng, Mie Kuah, la frutta e il pesce sono piatti da provare ad occhi chiusi). Per chi, poi, non può fare a meno della cucina italiana posso consigliare vivamente il Bella Italia, a Legian, gestito da un simpatico ragazzo romagnolo ormai di stanza a Bali, che sforna pasta e pizza veramente ottimi con ingredienti esclusivamente italiani.
Ci affidiamo ad una delle numerosissime agenzie locali per pianificare le escursioni per i due giorni successivi e ci mettono in contatto con quello che sarà il nostro autista (noto che moltissimi affittano scooter o motorini vari, io, francamente, a causa del traffico infernale che c’è, soprattutto nella parte meridionale di Bali, lo sconsiglierei). La prima ci porta alla scoperta di alcune piccole spiagge e baie della penisola di Bukit, all’estremo sud di Bali, non molto distante da Kuta. Balangan Beach è una lunga striscia di sabbia bianca (rara a Bali) ma è molto affollata, decisamente migliori si rivelano le pittoresche insenature di Padang Padang e Blue Point, dove finalmente riusciamo a passare qualche ora di relax e fare il bagno (a Kuta-Legian, a causa delle onde e delle bandiere rosse è quasi impossibile). Nel tardo pomeriggio ci dirigiamo verso Ulu-Watu, dove visitiamo il piccolo tempio e verso sera, ammiriamo uno straordinario tramonto dalla scogliera che scende a picco fra le onde del mare. Mettiamo a dura prova la carica della macchina fotografica prima di ritornare nel frastuono di Kuta.
Il giorno successivo, anche per poter stare maggiormante nella natura e fuori dal caos cittadino, invece, decidiamo di affrontare una escursione di rafting lungo le rapide dell’ Ayung River. L’esperienza, benchè molto turistica, si rivela particolarmente divertente e adrenalinica e ci consente
Di passare una giornata fra cascate, risaie, foreste e canyon.
Il mattino seguente lasciamo Bali meridionale, ci attende la fast-boat che ci condurrà alle Gili Islands. Il biglietto, non particolarmente economico (circa 50 euro), l’abbiamo acquistato nella medesima agenzia con la quale avevamo pianificato le escursioni nei due giorni precedenti. Devo ammettere, tuttavia, che queste imbarcazioni sono confortevoli e sicure (anche se verremo a sapere che pochi giorni dopo su uno di questi traghetti è scoppiato un incendio con alcuni feriti…).
Sbarchiamo a Trawangan, la più grande e più vivace delle tre isole che compongono l’arcipelago, dove ci sistemiamo al Dejavu Hotel a Turtle Beach, una struttura semplice, con camere spaziose e pulite, discreta piscina, personale disponibile e, soprattutto vicinissimo alla spiaggia. Ciò che ci colpisce immediatamente di queste isole è la totale assenza di mezzi motorizzati, non vi sono nè auto nè motorini, e tutti si spostano solamente a piedi, in bicicletta o su carretti trainati da cavalli. Bene! La via principale che costeggia la spiaggia è un susseguirsi di ristoranti, negozietti, alberghi, bar e centri immersioni e, di sera, le opportunità di svago non mancano di certo. Consiglio certamente uno dei numerosi ristoranti che fanno pesce fresco alla griglia, ad esempio Scallywags. La spiaggia, benchè non sia il paradiso tropicale che molte guide vogliono far credere, tuttavia è di un bel colore quasi bianco, l’acqua è pulita e l’atmosfera è comunque rilassante. Proprio sulla spiaggia vi è un piccolo centro di conservazione per le tartarughe marine, dove, in tre grandi vasche di vetro, vengono raccolti e allevati i piccoli di questa specie in pericolo, per poi essere rilasciati nel loro habitat naturale. Lasciamo volentieri alcune rupie come donazione negli appositi box.
Ci accordiamo con un piccolo centro diving per una uscita di snorkelling (discreto, non eccezionale, magari perchè avevo ancora in mente quello ottimo fatto in Malesia l’anno precedente) in 3 o 4 punti attorno a Gili Air e Gili Meno, decisamente più tranquille rispetto a Trawangan, dove sostiamo in un piccolo warung sulla spiaggia per il pranzo.
Il giorno seguente, invece, decidiamo di salire su una sgangherata barca a motore, stipati fra frutta, sacchi di riso e bombole del gas, che attraversa lo stretto e ci scarica a Lombok, nel villaggio di Bangsal. Veniamo prelevati dal nostro autista, contattato tramite un’agenzia di Gili T, si uniscono a noi una coppia di simpatici gallesi, e, non appena usciamo dal villaggio, notiamo che l’isola è decisamente più selvaggia, più “autentica” e meno caotica di Bali (o, perlomeno, della frazione che abbiamo visitato fino ad ora). La nostra gita prevede una passeggiata fra risaie e foreste, seguendo il letto di un piccolo torrente e il crinale delle colline, che ci porta a due cascate molto spettacolari, la seconda, in particolare, ideale per una breve nuotata (l’acqua è gelida), facendo attenzione alle rocce, taglienti ed estremamente scivolose. Pranziamo in un bel ristorantino con terrazza panoramica e, nel pomeriggio, dopo esserci fermati in un negozio di artigianato locale, decisamente economico, sulla via del ritorno, facciamo alcune tappe lungo la costa settentrionale dell’ isola, scattando numerosissime fotografie ai fantastici panorami che le scogliere e le baie ci offrono. Trascorriamo la serata fra i locali della movida di Gili T, tra cui segnalo il Sama-Sama e il Rudy’s Pub, il giorno dopo dobbiamo lasciare l’isola, e tornare su Bali.
La nostra tappa successiva è Ubud, dove abbiamo prenotato l’albergo (Yulia Inn) in Monkey Forest Rd, la via principale di Ubud. Si rivelerà una scelta veramente azzeccata, l’albergo è in posizione centralissima, pulito, con un bel giardino, piscina, camere spaziose e silenziose, personale estremamente gentile e disponibile.
Dedichiamo il pomeriggio ad una prima visita della cittadina, visitando il Palazzo, il tempio adiacente con i bellissimi portali e ficcanasando in alcuni dei numerosissimi negozi di artigianato locale, in particolare le sculture in legno ci appaiono veramente ottime e a buon mercato. Quindi, dopo una bibita fresca (fa molto caldo) ci rivolgiamo ad un piccolo chioschetto di una agenzia del luogo che ci assegna un autista per i giorni successivi e per la visita della parte centrale di Bali.
Estremamente cordiale e simpatico, ci viene ad aspettare, puntualissimo, nella hall dell’albergo, per poi condurci a Tabanan, ai piedi del vulcano Batukau, dove visitiamo il Pura Luhur Batukau, uno dei principali e migliori templi Hindu dell’isola. E’ ancora presto, c’è poca gente, e riusciamo a visitarlo in totale tranquillità e si sentono solamente i canti degli uccelli provenienti dalla vegetazione circostante. Risaliamo in auto e, in un paio d’ ore siamo a Jatiluwih, a mio parere uno dei luoghi assolutamente da non perdere per chi visita Bali, anch’esso patrimonio dell’Unesco. Una serie di verdissime risaie a terrazza circonda i fianchi delle colline, piccoli ruscelli le attraversano e i contadini lavorano nei campi con metodo assolutamente tradizionale. Il cielo è di un azzurro intenso e, passeggiare sui sentieri fra le risaie è estrememente piacevole e si scattano fotografie incredibili.
Ancora in auto, attraversiamo le verdi montagne di Bali centrale, il traffico si fa via via meno intenso, tutt’altro mondo rispetto a Bali meridionale. Dopo una breve sosta panoramica su due laghi gemelli, giungiamo a Munduk dove ci fermiamo in un warung per un veloce pranzo a base di riso, noodles, pollo e frutta, che qui è ottima. Un breve sentiero, circa 20 minuti o poco più, ci conduce ad una piccola cascata per un pò di refrigerio. Comincia a fare più fresco, il cielo non promette nulla di buono e inizia a scendere la nebbia che, ci spiega l’autista, è di norma da queste parti. Giunge cosi l’ultima tappa di questa intensa ma fantastica giornata, il pittoresco Pura Ulun Danau Bratan. Completamente circondato dalle acque del lago omonimo, sorge su un gruppo di isole collegate da piccoli ponti. Il fatto di essere immerso nella nebbia lo rende ancor più spettacolare, cosi come sono fantastici i giardini che si aprono subito dopo l’ingresso. C’è molta gente, tra cui anche un matrimonio locale, ma riusciamo tuttavia a scattare numerose fotografie. A mio parere è il tempio più bello di Bali.
Ritornati a Ubud, diamo appuntamento all’autista per dopodomani, ceniamo in un elegante ma economico ristorante poco distante dal nostro albergo, il Three Monkeys, ottima cena (da segnalare gli involtini di gamberetti e i ravioloni agli spinaci) e poi un paio di birre in uno dei reggae-pub che si trovano poco oltre il campo da calcio, lungo Monkey Forest Rd.
Il mattino successivo lo dedichiamo alla visita del Monkey Forest Sanctuary, una distesa di giungla situata all’angolo meridionale dell’omonima strada, adibita a riserva per i macachi di Bali, simpatiche scimmie, ormai abituate ai turisti che si lasciano tranquillamente immortalare e risultano particolarmente attratte dal cibo, e non esitano ad arrampicarsi sui turisti ed infilare le zampe nelle tasche. Breve passeggiata nelle campagne circostanti e un pò di shopping, la stanchezza dovuta al caldo e alle giornate intense vissute comincia a farsi sentire, per cui al pomeriggio preferiamo rilassarci nella piscina dell’ albergo.
L’autista è pronto per il mattino successivo, deve portarci a Pemuteran, all’estremo nord-ovest di Bali, ultima tappa del nostro viaggio. Il tragitto è lungo, si devono attraversare nuovamente le montagne centrali e giunti in prossimità di Singaraja il traffico è intenso. Non fatevi ingannare dalle dimensioni relativamente piccole dell’ isola, fra Bali meridionale e Pemuteran ci vogliono almeno 5-6 ore.
Giunti in loco ci sistemiamo al Tirta Sari Bungalows, ottima struttura immersa in un lussureggiante giardino, grande piscina circondata dal verde, bagno senza il tetto in cui l’acqua della doccia sembra scendere direttamente dalle foglie delle palme, discreto ristorante e a pochi passi dalla spiaggia. Concordiamo con loro l’ uscita per l’indomani a Pulau Menjagan, siamo giunti fin qui per questo, e dedichiamo il pomeriggio in spiaggia. Pressochè deserta, i turisti sono pochissimi, c’è solo qualche pescatore locale, sabbia di colore quasi nero, ma poco al largo, attorno ad una piattaforma di legno, il fondale è veramente bello.
Pemuteran è un villaggio piccolo, tranquillissimo, ben diverso da Kuta, ciò nonostante vi sono alcuni ottimi ristoranti, un piccolo supermercato e un paio di locali che, di sera, offrono musica dal vivo.
Pulau Menjagan è una piccola isola poco distante, fa parte del Taman Nasional Bali Barat, l’unico parco nazionale dell’isola, circondata da acque cristalline e da una barriera corallina fantastica. I siti per le immersioni e lo snorkelling sono tra i migliori che ho mai visto, visibilità ottima, coralli di varie forme e colori, una miriade di pesci soprattutto al limite quando la barriera scende in verticale nel blu scuro formando una parete spettacolare, dove oltre alle bolle d’aria delle bombole dei sub di sotto, fanno capolino anche branchi di pesci di discrete dimensioni.
E’ l’ultimo giorno e purtroppo, dopo una mattinata passata in piscina, ci aspetta nuovamente il nostro bravo autista per ricondurci all’ aeroporto. Questa volta il traffico sembra meno intenso, e abbiamo il tempo per la visita ad un piccolo mercato di frutta fra i monti dove acquistiamo alcune banane e uva per il viaggio e, giunti nuovamente nei pressi di Ubud, veniamo invitati a casa sua, dove la moglie, intenta ad intagliare e dipingere oggetti in legno nel suo piccolo laboratorio artigiano, ci offre caffè e dei dolcetti a dir poco deliziosi.
Ultimi km nel traffico attorno all’aeroporto, ci salutiamo e, dopo poche ore, il nostro volo AirAsia ci conduce a Gjakarta e, di qui, a casa, stanchi, sicuramente, ma estremamente soddisfatti.