Visitare il Friuli Venezia Giulia e respirare la sua “aria”
Questa volta il ruolo di “grimaldello” l’ha svolto Aria di Friuli Venezia Giulia, il festival diffuso che ha coinvolto la festa di San Daniele del Friuli, un evento che non si può liquidare semplicemente come la festa del prosciutto crudo, tanto imponenti sono le sue dimensioni e importanti i nomi coinvolti negli spettacoli, e i percorsi gastronomici e culturali volti alla scoperta dei dodici comuni limitrofi.
Tenendo come base il paese di San Daniele del Friuli abbiamo visitato in un weekend parte del patrimonio del territorio che lo circonda, scoprendo delle vere e proprie eccellenze nazionali.
Partiti nella tarda mattinata del venerdì siamo arrivati a San Daniele nel pomeriggio e la prima tappa non poteva non essere la visita ad uno dei numerosi prosciuttifici della zona. L’addetto alla qualità dello stabilimento Nuova Mondial ci ha illustrato tutti i processi produttivi dell’azienda, da quando arriva la carne macellata all’accurata selezione, dall’importantissima salatura e fino alla sala della stagionatura alle cui pareti si aprono le caratteristiche finestre strette ed alte che permettono all’aria di entrare e di perfezionare il lavoro dell’uomo sin lì svolto. Questo è il vero segreto del prosciutto San Daniele, il microclima del luogo formato dalle correnti di aria calda e fredda provenienti dal mare e dalle montagne poco distanti.
Terminata la visita ci siamo diretti verso il centro di San Daniele e più precisamente in via Roma a due passi dalla piazza di Pellegrino da San Daniele per scoprire l’antico tesoro di inestimabile valore custodito nel cuore della città: la Biblioteca Guarneriana. San Daniele del Friuli possiede la prima biblioteca del Friuli e una delle prime dell’intera nazione. Guarnerio d’Artegna nei primi nel XV secolo ne è stato il suo fondatore e poco prima di morire donò alla comunità del paese ciò che nel corso di decenni aveva accumulato sui suoi scaffali e cioè un’insieme di 173 manoscritti affinché fossero di dominio pubblico e chiunque ne potesse usufruire.
L’odore dei secoli di cui è impregnata la carta di questi volumi è qualcosa di straordinario, così come la vista dei brillanti colori delle miniature che ne decorano i capolettera.
La mattina seguente abbiamo programmato visita e colazione presso la Latteria Sociale di Muris, piccolo paese a pochi chilometri da San Daniele.
Dopo una breve introduzione sulla storia degli allevatori che da secoli portano al pascolo il loro bestiame sulle colline che circondano Muris, siamo entrati negli ambienti della latteria scoprendo cosa avviene una volta che viene consegnato il latte in mano al casaro. Sarà perché quando ero bambino spesso facevo visita al caseificio vicino casa dei miei genitori nella campagna modenese, ma fatto sta che il mondo del formaggio mi ha sempre affascinato.
Per nostra grande fortuna al termine della visita praticamente tutto il paese di Muris, alpini compresi, ci stava attendendo nel giardino di fronte per assaggiare ciò che di squisito viene realizzato nella latteria e cioè formaggio, ricotta, yogurt, più vari prodotti e piatti tipici della tradizione contadina friulana come la frittata con erbe e l’immancabile polenta. Il tutto innaffiato da latte e, altrettanto immancabile, vino bianco.
Il nostro tour è proseguito verso Ragogna, e più precisamente verso il suo castello sede dello Scriptorium Foroiuliense, associazione culturale nata nel 2012 dedicata all’insegnamento dell’arte calligrafica. A fianco delle aule didattiche della Scuola Italiana Amanuensi abbiamo visitato l’Opificium Librorum (possibile solo su prenotazione), una sorta di piccolo museo vivente in cui ammirare gli antichi mestieri del cartaio, legatorista, miniaturista e amanuense. Varcando la soglia sembra quasi di essere sul set del film “Il nome della Rosa”. Tra queste antiche mura vengono realizzate opere di pregiatissima fattura, tant’è che tra i committenti e clienti anche la Santa Sede e la regione Friuli Venezia Giulia, per la quale è stato realizzato il logo ufficiale di Expo. L’arte amanuense non è qualcosa di morto e senza futuro, anzi, sembra quasi che in un’epoca come i giorni nostri, dominata dall’“usa e getta” riscoprire gli antichi mestieri, scanditi da ritmi completamente diversi, sia una sorta di salvezza.
Dai bastioni del castello rimaniamo affascinati nel vedere il corso del fiume Tagliamento che, completamente libero da argini, punta placido verso valle con il suo colore azzurro ghiaccio.
Da un castello all’altro: quello di Fagagna. O almeno quello che ne resta. Abbiamo consumato un ottimo pranzo nel giardino del ristorante San Michele che sorge a fianco della chiesa costruita sulle fondamenta del castello di Fagagna. Il castello fu realizzato in epoca medioevale e abbandonato agli inizi del XV secolo quando ormai risultava obsoleto ed inutile in favore del borgo che andava formandosi lungo le pendici del colle, ancora aggi visitabile e molto suggestivo. Dell’edificio oggi rimangono solo un rudere e una delle torri adattata in seguito a campanile.
La visita a Fagagna è continuata nel pomeriggio al Museo della Vita Contadina Cjase Cocel. In una struttura agricola, parte della quale risalente al 1600, è stato realizzato un’interessante progetto didattico che consiste nel ricreare gli ambienti che costituivano le abitazioni dei contadini tra l’800 e il ‘900, ma non solo. Come nel caso dell’Opificium Librorum anche qui è stata utilizzata l’idea di creare un museo vivente, quindi passeggiando tra le stanze e i vari edifici che compongono la struttura si incontrano uomini e donne all’opera in mestieri ormai dimenticati come il fabbro con incudine e martello, la merlettaia, la filatrice. Ogni particolare è stato studiato e realizzato con estrema cura. Questo museo è caldamente consigliato non soltanto per chi quel periodo storico l’ha vissuto e vuole rivivere un pomeriggio nostalgico, ma anche e soprattutto per chi, come i bambini, non lo conoscono e ignorano le proprie origini.
Il comune di Fagagna oltre al percorso storico offre al possibilità anche di immergersi nella natura attraverso l’Oasi dei Quadris. Nata attorno ai laghi formatisi negli scavi rettangolari (ecco l’origine del nome “quadris”) utilizzati dall’antica fornace della zona per estrarre la torba, combustibile per la cottura dei mattoni, questa oasi naturalistica è la sede di una associazione onlus il cui scopo è custodire gli animali ospitati e proporre iniziative volte all’educazione ambientale dei visitatori, in special modo dei più piccoli. I protagonisti dei Quadris, oltre alle varie specie di uccelli, sono le cicogne e gli ibis, che grazie al lavoro e alla passione dei volontari dell’associazione sono tornati a ripopolare queste terre.
Avendo a disposizione solo una mattina, quella della domenica, ultimo giorno per noi qui in terra friulana, abbiamo optato per qualcosa di davvero originale: la Scuola di Mosaicisti Friulani di Spilimbergo.
È stata davvero un’esperienza stupenda essere guidati nelle aule e nei corridoi di questo istituto in cui tradizione e innovazione non sono mai stati così tanto in armonia. Una delle professoresse ci ha spiegato in breve la tecnica utilizzata per realizzare un mosaico tradizionale e qualche trucco del mestiere. Vederla lavorare armata di tessere, pinzette e mazzetta è stato un vero spettacolo. La visita è continuata attraverso le tre diverse sezioni della scuola, ognuna dedicata ad uno degli anni scolastici, i primi due improntati all’insegnamento della tecnica mentre l’ultimo alla ricerca e allo sviluppo della creatività.
La Scuola Mosaicisti racchiude forse in sé tutto lo spirito friulano, custode della tradizione con i piedi ben piantati nel presente e gli occhi rivolti verso il futuro.
Questa è l’aria che si respira in Friuli Venezia Giulia.