Malta, porta d’ingresso sul Medio Oriente poco considerata dall’Occidente
Ho un amico a Malta, Dave. È originario del sud dell’isola ma i suoi ora stanno a Mellieha; subito dopo aver girato un po’ il mondo, ha deciso di tornare e stabilirsi a Naxxar, più o meno al centro del paese. Mi accoglie appena atterrato all’aeroporto e per ore lo tedio col concetto di armonia, unica cosa che io sia riuscito a cogliere nei primi 2 minuti di stupore visivo. Non esiste costruzione che appaia come fuori luogo e neppure slegata dal contesto in cui come una perla è incastonata. Il territorio, spesso brullo ed arido, mischia abitazioni, strutture alberghiere, piccoli negozi e rocce di diverse gradazioni, dall’ocra al bianco, in una continuità visiva ed emozionale meravigliosa.
Dalla zona a sud dell’isola ci spostiamo a nord, e dopo aver posato le valige a Naxxar, ripartiamo in direzione Mellieha, passando accanto al Popeye’s Village – set di un film realizzato alla fine degli anni ’70 – nella baia di Anchor. Dopo una breve sosta sulla spiaggia del villaggio di Mellieha, afferriamo un paio di tipici panini pomodoro, cipolla, tonno e olive verdi e birra cisk e tentiamo di fare un bagno in una delle calette della zona ma senza successo, a causa del vento incessante. Nel tornare verso Naxxar, in serata passiamo accanto all’impressionante “Rotonda” (quarta cupola più grande d’Europa) della chiesa di Mosta dedicata a Santa Maria Assunta. In serata passeggiamo per i vicoli silenziosi dell’antica capitale, Mdina, per l’appunto città del silenzio. Città murata davvero magnifica, soprattutto se rischiarata dal buio dalle poche luci giallognole che mettono in risalto i nobili palazzi normanni e le antiche mura saracene. Da un caffè osserviamo il panorama verso il sud dell’isola, riempiendoci lo stomaco con dell’ottima zuppa di verdure.
A La Valletta, dedichiamo il secondo giorno. Facciamo breccia fra le sue alte e scoscese mura verso le 12.00, facendo molta fatica a parcheggiare. Lasciando l’auto a livello del mare, ci gustiamo i bassi gradini, fatti apposta per facilitare la mobilità dei cavalieri, che conducono all’Upper Baracca: un balcone da cui si vedono distintamente le Tre Città (Senglea, Vittoriosa e Cospicua) e da cui ogni giorno a mezzogiorno i cannoni sparano verso il mare. Da qui, con un paio di Imqaret in mano – pasta fritta ripiena di datteri – scendiamo verso il nuovo municipio progettato da Renzo Piano, per ora in fase di rifinitura, verso Republic Street. La via centrale, ospita la vita della capitale. Passiamo tra il palazzo in cui visse Sir Samuel Taylor Coleridge e la biblioteca, diretti al Palazzo del Grandmaster che ospita l’armeria. Una delle più grandi, complete e dettagliate mostre di armi antiche del mondo, certamente merita la nostra visita. Usciti da lì, siamo assaliti dalla fame e invece di cedere alle tentazioni dei costosi ristoranti del centro, ci infiliamo in un bar-gastronomia e dividiamo piatti di maccheroni al forno (imqarrun), pastizz ripieno di spinaci, ricotta, olive verdi e alici, bigilla (fagioli di Djerba frullati), zalzett (salsiccia cruda aromatizzata al coriandolo) e alcune bruschette. La birra locale è molto buona, si può scegliere tra la bionda Cisk, e la scura Blue Label, entrambe davvero niente male. Oltre a queste, nei pub servono ottime birre inglesi, Guinness, bibite al sidro tipo Strongbow. Consigliatissimo il chinotto, estratto dagli agrumi coltivati sull’isola. Dopo pranzo, visitiamo l’imponente cattedrale barocca dedicata a San Giovanni – ingresso a pagamento, ne vale davvero la pena – dalle 9 cappelle, una per ogni nazionalità dei cavalieri che dal 1530 furono chiamati dal regno di Sicilia a difendere l’isola dall’impero ottomano. Nell’oratorio fa bella mostra il Caravaggio della “Decollazione di San Giovanni Battista”. Riprendiamo l’auto e ci spostiamo verso il quartiere più upper-class della città, St. Julian’s. Qui giriamo qualche locale e alla fine ci fermiamo a bere e a farci un fish&chips in un paio di pub inglesi, vedendoci l’immancabile partita di calcio del campionato inglese.
Il giorno successivo ci imbarchiamo in auto dal porto di Ċirkewwa e raggiungiamo il Mġarr Harbour di Gozo, scorgendo lungo il tragitto Comino e la sua impressionante Blue Lagoon. Appena sbarcati, mi rendo conto che Gozo è ancora più selvaggia di Malta, e se possibile pare che il già lento ritmo del vivere scenda a livelli ancora più bassi. Facciamo tappa nel primo paese che abbia una bottega ben fornita di Gbejniet (piccole ricotte fresche o stagionate, prodotte artigianalmente con latte di pecora non pastorizzato), le acquistiamo insieme a gallette e poi gustiamo il tutto, insieme ad altri pastizzi acquistati in un antico panificio dall’enorme forno – leggermente diversi da quelli maltesi – sulla spiaggia mozzafiato della Baia di San Blas. Scendendo e risalendo le ripidissime stradine che portano alle calette, non posso fare a meno di notare i terrazzamenti coltivati, irrigati dall’acqua di sorgente che viene pescata mediante il sapiente utilizzo di piccoli mulini a vento. Ovunque si calpesti, forti aromi di piante officinali salgono dal terreno: non sono in grado di riconoscerle tutte, ma timo, malva e salvia sono ovunque. Scendiamo a bere una Cisk al chiosco appena sotto alla grotta che si dice sia stata un tempo il rifugio della ninfa Calipso.
Poi proseguiamo verso la baia di Mgarr ix-Xini, un paradiso per bagnanti e sommozzatori, dove la coppia Brad & Angelina hanno da poco concluso le riprese del loro lungometraggio “By the sea”. Dopo un veloce tuffo – l’acqua è gelida per me, un po’ meno per Dave che si fa una bella nuotata ristoratrice – ci fermiamo al chiosco a mangiare forse il miglior pesce della mia vita. Consigliatissimo, Mgarr ix-Xini offre il pescato cucinato con la sola acqua di mare e spezie. Gustiamo gamberi, gamberetti e seppioline, e dopo il contorno arriva anche la spigola; il tutto poco cotto in modo che il sapore fresco del pesce arrivi diretto senza intoppi. Riusciamo anche ad assaggiare del buon bianco maltese, ma sfortunatamente non quello locale. Chapeau. Appena finito di mangiare sono le 4: qui il posto giusto in cui tenere l’orologio è in fondo al mare. Visitiamo il sito megalitico di Gġantija, il tempio più antico al mondo tra i pochi rimasti in piedi. Ottime le sale del museo, le tavole illustrative e di grande effetto la visione finale dell’edificio risalente a 5600 anni fa (costruito 2000 anni prima di Stonehenge). Per ultima teniamo la visita alla città più importante di Gozo: Rabat, Victoria per gli inglesi. Grandi lavori di ristrutturazione stanno cambiando il volto del centro storico. La cittadella fortificata è davvero impressionante per via di camminamenti lungo le mura e di vista che si può godere dalla fortezza.
Facciamo ritorno a Malta dopo essercvi gustati il tramonto a Dwejra, dalla sommità di un monte che sovrasta La Azure Window. Inutile cercare di spiegare la magnificenza dell’arco in pietra, meglio vederlo coi propri occhi. Torniamo con uno degli ultimi battelli della sera e decidiamo di assaggiare in un piccolo pub vicino a casa una discreta selezione di scotch single malt, testimonianza ancor più vivida della presenza dell’animo inglese sull’isola. A riprova di ciò, ha dell’incredibile che quasi ogni team di calcio inglese, oltre che ai principali italiani, abbiano qui a Malta un fanclub. Da una parte Albione, le sue squadre e il partito laburista, dall’altra la Sicilia, l’Italia, la juve, il milan e l’inter e il partito nazionalista.
Ultimi scampoli di vacanza al sole. Oggi apriamo con un’abbondante english breakfast che mi terrà in piedi fino al mio ritorno a casa nel tardo pomeriggio. Ci dirigiamo sulla costa che ancora non abbiamo esplorato, quella ovest. Da questa parte, non di rado si avvistano squali e qualche volta qualche sub ne ha fatto persino le spese. Visitiamo la caletta di Dingli e l’altissima scogliera in direzione sud, verso lo scoglio di Filfla. Beviamo le ultime cisk al Blue Grotto, poi un po’ mestamente riprendiamo l’auto e ci dirigiamo verso il centro di detenzione migranti, intorno al quale nel tempo si è creata una vera e propria comunità di immigrati che hanno colonizzato la zona immediatamente a ridosso del porto commerciale dell’isola. L’ultima tappa è riservata a Marsaxlokk, antico villaggio di pescatori in cui è sempre giorno di mercato.
Riparto a malincuore con la convinzione che dietro l’apparente arretratezza e conservatorismo cattolico di queste isole vi sia una società molto più moderna e complessa di quanto l’Europa continentale non sia in grado di scorgere. Accanto al recente diritto al divorzio – ottenuto solo qualche anno fa – e al divieto di praticare interruzioni di gravidanza, è molto facile disconoscere il costante impegno di questa gente nel mantenere intatto il fragile equilibrio ecologico-commercial-turistico dell’isola. E per una nazione che ha fondamentalmente voltato le spalle all’industrialismo puntando tutto sul turismo e l’informatica, non mi sembra davvero poco.