Un assaggio di Normandia e Bretagna

Due terre differenti l’una dall’altra ma con in comune il profumo del mare che pervade l’aria, le alte onde dell’oceano che esplodono su scogliere impervie, la luce tagliente di fari solitari che fende le nuvole...
Scritto da: tus-operator
un assaggio di normandia e bretagna
Partenza il: 22/08/2014
Ritorno il: 25/08/2014
Viaggiatori: 2
Spesa: 500 €
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Normandia e Bretagna… due terre differenti l’una dall’altra ma con in comune il profumo del mare che pervade l’aria, le alte onde dell’oceano che esplodono su scogliere impervie, la luce tagliente di fari solitari che fende le nuvole e villaggi tranquilli immersi tra distese d’erba verde. E, ancora, il bizzarro fenomeno delle maree che qui si rivela in tutta la sua straordinaria potenza ed imprevedibilità.

Queste due regioni a nord della Francia, così diverse e, nonostante tutto, anche piuttosto simili, sembrano voler rivaleggiare in bellezza. Quale delle due farà maggiormente breccia nel vostro cuore curioso da turista?

Era da molti anni che desideravo visitare queste terre così, in occasione di alcuni giorni di ferie a fine agosto, mi sono messo alla ricerca di informazioni ed ecco prenotato il volo Ryanair da Bergamo a Paris-Beauvais. Abbiamo solamente quattro giorni a disposizione. Una vera miseria data la quantità di villaggi, scogliere, porticcioli, castelli e chiese da visitare. La mia cocciutaggine mi spinge a voler visitare entrambe le regioni nonostante il poco tempo a disposizione e così proseguo imperterrito per la mia strada. Già prima di partire, quando avevo ormai già prenotato i b&b e organizzato tutto l’itinerario, mi ero già pentito della gran quantità di cose inserite nel programma ma ormai il dado era tratto. Se avete, come noi, pochi giorni a disposizione, limitatevi a visitare la Normandia, più vicina da raggiungere dall’aeroporto, e di spingervi al massimo agli inizi della Bretagna visitando, per esempio, giusto Saint Malo e Cap Fréhel.

Organizzare il viaggio, quindi, si è rivelato più difficoltoso del previsto data la gran quantità di attrazioni che offrono Normandia e Bretagna. Alcune le visiterete in pochissimo tempo e richiederanno giusto un’oretta di tempo. Però è così bello fermarsi a gustare una burrosissima crêpe o sedersi sulle scogliere ad osservare il mare che è consigliabile avere un programma non troppo serrato (come era il mio!).

Alcune tappe del nostro tour sono state purtroppo inevitabilmente tagliate per mancanza di tempo. Ad ogni modo, nonostante i chilometri macinati nel nostro peregrinare, il viaggio è stato bellissimo e abbiamo visitato dei luoghi davvero suggestivi e pittoreschi. Specialmente in Normandia, inoltre, gli spostamenti lungo le provinciali sono di per sé la parte più bella del viaggio perché permettono di attraversare piccoli e deliziosi villaggi e di vagare per le verdissime campagne disseminate di fattorie e di mandrie di vacche al pascolo.

Il programma di viaggio è stato il seguente:

PRIMO GIORNO

– Rouen, con il bel centro storico e la sua splendida cattedrale dipinta più volte da Monet; – le bianche ed incredibili scogliere di Etretat;

– il pittoresco porticciolo di Honfleur;

SECONDO GIORNO

– Dinan, con il suo centro storico medievale;

– il borgo di Locronan dove il tempo si è fermato (tappa a Quimper saltata per mancanza di tempo);

TERZO GIORNO

– il grottesco calvario nei pressi di Guimiliau;

– le superbe scogliere sulla Manica a Cap Fréhel;

– la fortezza sul mare di Fort la Latte;

– Saint-Malo, cittadina fortificata di corsari;

QUARTO GIORNO

– l’infinito fascino di Mont Saint Michel;

– le spiagge del D Day, luoghi della memoria. Il bello del viaggio, tenetene conto, sta anche nelle graziose strutture in cui pernottare. Il mio consiglio è di fermarvi assolutamente nei bed&breakfast (che qui si chiamato Chambres d’Hôtes) perché hanno prezzi assolutamente ragionevoli e sono ospitati quasi sempre in dimore storiche, fattorie o casette caratteristiche. Sono assolutamente incantevoli, avrete l’imbarazzo della scelta (ce ne sono moltissimi) e i gestori sono davvero delle persone squisite. Se trovo quello che ha diffuso la voce che i francesi sono antipatici e altezzosi, lo inviterei caldamente a visitare queste zone.

Le persone che abbiamo incontrato sono state tutte particolarmente gentili e disponibili. Coloro che abbiamo incontrato nei locali, nei b&b e persino lungo la strada si sono rivelati estremamente sorridenti e cortesi tanto da attaccare spesso bottone per scambiare due parole (rigorosamente pronunciate lentamente in modo da farsi capire). Il noleggio di un’auto è ovviamente indispensabile se avete pochi giorni a disposizione e se volete spostarvi in autonomia. Presso l’aeroporto troverete numerose compagnie di noleggio ma, essendo tutte piuttosto piccole (non hanno molti mezzi liberi in deposito), vi consiglio di prenotare da casa. Affidatevi a siti come enoleggioauto.it ed economycarrentals.com che solitamente offrono prezzi davvero concorrenziali. Veniamo adesso al racconto di viaggio vero e proprio.

PRIMO GIORNO (venerdì 22 agosto)

Il nostro volo Ryanair parte da Orio al Serio (Bergamo) alle 6.30 della mattina. Dopo circa 1.30 ore arriviamo all’aeroporto di Paris-Beauvais dove ritiriamo subito da Sixt l’auto precedentemente prenotata in Italia. Impostato il navigatore (sempre utilissimo!), puntiamo subito verso Rouen, la capitale della Normandia. Buona parte del percorso non è su strade a scorrimento veloce così ci ritroviamo ad attraversare splendidi paesaggi fatti di dolci colline verdissime e puntellate, qua e là, da enormi vacche da latte al pascolo. Prima di scoprire che l’area ne è veramente piena, continuiamo ad accostare ai margini della strada per scattare fotografie. Si incontrano anche piccoli villaggi, quasi tutti piuttosto pittoreschi con i campanili gotici che sbucano dai tetti di case a graticcio. Vogliamo fermarci a fare colazione in qualche pasticceria dove assaggiare un dolcetto tipico ma fatichiamo parecchio a trovarne una lungo il percorso. Arrivati, infine, in un paesello nel giorno di mercato e decidiamo di fermarci. I banchi sono pieni zeppi di vestiti e generi alimentari tipici della zona. Di pasticcerie o bar dove sedersi con calma nemmeno l’ombra! Ci sono fornai e brasserie ogni 50 metri ma uno non ha tavoli e l’altro non ha brioches. Uffa! Ma mi sa che qui funziona così. Addirittura qualche signora alla brasserie si è portata la colazione dal mercato e si beve tranquilla il suo caffè. Noi non osiamo, così beviamo un caffè al banco (è lunghissimo e acquoso!) e poi puntiamo su un fornaio dove prendiamo delle immense brioches che profumano di burro. Giorgio, che si era portato appresso solo dei calzini corti, si ferma ad un banco per acquistare dei calzettoni pesanti. Qui fa freddo, non è come da noi in Italia! Bene, ora siamo pronti per riprendere il viaggio e raggiungiamo finalmente ROUEN (senza soste, dall’aeroporto calcolate circa 1.20 ore di viaggio), la dama più bella ed importante del gran ballo delle tappe turistiche della Normandia. La fama di questa città viene da un elaborato intreccio tra le belle case a graticcio del centro storico (se ne contano circa 200), le vicende che portarono al rogo Giovanna d’Arco nella Place du Vieux Marché e la splendida facciata della Cattedrale di Notre-Dame, più volte ritratta da Monet.

Rouen è un ottimo punto di partenza per andare alla scoperta di questa splendida regione in quanto racchiude in se un anticipo dei vari tesori che incontrerete nel vostro viaggio. Inizio la visita della città partendo dal Musée des Beaux Arts (orario di apertura 10-18; ingresso 5€). Solitamente non è proprio la prima tappa per chi visita di Rouen ma, avendo parcheggiato in zona, abbiamo deciso di cominciare con le sue opere d’arte. Il museo è molto bello, ben organizzato ed ospita una ricca collezione di quadri impressionisti, sculture, disegni e opere d’arte dal XVI al XXI secolo. Una brochure, che vi verrà consegnata all’acquisto del biglietto, vi condurrà alla ricerca delle opere più famose tra cui quadri di Monet, Renoir, Sisley, Rubens, Caravaggio, Velasquez, Delacroix, Modigliani e via discorrendo. Assolutamente imperdibile. Anche se non siete degli intenditori (come me) non si può non rimanere incantati davanti a tanta bellezza! La cultura mette anche fame così puntiamo verso un invitante fornaio dove ci lasciamo convincere ad assaggiare una via di mezzo tra una pizza ed una torta salta con tanto di pancetta, cipolle e formaggio. Si rivelerà essere una scelta poco saggia in quanto la digestione di questo “mattone” assorbirà buona parte delle nostre energie. Ci dirigiamo verso il centro storico circumnavigando il bel Palais de Justice, un imponente edificio in stile gotico flamboyant pieno zeppo, man mano sale lo sguardo, di guglie, doccioni e statue. E’ interessante osservare, sul fianco sinistro, i danni subiti durante la seconda guerra mondiale e che, a memoria di ciò che avvenne, non sono stati volutamente riparati. Le stradine del centro storico, tutte acciottolate, ci conducono fino ai piedi del Gros-Horloge, uno dei monumenti più celebri della città. Si tratta di una costruzione rinascimentale con un arco che attraversa l’omonima via e con un grande orologio su ambo i lati che mostra le divinità della settimana e le fasi della luna. E’ possibile anche visitarlo internamente (orario di apertura 10-13 e 14-19; costo ingresso 6€). La lunga via che da qui conduce alla Cattedrale di Notre-Dame è interamente fiancheggiata da bellissime casette a graticcio con all’interno negozi e botteghe ed è molto trafficata. Qua e là si trovano anche bancarelle con dolci locali. Ahimé non riusciamo a resistere e il burro, onnipresente nei dolci del nord della Francia, si aggiunge a cipolle, formaggio e lardo! Gasp!

La Cattedrale di Rouen (orario apertura 9-19; ingresso gratuito), uno dei più begli esempi di gotico francese, ci si presenta davanti in tutto il suo splendore (anzi, in metà del suo splendore poiché è in buona parte avvolta dalle impalcature). Infinite decorazioni scolpite nella pietra la rendano un immenso e prezioso merletto che si staglia verso il cielo. Non siamo di certo i primi a rimanere ammaliati da tale edificio. Molto prima di noi, lo stesso Monet ne rimase tanto colpito da ritrarne la facciata in una trentina di tele! Percorrendo piacevoli viette, la nostra visita prosegue verso la gotica e ben ripulita Eglise Saint-Maclou (orario apertura 10-12 e 14-18; ingresso gratuito), che troviamo chiusa essendo orario di pranzo, e ci dirigiamo verso l’Aitre Saint-Maclou (orario di apertura 9-19; ingresso gratuito) che si trova proseguendo sulla sinistra della chiesa. Passando sotto un porticato, tra antiche e bellissime casette, si raggiunge l’interno di questo strano e lugubre chiostro. Si tratta, in effetti, di un ossario medievale dove venivano sepolte le vittime della peste. Le case che si affacciano su questo cortile sono tutte uguali e hanno un aspetto decisamente spettrale con le loro sculture di teschi, tibie incrociate, attrezzi da becchini e perfino l’antica carcassa di un gatto nero. Imperdibile. Il nostro percorso circolare di Rouen volge quasi al termine. Visitiamo esternamente la solenne e scura Abbatiale Saint-Ouen (orario di apertura 10-12 e 14-18; ingresso gratuito), anch’essa in stile gotico (quanto mi piace!) ma che avrebbe bisogno di una bella ripulitura. Tornati al punto di partenza, sostiamo nel piazzale antistante il Musée des Beaux Arts in un café per un veloce spuntino (le vacanze mettono fame!) e ripartiamo per la nostra tappa successiva. Rouen è bellissima e merita assolutamente una visita (calcolate almeno 3 ore se state facendo le cose di fretta). Vi consiglio però di programmarla come prima tappa di un viaggio in Normandia in quanto forse, al termine di un tour della regione, potreste non trovarla così entusiasmante (i piccoli e deliziosi villaggi hanno un’atmosfera tutta particolare rispetto a questa “grande” città). E sarebbe davvero un grosso peccato!

Riprendiamo il viaggio in auto risalendo sempre più verso nord-ovest finché non raggiungiamo ETRETAT (durata viaggio da Rouen circa 1.15 ore). Mi piace pensare che, in un antico duello tra terra e mare, ad Étretat vinse la terra. Ma non senza riportare i segni devastanti di tale lotta. Questo meraviglioso villaggio di pescatori, si trova infatti tra due imponenti e bianche scogliere che, alla sua destra e alla sua sinistra, dominano trionfanti sul mare. Étretat è sicuramente una delle più belle cartoline di questo angolo di Francia ed una delle più fotogeniche immagini delle coste selvagge affacciate sulla Manica. Non a caso, infatti, è stata immortalata da numerosi artisti (uno tra i tanti è Monet), affascinati dalle meraviglie create qui dalla natura. Raggiunto l’abitato, ci dirigiamo subito verso la Falaise d’Amont, l’unica raggiungibile in auto (non vi sono orari di chiusura), dalla sommità della quale è possibile ammirare uno splendido panorama sul villaggio, sul mare e sulle scogliere. Quassù si trova un ampio parcheggio a pagamento (ma la sbarra sembra non funzionare quindi la sosta parrebbe gratuita) e alcuni parcheggi liberi. Un forte vento proviene dal mare e tiene lontane le nuvole che, ogni tanto, cercano di oscurare il sole. Sotto il nostri piedi la falesia scendere verticale fin verso il mare. Una bella chiesetta, in stile neogotico, sembra essere stata edificata lì per sorvegliare sulla bellezza della natura che si sprigiona, potente, tutta intorno ad essa. Facciamo due passi lungo il sentiero della scogliera cercando i punti panoramici più belli per osservare la Falaise e la Porte d’Aval, il vero gioiello di Étretat. Si tratta di un arco dalla perfetta armonia che pare emergere dall’acqua. Sembra quasi l’elegante proboscide di un bianco elefante. Essa si trova esattamente sul versante opposto del paese e da quassù la si può ammirare in tutto il suo splendore, anche se appare un po’ lontana. Proseguiamo lungo il sentiero, stando ovviamente attenti a dove mettiamo i piedi perché quassù non ci sono molte protezioni e la sicurezza è data dal buonsenso dei visitatori. Oltre a belle vedute della scogliera sottostante e del mare, di un intenso blu, si vedono anche piccole baie e spiagge dove qualcuno sta passeggiando approfittando della bassa marea. Il luogo è tanto bello che, nonostante il poco tempo a disposizione, non ce ne vogliamo andare così rapidamente come avevamo pianificato. Salire sulla Falaise d’Aval sarebbe impossibile perché la passeggiata richiederebbe sicuramente almeno un’oretta di tempo (raggiungere la sommità non sarebbe un problema ma, proseguire poi lungo il sentiero per avere una visuale ottimale della falesia con il sole che tramonta, richiederebbe molto più tempo) e noi non ne abbiamo. Decidiamo quindi di fare un salto veloce sulla spiaggia del villaggio. Troviamo per casuale fortuna un parcheggio libero (anche se sono a pagamento è quasi impossibile trovarne) nella zona occidentale del paese, quella più turisticamente frequentata perché, dove finisce il lungomare, parte la scalinata e il sentiero che sale verso la Falaise d’Aval. Tra le alghe lasciate sulla riva dalla marea, simili a spinaci, saltella qualche bambino. E non è l’unico ad immergere i piedi nel mare o a godersi la tintarella (ma non è certo paragonabile alla vita da spiaggia a cui siamo abituati noi italiani!). Il tepore dei raggi del sole, infatti, ha attirato molti turisti che se ne stanno seduti sui ciottoli ad osservare il mare. Lungo le scogliere, invece, dove il silenzio è rotto solo dal vento, vola qualche gabbiano. Il fascino di questa spiaggia mi ha conquistato. Di motivi ce ne sarebbero infiniti ma vediamo di indicare almeno quelli che mi hanno colpito maggiormente. Prima di tutto viene il punto di osservazione. Dal livello della spiaggia, su entrambi i lati, si innalzano spettacolari le scogliere della Costa d’Alabastro. Sulla destra c’è la falesia d’Amont con la sua chiesetta e, dall’altra, la falesia d’Aval con il suo arco. In secondo luogo, la spiaggia è devastata, per un buon tratto, da ammassi di alghe simili a spinaci. La prima reazione è “oh che schifo” ma poi, avvicinandosi curiosi, il pensiero diventa “ma dai che cosa strana”. Si tratta di piante che sono riuscite a sopravvivere al beffardo comportamento della marea. Ora sono scoperte e sono davvero curiose. Qua e là si osservano bambini saltellare tra le alghe. Ovviamente ci provo pure io e… sono morbidissime! Sembrano dei cuscini! Il terzo motivo per il quale questa spiaggia è spettacolare è dovuto ai ruscelletti d’acqua che sgorgano, inaspettati, sotto i ciottoli. L’acqua fuoriesce a caso, creando poi dei piccoli corsi d’acqua che scendono verso il mare. Rimpiangiamo di non esserci fermati di più. Ci sarebbero state un mucchio di cose carine da fare ad Étretat, una su tutte la camminata sulla falesia d’Aval. Ma dobbiamo guardare avanti, altre tappe della Normandia ci stanno aspettando. Scendiamo lungo la costa, attraversiamo l’imponente Pont de Normandie (una meraviglia dell’ingegneria) e, dopo poco, raggiungiamo la piccola e graziosa cittadina marinara di HONFLEUR (durata viaggio da Etretat circa 45 minuti). Si tratta di un luogo che, nonostante l’incessante afflusso di turisti, è in grado di trasmettere immediatamente il sapore antico e glorioso della sua storia, da sempre legata al mare. In questo villaggio, come in tutta la Normandia, il tempo è spesso imprevedibile. Il cielo cupo e grigio sopra la nostra auto, invece, non lasciava molto all’imprevedibilità dato che l’acqua scendeva a secchiate. Parcheggiamo il più possibile in prossimità del centro cittadino e, ombrello alla mano, ci dirigiamo alla scoperta delle meraviglie di questo luogo. Non a caso ritenuto uno dei porticcioli più attraenti di Normandia (e addirittura di tutta la Francia), Honfleur è un susseguirsi di casette dalle facciate caratteristiche, stradine pittoresche, gallerie d’arte (ma quante sono?), café all’aperto, piccole boutique, moli, imbarcazioni storiche e, ovviamente, interessantissimi monumenti. Lo sguardo corre in tutte le direzioni ma occorre mettere un po’ di ordine. Il punto più interessante è sicuramente il Vieux Bassin, l’antico porto voluto da Luigi XIV sul quale si affacciano splendide case colorate e a graticcio. Se vi aggiungete poi le imbarcazioni storiche che galleggiano nelle acque tranquille e i variopinti ristorantini, vi sembrerà davvero di essere entrati in una cartolina. Sempre sul Vieux Bassin si affaccia il Lieutenance (non visitabile internamente), un curioso edificio del XVI secolo che fu la residenza del luogotenente regio. Una targa, qui accanto, commemora la partenza del navigatore che scoprì il Canada. L’edificio più sorprendente, a mio avviso, è però l’incredibile Chiesa di Sainte-Catherine (orario d’apertura 8.30-19 in estate; ingresso gratuito). Realizzata nel XVI secolo dagli operai impegnati nei cantieri navali, l’edificio religioso incuriosisce subito dall’esterno (in legno) ma rivela la propria bellezza solo una volta varcata la soglia. L’interno, anch’esso in legno, assomiglia più allo scafo rovesciato di una nave che ad una chiesa. Pur nella sua semplicità, rappresenta davvero qualcosa di molto curioso e particolare. Dall’altro lato della piazzetta, troverete un campanile, sempre in legno, che rimanda allo stile architettonico dei paesi nordici. Avendo poco tempo a disposizione, abbiamo tralasciato altri importanti attrazioni quali il Musée Eugene Boudin, dedicato al celebre pittore (ospita una raccolta di dipinti che immortalano i panorami della zona fra cui anche alcune opere di Monet), Les Maison Satie, un museo interattivo dedicato al musicista, il Musée d’Ethnographie e il Musée de la Marine. Anche se la pioggia non ci dava tregua, il modo migliore per assaporare Honfleur è stato proprio quello di passeggiare per le vie acciottolate, curiosare nelle gallerie e, ovviamente, fermarsi ad un tavolino per bere qualcosa. E’in una pasticceria affacciata sul Vieux Bassin che abbiamo assaporato la prima vera e burrosa crêpe normanna… una delizia! Se, come me, avete giusto un paio d’ore da dedicare a Honfleur, seguite il mio programma e non dimenticatevi di prendervi del tempo per curiosare nelle boutique e sedervi a contemplare il porto da un tavolino all’aperto. Quando raggiungiamo il b&b Le Vivier (costo 105€ per la camera doppia più bella) a Lion sur Mer siamo davvero sfiniti (viaggio circa 1 ora) ma il posto è tanto incredibile che non riusciamo a smettere di curiosare qua e là mentre chiacchieriamo con i proprietari, una coppia davvero squisita che si prodiga oltre i limiti della cortesia per trovarci un ristorante libero per la cena. La palazzina storica è bellissima e gli interni sono stati completamente ristrutturati e recuperati 5 anni fa con un gusto per l’arredamento davvero sorprendente. Il risultato è un ambiente di stile, elegante e confortevole. Dopo una bella cena in un ristorantino affacciato sul mare a base di frutti di mare, che qui sono la specialità della costa, e formaggi a pasta molle, frutto del ruminare delle mucche di queste zone, sprofondo tra i soffici cuscini del b&b e mi addormento.

SECONDO GIORNO (SABATO 23 AGOSTO)

Questa mattina, fuori dalla finestra del nostro incantevole b&b, splende un bel sole. Dopo aver fatto colazione con posate d’argento e bicchieri in cristallo lavorato, facciamo fatica ad allontanarci da questo luogo magico (la proprietaria continua a chiacchierare e noi la ascoltiamo incantati) ma DINAN, subito oltre il confine della Bretagna, ci attende (viaggio circa 2 ore dal b&b). Il sole illumina di una luce calda le antiche pietre di questo splendido villaggio. Pur essendo agosto, contrariamente a quanto scritto sulla guida, non c’è troppo caos e possiamo goderci Dinan con i nostri ritmi. Iniziamo la visita dirigendoci verso la basilica romanica di Saint-Sauveur ma, lungo il tragitto, incontriamo splendidi scorci che ci distraggono. “Ma che bella questa vietta!”, “Gio hai visto quella casa com’è carina?” e ancora “ma come fa ad essere tutto così perfetto?”. Saltello qua e là tutto eccitato e trascino Giorgio in ogni angolo. Dinan è troppo bella! Arriviamo finalmente alla basilica (orario estivo di apertura dalle 9 alle 18, ingresso libero). Questa chiesa, edificata nel XII secolo, presenta una facciata particolarmente austera. L’interno, sobrio e solenne, è un mix di romanico e gotico. Una potente e un po’ strampalata suonata d’organo ci accompagna nella visita rendendo il tutto molto più mistico. Il bel giardino fiorito sul retro della chiesa si affaccia sulla vallata che, non si sa bene da dove sbuchi, si apre ampia sotto i bastioni. Più sotto si scorge il fiume e un porticciolo. Cerchiamo di imboccare Rue du Jerzual, una via “medievalissima” che conduce al fiume, ma veniamo attratti dal camminamento di ronda dei bastioni. Questo bel percorso sopraelevato e tranquillo regala belle vedute sui tetti della città. Ridiscesi dai bastioni, ci dirigiamo verso le celebri e scenografiche piazze des Merciers e des Cordeliers, incrociando lungo il cammino Rue du Jerzual. Questi due slarghi, collegati tra di loro, sono ciò che di più medievale si possa immaginare. Sono piazze bellissime e non riuscivo più a smettere di fare fotografie a tutte quelle case a graticcio! Purtroppo è già ora di lasciare Dinan (calcolate almeno 2-3 ore per visitarla in modo rapido). Percorriamo viuzze piene di botteghe e ristoranti, osserviamo la caratteristica Torre dell’Orologio e, prima di salire in auto, mangiamo un boccone in uno dei tanti ristorantini all’aperto. Risaliamo in auto e ci addentriamo nel cuore della Bretagna fino a LOCRONAN (durata viaggio circa 2 ore). Dal cielo coperto, ogni tanto, sbuca un raggio di sole che illumina questo minuscolo villaggio. Sembra tutto così perfetto qui. E’ difficile descrivere a parole quest’aria densa e umida che rimanda a tempi passati in cui l’uomo era legato al duro ed inesorabile lavoro di ogni giorno, queste pietre grigio-azzurre di edifici dal XIV al XVII secolo, questi fiori sgargianti che abbelliscono le finestre e quell’armonia architettonica che mi circondano. Sembra la solita frase fatta ma Locronan pare davvero “sospesa nel tempo”. Avvicinandosi verso il centro del paese, un inebriante profumo di burro fuso, proveniente da una delle creperie che circondano l’antica piazza, mi riporta alla realtà. E risveglia i miei sensi e… l’appetito! Per il momento, i peccati della gola devono però attendere. Momento culturale: Locronan prosperò, a partire dal XIV secolo, grazie alla tessitura della tela per vele. Con l’arrivo della Rivoluzione Industriale, la minor richiesta di lavoro artigianale trascinò il paese in un buco nero e questo gli permise di mantenere quasi immutato il suo impianto architettonico.

La prima tappa è la Chiesa di Saint Ronan, terminata verso la fine del 1400, che si impone con la sua mole solenne sulla piazza. Attraverso un bel portale scolpito, si accede a una piccola chiesetta dove le sobrie linee del gotico regnano sovrane. Come in quasi tutti gli edifici religiosi della Bretagna, anche qui un’atmosfera mistica e spirituale invita il visitatore al silenzio e alla contemplazione. Dopo aver curiosato in qualche negozietto della piazza principale, dove dimore e palazzi in pietra grigia ruotano attorno al vecchio pozzo, ci lasciamo condurre dal profumo di burro fuso (la guida dice essere un buon segnale della bontà di una crêpe) verso la creperie Ty Coz. La mia scelta ricade sul ripieno di pere e cioccolata… una meraviglia (anche se non è facile da terminare)! Dopo una tale bomba calorica si presenta la necessità di fare un giretto attorno al villaggio. Seguendo le indicazioni della cartina che viene rilasciata al parcheggio (dopo aver pagato il ticket giornaliero), seguiamo il percorso in salita che conduce fuori dal villaggio, verso una vecchia casa padronale e ad un presunto punto panoramico (oscurato dagli alberi). La passeggiata non è nulla di che ma non c’è anima viva in giro e questi luoghi così tranquilli e solitari ci fanno calare ancor di più nell’atmosfera del villaggio. Sembra di scorgere quasi nel bosco le donne in abiti da contadinelle dell’800 mentre vanno a raccogliere la legna per scaldarsi poi vicino al camino. Passeggiando tra le viette caratteristiche del paese, all’ombra della torre quadrata della chiesa, non è difficile capire il motivo per cui molti registi hanno scelto questo luogo come ambientazione delle loro pellicole. Ed è ancor meno difficile ammettere che Locronan rientra a pieno titolo tra le “Petites Cités de Caractère” e i “Più bei paesi di Francia”. Per visitare il villaggio non vi sono dei veri e propri orari in quanto esso è tutt’oggi abitato e, pertanto, è sempre aperto. Verso le 18.30-19 però i negozi iniziano a chiudere e il flusso di turisti sparisce. I parcheggi, situati al di fuori del villaggio, sono a pagamento (3€ – valido per tutto l’anno). Al momento del pagamento viene lasciata una mappa della città (è carina ma non molto chiara) con alcuni percorsi di visita. Ritorniamo in auto e, dopo circa 30 minuti, arriviamo a Port Launay, una minuscola frazione di Châteaulin, dove una camera ci attende all’Old Salt House B&B (costo 80€ per la doppia più bella e con bagno in camera). La struttura di questa sera si affaccia su di un minuscolo porticciolo fluviale. Per la strada, in realtà l’unica del villaggio, non c’è anima viva. Si trovano solo barche ormeggiate che, alla luce del tramonto, sembrano uscite da un libro illustrato per bambini. L’accoglienza non è eguagliabile a quella del giorno precedente (la proprietaria ha origini inglesi) ma il luogo merita ugualmente. Dopo un’oretta di relax, facciamo un giretto a Châteaulin ma non c’è molto da vedere e i pochi locali stanno quasi tutti chiudendo. Noi siamo ancora pieni dalle crêpes di Locronan così decidiamo di saltare la cena.

TERZO GIORNO (DOMENICA 24 AGOSTO)

Non si può essere sempre fortunati con il tempo, specialmente qui in Bretagna. Stamattina una nebbiolina sottile avvolge le barche fuori dalla finestra della camera. Per portare un po’ di colore a questa giornata, torniamo a Châteaulin e facciamo incetta di macarones… che buoni che sono! Lungo la strada ci troviamo a constatare quanto la Bretagna sia una terra ricca di tradizioni culturali e religiose. E’ facile scorgere in ogni villaggio e lungo le strade di campagna curiose statue religiose e croci realizzate in pietra. Il loro obiettivo, nei secoli che furono, fu quello di ricordare ai contadini le virtù della fede cattolica che spesso andava a confondersi con le antiche tradizioni pagane. Oggi, invece, sono gli antichi testimoni dei tempi passati. Se lungo le strade si incontrano appunto croci scolpite con semplici figure di santi, attorno alla chiesa del villaggio si trovano spesso i tipici recinti parrocchiali, all’interno dei quali la comunità locale dava sfoggio della propria fede e della propria ricchezza realizzando elaborate opere d’arte. Uno dei complessi parrocchiali (“enclos paroissial” in francese) più belli lo si incontra a GUIMILIAU nel Finistère (circa 45 min dal b&b), nel bel mezzo della Bretagna rurale. Pur non essendo dislocato in posizione particolarmente comoda per essere raggiunto, è diventato uno delle attrazioni turistiche della zona e spesso vi fanno tappa i tour organizzati che provengono dalla Costa di Granito Rosa e che si dirigono verso Quimper. Quando arriviamo in questo minuscolo e sonnolento villaggio, costituito proprio da un centinaio di edifici, sembra che le nuvole grigie abbiamo gettato una sorta di sortilegio sugli sventurati abitanti di questa zona. Che fine hanno fatto tutti? Ci avviciniamo verso il celebre recinto senza incontrare anima viva. Lo stile gotico fiammeggiante bretone esplose qui in tutto il suo cupo ed elaborato splendore tra il XVI e il XVII secolo, periodo in cui questa quieta località era animata dal lucroso commercio del lino. Oggi non rimane più nulla dell’antico via vai di gente e il turismo è diventata la nuova fonte di reddito. L’erba verde e la ghiaietta chiara sotto i nostri piedi fanno da contrasto con la scura pietra che, qua e là, è chiazzata dalle macchie verdi causate dai muschi e dall’umidità. Guardandosi attorno appare tutto così perfettamente scenografico che sembra di essere finiti in un set cinematografico! Il complesso parrocchiale, pur non essendo particolarmente esteso, è costituito da diversi elementi. Quelli di più notevole interesse sono la Chiesa, dedicata a San Milio (XVI-XVII secolo), e il Calvario, il più grande di tutta la Bretagna (1581-1588). La prima presenta un profondo contrasto tra il cupo ed elaborato esterno e i semplici interni, in stile barocco. Spiccano su tutto le tre pale d’altare in legno, dal gusto eccessivamente barocco (ed un po’ kitch). Il Calvario, realizzato in granito, è un scenografico ammasso di circa 200 statue che vanno a raffigurare 25 scene a soggetto religioso. Scuro e, a tratti, grezzo è assolutamente imperdibile. Nonostante per raggiungere questo luogo sia necessario un viaggio piuttosto considerevole e nonostante la visita richieda al massimo 30-45 minuti, mi sento assolutamente di consigliarlo. Esprime in poche centinaia di metri quadrati tutta l’essenza della Bretagna, della sua architettura e della sua cultura. Con la strana luce del cielo bretone e la presenza di pochi turisti, sembra davvero di essere catapultati indietro di secoli tanto che quasi non ci si sorprenderebbe di veder sbucare da dietro a qualche muro una processione religiosa con i fedeli nei tipici abiti contadini del ‘500. Se questo recinto parrocchiale (ingresso gratuito) vi appassiona particolarmente e deciderete di approfondire questo tipo di architettura religiosa, vi consiglio di visitare anche i vicini complessi di Lampaul e Saint-Thégonnec (ce ne sono molti altri che potrete trovare nel link riportato in fondo all’articolo). Sbagliando ad impostare il navigatore, ci siamo trovati a raggiungere prima quello di Lampaul (insieme a Guimiliau formano infatti un unico comune). Ci siamo resi conto di aver sbagliato meta solamente perché non avevamo trovato il calvario! Ad ogni modo, il luogo è comunque molto caratteristico e ancor meno frequentato da turisti. La chiesa, a mio avviso, è molto più bella e ricca di quella di Guimiliau (specialmente all’interno)! Ci rimettiamo in marcia e raggiungiamo nuovamente la costa. Non abbiamo purtroppo tempo per visitare la Costa di Granito Rosa, più a nord, così puntiamo direttamente verso il faro di CAP FREHEL, nel nord della Bretagna (viaggio circa 1.45 ore). Lo si potrebbe definire come una sentinella solitaria che contempla l’infinità dell’oceano. Circondato dalla brughiera che corre piatta lungo tutto il promontorio, questo faro alto oltre cento metri ed edificato negli anni ’50 del secolo scorso è una meta imperdibile per i viaggiatori alla ricerca del fascino selvaggio della costa bretone. L’area è aperta tutto il giorno mentre la salita al faro, durante il periodo estivo, è consentita dalle 9.45 alle 18.45. Il paesaggio che circonda il capo è davvero spettacolare: da una parte la brughiera costellata di erica e di fiorellini gialli e dall’altra l’oceano color smeraldo che si staglia fin verso l’orizzonte. Nel mezzo, falesie alte fino a 70 metri scendono a strapiombo nel vuoto e segnalano il punto di confine tra terra e mare. Varcato l’ingresso all’area (2€ per auto comprensivo di parcheggio), lasciamo l’auto nell’ampio posteggio ai piedi del faro e ci dirigiamo subito, come fosse una calamita, verso la scogliera. I gabbiani volteggiano nel cielo, lasciandosi trasportare dal forte vento dell’oceano. Come si può non contemplare lo spettacolo che la natura ha creato se non a bocca aperta? Un piccolo sentiero, facilmente percorribile ma non protetto, corre lungo il crestone della scogliera e regala numerosi punti panoramici. La tentazione di fermarsi ogni pochi minuti per fare video e fotografie è davvero tanta. Qualcuno, più avventuroso ed incosciente, scende per alcuni tratti lungo la scogliera per ritagliarsi uno spazio tutto per se. Altri, molto meno sportivi, si siedono su qualche roccia, aprono il loro zainetto, e consumano uno spuntino contemplando il bellissimo paesaggio e gettando qualche boccone a dei curiosi (ed affamati!) gabbiani. Dal parcheggio, in 15 minuti, si raggiunge un altro piccolo faro attorno al quale i viaggiatori hanno edificato piccoli cumuli di sassi in ricordo del loro passaggio. Per chi ama le camminate e ha più tempo da dedicare alla visita, il sentiero prosegue fino a Fort La Latte (calcolate circa 1.30 ore) costeggiando splendidi tratti di costa e attraversando la riserva ornitologica, disseminata di erica e ginestre, nella quale è possibile osservare numerose specie di uccelli (tra i quali il Marangone dal ciuffo, il Gabbiano Reale nordico e la rarissima Gazza marina).

La nostra prossima tappa è proprio Fort La Latte ma la raggiungeremo in auto. Prima, dato l’orario, decidiamo di fermarci a pranzo nei dintorni ed entriamo a “La Ribote”, un ristorantino molto accogliente. Quando vedo il menu non riesco a resistere ad un piatto di moules frites. Sono tipiche di queste zone e non le ho ancora mangiate… ecco l’occasione che aspettavo! Sono davvero buone e la porzione è super abbondante. Non avrei mai potuto immaginare di riempirmi con un piatto di cozze! In circa 5 minuti d’auto raggiungiamo il parcheggio gratuito nei pressi di FORT LA LATTE e, scendendo lungo il largo sentiero per circa 15 minuti, raggiungiamo il castello affacciato sul mare. Se non si acquista il biglietto di ingresso non è possibile avvicinarsi più di tanto all’edificio ma la vista è comunque molto bella. Non avendo tempo per la visita, ritorniamo all’auto e ci dirigiamo verso Saint Malo. Prima lasciamo i bagagli al b&b La Gougeonnais (95€ a camera), un luogo davvero incantevole. La struttura ha solamente una “camera” (si tratta in realtà di un appartamentino su due piani) ed è davvero una meraviglia: è realizzato all’interno di un’antica casa del 1870, accuratamente ristrutturata, nella quale vivono anche i proprietari. Gli interni sono arredati con gusto impeccabile e trasmettano una forte sensazione di lusso e charme. Anche qui la proprietaria è molto cortese e ci mostra premurosamente il nostro bellissimo alloggio. Raggiungiamo subito SAINT MALO ma sbaglio a calcolare i tempi della marea e, al nostro arrivo, l’acqua è già quasi arrivata al suo livello massimo. Che delusione! La città corsara, quasi interamente distrutta durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, si presenta oggi fedelmente ricostruita. L’arrivo in auto è molto suggestivo perché i suoi possenti bastioni si stagliano sicuri sul mare mentre, oltre di essi, sbucano curiosi i tetti degli edifici del centro storico. Contrariamente a quanto credevo, Saint Malo non offre vere e proprie tappe culturali (se non il castello e la cattedrale di Saint Vincent) proprio per via dei danni subiti durante la guerra. Il bello della visita è quello di passeggiare tra le viette cariche di negozi e di percorrere i suoi larghi bastioni, osservare il mare e le acque che, pian piano, ricoprono la spiaggia obbligando i bagnanti a battere in ritirata. Trovare parcheggio ai piedi delle mura non è facilissimo e non è sicuramente economico ma rappresenta la migliore soluzione se non avete molto tempo da dedicare alla visita (calcolate almeno un paio d’ore).

QUARTO GIORNO (LUNEDÌ 25 AGOSTO)

Dopo una splendida colazione nel salottino del b&b, servita su fini porcellane e piatti d’argento, partiamo per le ultime tappe del viaggio. Il vento e la pioggia, questa mattina, invitano più a restare tra le calde mura del b&b in cui abbiamo trascorso la notte piuttosto che uscire alla scoperta della Normandia ma MONT SAINT MICHEL ci attende. Ogni viaggiatore sogna di approdare, un giorno o l’altro, sulle sponde di questo famosissimo monte. Una delle meraviglie dell’occidente per eccellenza e il più prezioso gioiello della Normandia, Mont Saint Michel è considerato quasi un luogo di pellegrinaggio per il turismo internazionale. Non a caso è stato dichiarato Patrimonio Universale dall’UNESCO già dal lontano 1979 ed è meta, ogni anno, di oltre 3 milioni di visitatori. Gli elementi che lo rendono unico sono sicuramente il suo fascino senza tempo, la spoglia bellezza del complesso monastico attorno al quale si sviluppò il piccolo ma grazioso villaggio medievale e, ultimo ma non certo per importanza, l’importante ed impressionante spettacolo delle maree. Periodicamente, le acque del mare circondano l’isolotto o, al contrario, si ritraggono scendendo anche di 15 metri collegandolo così alla terraferma tramite un paesaggio suggestivo fatto di sabbia, alghe, acquitrini e pozze. Sfortuna vuole che il giorno della nostra visita grossi gocce di pioggia si riversavano su di noi e sull’isolotto e grandi nuvole scure riducevano la visibilità. La bellezza del luogo, ovviamente, è immutata ma con un tempo più clemente avremmo certamente avuto la possibilità di goderci maggiormente la visita. Per visitare il monte è necessario lasciare l’auto sulla terraferma presso un grande e ben segnalato parcheggio a pagamento (costo 12.30 euro). Dal centro informazioni, nei pressi del parcheggio, è possibile usufruire gratuitamente del servizio navetta che vi condurrà lungo la strada rialzata di 2 chilometri che porta all’isola (il servizio è incluso in quello del parcheggio che salderete al vostro ritorno direttamente alle casse automatiche dell’info point). Attualmente sono in fase di ultimazione importanti lavori che permetteranno di raggiungere l’isola tramite un nuovo ponte, con il conseguente smantellamento della strada attuale (che pare abbia causato anche qualche problema alla baia ed al naturale flusso delle maree). Il bus vi lascerà esattamente ai piedi del monte e, non appena avrete messo piede a terra, sono sicuro che l’emozione vi invaderà. Si tratta di un luogo bellissimo, il cui profilo traccia un disegno perfetto ed evocativo. Varcata la porta di ingresso attraverso le mura, accederete ad un piccolo ed incantevole mondo medievale, sicuramente sfruttato turisticamente ad un livello inverosimile, ma assolutamente affascinante. Vi sembrerà di essere i pellegrini dei secoli che furono mentre salirete i 350 gradini della Grand Rue tra negozi, ristoranti, bancarelle ed alberghi. Qui la quantità di turisti è impressionante e si fa persino fatica a camminare. Non vi dico, complice anche la pioggia, le scene a cui abbiamo dovuto assistere. Sulla sommità del monte si trova la biglietteria per l’ingresso al Complesso Abbaziale (costo 9 euro – aperto tutti i giorni da maggio ad agosto dalle ore 9 alle ore 19 mentre da settembre ad aprile dalle 9:30 alle 18). Dopo esservi messi diligentemente in coda, quando sarà il vostro turno vi verrà proposta l’ora della prossima visita guidata nella lingua da voi desiderata (compresa nel prezzo). Noi siamo fortunati in quanto da lì a poco parte la visita in italiano. In alternativa, con un’aggiunta di 4 euro, potrete prendere l’audioguida disponibile in diverse lingue (compresa la nostra). Il tour dura circa un’ora e mezza e vi condurrà alla scoperta di questo immenso complesso fatto di saloni, cappelle, cripte, stanze e corridoi senza dimenticare ovviamente la grande chiesa abbaziale, il chiostro e il refettorio. Si tratta, in sostanza, di un susseguirsi di passaggi tra le imponenti mura medievali e di belle vedute sulla baia. Mi chiedo come abbiano fatto a realizzare così tanti spazi dalla cima di una piccola collina. Davvero impressionante! La struttura, in stile romanico e gotico, è bellissima ma, essendo stata trasformata in prigione durante la Rivoluzione Francese, si tratta sostanzialmente di un contenitore vuoto (non aspettatevi mobilio, arredo o opere d’arte all’interno). Al termine della visita, vi consiglio di scendere verso la porta di ingresso al borgo tramite la passeggiata sui bastioni che vi regalerà splendide vedute sulla baia e un attimo di pace dall’affollatissima Grand Rue. Il tempo non accenna a migliorare così, usciti dall’abbazia, siamo costretti a fuggire sotto il diluvio. Non abbiamo nemmeno il tempo per fermarci ad osservare il flusso della marea (durante la nostra visita si stava comunque ritirando) che facciamo fatica ad ammirare date le nuvole spesse e pesanti che oscurano tutto. Se volete avventurarvi fuori dalle sicure mura del monte, ricordatevi di consultare prima l’orario della marea e di non allontanarvi troppo. Ogni anno si verificano numerosi casi di persone disperse tra le acque della baia. Sarebbe un vero peccato rovinarvi la vacanza e rovinarla agli altri, quindi prestate attenzione! Per chi lo desidera, anche se io non li ho visitati, sull’isola si possono trovare anche alcuni musei: il Museo del Mare e dell’Ecologia, l’Archeoscopio, la Casa di Tiphaine e il Museo Storico. Non credo siano imperdibili e non sono sicuro valga la pena di visitarli (sono anche molto costosi – 9 euro) ma, sicuramente, vi permetteranno di meglio capire i segreti e le curiosità di quest’isola. Per visitare Mont St-Michel dovete calcolare almeno 4-5 ore in quanto, oltre alla visita del complesso abbaziale (almeno 1.30 ore) dovrete aggiungere i tempi per i colegamenti dal parcheggio al monte, la salita lungo la Grand Rue, una sosta per ammirare la marea e qualche minuto per scattare le fotografie o per uno spuntino. Visitare il monte è piuttosto semplice, nonostante il caos e la moltitudine di gente. Una volta raggiunto il parcheggio (ben segnalato), potrete scegliere se raggiungere il monte a piedi (circa 50 minuti) o, più comodamente, a bordo di una navetta (inclusa nel prezzo del parcheggio) o di carrozza trainata da cavalli (ad un prezzo aggiuntivo). Nel borgo potrete vagare liberamente, a vostro piacimento, anche se la strada è sostanzialmente una sola. Raggiunta la sommità del monte, acquistate poi i biglietti per la visita dell’abbazia. Al ritorno, troverete sempre una navetta pronta a partire che vi riporterà al parcheggio. Mi allontano da Mont Saint Michel emozionato per lo splendore gotico di questo luogo e per la magica atmosfera creata nei secoli dall’uomo e dalla straordinaria forza della natura. Però mi porto appresso anche un po’ di delusione dovuta al diluvio che non mi ha dato modo di apprezzare appieno il luogo e il curioso fenomeno delle maree. Il monte, ad ogni modo, non scappa. Chissà se avrò modo di ritornarci un giorno!

Ripartiamo alla volta delle SPIAGGE DELLO SBARCO ma il diluvio non ci da tregua nemmeno qui e dobbiamo così saltare la visita al cimitero americano (avremmo comunque avuto poco tempo a disposizione). Ci dirigiamo quindi direttamente ad ARROMANCHES, un tranquillo paesino normanno affacciato su una larga spiaggia che ha legato il suo nome ai drammatici ricordi dello sbarco in Normandia, ovvero allo sbarco militare degli Alleati che segnò le sorti della Seconda Guerra Mondiale. Per cercare di capire meglio quello che avvenne, ci dirigiamo subito verso “Arromanches 360” (costo ingresso 5€ a persona più parcheggio 3€ ad auto – orario indicativo di apertura dalle 10 alle 18), un emozionante resoconto della battaglia realizzato con filmati dell’epoca. Le scene vengono proiettate lungo tutte le pareti di questa sala circolare nella quale lo spettatore è posto esattamente nel mezzo. Si viene immediatamente catapultati in quei tristi momenti. L’attesa, le notizie alle radio, la paura, le bombe, la distruzione e la morte. Si rimane in silenzio ad assistere a quello che avvenne. E ci si chiede come tutto questo possa essere successo e come possa succedere ancora, in altre parti del mondo. Una parte del filmato, un mix di suoni ed immagini, illustra anche la costruzione del porto galleggiante che venne realizzato proprio qui ad Arromanches. Per preparare l’invasione delle Normandia, il primo ministro britannico Whiston Churchill fece costruire sul Tamigi due porti prefabbricati che vennero poi montati nella baia di Arromanches. Per la realizzazione dell’opera, 146 cassoni in cemento furono affondati a formare un frangiflutti semicircolare a cui furono quindi ancorati dei ponti galleggianti. Qui sbarcarono 2 milioni e mezzo di soldati, 4 milioni di tonnellate di equipaggiamento e 500.000 veicoli. Sono numeri che fanno riflettere. Ce ne usciamo in silenzio, con la pelle d’oca. Dall’altura dove è collocato Arromanches 360 si scorge in lontananza la spiaggia. Ed è lì che siamo diretti. Arriviamo al villaggio sotto un terribile pioggia. Il cielo è grigio ed è difficile trovare parcheggio. Ma già da subito si percepisce quello strano e contrastante sapore di luogo della memoria e di attrazione turistica. Una sensazione dolciastra e un po’ fastidiosa. Ci dirigiamo sul lungomare ed osserviamo la spiaggia. Grossi blocchi di cemento armato affiorano qua e là tra la sabbia. E’ tutto ciò che resta dell’inimmaginabile porto galleggiante che fu installato nel 1943 in seguito ad un ambizioso progetto ingegneristico degli Alleati. Il freddo vento che soffia ora dal mare sembra voler portare da lontano dei tristi ricordi. Scendo in silenzio lungo le scalette e raggiungo la spiaggia. La sabbia è bagnata dalla pioggia e dalla marea che qui sale e scende con una rapidità impressionante. Mi avvicino ai cassoni. Ne sfioro uno, sento questa necessità di toccare qualcosa di concreto per realizzare che, nonostante siano trascorsi 70 anni da allora e nonostante l’arrivo del turismo, qui c’è un grosso pezzo di storia, di lutto, di bombardamenti e di morte. Qui si è giocato il destino del Mondo. E questo non è successo poi moltissimi anni fa. In paese è anche possibile visitare il Museé du Débarquement (costo 7.90 euro). Si trova proprio su lungomare, nel centro della cittadina. C’è molta gente in coda e, purtroppo, non abbiamo tempo di entrare ma sarebbe stato interessante visitare la sua raccolta di oggetti d’epoca, le informazioni sul ponte e gli armamenti militari. Lungo il viaggio di ritorno verso l’aeroporto (durata circa 3 ore) incontriamo le stesse vacche al pascolo, gli stessi prati e gli stessi villaggi visti nel viaggio di andata ma stavolta coperti dalla pioggia. Alle 22.30 parte, infine, il nostro volo che ci riporterà in Italia.

In una sfida tra Normandia e Bretagna non saprei quale delle due farei vincere ad concorso di bellezza. Entrambe sono splendide, suggestive e culturalmente interessanti. Pur avendo paesaggi e caratteristiche culturali piuttosto simili, ciascuna delle due regioni francesi ha però delle proprie peculiarità.

La Normandia è sicuramente più elegante, più turistica e con paesaggi più caratteristici (grazie soprattutto alle molte vacche al pascolo) mentre la Bretagna ha un fascino più selvaggio e rurale. Mi concedete di far vincere entrambe? Tusoperator.it

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Dinan



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