Marocco: Marrakech, Merzouga, Fès, Chefchaouen e Rabat
Indice dei contenuti
Ecco le informazioni del nostro viaggio
– Volo: prenotato su Ryanair tre mesi prima: Roma – Marrakech, 350 euro a testa con un bagaglio imbarcato.
– Assicurazione sanitaria: Stipulata sul sito di viaggi sicuri. 35 euro a testa.
– Auto: Affittata sempre sul fido rentalcars.com una Peugeot 206 dal 30 dicembre al 7 gennaio. Ritiro al centro di Marrakesch e riconsegna all’aeroporto. 280 euro inclusa la franchigia per danni. La benzina ci è costata circa 180 euro per 2.285 Km percorsi.
Nota sulla qualità delle strade in Marocco: sono tutte perfette, asfaltate anche in mezzo al deserto, fino a Merzouga. All’ingresso di ogni cittadina vi sono posti di blocco da parte della polizia. Tutto molto efficiente, magari fosse così anche da noi.
– Percorso: viaggio di 12 giorni. Questi i luoghi dove abbiamo pernottato
28-29 dicembre: Marrakech 30 dicembre: Gola del Dades 31 dicembre: Tinherir (gola del todra) 1 gennaio: Merzouga (notte nel deserto) 2 gennaio: Fez 3 gennaio: Fez 4 gennaio: Chefchaouen 5 gennaio: Tetouan 6 gennaio: Rabat 7 gennaio: Rabat 8 gennaio: Marrakech
– Dormire: Ancora una volta abbiamo preferito prenotare tutte le nostre notti dall’Italia su booking.com e una notte nel deserto tramite il sito Merzouga Experience (http://www.merzouga-experience.com). Molto valido.
– Spesa finale: Per 10 giorni abbiamo speso tutto compreso circa 1200 euro a testa
LE COSE DA NON PERDERE
– Marrakech e la piazza Jemaa-el-Fna: Definitela turistica, caotica. Eppure questa piazza ti cattura per il suo fascino e casino. Se si riesce poi a trovare un riad che ti isola dal casino quotidiano, è perfetto.
– Fès. La sua Medina da un milione di abitanti è patrimonio dell’UNESCO ha un fascino incredibile. Sembra un presepe vivente, con centinaia di migliaia di piccoli artigiani che si affacciano in un dedalo di vie. Veramente molto suggestiva. Jack la definisce “il Presepe napoletano a S. Gregorio Armeno in forma live”. – – Le Petite Kasbah Nomade. Questo piccolo albergo vicino alle Gole del Todra ci ha stregato. In mezzo al deserto, nei pressi di un bananeto, ha sicuramente carattere. Gestito da simpaticissimi proprietari lei francese, lui marocchino.
– La notte nel deserto sull’Erg Chebbi. Trasportati a bordo di un dromedario al tramonto e trascorrere la notte in tenda al freddo e al gelo. Esperienza davvero incredibile. Se siete in pochi (noi eravamo in tre guida compresa) lo è ancora di più.
– Rabat. La città che ci ha sorpreso di più. La più moderna e “occidentale” di tutto il Marocco. Pulita, non caotica, restaurata. E’ nel pieno dell’espansione. I suoi bastioni che si affacciano sull’Atlantico sono imponenti. E‘ la San Francisco D’Africa
LE COSE DA PERDERE
– Gole del Dadès e Gole del Todra. Decantate da vari amici, entrambe non ci hanno entusiasmato. Sarà anche che abbiamo visto panorami mozzafiato in California o in Argentino, la vista non ci ha impressionato. Soprattutto la gola del Todra è un canyon lungo 300-400 metri, asfaltato con venditori ambulanti. Insomma la magia sembra svanita.
– Tetouàn. Tra le belle città visitate, è l’unica che ci ha deluso. Sebbene sia patrimonio dell’UNESCO, non è scoccata la scintilla con questo centro. Quando si va in Cappadocia da tutte le guide viene descritta come un posto fantastico. A noi non ha fatto questa impressione. Alla fine è come un normale rivolo nelle Alpi. Molto più interessante invece la città sotterranea di Derinkuyu.
– False guide. Sono una schiavitù per voi e per i commercianti che – ci hanno raccontato – in loro presenza sono costretti a chiedere un prezzo più alto per via del pizzo. Non alimentate questo sistema perverso, mappa alla mano, tanta pazienza e un po’ di spirito d’avventura sono molto meglio.
NOTA ABBIGLIAMENTO PER VIAGGIO IN INVERNO Marrakech, Fès, Meknès non sono così calde come credevo. Utile portarsi una giacca autunnale. Portatevi un maglione di lana o un pile caldo. Nel deserto le temperature scendono parecchio, io ho avuto così tanto freddo da passare la notte insonne. Mettete qualcosa di felpato che vi tenga caldi e non dimenticate per nessuna ragione di indossare il turbante. Più calda e più elegante Rabat, avrei voluto avere con me un paio di scarpe che non fossero da ginnastica.
NOTA PER ACQUISTI NEI SUQ Evitate – per quanto possibile – di comprare a Marrakech e a Fès: nonostante la grande attenzione siamo riusciti comunque a prendere qualche fregatura. Ad esempio mi hanno venduto per 300 Dh un paio d’orecchini spacciati per argento, ovviamente non lo erano. E’ chiaro che sono pochi soldi e fanno parte del “gioco”, ma se volete un consiglio (dato dal gestore del riad a Rabat) cercate di contrattare sempre per 1/3 della cifra che loro vi sparano all’inizio. Se proprio ci tenete ad avere l’oggetto per cui state negoziando accordatevi per metà, ma non di più.
Ora cedo la parola a Rosa, come sempre è lei la storyteller del viaggio!
DIARIO
28 dicembre 2012 – Arrivo a Marrakech
Il giorno della partenza per il Marocco è arrivato. Rispetto ai nostri viaggi precedenti, questa volta non ho studiato. Non ho pensato a niente, non ho comprato nulla di nuovo e non so per quale motivo, non ho vissuto la trepidazione legata ai preparativi. Forse perché dicembre non è un mese in cui solitamente ci spostiamo, a parte il nostro bellissimo viaggio in Argentina, o perché è freddo… e l’inverno ed io non andiamo molto d’accordo. Che poi sono felice di andare incontro a un clima più mite. Il nostro volo Ryanair parte da Ciampino alle 7:00 del mattino, in perfetto orario. Dura circa tre ore, ma a noi sembrano tre minuti perché ci abbandoniamo ai sedili gialli e blu della compagnia appiccicando il viso al finestrino freddo. Appena arrivati in aeroporto a Marrakech decidiamo di cambiare qualche euro, ci danno una ricevuta senza la quale al nostro ritorno non avremmo potuto rifare il cambio. Dall’aeroporto, inoltre, risulta facilissimo arrivare nella Medina, uscendo prendiamo infatti l’unico autobus (sulla sinistra) che parte con una certa frequenza. In soli venti minuti veniamo quindi scaraventati al centro di una piazza brulicante di gente, motorini, carri, cavalli, turisti… un concentrato di quello che vedremo da qui ai prossimi dieci giorni. Arrivare al nostro Riad Chouia Chouia è un’impresa! Ma riusciamo a farcela senza cadere alla tentazione delle presunte guide, gente del posto che passa le sue giornate cercando di abbindolare turisti. Abbiamo una stanza al pian terreno, quindi rispetto ad altre è poco luminosa… del resto questo è uno dei “contro” dei Riad in generale. Abbiamo però un bagno molto comodo e non ci lamentiamo, in fondo sono tutti molto gentili e nei nostri viaggi precedenti abbiamo visto di peggio! Dopo aver sorseggiato lo zuccheratissimo tè alla menta di benvenuto (impossibile rifiutarsi!) possiamo finalmente addentrarci nella Medina di Marrakech.
La prima tappa non può che essere la famosa piazza Jemaa-el-Fna, patrimonio dell’Unesco. E’ uno spettacolo vedere come si trasforma all’imbrunire: incantatori di serpenti, donne che cercano in tutti i modi di tatuarvi con l’henné, fumi di arrosti vari, cavalli, scimmie e motorini, passi, troppi passi. Ogni sera, da quanti secoli? Incredibile! Un’altra delle tappe che abbiamo trovato piacevole è stata la Maison de la Photographie (con un bellissimo terrazzo dove prendersi qualcosa), meno interessante la Madrasa Ben-Youseff. A pranzo inauguriamo il viaggio con il primo tajine di una lunga serie, lo prendiamo da Chez Brahim, nei pressi di Jemaa el Fna ed è buono. Mentre a cena scegliamo Chez Chegrani, optiamo per cous cous di carne questa volta… non molto apprezzato, ma diciamo che la cucina marocchina in genere è poco varia e poco saporita. In compenso dalla terrazza si vede la piazza illuminata e “fumante” che è un vero spettacolo.
29 dicembre 2012 – Ancora tra i vicoli di Marrakech
Dopo una buonissima colazione in terrazza con pane, crêpe marocchine e marmellate squisite ci incamminiamo per la rumorosa Marrakech verso i palazzi El-Badi, della Bahia e le tombe saadiane. A pranzo ci fermiamo a Le porte du monde e subito dopo ci lasciamo contagiare dalla frenesia del suk iniziando, senza troppa dimestichezza, le nostre negoziazioni con i mercanti. Riusciamo a farci fregare subito, comprando a 150 Dh quelli che avrebbero dovuto essere 100 ml di olio d’argan (in realtà la boccetta ne contiene 80 ml, ma non era indicato e mi sono fidata erroneamente!), babucce azzurre e turbante blu elettrico. Abbiamo sempre contrattato il prezzo facendolo scendere di almeno la metà rispetto a quello iniziale. (Cosa consigliataci dagli stessi marocchini nei Riad in cui siamo stati, anzi la quota esatta dovrebbero essere un terzo in meno). A cena optiamo per un posto sulla piazza: Tiznit. Parecchio ruspante. Io ho preso pollo alla griglia (che arriva sempre accompagnato da riso e patatine), Jack ha optato per un tajine d’agnello, troppo unto. 90 Dh il totale. (Non ci tornerei!) Esausti andiamo a letto già alle 22.
30 dicembre 2012 – In viaggio verso le gole del Dades!
La giornata sembra iniziare bene con l’abbondante colazione in terrazza, ma quando usciamo per prendere il taxi – e mentre per 90 Dh ci muoviamo verso l’agenzia Budget per il noleggio dell’auto – ci rendiamo conto d’aver perso la mappa Michelin comprata da Feltrinelli e custodita, almeno fino a questo momento, gelosamente.
Chiediamo al tassista di fermarsi, Jack fa una corsa al Riad ma non trova niente… sembra che si sia misteriosamente persa nel nulla. Ne acquistiamo a malincuore un’altra meno buona, recuperiamo la nostra auto (una Renault Logan) e un po’ dispiaciuti ci muoviamo in direzione sud est, prendendo la superstrada N9 in direzione della kasbah di Aït-Benhaddou, patrimonio Unesco e location cinematografica. Impieghiamo circa 4 ore da Marrakech, molto suggestiva il viaggio tra le montagne, quando arriviamo ci fermiamo a prendere un boccone a La maison d’hôtes chez Braim e visto che sono le 14 passate mangiamo da soli in terrazza con la vista sulla Kasbah. Tutto davvero ottimo e abbondante: il tajine di pollo al limone con frutta e dolcetti alle mandorle. Paghiamo 130 Dh. Visitiamo così l’antico Ksar e il villaggio sono di un rosso ocra molto intenso che alle 16 si accende ancora di più regalando uno spettacolo emozionante. L’ingresso è gratuito, non lasciatevi abbindolare dai ragazzi che vi inviteranno a passare per la porta a pagamento, non ne vale la pena! Per esser certi passate per il ponte, salite in alto e godete del panorama dall’agadir, il granaio fortificato che si trova in cima. Noi alle 16:30 ci rimettiamo in macchina. Superiamo Ouarzazate e ci dirigiamo verso Boulmane Dades, la cittadina da cui partono le Gole del Dades. Arriviamo al nostro hotel l’Auberge Panoramique alle 19:30, mangiamo subito qualcosa (anche qui tutto buono) e ce ne andiamo a letto dopo una chiacchierata con due ragazzi di cui lei italiana, lui tedesco. L’albergo non è un granché, ma tutto sommato accettabile per essere in mezzo al nulla. Lo abbiamo scelto perché si trova vicino al Canyon, e poi perché in fondo non avevamo molte alternative.
31 dicembre 2012 – Le gole del Dadès e il bananeto di Tinerhir
Sveglia alle 8:00 e colazione con… indovinate un po’? Crêpe e marmellate buonissime, condite dalla vista sulla valle delle Gole del Dadès. Alle 9:30 siamo quindi già in macchina lungo la strada delle gole, percorriamo circa 30 Km prima di tornare indietro. Lo spettacolo è bello, anche se non così entusiasmante come altri. Più bello al ritorno quando la luce accende l’ocra delle montagne e il sole ci riporta alla temperatura che preferiamo.
Ci muoviamo e ci dirigiamo a Tinehir, dove alle 13:00 al nostro hotel Petite Kasbah Nomade. E’ un po’ perso nel nulla, ma ha un bel patio intorno con vista sul mini palmeto. Io l’ho trovato incantevole. Dopo un tè alla menta di benvenuto ci muoviamo verso le Gole del Todra approfittando della luce dolce del pomeriggio. Dall’alto il panorama sul palmento che abbraccia la cittadina di Tinerhir è davvero molto bello, anche le gole sono uno spettacolo incredibile… peccato solo snaturato da hotel e venditori ambulanti di ogni genere di cianfrusaglia. Alle 17:00 il sole inizia a calare, facciamo ritorno alla nostra piccola e accogliente Kasbah. Troviamo Céline (francese) e suo marito Lahcen (marocchino) sul terrazzo, al tramonto, che sorseggiano un tè alla menta. Alle 19:30 servono per noi e un’altra coppia di olandesi una cena romanticissima dove il connubio parigino-marocchino salta subito agli occhi e al palato. Il menu prevede cous cous preparato con dedizione da Céline, insalata di finocchi e avocado, fragole e un semifreddo di banana e vaniglia. Ed è con il tè che infine brindiamo al nuovo anno. Mentre gli olandesi ci abbandonano presto, noi ci fermiamo a chiacchierare con Céline e Lahcen prima di andare a dormire. In un miscuglio di lingue parliamo d’amore, scelte di vita, desiderio di famiglia, differenze tra popoli e voglia di cambiare il mondo un po’ alla volta.
1 gennaio 2013 – La notte nel deserto a Merzouga
L’indomani ci attende una colazione altrettanto buona: caffè, croissant, crêpe, marmellata di fragole e arance amare, burro, formaggio, pane e yogurt… tutto meravigliosamente servito nelle ciotoline di terracotta tipiche marocchine e in tazze bianche raffinatissime parigine. Così lasciamo Tinerhir e raggiungiamo in un paio d’ore le porte di Merzouga… ci attende il deserto dove passeremo la notte, tanto per non rinunciare a qualcosa di veramente turistico.
Abbiamo appuntamento alle 14:00 con la nostra guida alla pompa di benzina tre chilometri prima del paese– abbiamo prenotato via internet con l’agenzia Merzouga Experience (http://www.merzouga-experience.com) – e siamo in largo anticipo. Purtroppo al momento il cielo è grigio, incrociamo le dita.
Ci decidiamo a chiamare la nostra guida per dirgli che siamo arrivati prima del previsto, così alla fine riusciamo a farci venire a prendere. Quando arriviamo a destinazione ci accorgiamo che quello che nella mail era descritto come “un luogo dove parcheggiare la macchina e lasciare le valigie prima di iniziare il viaggio nel deserto” altro non è che una stradina accanto alla casa di Ibrahim e una sorta di casupola di argilla e paglia. Non abbiamo scelta, così dopo aver abbandonato i bagagli ci togliamo le scarpe e prendiamo l’ennesimo tè alla menta zuccheratissimo (vano il mio tentativo di rifiutare gentilmente) preparato dalla donna di casa nel salone buio dove all’angolo la tv trasmette una telenovela di quelle che in Italia guardava mia nonna negli anni ’90. Il tempo sembra non passare mai, sgranocchiamo arachidi lanciati sul tavolo dal padre di famiglia che ci incita a prenderne ancora e ancora. Così facciamo inquieti e vogliosi di salire sui dromedari. Finalmente Ibrahim torna e ci fa cenno di seguirlo, sono quasi le 17:00 e il sole ci fa compagnia regalando sfumature d’oro alla sabbia del deserto. Raggiungiamo il nostro rifugio che è già buio, la temperatura è scesa moltissimo, abbiamo freddo e il vento mi fa scivolare via il turbante. Io e Jack siamo completamente soli sotto un pezzettino di cielo stellato e tra le dune, contro ogni aspettativa. Ibrahim ci spiega che non è così strano perché noi abbiamo scelto di affidarci a loro e non a una delle agenzie di Merzouga. Sì, perché in effetti noi ci siamo fermati al villaggio prima dove alcune famiglie vivono grazie ai dromedari che possiedono portando in giro turisti come noi. Mentre a Merzouga i tour sono organizzati da albergatori che portano tutti, in centinaia, nella stessa oasi. Ibrahim non è molto loquace, in compenso ci prepara un tajine di pollo che resterà tra i più buoni del nostro viaggio. E’ presto, ma fa davvero molto freddo e proviamo ad andare a letto, se non altro per metterci a dosso tutte le coperte che abbiamo a disposizione.
2 gennaio 2013: L’alba nel deserto e in viaggio verso Fès
Alle 6:00 Ibrahim avrebbe dovuto svegliarci, ma siamo noi a svegliare lui. Io ho avuto molto freddo, ho faticato ad addormentarmi e non credo proprio d’esserci riuscita.
Mi consolo con l’alba, un vero spettacolo! La sabbia sembra oro, la luce del sole colora poco a poco le dune accendendo ogni singolo granello mentre il cielo si tinge di rosa. E’ indescrivibile a parole!
Ibrahim dice che non è più lo stesso da quando i turisti entrano con i quad e fanno come vogliono nonostante i divieti. E’ vero, ce ne rendiamo conto sulla via del ritorno… basta osservare le dune striate dai segni delle ruote. In compenso leggiamo sulla guida che persino il dromedario è poco a misura d’ambiente, ma tant’è… sempre meglio dei motori.
Alle 10:00 siamo già di ritorno al villaggio, recuperiamo l’auto e le valigie e partiamo in direzione di Fès.
Il viaggio verso Fès dura ben 8 ore, che passano tranquille grazie allo splendido paesaggio che attraversiamo. A pranzo ci fermiamo a Midelt in un posto che sconsigliamo vivamente, Kasbah Asmaa: zeppo di turisti giapponesi, caro e fintamente autentico.
Arriviamo a Fès per le 18:00 ma per trovare la Medina impieghiamo 40 minuti… una vera impresa!
Il nostro Riad, Tayba, è molto carino. A cena ci fidiamo della Routard, come sempre, e mangiamo qualcosa nei paraggi, da Chez Taim: zuppa, tajine, spiedini di carne e l’immancabile tè alla menta per 120 Dh. E ora crollo…
3 gennaio 2013 – Il presepe vivente di Fès
Alle 8:00 ci svegliamo affamati. Anche qui la colazione è il momento più bello della giornata per noi amanti del cibo, del resto siamo golosissimi. Non manca il pane con le dolcissime marmellate, le crêpe marocchine, omelette, succo d’arancia e caffè. Dobbiamo dire a questo punto che il Riad Tayba ha pochissimi tavoli al chiuso, sono in tutto tre, e i ragazzi non sono velocissimi a servire la colazione. Questo comporta che chi arriva dopo gli altri è costretto ad aspettare per buoni 40 minuti. Sarà probabilmente diverso d’estate quando è possibile sfruttare la terrazza?
In ogni caso bruciamo tutte le calorie in giro per le strade della Medina di Fès, tra venditori di tappeti, argenteria, ceramiche, frutta e verdura, polli e babbucce. Un gran presepe vivente! Fès è senza dubbio la città del Marocco con la Medina più affascinante, un vero labirinto di vicoli e strade dove si rischia d’esser travolti da uomini e muli.
Visitiamo alcuni dei luoghi suggeriti dalla guida: la Madrasa Ba Inania, il Museo del legno, le concerie (è stata una vera impresa svincolarsi dai ragazzi che si proponevano di accompagnarci sulla terrazza, ma alla fine siamo riusciti ad andarci senza pagare!). A pranzo ci rifugiamo in un bar carinissimo dove finalmente possiamo spezzare la routine dei tajine. Il Caffè o’clock vi sorprenderà. E’ un bar moderno con una bella terrazza su più livelli e tante, tantissime, cose buone: dai falafel con l’hummus agli hamburger e patatine, smoothies e pasticceria marocchina. Tutto davvero buono. Noi ce la siamo cavata con 120 Dh.
Nel pomeriggio continuiamo i nostri giri nella Medina inalando odori di ogni genere. Alle 17:00 siamo di ritorno in camera per riposare un paio d’ore. Per cena andiamo da Zahra, come suggerito dalla Routard. Io avrei voluto tanto assaggiare la pastilla, ma oggi non è nel menu. Alla fine siamo costretti a scegliere un solito tajine… decisamente meno buono di altri. Il menu è fisso e include frutta e dolci marocchini, assai zuccherati. Spendiamo 80 Dh a testa, ma sinceramente non lo consiglio. Le porzioni sono molto modeste e il posto non è granché. C’è da dire che la Medina non offre molte alternative in fatto di ristoranti.
4 gennaio 2013 – Il suk (chiuso) di Meknès e le rovine romane di Volubilis
Oggi ci spostiamo verso Meknès, che dista 30 km da Fès. Non saprei bene come descriverla perché purtroppo il venerdì il suk non brulica di gente e molte botteghe sono chiuse. Abbiamo solo provato a immaginare come dev’essere bella, così più piccola e raccolta di Fès. Eppure meno affascinante per gli stessi motivi. Il nostro giro è durato poche ore, riprendiamo la macchina muovendoci verso Chefchouen abbiamo fatto tappa al sito romano di Volubilis, molto carino… una pausa rilassante e silenziosa. Siamo quindi arrivati a Chefchouen alle 18:00 e alle 20:00 eravamo già al ristorante La casa di Hassan che pare essere il migliore della città. Per la verità qui si mangia meno bene che a sud, quindi porzioni striminzite e menu completi per 80 Dh. Ho finalmente assaggiato la pastilla e purtroppo mi ha un po’ delusa, anche se credo di non avere termini di paragone. Quindi venite pure in questo ristorante, scaldatevi al fuoco del camino e osservate i cuochi nella cucina a vista… ma non aspettatevi piatti prelibati. Alloggiamo al Dar-Dalia, carino. Il proprietario parla spagnolo come molti qui. Ci sembrava distante dal centro, ma alla fine ci rendiamo conto che a piedi sono pochi minuti e che Chefchouen è molto piccola. Forse è meglio così, anche per via del parcheggio.
5 gennaio 2013 – Le case blu di Chefchouen e la delusione di Tétouan
Chefchouen è davvero una bella pausa nel trambusto del Marocco. Una cittadina fatta di salite e muri tutti dipinti di varie tonalità del blu. Un sollievo per la vista e un attimo di pace. Finalmente! Tutt’altra cosa invece Tétouan che a mio personalissimo avviso si può tranquillamente saltare. Sebbene patrimonio dell’UNESCO non ha il fascino di Fès, né l’eleganza più contenuta di Meknès… insomma, non capisco perché la Routard ne tessa così tanto le lodi. E poi le guide abusive e i personaggi loschi sembrano moltiplicarsi. Io mi sono sentita più vulnerabile e attaccabile come turista. Non la consiglio! Se proprio ci si vuole passare, è inutile restare poi a dormire.
Ci siamo accontentati di una cena al ristorante dell’hotel Reducto, non facile da trovare. Abbiamo mangiato abbastanza bene per lo standard marocchino concedendoci una zuppa di fave, cous cous e filetto con verdure. Servizio molto gentile… del resto eravamo praticamente gli unici. Comunque vado a letto invocando un piatto di pasta almeno in sogno.
6 gennaio 2013 – Rabat
Rabat è proprio quello che mi ci voleva: pulizia, ordine, caldo, mare. E’ una meta assolutamente imperdibile e soprattutto è nelle mie corde. Il Riad Marhaba è il più bello di tutto il viaggio e Asmin, il ragazzo che lo gestisce, è stato così gentile da accompagnarci nel suk e negoziare per noi gli ultimi acquisti. Prima di andare via ci ha persino regalato un piccolo porta-candela marocchino. Ma a proposito di acquisti Rabat farà al caso vostro: tutto è meno caro e soprattutto nessuno vi importunerà, potrete finalmente girare per il suk con calma, fermandovi a osservare e a meditare. Il motivo è ben evidente, Rabat è una cittadina ricca e lo noterete subito se questa tappa seguirà quelle delle pittoresche Marrakech, Fès o Meknés. Se fino a oggi mi sono sentita fuori luogo per i miei jeans e le all star, qui mi sento fuori luogo per il motivo opposto! Le ragazze e i ragazzi sono tutti molto “cool”. Verso sera visitiamo il mausoleo, un’altra bella scoperta. Ma Rabat è davvero un piccolo gioiello marocchino.
L’ultima sera andiamo a cena al ristorante El Bahia che purtroppo non vale niente. Sarà che noi, stufi di pollo e cous cous, abbiamo osato per calamari e filetto di carne… pessimi. Abbiamo speso 200 Dh inutilmente.
7 gennaio 2013 Si torna a Roma!
La mattina visitiamo ancora Rabat e partiamo verso l’ora di pranzo, direzione aeroporti di Marrakech dove alle 19 abbiamo l’aereo per Roma.
Io non vedo l’ora di tornare a casa, mangiare i miei muffin di riso e le mie paste integrali, andare in palestra e muovermi per le strade di Roma che mai come in questo momento mi sembrano pulite e ordinate. Il Marocco mi è piaciuto molto, allo stesso tempo è stato un viaggio impegnativo. Tanta gente, tanti procacciatori di turisti e false guide, tanti polli, troppi polli, odori, colori, degrado, cultura. Un mix speziato e accattivante. Metteteci però che viaggiare d’inverno è sempre più impegnativo, 10 giorni sono stati tosti… più di 20 in America o in Argentina. Col senno di poi, tre giorni in meno sarebbero stati perfetti. Volando con Ryanair comunque non avevamo alternative!
Note:
COSE INDISPENSABILI DA PORTARE
Salviette umidificate – Asciugacapelli – Medicine per il raffreddore/mal di gola – Sciarpetta leggera – Pile – Scarpe comode