New England, New York, Washington, Niagara in auto
Viaggio USA East Coast e Canada
3-23 Agosto 2014
Indice dei contenuti
Partecipanti: Lorenzo, Franca, Chiara e Gaia
Prologo
Verso metà ottobre 2013 Franca e Chiara ravanando su internet trovano per agosto un volo della Turkish Airline Malpensa Boston (via Istanbul, che non è proprio sulla strada) a 480€ andata e ritorno. Altri voli costano circa il doppio. Comperati i biglietti si attende pazientemente che arrivi l’estate. Due settimane circa dalla partenza compiliamo i moduli ESTA, paghiamo i 64 USD, prenotiamo una stanza in un hotel a Malpensa (hotel 3 Leoni) e siamo pronti a partire. A fine luglio i voli MXP-Boston costano da 1200 a 1500 euro.
Sabato 02-08-14
Alle 7.30 inizio le operazioni per fare il check in on-line dei voli di domani. Come al solito si devono inserire un bel po’ di dati che già hanno avuto in fase di prenotazione. Finito il lungo processo le carte di imbarco della tratta MXP Istanbul si stampano senza problemi, quelle della tratta Istanbul Boston 2 su 4 non si possono stampare. Cerco di avere chiarimenti dal call center, ma al sabato è chiuso. Scrivo una mail e mi torna indietro un messaggio automatico scritto solo in turco. Trovo finalmente un numero da chiamare per assistenza clienti. Chiedo come mai non posso stampare le carte di imbarco e mi dicono che non hanno idea del perché e di andare domani in aeroporto. Bell’assistenza! Alle 21 siamo all’Hotel 3 Leoni di Somma Lombardo. Camera famiglia molto spaziosa, 2 ambienti separati, 90€ con la colazione (che in questo hotel forniscono a partire dalle 4 di mattina). Check-in ultrarapido e alle 21.30 siamo già nel letto che tentiamo di addormentarci visto che la sveglia è puntata alle 3.45. Sarebbe stato possibile mollare l’auto all’hotel allo stesso costo del parcheggio. In effetti sarebbe stato più comodo. In futuro considereremo questa opzione.
Domenica 03-08-14
La sveglia inesorabile suona alle 3:45. Colazione rapida e poi al parcheggio (Star Parking di Somma Lombardo, parking esterno dal 3 al 24 agosto 81€). Alle 5 siamo ai banchi del check-in. Volo TK1877 per Istanbul. Avendo fatto il web check-in si salta la coda, perché c’è un banco dedicato alla sola consegna dei bagagli da spedire. Consegno le carte di imbarco. Spiego che due non si potevano stampare. Il tizio le prende, le controlla e poi le strappa, le butta e me ne dà altre. A cosa è servito stamparle? Potevo risparmiare carta e inchiostro. Imbarco in perfetto orario, ma poi si rimane a bordo dell’A320-200 in attesa per tre quarti d’ora. Finalmente si parte. Dopo un po’ servono la colazione. Al momento dell’acquisto dei biglietti (a ottobre dello scorso anno) tra le innumerevoli informazioni da fornire c’era anche il tipo di pasto preferito (vasta scelta). Noi avevamo indicato sea food e ci hanno portato un vassoietto con omelette al salmone. Arriviamo a Istanbul con una mezz’ora di ritardo e ci dirigiamo al gate per Boston dove c’è il controllo della security. Abbiamo l’ESTA, le carte di imbarco, i passaporti, ma vogliono vedere pure il biglietto elettronico, forse per controllare che abbiamo tutti il biglietto di ritorno. Sarei curioso di sapere come fanno a controllare le donne arabe delle quali si vedono solo gli occhi. Comunque dopo un laborioso processo ci mettono degli adesivi sul passaporto. A me e Franca un adesivo azzurro a C&G un adesivo rosso. Chiedo che differenza ci sia e mi rispondono “really nothing”. Quando però andiamo all’imbarco si capisce che la differenza c’è. Chi ha l’adesivo rosso deve passare un controllo del bagaglio a mano. Così le ragazze devono aprire le borse, accendere PC e telefono, ecc. ecc. Ti levano un po’ la voglia di andare in America. Alle 13.45 (con 20′ di ritardo) l’A340-300 decolla. Il servizio di bordo è ottimo anche in classe turistica. Ciabattine, mascherina per dormire, spazzolino, dolcini di benvenuto, salviettino caldo, ricco menù, ecc. C’è addirittura un cuoco con tanto di divisa da chef. Meglio di British e molto meglio di American Airlines. Il volo prosegue come al solito all’insegna della noia. I film sono in turco o in inglese (che per me non fa molta differenza). L’aereo percorre una rotta molto a nord passando sopra le Far Oer, Reykjavik e lambisce la punta meridionale della Groenlandia. Piuttosto curioso, considerato che siamo partiti da Istanbul e che la latitudine di Boston è circa quella del nord Italia. A occhio la geodetica dovrebbe passare più bassa. Quando passiamo sulla Groenlandia è pieno giorno e lo spettacolo è favoloso. Poche nubi e una miriade di piccoli (si fa per dire) iceberg che galleggiano nel mare blu scuro. Il tempo non passa più! Finalmente alle 16.45 (un po’ in anticipo) arriviamo a Boston. Controllo passaporti e dogana molto rapidi. Taxi fino all’albergo (30$). Sistemati in camera facciamo due passi nei dintorni. La prima impressione che abbiamo di Boston è che sia poco americana. Ci sono molte case basse di mattoni rossi che ricordano alcuni quartieri di città come Londra o Edimburgo.
Sfatti dalla fatica del viaggio ce ne andiamo in camera con la speranza di recuperare rapidamente il jet lag.
Lunedì 04-08-14
Il jet lag si sente. Alle 6 siamo già svegli. Colazione e alle 7.45 prendiamo la navetta gratuita dell’hotel per andare in centro. Ci lascia nelle vicinanze del Public Garden che raggiungiamo a piedi. Inizia così la visita di Boston che conferma l’impressione avuta ieri e cioè che sia una città “poco americana”. Al Boston Common troviamo l’ufficio informazioni e andiamo a chiedere dove rivolgerci per andare a vedere le balene. Ci informano che i tour sono organizzati dall’acquario che si trova a poca distanza. Dato che è una bella giornata di sole, che c’è un tour col catamarano che parte a mezzogiorno, che domani non sappiamo se farà bello …. Carpe diem, andiamo a comperare i biglietti (un cicinin costosi: 50$ a testa). Nel frattempo percorriamo un tratto del “freedom trail”, un percorso che tocca alcuni siti simbolo della rivoluzione contro gli inglesi (partita con lo scarico in mare delle balle di te – Boston Tea Party). A mezzogiorno siamo all’imbarco. Rimaniamo a cuocere un po’ al sole e finalmente si parte. Il catamarano viaggia molto veloce (sui 50 km/h) e in un’ora ci porta ad una quarantina di km al largo. Dopo un po’ che siamo lì a scrutare l’orizzonte la prima balena emerge e si immerge con la coda che sventola in alto. Rimaniamo in zona per più di un’ora e di balene ne vediamo parecchie. Qualcuna più grande, qualcuna più piccola.
Poi si torna a terra e riprendiamo il giro del freedom trail che ad un certo punto passa per Little Italy. Questo ameno luogo popolato di italiani e loro discendenti ha in corso i festeggiamenti per santa Agrippina e quindi le strade sono addobbate con luminarie di dubbio gusto, striscioni, manifesti e quant’altro. Entriamo in una salumeria dove all’ingresso se ne sta seduto un vecchietto (probabilmente il fondatore del negozio) che pretende di fare il baciamano a Franca. Diamo un’occhiata ai prodotti esposti (tra cui i biscotti del Mulino Bianco) e notiamo dei prezzi altissimi. Un litro di olio EVO di un premiato oleificio (a me totalmente sconosciuto) costava 30$.
Tornati in hotel, vedo nella hall un giapponese che fotografa il distributore di succhi di frutta, quello del caffè, le ciotole con le bustine di zucchero,….
Siamo poi andati a cena in un ristorante senegalese molto soddisfacente come cucina (Teranga, www.terangaboston.com), ma con un maldestro cameriere che probabilmente è stato bocciato più volte alla scuola alberghiera.
Martedì 05-08-14
Stiamo recuperando il jet lag.
Alle 9 prendiamo la navetta che ci porta alla metro con cui raggiungiamo l’università di Harvard. Alle 10 parte un tour guidato gratuitamente da una studentessa (Molly). L’architettura del campus non è particolarmente pregevole. Quello di Stanford era decisamente più bello. Molly racconta e io non capisco una parola. Poi in differita C&G riassumono in italiano.
Alcune curiosità:
Dal giorno della sua fondazione lo statuto prevedeva che i professori potessero portare la loro mucca nel prato e legarla ad un albero (!?!?). Questa norma non è mai stata abrogata e qualche anno fa un prof. buontempone ha portato una mucca e l’ha parcheggiata nel prato. E nessuno ha potuto dirgli nulla.La biblioteca è dedicata a un certo Harry Elkins Widener. Questo tizio di famiglia molto ricca aveva donato una caterva di libri alla biblioteca. Poi aveva deciso che essa dovesse anche contenere un prezioso libro di Sir Francis Bacon. Dato che era ricco è andato in Europa a cercarlo, l’ha trovato, l’ha comperato ed è tornato a casa. Col Titanic! Quando è naufragato, era salito a bordo di una scialuppa, ma quando si è accorto di non aver preso il libro si è tuffato per andarlo a prendere e di lui (e del libro) si sono perse le tracce. Allora sua madre ha donato un paio di milioni di dollari (a inizio ‘900) perché demolissero la biblioteca esistente e ne ricostruissero una intitolata a suo figlio, con la clausola che non sarà mai modificabile.La statua di John Harvard: è tutta un errore. Non è il fondatore. Lui un paio di anni dopo la fondazione ha donato una quantità spropositata di libri, così hanno deciso di dare il suo nome all’università. Quando hanno deciso di fare la statua, di ritratti di John Harvard non ce n’erano, per cui hanno preso un tizio qualsiasi che ha fatto da modello.
Terminato il giro ce ne siamo stati un po’ seduti all’ombra (fa un caldo tremendo) e poi ci siamo avviati verso il museo del MIT (ingresso 10$, C&G presentando il tesserino universitario solo 5$).
È un museo artistico/tecnologico molto singolare. Ci sono opere di arte moderna in movimento veramente geniali, una serie di ologrammi, robot di tutti i tipi, i risultati delle più recenti ricerche degli studenti e alcuni filmati. Una visita molto interessante.
Poi ancora quattro passi per vedere la sede centrale del MIT (molto imponente) e quindi alla metro per andare a ritirare l’auto alla Alamo all’aeroporto.
La linea “silver line 1” che va all’aeroporto merita il viaggio a Boston. Si scende nella metro e si arriva ad una stazione sotterranea in cui, al posto del classico treno, c’è un filobus. Per un bel pezzo di strada passa in un tunnel poco più largo del bus. Quando sbuca fuori già verso l’aeroporto l’autista ferma, accende il motore diesel, tira giù i pantografi e si immette nella normale viabilità stradale.
Giunti finalmente alla Alamo (con un servizio di shuttle in quanto il rental centre è fuori dall’aeroporto) andiamo a prendere l’auto e invece della Toyota Corolla vogliono darmi una Focus che è un po’ più piccola e i bagagli potrebbero non starci, nonché vogliono farmi stipulare una assicurazione contro gli atti vandalici dal costo esorbitante. Non la faccio e spero mi vada bene. Comunque a forza di discutere la Corolla salta fuori. Il contamiglia segna 15080. Breve rinfrescata della memoria per come usare il cambio automatico e via.
Per andare dall’aeroporto al centro di Boston si deve pagare un pedaggio di 3.50$ solo rigorosamente cash. Non accettano carte di nessun tipo.
Tentiamo di andare a cena in un ristorante spagnolo preso d’assalto già alle 18.45. Ci dicono che ci sarà da aspettare un’ora e mezza, così torniamo dai senegalesi di ieri.
Cena abbondante (fin troppo): 106$ in 4 mancia compresa.
Mercoledì 06-08-14
Bye bye Boston. Alle 9 siamo partiti per New York. Prima sosta a Providence (CT) per fare una giro alla Brown University. Un po’ anonima anche se molto blasonata. Tappa successiva New Haven dove ha sede l’Università di Yale. Qui organizzano visite guidate gratis come ad Harvard. Alle 13.45 si comincia con un filmato di un quarto d’ora che mostra con un musical amatoriale di dubbio gusto tutti i pregi dell’università, poi si parte per un giro di visita del campus a piedi di circa un’ora e un quarto.
Yale è stata fondata nel 1701. Le prime ragazze sono state ammesse solo nel 1969. Prima era un campus rigorosamente maschile. L’attuale aspetto, ispirato all’università di Cambridge (UK), risale agli inizi del ‘900. È impressionante per dimensioni e ricchezza la biblioteca. Un edificio cubico enorme che contiene 800.000 libri tra cui il libro dei morti egiziano e 2 bibbie di Gütemberg. Il libro più vecchio risale al 5000 a.C. Il giro termina al negozio di souvenir (prezzi molto alti).
La visita dell’Università di Yale è da non mancare. Purtroppo bisogna capire bene l’inglese perché non forniscono brochure tradotte in italiano. Se non ci avessero tradotto le spiegazioni C&G non avremmo capito nulla.
Si sono quasi fatte le 4 p.m. Si parte alla volta di New York. Si viaggia bene fino ad una decina di km da Brooklyn (dove alloggiamo al Comfort Inn). Gli ultimi 10 km sono stati uno strazio causa traffico intasato (40 minuti). Ponte a pagamento: 7.50$.
Sistemati i bagagli andiamo con la navetta dell’hotel (gratuita) alla fermata della metro.
Visto che in 4 giorni faremo molti spostamenti acquistiamo l’abbonamento settimanale (30$ più 1$ per l’emissione della carta). Le carte si possono comperare ad una macchinetta solo con la carta di credito (non accetta denaro perché guasta) e si devono comperare una alla volta (non è previsto un acquisto multiplo). Presa la prima, presa la seconda, la terza rifiuta il pagamento della Visa. Mi torna quindi in mente che per motivi di sicurezza non consentono più di due acquisti al giorno di biglietti con la stessa carta di credito. Meno male che avevamo anche l’altra Visa, così le abbiamo prese tutte e quattro. Se no ci saremmo attaccati al tram perché non ci sono alternative. Non possono darli da vendere alle edicole, bar, ecc. come da noi? Hanno delle regole proprio delle palle e se hai qualche problema in generale ti arrangi. Sono flessibili come un blocco di granito. Tronfi del nostro successo contro le perfide macchinette, andiamo a Times Square. Quando siamo stati qui a dicembre 2008 c’era parecchia gente, ma oggi ce n’è 50 volte tanto. Per ricordare quel bel soggiorno invernale, andiamo a fare cena all’Amish Market (dove andavamo a comprare piatti pronti) sulla 9th Av. Cibo buono venduto a peso, prezzo ottimo. Scontato dopo le 8 p.m. (aperto fino alle 11 p.m.) Passaggio per la 46th per rivedere da fuori la casetta in cui abbiamo alloggiato nel 2008.
Rientro in hotel con la navetta. Siamo fuori dalla stazione della metro che aspettiamo la navetta insieme ad altri due signori. Appena arriva si materializza dal nulla una famiglia di indiani (saranno una dozzina) che cerca di stiparsi tutta nel pullmino già occupato per metà. In India sarebbero saliti sul tetto del pullmino o in braccio all’autista, ma qui a NY non è consentito così due rimangono giù ad aspettare il prossimo giro.
Giovedì 07-08-14
Bella giornata di sole. Dopo una colazione fotocopia delle precedenti colazioni, con una tortuosa passeggiata andiamo a prendere la metro per andare al ferry che va a Staten Island. Con soli 2 cambi e lunghe camminate sotterranee (la metro di NY è fatta proprio male) arriviamo verso Battery Park nelle cui vicinanze c’è il terminal marittimo.
A Staten Island in realtà non c’è proprio nulla di interessante, ma ci andiamo perché dal traghetto (gratuito) si vedono bene lo skyline di Manhattan e la Statua della Libertà di fronte invece che di fianco come invece si vede dalla terraferma. Appena arrivati a Staten Island siamo scesi dal traghetto e siamo subito risaliti per tornare indietro.
Giunti a terra siamo andati al WTC (pochi minuti a piedi), dove hanno costruito due gigantesche fontane a pianta quadrata dove sorgevano nel 2001 le Twin Towers. Hanno anche costruito un nuovo grattacielo dalla forma un po’ strana alto circa come le torri. Il memorial 9/11 ce lo siamo evitato sia perché il biglietto costa 25$, sia per il fatto che non abbiamo troppa voglia di immagini e filmati drammatici. Le donne si sono poi imbucate da Century 21, io sono andato a bighellonare. Ricongiunta la famiglia ci siamo diretti a Wall St sperando di ricevere ispirazioni per favolosi investimenti. Con la metro siamo risaliti fino alla 23-esima per andare a rivedere il Flat Iron e vedere Eataly. Farinetti penso ci abbia azzeccato. Era strapieno di gente che comperava prodotti italiani. Al banco panetteria avevano tranci di focaccia molto invitanti. Ne abbiamo presi due ed erano buonissimi. Morbidi, belli unti (di ottimo olio d’oliva) come deve essere la focaccia.
Risalendo la 5 Av. abbiamo rivisto l’Empire State Building e poi abbiamo fatto un breve giro interno alla biblioteca (New York Public Library).
Si sono fatte le 5 p.m. Siamo stanchi! Per riposarci andiamo al bar del Marriott vicino a Times Square al 48° piano. Il bar è vuoto, ma invece di dirci “sedetevi dove vi pare” ci fanno fare un bel giro di tutto il bar finché ci assegnano un tavolo da 4 (uguale ad altri).
Ci portano la lista, ordiniamo 4 birre (8.50$ l’una) e ci chiedono di dare come garanzia la carta di credito (!!!!!) Mi sembra il colmo. Diciamo che vogliamo pagare cash. No problem. La carta è solo una formalità. Pagate pure cash. Ci guardiamo il panorama che scorre lentamente davanti a noi (il bar è montato su una piattaforma che gira). Tempo neanche mezz’ora e arriva l’sms di avvenuta transazione della Visa. Come parlare al muro in cinese. Cena dagli Amish. Così non si sbaglia. Poi la metro per tornare in camera. Decidiamo di fare la strada a piedi dalla metro all’hotel invece di aspettare la navetta. Idea pessima perché sbagliamo strada e perdiamo un bel po’ di tempo.
Venerdì 08-08-14
Bella giornata di sole, ventilata, temperatura gradevole. La navetta dell’hotel (i gestori si direbbero indiani) alle 9 non si vede e quindi partiamo a piedi per la fermata della metro. Forti dell’esperienza di ieri questa mattina siamo arrivati rapidamente senza titubanze. Prima meta del giorno il ponte di Brooklyn. Ce lo siamo fatto tutto a piedi (1825 metri). Poi con la metro andiamo alla High Line, una passeggiata sopraelevata ricavata come riqualificazione ambientale di una vecchia linea ferroviaria merci che correva a fianco della 10a Av. La passeggiata parte dalla 14th St. e sale fin verso la 30th. Noi l’abbiamo percorsa dalla 23esima alla 14esima. Il verde è abbastanza curato, ci sono sedie e tavolini, panchine, sdraio in legno per prendere il sole, giochi d’acqua e “last but not least” anche i bagni. Dalla 14esima ripigliamo la metro per Central Park West.
Sulla metro c’è una negrona (150 kg supergiù) con l’aria stralunata che bofonchia da sola. Ad un certo punto si alza e attacca bottone con Chiara che invece di far finta di non capire le dà pure corda. Questa le racconta di essere eroinomane, ma che però non beve birra, non fuma erba, non usa crack e altre amenità. Per fortuna arriviamo a Central Park e ce la scrolliamo di dosso.
Bighelloniamo per il parco e vediamo diversi risciò a pedali la cui tariffa è di 3$ al minuto. Va bene che pedalare su un risciò è faticoso, ma 180$ l’ora mi sembra un po’ altino come onorario. Infatti la maggior parte sono fermi sotto le piante all’ombra. Passiamo davanti al Guggenheim (già visitato nel 2008) poi con un bus torniamo verso sud per uno spuntino/merenda (son quasi le 4 e abbiamo i piedi che fumano) da Pret a Manger. Poi giro per Little Italy e Chinatown. Little Italy è ormai solo più un minuscolo agglomerato di ristoranti e negozi di gastronomia italiani dai prezzi piuttosto elevati. Uno dei ristoranti ha nel menù spaghetti aglio, olio e peperoncino (che non ci va una grande scienza a cucinarli) 22$, più gratuity 18%. Verso le 5.30 p.m. i ristoranti sono comunque strapieni di gente che mangia enormi piatti di pasta (strana merenda). Girulando passiamo davanti ad un negozio di un italo-americano che espone un bel campionario di armi e che come insegna ha una gigantesca pistola a tamburo. Finiamo poi in un piccolo parco in cui c’è una statua di Sun Yat-Sen (colui che è considerato il padre della Cina repubblicana) e una caterva di cinesi che giocano a dama, scacchi, carte, ecc. Cinesi che suonano e altri che cantano le loro nenie. Sembra di essere in uno dei tanti giardini di Pechino e non a New York.
Sabato 09-08-14
Il tempo continua ad essere bello.
Alla mattina siamo andati a Coney Island, uno spiaggione immenso di bella sabbia fine raggiungibile dal centro di Manhattan con la metro in meno di un’ora e dal nostro hotel di Brooklyn in circa mezz’ora. Come sulle spiagge italiane anche qui si vedono famiglie che hanno sotto l’ombrellone provviste alimentari sufficienti a sopravvivere qualche mese, enormi borse frigo, ettolitri di bibite, ecc. Vicino alla passeggiata a mare c’è un luna park di dimensioni americane. Dicono sia stato il primo luna park al mondo, ma oggi è completamente ammodernato con ogni sorta di giostre che frullano, centrifugano, sbattacchiano la gente. Un giro sull’ottovolante 10$.
Verso mezzogiorno siamo tornati alla metro per andare a Manhattan e ci siamo trovati contro corrente in mezzo ad una fiumana di persone con bambini, passeggini, ombrelloni, secchielli, palette, ecc. che uscivano dalla metro diretti alla spiaggia.
Giunti a Manhattan ci siamo diretti alla chiesa di Saint Patrick che nel 2008 non eravamo riusciti a vedere perché quando eravamo andati era chiusa. Questa volta era aperta, ma in restauro e quindi con ponteggi montati fuori e dentro. Si vede che non è destino che vediamo questa chiesa.
Poi girando a caso troviamo sulla 6th Av una tavola calda italiana dove ci fermiamo per uno spuntino. Tento di scambiare quattro chiacchiere in italiano con un tizio al bancone che mi risponde in italiano, ma è un italiano piuttosto strano e l’unica cosa che sono riuscito a capire è che vive a NY da più di 40 anni e mi è sembrato essere molto contento.
Poi a Times Square a vedere il negozio della M&M (quello delle pastigliette colorate con dentro il cioccolato). Un megastore di 3 piani strapieno di gente dove c’è ogni sorta di merchandising col marchio della società e tonnellate di pastiglie multicolore. La famiglia si separa. Femmine in giro per negozi, maschi (io) a girare per Harlem, Rockfeller Centre, Central Park,… L’appuntamento per riunirci è alle 19 da Eataly sulla 23esima e Broadway vicino al “flat iron”. Arrivo con mezz’ora di anticipo e entro per prenotare un tavolo. C’è una coda piuttosto lunga e riesco a prenotare per le 19.30. Ci prendiamo 4 pizze di Rosso pomodoro per 75$ (bevande escluse, mancia inclusa). Mentre aspettiamo le pizze ci portano del pane buonissimo con olio EVO da pucciare. Sublime! Oggi la distanza che ho percorso a piedi, secondo il contapassi, è 10 km.
Domenica 10-08-14
San Lorenzo
Dopo aver sistemato i bagagli in macchina per partire poi nel pomeriggio per Washington andiamo alla metro (questa mattina alle 9 la navetta c’era) per raggiungere la Chiesa Mother Zion (dei Metodisti Africani) a Harlem dove ci sarà la messa gospel. L’orario di inizio non è ben chiaro se 10.30 o 11, così onde evitare di arrivare tardi andiamo per la 10:20. Ovviamente inizia alle 11. Ci sono molti turisti (a occhio persino di più dei fedeli neri) che come noi hanno evitato la più nota Abissinian. Qui la funzione è più “genuina”. I neri che entrano si abbracciano e baciano tutti. Molte donne per sottolineare l’importanza dell’evento sono vestite con abiti eleganti e con i capelli acconciati da festa.
Mentre aspettiamo che cominci, un tizio ha fatto il giro a chiedere la nazionalità dei presenti. La messa è molto diversa da una cattolica. C’è un pastore (che fa da leader) più 5 altri officianti che parlano a turno. Il pastore sembra più uno showman che un religioso. Ad un certo punto ha elencato le nazionalità dei presenti. Italiani, francesi e spagnoli erano un bel numero. Quando passano per la questua suggeriscono un’offerta di 10$. Noi l’abbiamo interpretato come un obolo a famiglia e gli abbiamo dato 10$ in 4. Il pastore showman arringa la folla urlando come ad uno spettacolo. Si sbraccia, suda, si asciuga con un fazzoletto. Ad un certo punto è partito pure un breve applauso. La “predica” (o sermone?) del pastore dura molto. Dato che dobbiamo partire per Washington alle 12.15 andiamo anche se non ha ancora finito. Vale sicuramente la pena andare. La cantante solista Cassandra O’Neal ha una voce bellissima. Breve sosta per vedere la Columbia University che è sulla nostra strada. È una università molto più piccola di Harvard e Yale. Alle 14:45 si parte con meta Washington. Distanza da percorrere 360 km. Tempo stimato dal Tom Tom 3 ore e mezza. Prima coda al ponte da Verrazzano per pagare il pedaggio (15$). Poi si percorre rapidamente (a parte l’insensato limite di velocità di 100 kmh) un’autostrada a 4-5 corsie per circa 160 km (9.10$). Poi a passo d’uomo tratti di autostrade intasate con vari pedaggi da 4$, un tunnel da 4$ e poi finalmente alle 8 p.m. cioè dopo 5 ore e un quarto dalla partenza arriviamo esausti all’Holiday Inn a un quarto d’ora a piedi dalla dimora di Obama. Camera doppia usata in 4 ma con solo 2 colazioni incluse circa 200$ a notte. Parcheggio auto 25$ a notte. Colazioni aggiuntive 17.50$. Dato che paghiamo cash, si paga anticipato e dobbiamo lasciare pure 50$ di cauzione.
Cena da Chipotle, una catena di fast food messicani che fanno burritos, specie di kebab ripieni di carne ai ferri, riso, fagioli e salsa piccante il tutto avvolto in una tortilla. Un po’ difficili da mangiare. Se sapevo lo prendevo nella ciotola (40$ in 4 con coca). Passeggiata fino alla Casa Bianca. Poi in camera a preparare il giro di domani.
Lunedì 11-08-14
Santa Chiara
Parzialmente nuvoloso con vento.
La colazione dell’Holiday Inn è decisamente più ricca e di qualità migliore rispetto a quelle precedenti. Anche il servizio è di gran lunga migliore. Posate di acciaio, bicchieri di vetro, piatti di ceramica.
Si parte per il tour del centro di Washington. Prima tappa, ovviamente la Casa Bianca.
Classiche foto che fanno tutti da fuori, perché per visitare una parte della Casa Bianca bisogna fare domanda mesi prima alle autorità americane.
Vicino c’è un negozio di souvenir della Casa Bianca dove ci sono i soliti oggetti tipo tazze, segnalibri, penne, ecc. che invece di avere stampati paesaggi o monumenti hanno le facce di vari presidenti e loro famigliari.
Sosta successiva l’obelisco, alias Monumento a G. Washington. Si può salire in cima a gratis, ma bisogna prendere il biglietto ad un botteghino. Andiamo e quando arriviamo avevano gli ultimi 4 biglietti della giornata per la salita delle 9 p.m. Li prendiamo al volo.
Vicino all’obelisco c’è una grossa fontana intorno alla quale ci sono dei piloni di pietra con i simboli dei 50 stati e due pilastri a simbolo dell’Atlantico e del Pacifico. Da qui per raggiungere il Lincoln Memorial si costeggia il laghetto rettangolare, dove Forrest Gump si butta per andare da Jenny. Sui bordi del laghetto ci sono dei grossi uccelli dal piumaggio marrone (forse oche canadesi?), che hanno ricoperto di guano buona parte della pavimentazione (meglio evitare le infradito). Strano non venga pulito, visto il significato simbolico di questo monumento.
Da lì torniamo indietro a cercare il White House Visitor Centre dove ci sono informazioni circa la storia di questo edificio. Seguendo le indicazioni della guida e i cartelli per strada arriviamo ad un ufficio chiuso per restauri. Per fortuna è presidiato da alcuni pulotti che ci indicano un edificio in cui è stato temporaneamente trasferito.
La storia della casa bianca è raccontata con un filmato che inizia con Michelle Obama e finisce con Barack. Per fortuna ci sono anche i sottotitoli per i non udenti e quindi per me che capisco molto poco l’inglese parlato sono riuscito a seguire la storia.
Poi una lunga tapinata fino al Museo Aerospaziale dello Smithsonian Center.
Un museo interessantissimo che raccoglie i più importanti cimeli della storia dell’aeronautica dallo Spirit of Saint Louis, ad una fedele riproduzione dell’aereo dei fratelli Wright, al LEM, Skylab, capsula Gemini I, … La cosa stupefacente è che l’ingresso è gratuito. Ci si può passare tranquillamente anche mezza giornata. Purtroppo per la mania americana dell’aria condizionata a palla, dopo un’ora e mezza eravamo congelati e siamo usciti. Il Capitol l’abbiamo guardato da qualche centinaio di metri e poi siamo rientrati in camera. Per mangiare una volta un bel po’ di verdura per cena andiamo ad un supermarket di prodotti biologici (Whole Food). Visto che hanno un buffet piuttosto ampio e invitante ci prendiamo un po’ di cose e le mangiamo direttamente nell’area attrezzata nel dehor sul marciapiede. Spesa 38$. Mentre mangiamo vediamo poco lontano un giovane seduto per terra sotto una pianta che chiede l’elemosina. Ad un certo punto passa un tizio, si parlano, l’accattone tira fuori da un tascapane un iPhone, si alza e si allontana insieme all’amico. Accattone con iPhone!?! Verso le 8.15 si riparte per andare all’obelisco. Si è messo a piovere. Si sale a circa 150 mt. di altezza e il panorama vale la pena. E anche oggi di strada a piedi ne abbiamo fatta un bel po’. Il contapassi segna circa 18 km. In TV abbiamo visto la notizia che Robin Williams si è suicidato.
Martedì 12-08-14
Cielo plumbeo. Piove.
Mentre facciamo colazione la cameriera ci viene a dire che non avendo lasciato la carta di credito non hanno potuto incassare i 4 dollari di mancia segnati ieri sulla ricevuta.
Visto che interessava a lei farsi capire ha parlato in un inglese particolarmente chiaro (ah! Ma allora sono capaci). Noi abbiamo fatto un po’ gli gnorri.
Ci porta la nuova ricevuta, segniamo di nuovo 4$ di mancia (peraltro poco meritati, visto che ci siamo serviti da soli al buffet). Ce ne andiamo e questa ci insegue. Al che le dico che ci sono depositati alla cassa dell’albergo 50$. Mentre aspettiamo l’ascensore vediamo la cameriera che va alla cassa probabilmente per verificare. Quando facciamo il check out, la cassiera ci scala i 4$ (più tasse) di oggi ma non quelli di ieri e io non le dico nulla, visto che la cameriera mi è stata antipatica.
Si parte per Lancaster (Pennsylvania) dove c’è un grosso outlet vicino all’hotel (Country Inn) e una comunità di Amish.
L’outlet lo troviamo senza problemi e le donne comperano un po’ di cose ai saldi. Girando per l’outlet vediamo alcune donne e ragazzine vestite in modo molto semplice, con cuffiette che tengono raccolti i capelli e riteniamo siano Amish non proprio ortodossi, visto che girano per il centro commerciale e nel parcheggio non ci sono carretti.
Quindi partiamo verso il centro di Lancaster e piove che dio la manda. Peccato, perché è una città graziosa e non possiamo nemmeno scendere dall’auto per qualche foto.
Di Amish col carretto nemmeno l’ombra. Commentiamo che è stato più facile vedere le balene.
Giriamo un po’ a vuoto in auto per più di mezz’ora sperando di addocchiare un Amish, poi il vecchio capogita (io) decide di usare i buoni vecchi metodi e torna all’hotel per chiedere informazioni ad un umano invece di ravanare su internet. Mossa vincente perché la ragazza alla reception tira fuori una cartina e ci segna sopra la zona in cui ci sono le comunità degli Amish e scopriamo così di essere ad appena dieci minuti di strada. E in effetti appena arriviamo in prossimità di Bird-in-hand (nome che si presta a battute poco serie), vediamo vari carrettini (neri) ognuno trainato da un cavallo e condotti da signori vestiti di nero con barbone e cappello di paglia. Se il carrettino è di quelli scoperti, visto che piove si riparano con un grosso ombrello (nero). Vediamo anche un tizio con un “coso” a metà tra una bici senza sella e un monopattino che se ne va in giro sotto la pioggia (con l’aria arcigna) come se nulla fosse.
Tornati in hotel sotto la pioggia, ci fiondiamo nella Jacuzzi calda e ci godiamo un momento di relax.
Usciamo con l’auto per andare a cercare un ristorante. A poca distanza dall’hotel c’è un grill gestito da cinesi con buffet gigante. All can you eat 10.99$ più bevande. Pensando che la coca fosse una bottiglietta, chiediamo che ci portino anche dell’acqua. Ci chiedono (essendo cinesi) se la vogliamo calda o fredda. Risposta: cold. Tempo un minuto e la solerte cameriera ci porta oltre a 4 mastelli di coca anche un mastello di acqua bollente. Sembra di essere tornati in Cina, quando dopo lunghe spiegazioni per avere dell’acqua fredda ci rifilavano ciotole di acqua calda. Come dice Chiara puoi togliere un cinese dalla Cina, ma non puoi togliere la Cina da dentro ad un cinese. Sono de coccio.
Buono, molto vario. Economicissimo. In 4 con coca (mega) 53$ ed essendo cinesi non chiedono la gratuity. Hanno un vaso di vetro in cui lasci quello che vuoi.
Mentre torniamo in hotel il Tom Tom impazzisce. Lo spengo e poi non si riaccende. PANICO! Poi a forza di fare si resetta e riparte. Ma che paura! Già ci vedevamo bloccati qui a Lancaster convertiti alla religione degli Amish intenti a cercare un carrettino e un cavallo.
Mercoledì 13-08-14
Dopo una colazione proprio misera alle 9 ci mettiamo in viaggio per Niagara Falls, una tirata di 560 km da percorrere a velocità tra i 90 e i 105 km/h su stradoni e 3 corsie con poco traffico. Da addormentarsi!
Verso le 13 ci fermiamo in una stazione di servizio per fare il pieno e mangiare qualcosa (la colazione l’abbiamo digerita parecchie ore fa, visto quanto era scarsa).
L’offerta gastronomica del benzinaro è un po’ raccapricciante. Io tento con un burrito confezionato da scaldare nel microonde. Ha tappato il buco nello stomaco, ma le papille sono state messe a dura prova.
Ci rimettiamo in viaggio e alle 15.40 siamo in coda alla frontiera USA-Canada.
Controllo passaporti solo da parte dei canadesi. Speriamo che poi gli americani ci facciano rientrare negli USA per tornare a casa. Contrariamente alle informazioni che avevamo non ci hanno fatto pagare i 17-18 CAD per il visto di ingresso. Appena messe le ruote in Canada il navigatore fa di nuovo pasticci, però per fortuna si riprende subito. Notiamo che qui usano i metri, i litri e i gradi centigradi. Questi ultimi sono pochini. Ci sono 17-18 gradi e un vento che porta via. Preso possesso della camera all’hotel Howard Johnson at the Falls andiamo verso le cascate. Niagara Falls è una specie di Luna Park molto kitch. Sembra abbiano voluto creare un brutta copia in piccolo di Las Vegas con risultati molto scadenti. Visto che c’è il sole saliamo in cima alla Skylon Tower (14.50 CAD gli adulti) per vedere le cascate dall’alto. Usciti sulla balconata c’è un vento fortissimo, ma il panorama è grandioso. Tra l’altro mentre dal lato canadese le cascate si vedono di fronte, dal lato americano si vedono di fianco e non vale la pena. Scesi dalla torre andiamo alla balconata che si affaccia sulle cascate e ci stupisce il fatto che il rumore di questa incredibile massa d’acqua che cade (molti milioni di litri al secondo) sia molto più debole di quanto immaginavamo.
Sosta relax in hotel con sauna e Jacuzzi, poi cena da Denny’s. Hamburger (buono, moooolto meglio del Mc Donald), patatine, coca 11 CAD.
Giro serale alle cascate illuminate dove questa sera alle 10 p.m. ci sono i fuochi artificiali (ci sono 3 volte la settimana in estate).
Poi in camera. Il fracasso delle varie attrazioni disturba un po’.
Giovedì 14-08-14
Fatto il check out e caricate le valigie ce ne andiamo a fare i biglietti per il battello Hornblower che porta vicino alle cascate. Alla biglietteria c’è una stordita che ci mette un eterno perché non è evidentemente capace a usare un computer. Finalmente ci dà i biglietti e andiamo all’imbarco dove ci danno un poncho di nylon.
Vicino alla cascata americana c’è un po’ di umidità, invece quando si avvicina a quella canadese ci laviamo perché siamo in mezzo a una enorme nuvola di micro-gocce che turbinano a causa del forte vento prodotto dall’acqua che cade.
È uno spettacolo!
Scesi a terra un po’ umidi siamo andati a vederle da sopra.
A mezzogiorno lasciamo Niagara Falls, una delle città più brutte del mondo (quella più brutta in assoluto rimane sempre Trona – vedi diario California), con meta Toronto e l’idea di pranzare lì. Arriviamo all’hotel Stay Inn che è un po’ fuori (14km dal centro). Costa poco (85 € in quattro con la colazione). Non si può certo definirlo lussuoso. La camera un po’ piccola, però è pulito. Posate le valigie usciamo e andiamo ad una specie di centro commerciale dove si trova più o meno di tutto tranne che ristoranti o fast food. L’unico supermarket che c’è è cinese. Cibi pronti non ne hanno. Ripieghiamo su cracker e uva, giusto per mitigare la fame. Si va a Toronto. Puntiamo un parcheggio e vediamo che costa 5 CAD ogni mezz’ora con una spesa massima di 20 CAD al giorno. Proviamo a girare un po’ ma più o meno sono tutti così. Ci infiliamo in uno dove c’è una macchina che sta andando via. Uno dei passeggeri scende, ci viene incontro e ci regala il suo biglietto valido ancora 3 ore. Ogni tanto qualche piccola fortuna. Cominciamo il giro a piedi del centro, ma è una delusione. Una città bruttarella. L’autostrada passa in mezzo alla città come a Genova. Ci sono molti grattacieli ma non certi belli come quelli di New York. Anche il lungo lago non ha particolari attrattive. Noi siamo vestiti da autunno, i locali girano con T-shirt, bermuda e infradito (ci sono 15-16 gradi ed è nuvoloso). Si mette pure a gocciolare e quindi ci rifugiamo in un centro commerciale dove nel piano sotterraneo c’è un’area riservata alla ristorazione in cui si trovano cucine di tutti i tipi. Noi ci orientiamo sulla cucina greca (pita gyros, souvlaki). Spesa di 40 CAD con l’acqua. Buono e abbondante. Breve passeggiata, ma fa freddo, c’è vento, non c’è nulla da vedere e quindi in hotel. Quando lasciamo il parcheggio lascio a mia volta in eredità il biglietto valido fino a domattina. Ad oggi abbiamo percorso circa 1000 miglia.
Venerdì 15-08-14
Ferragosto (ma non si direbbe). Cielo grigio, vento, qualche goccia. Temperatura 16°C.
Dopo una buona colazione lasciamo senza alcun rimpianto Toronto, che avremmo potuto tranquillamente evitare come tappa. Ci mettiamo in viaggio per Gananoque. In autostrada il limite di velocità è 100 km/h, ma non c’è nessuno che lo rispetti. Vanno tutti tra 110 e 120. Lungo la strada ci sono minacciosi cartelli che elencano gli importi delle multe (meno costose che in italia): 95 CAD se si supera il limite di 20 km/h fino a ritiro immediato della patente e sequestro dell’auto se si supera di 50 km/h. Si direbbe che superare il limite fino a 20 km/h non è sanzionato. Io per non sbagliare mi adeguo al flusso.
Qui in Canada, contrariamente ai vicini USA, si vedono anche auto piccole della VW e della Toyota (di Fiat non si vedono nemmeno le 500).
Arriviamo dopo circa 3 ore e mezza. Mi fermo dal benzinaio per fare il pieno e vado dentro per lasciare i soldi prima come negli USA, ma qui che sono di mentalità più europea non è necessario. Prima riempi e poi vai a pagare. La benzina costa circa 90 cent di euro al litro.
Verso le 13.00 siamo al B&B West Gate. Una casetta deliziosa i cui proprietari (Esther e Bruce) sono molto cordiali e accoglienti. Per 200 CAD ci danno una camera per C&G e una suite con camera, salottino e bagno per me e Franca.
Dopo il caffè di benvenuto (con biscotti alla cannella che non mi piacciono) andiamo a fare un giro a Kingstone (~25 km). Non avendo nulla da fare si può anche andare a Kingstone, ma non c’è nulla di particolarmente interessante.
Tornati a Gananoque, verso le 6 partiamo per cercare un ristorante per cena. Pioviggina, per la via principale non c’è un’anima, alcuni ristoranti sono chiusi, per cui l’offerta gastronomica è limitata a pochissimi (a meno di prendere l’auto).
Scegliamo quello che nella lista ha la “Poutine”, piatto tipico canadese, che si riduce ad essere null’altro che un piatto di patatine fritte con sopra un sugo di carne e formaggio. Niente di che. Il resto invece era buono. Pagato 87 CAD in 4 con la mancia. Giro per il paese dove incrociamo 3 o 4 persone e poi in camera. Le previsioni meteo su Gananoque per domani mattina danno 45% di copertura nuvolosa con sole. Speriamo di fare il 1000 Island Boat Tour col bel tempo.
Sabato 16-08-14
Colazione strepitosa. Caricati i bagagli in macchina salutiamo Esther e Bruce e andiamo all’imbarco del 1000 Islands Boat Tour sul fiume San Lorenzo. Costo del giro da 2 ore e mezza circa 36CAD, ma essendo 4 ci ha applicato la tariffa gruppi a 31CAD. Purtroppo le previsioni meteo canadesi di ieri sono smentite oggi dalla grigia realtà. La copertura nuvolosa è 100%, c’è vento forte, ma almeno non piove. Alle 10.30 si parte. Uno dei ponti è adibito a ristorante e una numerosa comitiva di anziani lo colonizza. Poco dopo cominciano ad abbuffarsi al buffet e delle 1000 isole credo abbiano visto molto poco. Il San Lorenzo è talmente grande che sembra di essere in un arcipelago marino. Il tour passa in mezzo a isole da microscopiche a molto grandi. Sono poco più di 1800 in parte territorio USA in parte territorio del Canada. Indipendentemente dalle dimensioni delle isole ci sono costruite sopra una caterva di case con tanto di pontili per l’attracco di barche. Alcune isole grandi sono collegate a terra da ponti, per cui si arriva in macchina e sono popolate anche da residenti stabili. Altre sono case da vacanza. Alcune isole sono talmente piccole che sopra ci sta giusto una casetta. Su alcune ci sono dei villoni enormi. Su una delle isole George Boldt, proprietario del Waldorf Astoria di New York, all’inizio del 1900 ha costruito addirittura un castello (Boldt Castle) per regalarlo alla moglie, morta prima che il castello fosse finito. Volendo lo si può visitare comperando il tour da 5 ore, ma credo non ne sarebbe valsa la pena.
Alle 13:30 si parte per Montreal facendo una 30-ina di km lungo il San Lorenzo. Poi visto che il panorama è bello ma tutto uguale prendiamo l’autostrada. Fino a che l’autostrada corre in Ontario i cartelli sono scritti in inglese e sotto in francese, entrati in Quebec sono solo rigorosamente in francese. Non si vede più una parola in inglese.
Il navigatore ci porta fino davanti ad una casetta ad una decina di km dal centro città.
Nessuna insegna di B&B. Suoniamo il campanello e non capita nulla. Ri-suoniamo e qualcosa dietro ai vetri si muove. Ci apre una vecchietta (a occhio sugli 80 anni) che parla un francese un po’ strano e ci tiene un bel po’ sulla porta con alcune chiacchiere. Quando ormai siamo quasi certi che dormiremo sulle scale finalmente ci fa entrare (l’ingresso è leggermente maleodorante) e ci mostra la camera in tavernetta. Al piano di sopra c’è un tizio che aspetta di avere la camera, ma la nonnina attacca un bottone di 20 minuti a Chiara raccontandole tra le varie cose che è una psicologa.
La nostra camera da 4 è grande, ma nel seminterrato. Non ha cattivo odore. È pulita. Ha delle poltroncine, un pianoforte verticale scordato, un bancone tipo bar. È più una sistemazione di fortuna che una camera accogliente.
Visto che piove andiamo verso il centro a cercare la città sotterranea che, stando alle indicazioni della nonnina del B&B, è accessibile dalla stazione della metro Peel che raggiungiamo in auto. Troviamo abbastanza facilmente parcheggio gratis (dopo le 18 al sabato non si paga). Scendiamo nella metro e troviamo i treni. Chiediamo informazioni ad un giovanotto che ci accompagna ad un altro ingresso e da lì si finisce in un sotterraneo pieno di negozi tutti già chiusi (sono le 6.10 p.m. di sabato!!!!). Giunti ad una zona di banchetti ristorante vediamo che quelli aperti sono pochi e quindi facciamo cena in un grill (Grill Torino) che non sono nemmeno le 19. Spesa per 2 persone 27 CAD con coca.
Usciti dal sotterraneo piove. Facciamo un giretto in auto verso la città vecchia, ma non riusciamo a fermarci perché continua a piovere. Così si torna al B&B nella nostra catacomba.
Questa parte canadese del viaggio è poco soddisfacente.
Domenica 17-08-14
Colazione buona. Cereali e marmellate di tutti i tipi. Waffle fatti al momento dalla nonna, molto meglio di quelli fatti negli alberghi con la miscela già pronta. Buono anche il caffè.
Ieri sera ho fatto una ricerca su internet dei costi dei parcheggi nella zona del vecchio porto e ne ho trovato uno vicinissimo al municipio dove si può lasciare l’auto 12 ore per 10 CAD. Arrivati al parcheggio le nuvole si diradano un po’ e compare persino un po’ di sole.
A Montreal quando si parcheggia si deve digitare alla macchinetta il numero di targa del veicolo, così non si possono lasciare in regalo ad altri i residui del tempo non utilizzato.
Nell’arco di 2 ore abbiamo girato in lungo e in largo il centro storico e siamo andati pure a fare un giro nel vecchio mercato coperto ora adibito a galleria di negozi per turisti. Assaggiato una specie di “sidro” liquoroso fatto con la fermentazione dello sciroppo d’acero.
Giro da Forever 21, poi un po’ nella città sotterranea e infine una vasca in Rue St. Catherine, dove passano molte persone con le bandierine arcobaleno dei gay. Non è un corteo, ma una specie di passeggio.
Finalmente una via con parecchia gente che passeggia, gioca a scacchi (c’è la scacchiera per terra e gli scacchi grandi a disposizione), legge, prende il sole (che continua miracolosamente ad esserci).
Fugace visita al piccolo quartiere cinese dove vediamo un cuoco che prepara vari tipi di spaghetti e tagliatelle semplicemente tirando e ripiegando più volte la pasta. Un artista.
Non essendoci altro da fare prendiamo l’auto e andiamo a cercare il Parco Mont Royal, una collinetta da cui si vede il panorama della città (anche questo un po’ deludente).
Ci sono i cartelli che vietano di dare da mangiare e fare molta attenzione ai “raton laveur” (procioni), ma di questi simpatici animaletti nemmeno l’ombra.
Poi a Little Italy dove è in corso la settimana di festeggiamenti della comunità italiana a Montreal (non lo sapevamo). C’è una discreta confusione molto italian style. I ristoranti sono tutti pieni e in alcuni c’è addirittura da fare la coda. Ne scegliamo uno dove non c’è troppo casino e prendiamo delle pizze che con le pizze italiane non hanno nulla in comune, ma il sapore è buono (64 CAD con acqua del rubinetto che qui è buona). Per strada ci fermiamo ad un banchetto che vende sfogliatelle ricce ancora tiepide e cannoli siciliani. Buoni. Poi in camera per prepararci a tornare domani negli Stati Uniti. A parte le cascate del Niagara, il resto non è stato così interessante. Toronto non ci è piaciuta per niente, le 1000 isole sono certamente una curiosità che vale la pena vedere, ma non sono l’ottava meraviglia, Montreal ha un aspetto molto nord-europeo, quindi non ci ha sorpresi. Aggiungendo poi che il tempo è stato brutto e che le città anche in centro non sono così animate, il bilancio dei giorni passati in Canada non è positivo (cascate escluse, naturalmente).
Lunedì 18-08-14
Colazione sul presto. Oggi la nonnina ha preparato dei croissant buoni di sapore ma un po’ duretti. Quelli italiani e francesi sono migliori. Meglio i waffle di ieri.
Invece del pane tostato ha poi preparato dei bagel buonissimi con crema di salmone affumicato e philadelphia da spalmare.
Dato che non ha il terminale per la carta di credito e noi abbiamo ancora 16 dollari canadesi, concordiamo il pagamento in dollari USA al cambio che c’è su internet. Le tasse in Quebec sono altissime. Su 190 CAD abbiamo dovuto pagare 36 CAD di tasse.
Alle 9 si parte e i 16 CAD avanzati, grazie ad un attento controllo economico per non dover cambiare i residui, li convertiamo in benzina.
Poi si parte con destinazione Portland. Una tirata di 500 km circa.
Arrivati ad un centinaio di km dal confine tra Canada e USA, si lascia l’autostrada e si percorrono strade pittoresche in mezzo al verde senza quasi incontrare anima viva.
Sono paesaggi che ricordano la Scozia o l’Irlanda, ma non ci sono le pecore.
Arrivati al confine c’eravamo solo noi. I canadesi hanno sollevato la sbarra senza nemmeno uscire dal gabbiotto. Gli americani hanno guardato i passaporti, fatto un paio di inutili domande e nel giro di 5 minuti le formalità doganali erano terminate.
La strada scorre in mezzo a boschi e montagne. Ci sono cartelli di pericolo che invitano alla massima prudenza perché ci sono gli alci. Speriamo di vederne uno, ma tutto quello che vediamo è un grosso uccello, probabilmente un tacchino selvatico. Di alci nemmeno l’ombra.
Strada facendo abbiamo visto indicazioni stradali per Milan, Berlin e siamo passati a Paris (la tour Eiffel, però non l’abbiamo vista).
Su strade con poco traffico siamo arrivati verso le 14.30 all’hotel Fireside Inn & Suites di Portland nel Maine. Breve riposo, qualche ricerca su internet per trovare dove sono ubicati i fari che sono una attrazione del Maine e poi partiamo in auto.
Ne vediamo 3 nella zona sud di Portland. Lo “Spring” e il “Bug” non sono un granché. Invece quello di Cape Elisabeth è carino. C’è anche un piccolo museo, ma quando siamo arrivati (17.45) era già chiuso.
Da lì partiamo verso Kennebunkport per andare da Clam Shack a mangiare le famose aragoste del Maine.
Una aragosta (scoperto poi su internet che in realtà è un astice) da 1 libbra, bollita con ciotolina di burro fuso e patatine 12.99 USD (non ci si toglie certo la fame).
Facciamo un giretto nel paese che è proprio grazioso.
Poi si torna in camera.
Sul tratto di autostrada c’è un flusso di auto che vanno tutte più o meno appena sopra il limite di velocità (5 miglia l’ora). Ad un certo punto un centinaio di metri davanti a me un’auto della pula accende all’improvviso tutti i lampeggiatori tipo albero di natale costringendo l’auto che avevano davanti a fermare. Meno male che non erano dietro di me.
Questi poliziotti viaggiano tenendo tutto spento, così di notte non ci fai caso, loro ti seguono per un po’ e poi ti pinzano.
Martedì 19-08-14
Sveglia sul tardi. Colazione continentale di buon livello (muffin vari, torte, cereali, ecc.). C’è anche una macchina che schiacci un bottone e in un minuto tira fuori un pancake fatto fresco. Basta versarci sopra del succo d’acero, come Paperino nei cartoni animati, ed è pronto.
Si va a Portland downtown. Arriviamo verso le 10.30 nella zona del vecchio porto e ci sono ancora alcuni posti auto liberi a 1$ l’ora, max 2 ore. Un tempo più che sufficiente per girare in lungo e in largo le viuzze interne, guardare i negozi, ecc.
Portland è una cittadina gradevole. Animata senza però essere confusionaria. Non ci sono grattacieli, ma case prevalentemente in mattoni rossi o legno.
Il Maine è lo stato che all’inizio del ‘900 aveva lanciato il cosiddetto proibizionismo sugli alcoolici e ancora oggi Portland è disseminata di cartelli che vietano di bere alcoolici per strada (se vuoi bere una birra ti devi nascondere). Inoltre è vietato fumare nei parchi cittadini e nei luoghi pubblici all’aperto. E questo mi piace, perché non vedi mozziconi dappertutto come capita altrove.
Grossi cartelli spiegano che se il cane fa la cacca in un prato, poi la pioggia fa andare i batteri nell’acqua del mare e questi inquinano le vongole e le aragoste che poi si mangiano. Invece delle centinaia di barche, barconi e lussuosi yacht che scorrazzano nell’acqua nemmeno un cenno. Non inquinano? Coerenza americana!
Raccogliere la cacca del cane è una cosa da fare, ma non certo perché inquina il mare dove vivono le aragoste!
Anche qui a Portland propongono il Whale watching tour allo stesso prezzo di Boston, ma credo che abbiamo fatto bene ad andare a quello di Boston col catamarano veloce. Qui lo fanno con un barcone molto più lento.
Nel pomeriggio facciamo una gitarella al faro di Doubling Point, un vecchio faro su un fiume navigabile. È una bella giornata di sole, così stendiamo gli asciugamani sull’erba e ce ne stiamo un’oretta ad abbronzarci.
Tornati in camera, piscina, Jacuzzi, sauna e poi da Chipotle a mangiare burritos. È un fast food particolarmente digeribile. Questa volta io prendo la versione “bowl”, cioè nella ciotolona invece che avvolto, è decisamente più facile da mangiare.
Poi a pianificare lo spostamento di domani a Cape Cod.
Mercoledì 20-08-14
Dopo colazione si parte verso sud.
Prima tappa a York per vedere il Nobble Lighthouse, un bel faro costruito su un’isoletta a pochi metri dalla terraferma. York è una piccola città balneare con belle ville di legno e una spiaggia enorme. Avendo avuto il colpo di fortuna di trovare un parcheggio (1$ l’ora), ci fermiamo un’oretta per passeggiare sul lungomare.
Poi verso Plymouth con l’autostrada. Quando arriviamo verso Boston un bel cartellone informa che sul Tobin Bridge non si può pagare cash, ma si deve avere o il Telepass americano oppure una targa del veicolo del Massachusetts. La nostra auto a noleggio ha la targa della Florida. L’unica alternativa è uscire dall’autostrada e fare un’altra strada. Usciamo in una zona industriale e se non avessi avuto il navigatore saremmo ancora là a cercare una via d’uscita.
Chi è che ha avuto questa bella pensata?
Rientrati sulla tangenziale di Boston, c’è un traffico che fa spavento. Tutto intasato. Si va avanti a passo d’uomo per vari km.
Finalmente dopo Boston la viabilità migliora e decidiamo di percorrere una 30-ina di km di strada costiera. In realtà la strada corre a qualche centinaio di metri dalla costa e ci sono alberi fitti, per cui non si vede un tubo.
Alle 16.30 siamo al motel Windrift di West Yarmouth. Un motel molto modesto con piscina, ma acqua molto fredda.
Facciamo un giro in macchina per esplorare i dintorni e cercare un ristorante. Ci imbattiamo casualmente in un Whole Food e dato che è quasi ora di cena ci fermiamo. Tra l’altro questo supermarket è l’unico in cui siamo riusciti a trovare dell’acqua frizzante non aromatizzata. In tutti si trova solo acqua frizzante con aromi vari.
Dopo cena passeggiata nei dintorni del motel, dove non c’è nulla.
Per curiosità cerco su internet informazioni sul pedaggio al Tobin Bridge e scopro che lo stato del Massachusetts vuole abolire i pagamenti cash su tutta la rete autostradale dello stato. E chi non è del Massachusetts? Cavoli suoi! Gli stupidi sono ubiqui.
Giovedì 21-08-14
Alle 8 il cielo è piuttosto nuvoloso.
Colazione minimale del motel. Poi partiamo per fare il giro della penisoletta di Cape Cod. L’idea è di arrivare a Provincetown, sulla punta più settentrionale, facendo soste lungo la strada nei punti panoramici o nelle spiagge più belle.
Lungo la strada ci sono case e ville molto belle, segno che questa è una località sia di residenza, sia di villeggiatura per persone benestanti.
Prima sosta a Chatham al molo dei pescatori dove stazionano numerosi gabbiani e 4 o 5 foche che girulano intorno alle barche in attesa degli scarti del pescato.
Da un peschereccio stanno scaricando vari quintali di squaletti lunghi un metro.
Da lì ripartiamo verso nord e ci infogniamo in un ingorgo da incubo (c’è solo questa strada e quindi nessuna possibilità di alternative). Dopo quasi un’ora abbiamo fatto circa 2 km per cui faccio inversione a U e torno indietro onde evitare di sprecare la giornata in coda.
Visto che nel frattempo il cielo si è schiarito e fa caldo ci infiliamo nel National Sea Shore Park per andare al mare. Arrivati alla spiaggia ci sono divieti di sosta ovunque e un grosso parcheggio tutto pieno. Ci si può mettere in coda e per ogni auto che esce ne fanno entrare una (costo del parcheggio 15$ da starci 1 minuto o tutto il giorno). Proviamo a girare in una stradina e dopo un km troviamo un parcheggio gratuito con qualche posto libero. Con una passeggiata di un quarto d’ora siamo in spiaggia. Bella, ma nemmeno lontanamente confrontabile con quella di Malibu di 2 anni fa. E nemmeno le onde.
C’è invece un simpatico cartello che informa che ci sono foche e squali bianchi. Gli squali cacciano le foche e quindi fare attenzione e nuotare lontano dalle foche.
Naturalmente non abbiamo visto né squali né foche. Inoltre anche se viene l’idea di fare una nuotata, passa subito visto che l’acqua è letteralmente gelata (sui 14-15 °C). Infatti non c’è proprio un pienone a bagno.
Dopo un paio d’ore che cuociamo al sole prendiamo la strada per il ritorno.
Paesi carini, molto curati, bei fiori, praticelli perfetti, ma un po’ tutti uguali.
Per cena l’ultimo burrito da Chipotle e poi un giro dentro il Mall dove prendiamo dei gelati Sundae. E qui viene fuori in pieno l’indole americana per lo spreco inutile. Il gelato viene messo in una coppetta di plastica poi invece di essere consegnato corredato di cucchiaino, viene consegnato chiuso con un coperchio di plastica che viene immediatamente tolto e buttato via per mangiare il gelato. A cosa serve chiuderlo con un coperchio non l’ho capito.
Usciti nel parcheggio del Mall sembrava di essere nel film “uccelli” di Hitchcock. Un numero incredibile di gabbiani volavano bassi facendo un rumore assordante con il loro verso. Poi dopo qualche minuto sono tutti spariti.
Poi in camera per l’ultima notte statunitense.
Venerdì 22-08-14
Dopo colazione si preparano i bagagli per il ritorno.
Visto che il nostro volo parte alle 11.45 p.m. abbiamo ancora a disposizione tutta la giornata.
Il tempo è brutto e piove un po’.
Si parte. Prima sosta dopo nemmeno 5 km a Hyannis per visitare il piccolo museo dedicato a John F. Kennedy e alla famiglia Kennedy in generale che qui aveva le residenze di famiglia. Il biglietto costa 9$ e per gli studenti con tesserino (anche italiano) costa 5$.
Il museo ha sede in quella che era la casa di JFK, vicino c’è la casa che era di Bob e quella dei genitori. Ci sono fotografie di famiglia e cartelloni che raccontano per sommi capi la vita dei Kennedy (della tresca con M. Monroe però non dicono nulla).
Da qui siamo andati a Sandwich dove c’è un vecchio mulino ad acqua con macina di pietra ancora in funzione. Per vederlo dentro si devono sborsare 4$ e se si vuole comperare un sacchettino (da una libbra, a occhio) di farina di granturco macinata a pietra se ne sborsano 5.
C’è poi una casa del 1600 che sarà 50 mq. con qualche mobile dentro e anche questa la visita costa 4$. A Washington lo Smithsonian è gratuito e per ‘ste 2 fetecchie vogliono 8 dollari!!!!
Il viaggio riprende verso Salem e un po’ prima di Boston c’è un bell’ingorgo.
Con molta pazienza finalmente siamo a Salem, una città che nel ‘600 è stata tristemente famosa per la persecuzione di persone ingiustamente accusate di stregoneria.
La cittadina di per sé è graziosa, ma pullula di negozi e intrattenimenti (tutti a pagamento e tutti sugli 8-10$) legati alle streghe.
Sia Sandwich che Salem non valgono la sosta. Visto che il volo parte alle 23.45 in qualche modo dovevamo far passare la giornata.
Alle 19.30 siamo al Car Rental Return. Molliamo l’auto che segna 17340 miglia. In totale abbiamo percorso 2260 miglia equivalenti a circa 3600 km. A piedi ne abbiamo fatti almeno altri 150.
Andiamo ai banconi per il check-in. Nonostante non fosse possibile fare il web check-in e che siamo tra i primi in coda ci danno dei posti quasi fuori dell’aereo.
Con i 3.60$ che ci sono avanzati all’aeroporto riusciamo a comperare una coca cola e una mela. Quest’ultima 1.06$!
Si attende pazientemente l’imbarco. Purtroppo la pazienza è messa a dura prova perché il volo per Istanbul è ritardato. E nemmeno di poco…
Sabato 23-08-14
L’Odissea
È passata l’ora dell’imbarco e il ritardo di mezz’ora dichiarato inizialmente dalla Turkish Airlines diventa di 45 minuti, dopo un po’ annunciano che si parte alle 2, poi che partirà alle 4 e alle 2:30 dicono che il volo è cancellato e di andare ai banchi del check in che vengono presi d’assalto da 250 persone inferocite. Alle 3 ci dicono che ci spediscono in hotel e domani ci vengono a prendere e alle 6 p.m. partiamo per Istanbul.
Anche l’organizzazione dei pullman fa schifo, perché alle 5 siamo ancora in piedi stanchi morti. Un incubo!
Finalmente alle 5 dopo varie mie proteste il pullman parte. Dopo 100 metri si ferma perché è partito con il portellone dei bagagli aperto. Sembra che si siano dati appuntamento i più cretini d’america.
L’hotel che ci hanno assegnato è un Crowne Plaza, che bello! Peccato che sia a Nashua (in New Hampshire), un posto ancora meno che “in the middle of nowhere” a 80Km dall’aeroporto, così arriviamo lì alle 6, quando già fa chiaro. Ci schiantiamo nel letto fin quasi a mezzogiorno. Poi giù nella hall ad aspettare il pullman per tornare all’aeroporto dove arriviamo alle 3 p.m. Ci danno le carte di imbarco solo fino a Istanbul col bagaglio che ha il checkin fino a Milano. Situazione che non fa presagire nulla di buono. O il bagaglio va molto probabilmente perso o ci portano a Milano col volo delle 20 e ci dobbiamo sciroppare ore e ore di attesa in aeroporto.
Tanto per cambiare l’imbarco ha una bella ora di ritardo. Ormai non hanno più nessun pudore. Tanto era stato eccellente il viaggio di andata, tanto fa schifo quello di ritorno. Un’assoluta incapacità organizzativa.
Arrivano le 5 p.m. e l’aereo c’è. Arrivano le 6 p.m. e l’aereo è lì, ma di imbarco non se ne parla. A forza di quarti d’ora si arriva alle 7 e nulla succede.
Visto che la gente comincia ad essere piuttosto esasperata compare dal nulla un nutrito gruppo di poliziotti con scarpe nere lucidate a specchio e ridicolo cappello da Ranger, che con falsa cortesia dicono di rimanere calmi.
Si pretende di avere spiegazioni di questa ridicola farsa che da 24 ore stanno recitando i rappresentanti della Turkish. La spiegazione del nuovo ritardo è che hanno problemi con il catering. Una organizzazione da dementi. Questo fa perdere ore e quindi anche lo slot per la partenza. Così alle 8 l’aereo viene spostato dal molo perché deve parcheggiare un velivolo Swissair che alle 9 parte.
Few minuits and the aircraft will be here! dicono i tizi della Turkish. L’aereo compare alle 21.45 tra gli ironici applausi dei passeggeri letteralmente sfiniti.
Alle 10 passate comincia l’imbarco.
Alle 11.40 stacca le ruote dalla pista.
24/08/14 Domenica
Dopo una “notte” di volo tranquillo in cui siamo anche riusciti a dormire, arriviamo a Istanbul verso le 16 locali.
Prendiamo le carte di imbarco per Milano e con qualche fatica supplementare un buono per mangiare qualcosa alla Food Court.
Poi attesa.
Assegnano il gate. Andiamo. Il gate dopo un po’ si svuota perché la gente parte. Sul sedile dietro al nostro rimane una custodia per netbook.
Cambiano il gate (per non smentirsi). Ci spostiamo. Gate vuoto e un sacchetto del duty free con dolciumi per un costo di 57€.
C’è gente molto distratta.
Concludendo….
È stato un viaggio bello, ma non tra i più soddisfacenti.
Il tempo è stato buono e siamo stati particolarmente fortunati a trovare belle giornate a Boston, New York e Washington.
New York ad agosto era meno fascinosa che a dicembre 2008, quando aveva tutti gli addobbi natalizi e c’erano pochissimi turisti.
Abbiamo preso un po’ di pioggia nei posti che valevano meno la pena.
Un po’ deludente il breve passaggio in Canada. Le cascate del Niagara sono spettacolari e valgono il viaggio, ma il resto sapeva di poco. Le 1000 isole sono un posto curioso, ma non certo da suscitare entusiasmo. Toronto sa di niente e Montreal sa di poco, pur essendo una città curata e pulita.
Anche parte del giro USA non è stato strepitoso. A Lancaster non c’è nulla. In più pioveva così non abbiamo nemmeno potuto fare un giro a piedi del centro città. Abbiamo visto qualche carrettino degli Amish, ma non c’è stata nessuna possibilità di capire la loro cultura, il loro modo di vivere.
Il Maine offre dei bei paesaggi. Il centro di Portland si gira in meno di due ore e non è una meraviglia. Carini i vari fari, ma non certo da farci un viaggio apposta.
Cape Cod è un bel posto per vacanza balneare, case e ville molto belle, tutto ordinatino e pulito, ma non c’è nulla che faccia esclamare Oh!!!!!
Insomma, il viaggio di due anni fa è stato di gran lunga più bello.
Note:
Molti hotel e supermercati non accettano le carte di credito prepagate. Se non avessi avuto anche quella normale in molte situazioni saremmo stati in difficoltà. Come fanno i giovani che vengono per periodi di studio? Devono avere per forza una carta appoggiata sul conto dei genitori?
Il costo del parcheggio a Manhattan nei garage o nei parcheggi custoditi batte sui 20-25$ l’ora. Gli abbonamenti girnalieri sui 40-50$. A Washington in centro un garage pubblico aveva il cartello “overnight parking 50$”.
Se pensi di essere malvestito guardati intorno e troverai un sacco di persone più malvestite e trasandate di te.
Se pensi di essere sovrappeso, idem (mutatis mutandis).
Le priorità degli americani sono: la carta di credito, l’aria condizionata a palla, il ghiaccio a tonnellate.
La quantità di immondizia che generano con bicchieri, piatti, posate, sacchetti, borse, ecc. in plastica, carta e polistirolo è impressionante.
La costa est è molto ma molto più densamente popolata della costa ovest. Negli stati del sud ovest per strada circolavano pochissime auto (a parte nelle grandi città).
L’est è anche più caro. Mentre nel viaggio di due anni fa nel sud-ovest non abbiamo speso nulla di autostrade, qui invece molte si pagano e sono pure intasate.
Spese per 4 adulti:
4 voli circa 2000€
Cash tra USD E CAD circa 2600€
Visa Bankamericard circa 1100€
Visa Sella circa 600 €
Noleggio auto circa 500 €
ESTA circa 50€
Mappa TomTom circa 50€
Totale circa 7000€