Ricordi d’Irlanda

Un giro nell'Irlanda Nord occidentale
Scritto da: 44gatti
ricordi d’irlanda
Partenza il: 03/08/2014
Ritorno il: 14/08/2014
Viaggiatori: 4
Spesa: 1000 €
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“Perché quest’estate non andiamo in Irlanda?”, fu la domanda, mesi fa, di mio marito Giovanni. Perché no? – Pensai – nessuno di noi l’ha mai visitata pur avendone sentito molto parlare.

La progettazione del viaggio è stata lunga e difficile, anche perché, a differenza di altri viaggi, non avendo nessuna conoscenza diritta o vicina che aveva già visitato l’isola, non potevo contare su un’esperienza “dal vivo”.

Inizialmente, dopo la prenotazione del volo, ho fissato un ostello a Dublino per l’inizio del viaggio e un B&B finale vicino all’aeroporto vista la partenza assai mattiniera dell’ultimo giorno.

In mezzo il vuoto. Leggendo guide e contattando altri turisti per caso, ho deciso per un itinerario nella parte nord occidentale dell’isola. L’occhio è però anche al portafoglio (dobbiamo infatti moltiplicare per 4) perciò le prenotazioni basilari: volo Ryanair e Aer Lingue, noleggio auto, ostello a Dublino, B&B finale, l’ho fatto con largo anticipo sperando di strappare prezzi più convenienti. Per gli altri posti ho cercato di includere le colazioni stando tra i 70 e 100 € per notte. Questo ci ha spinto talvolta in luoghi un po’ fuori mano. Molto economici i pranzi: ci siamo quasi sempre affidati ai supermercati Spar a Dublino e a Centra in campagna. Questo perché all’interno ci sono sempre dei settori con cibi pronti, tipo le nostre rosticcerie, ma con in più il vantaggio di sederti nei tavolini del negozio e mangiare in santa pace. Per noi è sufficiente. Ciò che ho trovato un po’ caro, invece, son stati gli ingressi ai musei o castelli specie nella capitale.

All’arrivo in aeroporto di Dublino, la signora (italiana) alla reception delle informazioni ci ha fornito buoni consigli. L’ostello, nella parte a sud della città non è gran che ma è pulito e soprattutto economico.

Con l’abbonamento ai bus per 72 ore a 19,50 € l’uno evitiamo di dover pagare in spiccioli ogni tratta, ma non so se alla fine si è rivelato un effettivo risparmio. Comunque visitiamo il castello di Dublino a dire il vero un po’ soffocato dagli edifici circostanti del centro cittadino. Il castello è bello in sé, e svolge ora solo funzioni di rappresentanza. Una giovane guida locale che parla italiano, ci informa che anni addietro il castello ospitò anche Margaret Thacher allora premier inglese. Ci racconta anche un po’ di storia irlandese mostrandosi molto orgogliosa dell’indipendenza del paese ottenuta dopo duri scontri, nel 1922.

Continuando la strada visitiamo anche l’antica e bella cattedrale anglicana di Crist Church risalente al 1076 c.a.

Poi il Trinity College col prezioso libro di Kells, codice miniato dei Vangeli risalente all’800 d.c. e la grande biblioteca. Il giorno successivo un passaggio ai giardini di St. Stephen’s Green e poi per la via dello shopping in Grafton Street. Lì non vi sono solo bei negozi di abbigliamento, souvenir, gioielli ed altre cose care, ma anche curiosi artisti di strada che si esibiscono con strumenti musicali e tanta fantasia. Non poteva mancare nel pomeriggio una visita nella animata zona di Temple Bar con i caratteristici pubs. Attraversiamo il fiume Liffey su un bel ponte pedonale. In O’Connell St. uno sguardo all’edificio classicheggiante dell’ufficio postale, cuore dell’insurrezione nel 1916 e al monumento chiamato The Spire, che svetta in alto, al centro della strada. Rappresenterebbe un ago (“mancante però della cruna” mi fa osservare Maria, nostra figlia).

Dato l’abbonamento, decidiamo di vedere anche l’altro giardino pubblico, Phoenix Park che è il più grande d’Europa, dice la guida. E’ bello, tranquillo e verdeggiante. In pratica è il polmone verde della città, casomai ce ne fosse bisogno. Molte altre famiglie passeggiano tranquillamente. Anche noi ci distendiamo un po’. Infine la cena in un ristorante italiano di Temple Bar.

La mattina successiva è però assai dura: vengo assalita da un vomito continuo e solo con molta fatica raggiungiamo in autobus la bella tenuta di Powerscourt a sud della città. Bello ed alberato è il lungo viale che conduce alla villa, fiancheggiato da un verdeggiante campo da golf, ma poi non riesco più a muovermi tanta è la spossatezza. I ragazzi invece visitano anche i giardini che dalle foto appaiono molto belli, ma io sono completamente svuotata di energie. In una farmacia, lì vicino, riesco a commuovere la commessa, che mi dà delle pastiglie senza ricetta consigliandomi la visita ad un medico se il sintomo dovesse persistere. La ringrazio di cuore e ritorniamo in città.

Il giorno dopo raggiungiamo l’aeroporto dove abbiamo prenotato alla Hertz una macchina per effettuare il tour. Per fortuna sto un po’ meglio e riesco anche a guidare. Dopo le prime mosse un po’ impacciate, come cercare la leva del cambio con la mano destra e sbattere invece contro la portiera, puntiamo a nord sulla M1. La nostra prima meta è il noto sito archeologico di Newgrange, ma arrivati lì a mezzogiorno scopriamo a malincuore che la prima visita possibile è solo alle 17,30. Assai delusi, decidiamo quindi di proseguire per Armagh dove ci aspetta un B&B. La signora Alice è molto gentile, ci dà il benvenuto all’arrivo e ci mostra la casa che, a differenza dell’ostello mi pare una reggia tanto è grande, ben arredata e ben tenuta. Si informa poi di ciò che gradiamo a colazione e del nostro itinerario turistico commentandolo sulla cartina geografica che le mostro con un “Beautiful! Fine! Very good!” quasi che chiamandomi Cristofora Colomba fossi la scopritrice impavida di nuove terre sconosciute.

Il tempo è buono. La mattina salutiamo i proprietari e visitiamo la vicina cittadina di Armagh.

Mi incuriosisce infatti il fatto che essa è contemporaneamente sede vescovile sia cattolica che protestante. Nella visita alla chiesa anglicana di St. Mary, il prete ci dà un caloroso benvenuto ad Armagh. Approfitto e mi faccio indicare la cattedrale cattolica. E’ una bella chiesa in stile neo-gotico dedicata a S.Patrizio in cima ad una collinetta, circondata da un ampio prato. Vi si accede per una lunga scalinata. Dal sagrato così, possiamo ammirare il panorama della città.

Forse intimorita dal recente malessere e dalla guida a sinistra evito il caos di Belfast, capitale dell’Ulster che pensavamo inizialmente di visitare. Deviamo perciò direttamente a nord puntando su Antrim al capo settentrionale del lago Neach. La città è piccola ma bellina. Ci fermiamo su una sponda del lago che sembra in realtà un mare tanta è la sua vastità e facciamo a piedi una breve passeggiata. C’è un silenzio profondo, solo alcune forti folate di vento interrompono tanta quiete. Nel porticciolo vediamo piccole barche a vela, bimbi, mamme, cigni e papere. Riprendiamo l’auto e più a nord, lungo la costa settentrionale vediamo le indicazioni per vari punti interessanti della costa ma ci fermiamo solo alle Giant’s Caunseway (o Sentiero del Gigante). La loro vista è molto bella e assai particolare. Sono scogliere di basalto formatesi con la colata lavica circa 60 milioni di anni fa. La particolarità sta nel fatto che sono piccole colonne tutte di forma esagonale. Paiono un mazzo di matite alla rovescio piantate nel mare. Maria ed io ci divertiamo a saltare un po’ in qua e in là, ad osservare le onde spumeggianti che si infrangono sul selciato. E’ tardo pomeriggio, e sta calando il sole. Lo spettacolo è affascinante e suggestivo. Raggiungiamo poi Portrush dove ho prenotato in un ostello.

Purtroppo senza rendermene conto, l’ho scelto in centro, e perciò fatichiamo a parcheggiare per l’intenso traffico. La sera, dietro consiglio dell’albergatore, andiamo in un piccolo pub assai affollato ma caratteristico, sul porto a cenare.

Il mattino ci dirigiamo nella regione del Donegal. Decidiamo però di sostare a Londonderry (o Derry). Avendo saltato la visita a Belfast, infatti, voglio rifarmi con questa seconda città. All’ufficio turistico la commessa, ci illustra i punti più interessanti da visitare. In particolare la bella cinta muraria che circonda la parte più antica e centrale della città. E’ alla sommità di una collinetta. Dall’una e dall’altra parte, in maniera opposta, giacciono i due quartieri, protestante l’uno, cattolico l’altro. Gli avvenimenti sanguinosi del ’72 ricordati come “Bloody’s Sunday” avvennero infatti poco sotto le mura, nel quartiere cattolico. Molti grandi murales dipinti sulle case lo ricordano. Ma le mura sono davvero belle, con cannoni antichi sugli spalti. Anche perché per scopi turistici vi si aggirano personaggi in costume dell’epoca di Shakespeare che ci abbordano in modo curioso e caratteristico. Non chiedetemi però la traduzione perché quanto a lingua, dopo le prime, comprensibili parole, la parlata locale si fa stretta e veloce e per me diventa un gergo inesplicabile. Facendo finta di aver capito, proseguiamo per visitare le varie chiese che sorgono in prossimità della cinta. Infine, mentre i ragazzi fanno sosta in un fast food, Giovanni ed io ne approfittiamo per scendere la collina e vedere i murales da vicino. C’è anche un museo con spiegazioni in italiano a ricordo di quei giorni turbolenti, ma non me la sento di rivedere un passato così cruento, vissuto nella mia giovinezza attraverso le cronache giornalistiche.

Lasciata Derry guido la macchina in direzione di Killybegs, un porto nella penisola che si affaccia sulla baia di Donegal.

Attraversiamo anche la cittadina di Strabane, e scopro che a soli tre chilometri c’è la casa avita degli antenati del presidente americano Woodrow Wilson (quello che propose la costituzione della Società delle Nazioni alla conferenza di Versaille del 1919). Decido di vederla (fortunatamente è aperta solo dalle 14 alle 17 e sono appena passate le due e la visita è gratuita) e la troviamo infatti dopo una strada sterrata di campagna tra i mugugni maritali opposti alla viva curiosità dei figli. Non è niente di particolare, in effetti, ma rende bene l’idea quello che erano le architetture rurali del 1800 in Irlanda: essenziale, o per meglio dire scarna e povera. Ad un piano con all’interno un piccolo soppalco. Da qui, nel 1807, partì per emigrare in America il nonno di Wilson presidente. Ne ha fatta di strada nella vita! Chissà… pensando a lui e alle sue umili origini, qualche speranza la covo pure io, adesso!

Guido attraverso una regione solitaria e un po’ selvaggia, credo le Blue Stack Mountains, che piace molto a Giovanni. Beato lui che l’ha vista, io no. Dovendo tenere gli occhi sulla strada non ho avuto il piacere di alzare lo sguardo. Qui le strade di campagna sono una specie di saliscendi, con tanta gioia per i figli che così, divertendosi in un fuori programma automobilistico, mi fanno risparmiare i biglietti delle montagne russe. Beato chi si accontenta!

Arriviamo a Killybegs nel pomeriggio. C’è un sole meraviglioso. Il benzinaio presso cui ci fermiamo per rifornimento, ci invita pure a una festa danzante del paese che si tiene la sera stessa. La festa, sulla piazza del paese, non è poi il massimo e c’è un forte vento che disturba, ma fa piacere esservi stati invitati, con tanto di locandina, da perfetti sconosciuti benzinai. E’ proprio vero che qui in Irlanda la gente in genere è molto cordiale.

In serata studio l’itinerario del giorno successivo e visto che la meta finale sarà una specie di agriturismo sperduto nel bel mezzo della campagna irlandese, ho letto qualcosa di interessante che possiamo trovare strada facendo. Superata così la città di Donegal, rientro sia pure di poco in Ulster per vedere, proprio sul confine, la piccola cittadina di Belleek, sede, dice il libro, di una famosa e antica fabbrica di ceramiche. Non sono appassionata di questi oggetti, ma è visitabile anche lo stabilimento e possiamo così ammirare all’opera gli operai nella realizzazione di questi manufatti artistici. In effetti questa è stata per me (ma non per i figli) una delle soste più belle e non programmate. Pagati i biglietti di entrata, una giovane guida ci conduce nelle varie zone dell’edificio parlandoci e mostrandoci dal vivo, con esperimenti che lei stessa fa, come si realizza una ceramica. Dall’iniziale disegno, la ceramica liquida viene riversata leggermente in stampi, lasciata modellare e asciugare per qualche giorno, poi è ripresa e lavorata a mano, cotta nei forni e infine lucidata con speciali smalti opachi o lucidi oppure dipinta a mano. Il prodotto finale è il risultato di circa sette giorni di lavoro attuato da una decina di operai. Vengono così create svariate tipologie di porcellane: dai vasi, alle cornici per foto, ai piatti e vasellame, cestini intrecciati. Il risultato però è assai pregevole perchè fine ed elegante. Tutti gli oggetti hanno sul fondo il marchio per garantirne l’originalità. La fabbrica infatti è molto rinomata e i suoi prodotti sono esportati in tutto il mondo. Gli oggetti fallati, invece, vengono frantumati a mano con una specie di bastone in un apposito, capiente contenitore. La ragazza, anche qui, ci invita a farlo. Prendo così il bastone e, imitandola, meno fendenti poderosi nel contenitore. Penso che ciò sia una ben curiosa e “demolitrice” attività antistress.

Mezzogiorno ci vede invece sul molo di un piccolo pontile sul lago Erne dove sostiamo per un piccolo pic-nic.

Lungo il percorso a sud di Sligo si erge un curioso altopiano piatto: il Benbulben. Qualche foto e via.

La ricerca dell’agriturismo è invece una specie di caccia al tesoro. Ma alla fine una piccola ricompensa. Non ci sono le numerazioni delle strade, il navigatore fa cilecca e allora mi affido solo alle cartine stradali, all’intuito e alla buona sorte (e anche un po’ alla vista aguzza di mio figlio Paolo a dir la verità). Passato Castlebar, deviamo dalla strada n. 60 per inerpicarci infine su sentieri isolati e a volte sterrati. Fortuna che ci sono le indicazioni dell’alloggio. Scendiamo per un piccolo viottolo di campagna e arriviamo alla meta. Ci circondano prati, galli, galline, papere, capre, mucche e un asino ragliante. Riposti i bagagli, faccio una piccola passeggiata a ritroso per le stradine di campagna e scopro che nello stesso cartello indicante la Farmhause è pure scritto più sotto “school and church”. E’ sabato sera e la voglia della messa prefestiva mi fa ritornare sui miei passi. Esattamente sopra l’agriturismo c’è una costruzione bianca, grosso modo a forma di parallelepipedo. Vedo gente entrare. Solo ora infatti noto che sopra la porta d’ingresso c’è anche un minuscolo crocefisso. Vedo pure un uomo con l’alba bianca fuori dall’uscio che sta conversando amabilmente con un gruppo di persone. E’ il prete della comunità e gli domando più attentamente l’orario delle messe. “Inizia tra venti minuti” mi risponde. Ordino a Paolo, che mi accompagna, di recuperare il resto della famiglia, ma non c’è niente da fare, il suo cellulare non ha campo. Un’opportunità così non posso negarla a nessuno – penso. Corro a perdifiato giù per la discesa nell’alloggio e avviso velocemente il resto della famiglia, poi sempre di corsa, risalgo in fretta il viottolo. Mi si accosta una macchina e una signora sconosciuta con i bimbi nei sedili posteriori mi chiede se voglio un passaggio visto che lei sta andando a messa. Capperi che fortuna! “Ma come sapevi che stavo andando in chiesa?” le chiedo in un inglese un po’ ostrogoto, titubante e meravigliato. “Perché correvi. – mi risponde ridendo – Anch’io quando vado a messa corro sempre. Mio figlio è chierichetto e arriviamo sempre appena in tempo perché deve servire”. Che bello aver desiderato tanto di assistere alla messa e averla trovata, quasi senza fatica, inaspettatamente, sopra le nostre teste. Che doni preziosi e amorevoli elargiscono dall’alto! Ripercorrendo la discesa, Giovanni sosta ai margini del sentiero per cogliere dai rovi, le more. Lo sgrido amichevolmente dandogli dell’ingordo. Poco lontano però il mio linguaggio viene captato da una coppia di torinesi che erano a messa con noi e così iniziamo a parlare nella nostra lingua e a darci reciproci consigli. Loro son partiti da sud e son diretti a nord con Dublino come meta finale, noi al contrario. Che bello scambio di informazioni e di simpatia! Ceniamo nella fattoria con dei prodotti già preparati, comprati precedentemente in un piccolo supermercato.

E’ domenica e il nostro piano di attacco prevede di girare la penisola del Connemara fermandoci in prossimità di Galway. Poco più a sud, visitiamo l’antica abazia di Ballintober. La chiesa è in funzione mentre il chiostro è in rovina. Ci circonda sempre l’immancabile prato con vecchie tombe e lapidi sovrastate da croci celtiche.

Sin dal giorno precedente, ho scoperto che nella vicina città di Cong, fu girato il famoso film di John Ford “A quiet men” (un uomo tranquillo). E’ un film vecchio, forse un po’ stereotipo ma per me molto romantico. Anche Maria è del mio stesso parere avendolo visto e così ci accordiamo per farvi una breve sosta. Ammiriamo la statua di John Wayne che porta in braccio la protagonista femminile, Maureen O’Hara. Il curioso monumento ricorda il contributo dato dagli abitanti del villaggio in occasione della realizzazione del film girato nel 1951. In un piccolo museo vediamo i cimeli del film. Percorriamo in macchina tutta la penisola di Connemara sostando poi a Kylemore Abbey che però osserviamo solo dall’esterno dato il complessivo, costoso biglietto d’entrata. Nel tardo pomeriggio, costeggiamo numerosi laghi e laghetti a sud ed infine arriviamo a Spiddel in un altro B&B, sulla costa.

Ci accoglie un’altra simpatica signora irlandese, Joanne, grassottella e sorridente. Anche lei si informa per la nostra colazione e nel frattempo ci offre delle fette di torta da lei stessa cucinata. Poiché è piuttosto loquace, ne approfitto per parlargli di ciò che abbiamo visto, della divisione politica tra Irlanda e Irlanda del Nord, delle lotte storiche e politiche tra le due fazioni, delle ceramiche, dell’emigrazione costate degli Irlandesi verso altri lidi.

Stamattina la meta è una piccola cittadina del Burren, inframmezzata da una sosta nella città di Galway.

Arrivati in città, parcheggiamo in un posteggio a pagamento in pieno centro. Ci troviamo perciò nella parte pedonale e più caratteristica di Galway. Giriamo i vari negozietti con le insegne colorate che si affacciano sulla strada. Al solito, qualche cantante strimpella sulla chitarra note canzoni irlandesi ma ciò rende l’ambiente più caldo e attraente. Le vie sono molto animate, i passanti festaioli e chiassosi. C’e allegria nell’aria. Facciamo qualche compera turistica. Per strada Maria si fa fotografare su una panchina con accanto le statue, ad altezza d’uomo (seduto) di Oscar Wilde e suo fratello. Scherza poi agli indovinelli con le sorelle lontane tramite l’applicazione what’s app del mio smartphone chiedendo loro di indovinare i personaggi. L’allegria ha contagiato anche lei.

Rimontiamo in macchina dirigendoci nella penisola del Burren. Visitiamo il castello di Dunguaire a Kinvarra bay e dagli stretti spalti vediamo la bassa marea con barche ancorate e arenate nella baia. Più avanti il paesaggio si sdoppia, vicino al litorale è un rigoglìo di piante e di verde, immediatamente più a sud, due colline brulle e sassose, spazzate dal vento, il Burren, indicano un ben diversa connotazione morfologica. Il centro visite di Ballyvaghan ci indirizza su una di queste per vedere un antico dolmen. Il vento è molto forte, il paesaggio quasi lunare. Nelle fenditure del terreno roccioso cresce una flora particolare, tipica della zona. Fotografo il sito archeologico. Poi, presa la bella strada panoramica che circonda il promontorio ed aver superato Fanore, raggiungiamo la piccola città di Lisdonvaarna. In hotel conosciamo quasi per caso altri due italiani della provincia di Modena ed il nostro accento ci accomuna facendoci sentire meglio.

Per Il giorno successivo vogliamo vedere le famose Cliffs of Moher, scogliere assai alte a picco sul mare anche se i “vicini” ci consigliano invece una puntata alle isole Aran.

Viste da vicino, queste scogliere sono semplicemente meravigliose e imponenti. Le contempliamo in silenzio e ben coperti, frustati da un forte vento e dall’immancabile pioggerella. Ripercorriamo a ritroso la penisola e poi seguiamo l’autostrada M6 fino alle rovine del complesso monastico di Clonmacnoise. La nuvoletta sembra seguirci come l’ombra. Il posto è bello in sé, ma fu devastato dagli inglesi nel 1552 e ora son solo rovine. Resta però un’alta croce celtica scolpita di fronte al portale. Per finire la giornata, raggiungiamo la nostra meta giornaliera ad Athlone e soggiorniamo in un hotel carino vicino agli svincoli stradali.

Oggi è l’ultimo giorno e dirigo così verso la città di Trim dove visitiamo esternamente il castello, parzialmente agibile. Nell’ufficio turistico incontriamo una giovane guida italiana, Emma, che sta ultimando qui un tirocinio. Ci mettiamo un po’ a parlare chiedendole di lei, dei suoi progetti. Concludiamo le visite irlandesi con una sosta alla collina di Tara. A dire il vero questo luogo non mi ha detto poi molto, ma la guida cartacea l’annovera tra i posti più importanti per i re d’Irlanda in periodi remoti. E’ infatti una collina con delle piccole alture circondate da fosse concentriche.

Un po’ di fatica a trovare a Sword l’ultimo B&B sull’asse stradale che conduce all’aeroporto. Almeno anche per questa notte dormiamo in un letto anziché sui sedili della hall aeroportuale.

Domattina, il volo è alle 7,15 e ciò impone una alzata mattutina. Per fortuna il check out è previsto sin dalle 4.00. In silenzio facciamo colazione, poi subito in aeroporto per restituire l’auto e partire.

E’ stata una bella e anche faticosa vacanza, gradita però da tutti noi.

Siamo consci di aver saltato molti bei posti rispetto a quello che volevamo vedere, ma siamo comunque molto soddisfatti perché abbiamo rispettato i tempi e le prenotazioni, oltre che a contenere in modo soddisfacente il budget familiare anche se una osservazione dei figlioli nota che gli irlandesi cercano talvolta di imitare i nostri piatti ma con prezzi assai alti.



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