Due signorine trentenni tra Vietnam e Cambogia
Partiamo per questo viaggio in oriente in due ragazze, single, trentenni. E’ molto importante ovviamente prima di partire per un viaggio simile scegliere molto ma molto attentamente il proprio compagno di viaggio. Necessario trovarsi bene come tempi e interessi con il proprio compagno di viaggio, e io non potevo avere di meglio che la mia cara amica Francesca.
Viaggio con Ethiad da Bruxelles con cambio comodo a Abhu Dhabi. Partiamo in un periodo non consigliato dalle guide in quanto avrebbe dovuto essere molto caldo e anche piovoso. In realtà la scelta di questo periodo si rivela decisamente buona: il volo d’andata è praticamente vuoto per cui riesco a dormire lunga distesa su 4 posti e ad arrivare in Vietnam riposata e senza jet leg. Le due settimane saranno calde ma non soffocanti e ci sono toccate solo un paio di « shower ».
Scegliamo di arrivare a Ho Chi Minh visto che abbiam trovato voli molto meno cari che su Hanoi (da Bruxelles riesco a pagare intorno ai 520 euro, prenotando in marzo). A Ho Chi Minh mi ricongiungo con la mia amica che vive in Africa, e da li’ prendiamo insieme il volo con la Vietjet per Hanoi la sera stessa.
Useremo altre tre volte la Vietjet per spostarci in voli interni durante il nostro soggiorno. Ci sentiamo di consigliarla per la facilità della prenotazione on line, per le tariffe imbattibili, per la flessibilità nel concetto di « singolo bagaglio a mano » (che ho seriamente messo alla prova, ma per cui nessuno si é assolutamente scandalizzato), ma non per gli orari che sono decisamente flessibili. Abbiamo sempre avuto dalla mezzora all’ora di ritardo. Da non considerare in caso di coincidenze con altri voli ma altrimenti si.
Arrivate ad Hanoi l’8 maggio sera tardi, ci scontriamo subito con l’accoglienza locale, con cui dovremo fare i conti nei giorni successivi : il vietnamita del nord non é molto loquace. Ci stupiamo molto perché il tassista che avevamo prenotato con l’ostello riesce a prelevarci, guidare per 1 ora e scaricarci senza né un cenno di saluto né un sorriso, né una parola, e ci capiteranno esperienze simili ad Hanoi. Non si tratta di ostilità sembra, ma di distanza, carattere, indole? forse il senso di essere in due mondi che non c’é veramente bisogno che si conoscano ? dovremo scoprirlo…
Avevamo prenotato il taxi tramite l’hotel, il backpackers Hostel downtown, per 23 dollari a tratta. Scopriremo poi che mettendosi d’accordo coi tassisti il prezzo Hanoi-aeroporto é di 350.000 /400.000 dong, circa 17 dollari.
Il cambio da tenere presente é : 300.000 dong = 10 euro= 15 dollari (mi sembra)
Un punto sul backpackers hostel downtown. Camera doppia sui 25 dollari a testa, la migliore trovata in tutto il viaggio, con bagno rifatto e balcone. I dormitori economicissimi sono da evitare direi a meno che uno non sia un ventenne. A trenta é decisamente troppo, si puo’ trovare di meglio. A trenta é forse decisamente troppo anche tutto il resto : si tratta di una colonia per americani-australiani ventenni con birra perennemente in mano, favorita dall’ aperitivo free beer tutte le sere, e festona con balli scatenati il weekend (ma di cui non si sente nulla arrivati in stanza).
Per tutto il resto, é assolutamente perfetto. La colazione a scelta fra diversi tipi (continentale, o per noi frutta e yogurt), gite organizzate (in compagnia dei soliti ventenni, ma pare ben gestite), e soprattutto servizio laundry, deposito bagagli,e la famosa stanza lounge al quinto piano con computer e molti divani. A questi divani e ai bagni e alle docce comuni si ha accesso anche se non si ha piu la stanza, e questo é molto molto molto comodo per chi, come la maggior parte dei turisti che vanno in zona, usi Hanoi come base per le gite a Sapa e Halong Bay.
Dopo essere tornate da Sapa alle 4 di notte, abbiamo in fatti potuto tornare li’ dove avevamo lasciato la maggior parte del bagaglio, docciarci, e restare a dormire sui divani fino alla mattina, il tutto aggratis. Se non avessimo avuto questa possibilità avremmo dovuto trascinarci in giro per la città.
Per cui, a parte l’impatto di far sentire come due vecchie signore sul viale del tramonto, rispetto a tutti quei poco piu che ventenni ancora pieni di energia, questo ostello é decisamente da consigliare.
Il primo giorno ad Hanoi é un vero sogno, ci sentiamo come alice nel paese delle meraviglie. Camminare per queste strade alberate in perenne movimento, attorniate da motorini, bici, tuc tuc, negozi che offrono té e lampade e frutta e foulard e la gente seduta sui marciapiedi sui loro mini sgabellini a taglliar pesce, frutta, bere té…e fermarsi ad osservare la magia di questi incroci senza regole, ma dove nessuno si scontrerà mai (e anche se lo fa, poi si rialza e tira dritto senza protestare) é davvero un salto in un altro mondo.
Il tutto ovviamente dovendosi continuamente bagnare la testa e cercar di tenere su la pressione coi drink iper vitaminici.
Pranziamo in un ottimo ristorante consigliato dalla lonley Planet, forse l’Highway4? Si spende poco, ma negli altri posti un po’ meno per turisti si spende ancora meno e non hai la sensazione di essere in un posto creato solo per te. Seguendo la lonley si mangia in posti in generale piu igienici (e certe volte c’é bisogno di togliersi da odori e trovarsi in posti piu asettici), ma a seguire i locali non abbiamo mai sbagliato. Nelle due settimane abbiamo solo evitato i posti che sembravano davvero troppo sporchi e non abbiamo mai dovuto pentircene.
La sera si cena con alcuni amici che vivono li’, e poi si crolla. Vita notturna non ne abbiamo mai fatta. Le giornate sono piene, ci si sveglia presto (e lo dice una che non é abituata per nulla a farlo, ma la vità li’ é cosi e ci si abitua subito), e visto che é difficile essere coinvolte da locali o altri turisti e che il caldo sega le gambe si finisce per essere felicissimi di andare a letto alle 2130 (e non avrei mai pensato di scriverlo).
Il secondo e il terzo giorno avevamo prenotato la gita ad Halong Bay con Ethnic Travel, un’agenzia consigliata da un amico francese e con cui abbiamo fatto anche la gita a Sapa. Siamo rimaste soddisfatte di entrambe le gite, i tempi sono calcolati per bene. C’é tempo di fare tutto e anche di rilassarsi. I prezzi sono abbastanza alti, ma nella media
Ad Halong siamo un gruppo di 8 persone, gli altri tutti francesi : 2 coppie, noi e due ragazze parigine… …ecco…insomma…avrebbe potuto andarci meglio come atmosfera generale della truppa. Viaggio in van per 3 ore e poi due giorni su una barca tutta nostra, con ponte, sala per pranzo e cene, e 4 camere doppie. Semplice e senza fronzoli. La barca é l’unico posto in 2 settimane dove trovo gli scarafaggi in bagno (ma in barca é abbastanza inevitabile), e questo (insieme al fatto he nella notte non siamo riuscite ad accenderci l’aria condizionata –ma é stata colpa nostra !) ci induce a trasferirci disperate a dormire sulle sdraio sul ponte, cosa che ci regalerà la piu bella alba della mia vita.
Alcuni amici da cui avevo chiesto consiglio avevano evitato Halong per non trovarsi fra troppi turisti. Sarà stato il periodo o la scelta del giro fatta dall’agenzia ma noi non abbiamo avuto l’impressione di essere circondate da troppe altre barche. C’é stato il tempo per fare un giro in kayak fra i villaggi dei pescatori, di fare il bagno nell’acqua pulita…e il paesaggio soprattutto la mattina é veramente splendido. Consiglio di restare assolutamente una notte ad Halong. Due non sono probabilmente necessarie ma la gita in giornata no é troppo poco.
La guida che é con noi é poco piu di un opuscolo: parla con noi in tutto 10 minuti in due giorni per darci gli orari e delle indicazioni minime. Peccato, sarebbe stato interessante saperne un po’ di piu, ma pazienza.
La sera tornati ad Hanoi camminiamo fino ad un’altra zona per mangiare nell’ottimo Bun Bo Nam Bo, un posto dove si mangia il Bo bun, frequentato piu da locali che da turisti, si spende 6 o 7 euro in due (ma forse anche meno), e dove la mia amica si dimentica la macchina fotografica, torniamo dopo 1 ora a prenderla, e la cameriera ci corre in contro per restituirla, accettando mal volentieri un piccolo compenso. Assolutamente da non perdere!
Purtroppo é anche il posto da dove ho assistito via wifi (diffusissimo in tutta la città) alla penultima di campionato che ha condannato il mio Bologna alla retrocessione. Sapevo di non dover partire per non lasciare la squadra senza il mio sostegno morale ahimé, ma questo orrendo ricordo non cancella l’ottima memoria che ho del ristorante e della gentilezza di quella cameriera.
Il 13 sera, dopo gli ultimi acquisti (che effettivamente é meglio fare ad Hanoi rispetto a Cambogia o alle altre città vietnamiti, per scelta e prezzi) e una giornata fra tempio della letteratura e un giro nel quartiere intorno (incluso il mercato), molliamo i bagagli e ci imbarchiamo nella gita di 3 notti e 2 giorni a Sapa, come detto sempre con Ethnic Travel.
Un piccolo appunto ancora su Hanoi: evitare il « bar dove andava Catherine de Neuve » suggerito dalla lonley ; Croissant industriali e non freschi, quartiere squalliduccio, una delusione per la mia povera amica che vive in Africa e sperava nell’eldorado.
Questa volta siamo 4, noi 2 e una coppia…Ethnic travel organizza l’accompagnamento al treno e il prelevamento a destinazione, tutto veramente nei dettagli. Per andare a Sapa si prende normalmente (e lo consigliamo) il treno notturno, con cabine da 4 posti. Da scegliere sempre la categoria superiore, e ricordarsi, come dappertutto, di non uscire mai senza uno scialle (e un imodium), perché le arie condizionate sono assassine ! il treno é pulito, l’acqua e il té sono offerti.
All’arrivo, si viene trasferiti all’ostello di Sapa per colazione e doccia, poi si parte per la prima giornata di trekking (7 ore a 30 gradi), con la simpaticissima guida Vivi, che in caso vi consigliamo di richiedere esplicitamente a Ethnic Travel. Parla inglese benissimo e la sua energia (e il modo con cui riusciva a tenere a bada il compagno di viaggio brontolone) é stato davvero il valore aggiunto del viaggio.
Allora, su Sapa: Pare che sia una tappa « not to be missed ». Come dice la mia amica Francesca, sembra di stare in Val camonica. Nel senso: si tratta di una normalissima valle, in cui si fa trekking fra i terrazzamenti a risaia, e passando in mezzo alle case delle persone appartenenti a delle minoranze etniche. Loro lavorano i campi con aratri tirati da buoi o con le gambe immerse nell’acqua, mentre il turista occidentale li fotografa. La sensazione di essere state impacchettate in una gita allo zoo c’é stata, in piu la prima mezza giornata l’abbiamo fatta a camminare in gruppo insieme ad un’altra trentina di turisti accompagnati dalle loro guide, perché pare che la prima parte del trekking abbia una via d’accesso sola, mentre poi ci si riesce a dividere molto di piu nei sentieri (quasi tutti al sole, ma pare che i 30 gradi ci siano stati solo quando c’eravamo noi). Da mettere in conto che possa capitare di fare tutta la strada con qualche donna locale che ti segue per ore sperando che alla fine tu decida di comprarle qualcuno di quei braccialettini. Il nostro nuovo guru, il singaporegno Vicentino dell’ostello di Sapa, ci aveva avvertito : mai dire « we’l see later », perché per loro é visto come una promessa. Quindi ripetere fino alla noia « no, thank you »
Dopo questa prima mezza giornata,diciamo faticosa, il pomeriggio si apre con una visita ad un piccolo laboratorio tessile dove le donne fabbicano bellissimi teli, borse e cinture con la locale pianta di marijuana, che cresce abbastanza indisturbata…
Da li’, la gita é in discesa, o meglio, in salita ma finalmente siamo in pace, abbandonate le orde di turisti e ormai fatte le gambe riusciamo a goderci i sentieri. Vivi ci porta anche a vedere casa sua, una vera casa locale senza pavimento e con le galline che scorrazzano dentro e fuori e il nuovo nato in famiglia, un piccolo di soli 5 giorni, accudito dalla cognata. Poi la sera si arriva alla nostra « homestay », ovvero la casa in teoria « locale » dove avremmo passato la notte.
La casa non é una vera casa locale, é molto piu confortevole: c’é una stanza con grandi letti (un’unica stanzona per tutti), doccia calda, una bella veranda. L’idea é che si dorma da una famiglia locale e li si aiuti a cucinare. Nella pratica noi aiutiamo a chiuudere un paio di involtini e poi ci lasciamo servire la piu buona cena delle due setimane (riso, carni, involtini, frutta, e l’alcolicissimo liquore locale). Il tutto dopo esserci concesse un bagno nel fresco fiume sottostante e un giretto sul turistico ponte tibetano (dopo 7 ore di camminata siamo veramente appagati e ci concediamo anche questo ponte fatto solo per far divertire i turisti – loro ne hanno uno vero).
La mattina dopo si riparte per l’ultimo pezzo di camminata e a metà giornata ci riportano indietro in bus per lasciarci tempo per doccia, un giretto al mercato e ai turisticissimi negozi di Sapa (brutta), e per essere riportate al treno. Parentesi acquisti : fuori dall’ostello stazionano una ventina di donne che vendono bellissimi copriletti/divani, fatti di cotone e/o fibra di marijuana. Il prezzo dichiarato é 600.000 dong, ma Vincentino dice che il loro prezzo é 300.000 (solo una volta ne ha visto vendere per 250.000). La sua strategia di negoziazione, che abbiam poi adottato con successo da li’ in poi, é partire da un terzo del prezzo che ti chiedono, per poi arrivare a metà. Negoziare senza pietà perché sotto ad un certo prezzo non scendono neanche loro, mentre se ci arrivano vuol dire che gli va bene. Se butta male, andare via aiuta anche sempre, perche si viene regolarmente ri-inseguiti con una proposta di sconto. Da notare : non ci sono misure per i teli, si deve andare ad occhio. Il moi (comprato alla fine per 380.000) é in effetti troppo piccolo…ma tanto carino !
In sintesi su Sapa : la guida Vivi, l’incontro con Vincentino e il bagno nel fiume hanno arricchito la gita. Dal punto di vista di un viaggiatore alla scoperta di paesaggi e di un contatto con la popolazione, consiglierei di cercare di visitare altre zone meno turistiche del nord dove forse si riesce davvero a poter conoscere meglio le comunità locali invece che a Sapa.
Dopo una notte in treno, arrivo alle 4 e il già detto provvidenziale pisolino sui divani del backpacker hostel, ultimi febbrili acquisti (che decretano anche la mia disfatta : l’acquisto di un ulteriore borsone dove ficcare gli ormai trabordanti regalini, e che mi fa perdere definitivamente la finta patina da backpacker zaino in spalla), partiamo in aereo per Da Nang, e poi da li’ una mezzora di taxi a prezzo fisso per Hoi An.
Hotel consigliatissimissimo Hoan Trinh. L’hotel é a una stella, essenziale, ma personale gentilissimo e pronto a ogni esigenza, la casa é un vecchio palazzo con uno stile tutto suo, la stanza fornita di ciabattine, tv, aria condizionata, wifi, 3 grandi letti, bollitore per il té, dolcini.. ..il tutto per una cifra misera, non so se 10 euro a testa o simili …chiedere di una stanza con finestra perche la nostra ne aveva una interna e una in bagno .
La città si gira benissimo in bici ed é stato moltto piacvole appena arrivate andare in bici al mare, passando sopra uno splendido fiume e godendosi un’atmosfera molto piu rilassato che ad Hanoi. Dopo una settimna fra trekking e città ci voleva. La sensazione é di trovarsi in una sorta di Riviera romagnola del Vietnam. La gente é molto piu accogliente e sorridente (siamo sotto al 17esimo parallelo e il cambio di atteggiamento é davvero percepibile).
Purtroppo io é qui che mi sento male, i classici problemi del viaggiatore, ai quali é stata immune la mia amica con lo stomaco abituato all’ Africa. Nei due giorni di Hoi An riusciro’ solo a farmi una passeggiata una sera nella pittoresca quanto finta cittadina, illuminata dalle mille lampade e luci, e un paio di pomeriggio al mare. La cosa piu « vera » della città a detta della mia amica che ha avuto tempo di girarla meglio é il tempio confuciano che é proprio di fronte al nostro albergo, e fuori dal giro turistico. Qui un’associazione si occupa di impiegare persone disabili alla fabbricazione delle lampade e l’atmosfera di preghiera, pace e raccoglimento é davvero particolare, e mi é rimasto molto impresso anche ora a distanza di piu di un mese.
E’ arrivato cosi il 17 mattina, io sto meglio, grazie a tanto riso, limone, aria, imodium e riposo, e si puo’ partire in aereo per la Cambogia, destinazione Siem Reap.
Da qui lascio la penna alla mia amica Francesca, cosi avrete un’occhio diverso per questo splendido viaggio a due…prima di farlo, se posso fare una sintesi di questo viaggio emozionante, devo dire che per due ragazze trentenni non ci sono pericoli di sorta a girare da sole, é un viagio arricchente e divertente. Torno(/torniamo) pero’ con la sensazione spiacevole di essere riuscite a stabilire troppo poco contatto sia con la popolazione locale che con gli altri turisti, in prevalenza coppie, troppo giovani o non interessati a scambiare Quattro chiacchiere. Non sappiamo se sia la destinazione o il periodo.
Questo non ci ha impedito pero’ di fare incontri straordinari come la cameriera del ristorante di Hanoi, Vincentino, Vivi, la famiglia allargata di Hoi An (incontrata sul volo e poi di nuovo in spiaggia, e con cui siamo anche riuscite a fare discussioni di politica internazionale sul delicato rapporto del Vietnam con la Cina – viaggiavamo nei giorni delle manifestazioni anticinesi per via delle piattaforme petrolifere e il controllo delle isole contese), e il mio salvatore di Phu Quoc, di cui vi parlerà Francesca.
Le persone forse parlano poco, ma osservano, é cosi che sopravvivono a quegli incroci assurdi e senza regole, e senza magari saperti, volerti o poterti parlare si occupano di te. Fatti, e poche parole, é questo che ho potuto apprezzare e imparare in questo viaggio.
Ora é proprio il momento di lasciare la penna a Francesca.
Con Vietnam Airlines lasciamo l’aeroporto di Da Nang alla volta di Siem Reap (2 ore di volo per 110 euro). Con i suoi 20 dollari di visto la Cambogia si presenta come un Paese più dipendente dal turismo che l’orgoglioso Vietnam per cui occorre richiedere il visto in ambasciata o quanto meno ottenere 1 entry permit online e poi pagare il visto (45 usd 1 mese single entry o 65usd 1 mese multiple entry). Questa prima impressione verrà confermata anche dal resto dell’esperienza cambogiana. Se infatti il Vietnam risulta un Paese forte, con la sua popolazione fiera ed orgogliosa, la sua moneta nazionale e le sue tradizioni… la Cambogia lascia invece in bocca il retrogusto amaro del Paese che ha dovuto cedere a troppi compromessi, dove tutto si paga in dollari, i bambini vengono usati per chiedere l’elemosina e la donne per intrattenere i turisti.
L’albergo in cui pernotteremo ci organizza un “free pickup” all’aeroporto. Il nostro sorridente autista ci accoglie con un cartello mostrante i nostri nomi. Lo seguiamo nel parcheggio cercando di individuare il nostro taxi quando, con immensa sorpresa, vediamo che il nostro autista non ci conduce ad un’auto, bensì ad una moto con un trailer simile ad una carrozza (il tipico tuc tuc cambogiano). Un bel viaggio all’aria aperta è stato sicuramente molto meglio che un prevedibile taxi con aria condizionata: ottimo benvenuto in Cambogia!
Arriviamo in albergo, il “green house” una struttura decisamente essenziale ma pulita (stanza doppia con AC 15 usd a notte colazione inclusa). La ragazza alla reception non parla inglese né francese, ma dopo cena incontriamo il responsabile, un ragazzo giovane che parla inglese e ci organizza il tuc tuc per andare a visitare i templi di Angkor l’indomani mattina. Entriamo nel complesso dei templi (20 usd il passo giornaliero) ed iniziamo con Angkor Wat, Angkor Tom, Ta Prom e poi usciamo dalla zona centrale per andare a visitare il tempio di Banteay Srei.Consigliamo vivamente questo tempio, probabilmente decorato da mani femminili, la qualità degli intarsi nella pietra è impressionate. Rientrando verso la zona centrale dei templi nel tardo pomeriggio ne visitamo 1 altro praticamente vuoto. I suoni della natura e la luce pre tramonto rendono il tutto ancora + incredibile!
La sera ceniamo in un buon ristorante indiano e poi visitiamo il mercato. Il giorno dopo partiamo in bus per Phnom Phen con la compagnia “Giant Ibis”. Bel pullman addirittura con internet wifi, ma il viaggio dura più di 7 ore, non le 5 promesse. L’avremmo voluto fare in barca ma essendo stagione secca non è stato possibile. E’ stato cmq una bella occasione per vedere il panorama cambogiano con le case su palafitte, i carretti trainati dai cavalli ed il concetto non proprio evoluto della raccolta dei rifiuti, che caratterizza anche i Paesi Africani.
A Phon Penh pernottiamo al wellkomen guesthouse, nulla di particolare ma strategico per turisti come noi che trascorrono 1 sola notte in capitale. E’ vicino alla stazione dei bus ed al palazzo reale. Avendoci trascorso solo poche ore, non posso giudicare la capitale, ma la sporcizia delle strade e l’alta presenza di prostitute non la fanno sicuramente apparire “la perla d’asia” citata nella Lonely Planet. Seguendo i consigli del proprietario dell’hotel, andiamo a cena a “Friends” un ristorante gestito da ong che aiuta i bambini di strada ad avere 1 lavoro. Il cibo è buono e prima di cena ci concediamo anche manicure e pedicure al centro estetico gestito dalla stessa organizzazione.
La mattina dopo si parte per il viaggio che ci riporta in Vietnam. Dopo 5 ore di bus prendiamo il traghetto da Ho Tien all’isola di Pho Choq. Dall’attracco del traghetto prendiamo un minibus che ci porta sulla spiaggia di Long Beach sulla costa ovest dell’isola. Dopo diverse notti trascorse in hotel molto basic, decidiamo di concederci il Sea Star Hotel dove, dopo un po’ di contrattazione col non simpatricissimo receptionist, riusciamo ad avere una doppia con veranda e giardinetto per 51 usd a notte. Il See Star è il perfetto posto per rilassarsi dopo tanti spostamenti. La spiaggia è pulitissima e i tramonti tolgono il fiato. Dopo un giorno di totale relax decidiamo di sfruttare il penultimo giorno della vacanza per visitare le spiagge del sud. Purtroppo le strade dell’isola sono un cantiere continuo, ghiaia, sabbia e sassi, dopo 1 prima caduta sulla sabbia ne facciamo 1 altra sulla ghiaia. Solo qualche livido ed 1 infradito rotta, ma attiriamo l’attenzione di 1 lavoratore del cantiere (il ‘signor ENI’, nome legato alla maglietta che indossa) che ci aiuta. Io perseguo a piedi mentre Tosca riprova con la moto ma cade ancora. Lei decide di andare avanti per trovare aiuto. Visto il caldo, io decido di sedermi all’ombra di 1 cespuglio. Per un fraintendimento, io penso che lei abbia capito che io l’aspetto dove c’eravamo viste l’ultima volta, mentre lei pensa che la raggiunga. A 20 metri di distanza lei trova 1 baretto e chiede ad 1 dei clienti di andarmi a cercare ma questo non mi trova. Invece, dopo mezzoretta, l’uomo che mi riporta da Tosca è il signor ENI che, vedendomi seduta al bordo della strada mi invita a salire sulla sua moto. Decidiamo di concludere così l’esplorazione dell’isola trovando due clienti del bar disposti a riportarci all’ albergo, con la nostra moto ed 1 delle loro (10 usd ben investiti). Ci spiace esserci perse la parte sud dell’isola, ma di sicuro rideremo per anni pensando alla nostra disavventura ed alla gentilezza del Signor ENI.
(Sono Tosca, riprendo la penna per precisare un aspetto: mentre ero approdata in questo baretto, sola, in attesa dell’amica che avevo perso metri prima e non vedevo piu e pensavo già rapita/morta etc… senza soldi né cellulare perché aveva tutto francesca, spaventata dalla strada dissestata e dalle cadute, i pochi avventori locali – gli operai del cantiere stradale – ancora una volta si mostrano straordinari. Uno di loro, senza dire una parola, e resistendo alla tentazione di ridere di una turista occidentale persa e in una situazione francamente ridicola, mi fa sedere. Con la sua acqua mi sciacqua il piede lievemente ferito, con la maglietta dell’amico mi asciuga e mi mette un cerotto, prima di partire col suo motorino alla ricerca della mia amica – a gesti ero riuscita a spiegare di aver perso la compagna di viaggio. Saranno sempre loro a riportarci indietro. Ancora una volta, fatti e poche parole).
Siamo così arrivate all’ultimo giorno, gli ultimi bagni, il volo per Ho Chi Minh e i saluti. Tosca di ritorno a Bruxelles ed io in Sud Sudan.
Oltre all’ottima compagna di viaggio, al Signor ENI, alla cameriera del ristorante di Hanoi, a Vincentino, a Vivi ed alla famigliola di Hoi An, questa vacanza mi ha regalato attimi unici come l’incanto di andare in kayak fra le verdi acque di Halong Bay, la maestosità dei templi di Angkor, la pace del tempio di Confucio ad Hoi An ed i colori dei mercati di Hanoi ricchi di dragon fruits, rose, rane, zampe di maiale e gente indaffarata.