Bandiere Rosse lungo l’Internazionale Comunista: Cina e Corea del Nord

Viaggio nella Cina sportiva, storica e culturale, poi tappa in Corea
Scritto da: jackoontour
bandiere rosse lungo l'internazionale comunista: cina e corea del nord
Partenza il: 07/08/2012
Ritorno il: 21/08/2012
Viaggiatori: 1
Spesa: 3000 €
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Viaggio nella Cina sportiva, storica e culturale, e poi nell’unica dittatura Marxista-Leninista-Stalinista ora esistente.

La data delle ferie mi è stata comunicata con il consueto ritardo e ormai devo rinviare il viaggio che avevo in mente per l’assurdo prezzo a 3 zeri che l’aereo ha raggiunto. Neanche per un istante mi viene in mente di non partire, il mondo è grande e una meta adatta a me la troverò sicuramente. La Transiberiana dell’anno scorso è stata un sogno, un’esperienza enorme ma con un rimpianto: 2 soli giorni a Pechino mi avevano impedito di vedere molte cose, tra cui il villaggio olimpico che, per un appassionato di sport, è comunque qualcosa da vedere. Guardo velocemente il costo dell’aereo e non è assurdo. La Transiberiana mi ha insegnato anche che andare in più destinazioni da la sensazione di fare più viaggi insieme e di mancare da casa molto più di quanto siano effettivamente quei pochi giorni di ferie. Con cosa posso accoppiare il viaggio in Cina? Ultimamente si sente parlare molto, e male, di uno Stato che, in linea teorica, si avvicina molto alle mie idee. Rapida ricerca per vedere la fattibilità della mia idea. Non mi sembra così impossibile, nonostante si dica che solo circa 200 turisti all’anno riescano (o scelgano?) di visitare quella meta. Il tempo è poco, siamo a fine giugno e le ferie iniziano il 6 agosto. Non posso tentennare e ogni minuto è fondamentale. La meta è decisa: Cina e Korea del Nord! Trovo abbastanza facile organizzare il tutto.

Se Pechino è grande come tutto il Belgio, la Cina è infinita. Ma le mete che nei miei pensieri hanno sempre rappresentato la Cina, sono Xi’an per l’Esercito di Terracotta, Leshan per il Buddha Gigante e Chengdu per la riserva dei Panda Giganti. Shangai non mi attira. Per spostarmi tra le varie città cinesi userò l’aereo. Gli hotel li trovo tra i vari expedia, booking e venere. Per quanto riguarda la Korea del Nord, l’organizzazione non è impegnativa perchè ci sono solo 2 agenzie che possono organizzare i viaggi in Korea del Nord: la Koryo Tours e la Korea Konsult. Sono abbastanza istintivo e lascio perdere la prima agenzia dopo poche mail, tutte con poca velocità nelle risposte, ma più che altro perchè insistevano nel chiedermi a quali mete fossi interessato, ma senza loro proposte è impossibile sapere cosa ci sia da vedere in Korea del Nord. Dopo 3 giorni intensi di mail chiudo la pratica con la Korea Konsult. Julia è stata molto esaustiva, proponendo varie opzioni di tour. In Korea del Nord non ci si può muovere da soli ma si avranno 2 guide locali per tutta la permanenza. In base alle mete indicate, la Korea Konsult crea un tour singolo personalizzato o crea un gruppo se ci sono viaggiatori che hanno scelto lo stesso programma. Ci sono varie dichiarazioni da firmare (non sono giornalista, farò foto e video solo per uso privato, lavoro nell’azienda xxx e sto pagando il viaggio con i miei soldi, il mio nucleo familiare è composto da…). Inoltre quest’agenzia con sede a Copenaghen è l’unica che permette di avere il visto nel passaporto (verrà direttamente applicato all’ambasciata Koreana a Roma) mentre con la Koryo Tours bisogna recarsi nella loro sede a Pechino per ritirare un foglio che permette l’accesso in suolo koreano. Il costo totale del mio viaggio è di € 1.400,00 incluso tutto (visto, aerei, hotel, guide, tour, ingressi vari, spostamenti, ristoranti…). Aspetto la comunicazione che sono una persona gradita per la Korea del Nord e poi penso alla parte di viaggio in Cina. Prenoto l’aereo con la Russa Aeroflot. Con 670,00 euro faccio Roma-Mosca-Pechino e ritorno.

07/08

Lascio Cagliari alle 9.00 con l’aereo Alitalia (€ 69,00) che mi porta a Fiumicino. Lascio valigia e zaino al deposito bagagli dell’aeroporto e poi con treno e metro vado prima nella sede della Yak Service a ritirare il passaporto con il visto Cinese e poi all’ambasciata della Korea del Nord. Lascio il passaporto e dopo 2 ore torno a ritirarlo con il visto applicato. Ennesimo pomeriggio in giro a Roma prima di tornare a Fiumicino e passare la notte in aeroporto.

08/08

Alle 10.45 parte dal Terminal 3 il volo Alitalia che in poco più di 3 ore mi porta a Mosca Sheremetyevo. Come sempre il pranzo è scarso: un cucchiaio di purè, 2 fettine di prosciutto, mezza carota, un pezzo di pane, un cioccolatino e caffè. Dopo qualche ora di scalo alle 22.30 decolla dal Terminal F il Boeing Aeroflot che dovrà percorrere i circa 6.000 km che separano Mosca da Pechino. L’aereo è tutto pieno e prendo il mio consueto posto nel finestrino.

09/08

E’ sempre emozionante sorvolare la città illuminata ma è stupendo vedere l’alba quando il monitor del sedile indica l’aereo a 37.000 piedi tra Novosibirsk e Irkutsk. Sorvoliamo la Mongolia e penso allo stesso identico viaggio fatto l’anno scorso in treno. Ricordi ed emozioni corrono veloci sinchè il cielo grigio di smog indica che sto per arrivare a Pechino. Alle 9.30, dopo 7 ore di volo con cena e colazione abbondondanti arrivo al Terminal 2 dell’aeroporto di Pechino. Rapido passaggio alla dogana per il timbro nel passaporto, ritiro la valigia arrivata tra le prime e via verso il centro di Pechino in taxi. Sono tornato a Pechino e penso a tutto quello che è successo in questo anno di assenza, periodo concluso male per me. Ma ora è come se stessi continuando il viaggio dello scorso anno, riconosco strade e non mi meraviglio di come si muovono macchine, bici e pedoni. Non mi sento a casa, ma anche qui sento di aver lasciato parte della mia vita, delle mie emozioni, delle mie esperienze. Sono quello che sono anche per gli istanti vissuti in viaggio, Pechino compresa. Ho scelto di tornare nello stesso albergo dell’anno scorso perchè la struttura è molto bella, la cucina ottima e soprattutto mi avevano fatto stare molto bene. Mi piace la sensazione di sapermi muovere negli hutong sino al Beijing Double Happiness Hotel, 37 Dongsi Sitiao, dove prendo posto in una camera in stile cinese per €63,00. La camera è molto ampia e carina: letto matrimoniale, mobile in legno antico con pc e connessione internet gratuita, mobili e scrivania, telefono degli anni ’50 funzionante, bagno grande con doccia enorme e asciugacapelli. Giusto il tempo di vedere la stanza, e arriva una ragazza del personale ad offrirmi un vassioio con frutta, cioccolato, caffè e the. Questo è sicuramente il miglior hotel dove sono stato (certi gesti per me valgono più di una camera da 80mq con vasca idromassaggio) e anche quest’anno ho avuto la conferma. Esco subito e in metro vado al Tempio Lama Buddhista Yonghegong, costruito nel 1694. Il lungo viale lastricato attraversa delle grandi aiuole sino alla grande campana del tamburo. Lì ci sono delle grandi vasche dove vengono incessantemente bruciati dei legnetti profumati ed è forte l’odore dell’incenso. Dentro i templi incredibilmente decorati, ci sono tante statue dei vari Buddha, tra le quali una alta 18 metri e fatta con un unico pezzo di legno di sandalo. Riprendo la metro e mi dirigo verso l’albergo. Credo sia impensabile andare a Pechino e non recarsi in Piazza Tienanmen a rendere omaggio a Mao. Poi giro un pò senza meta prima di andare a riposarmi. Ho un pò di sonno arretrato e qualche fuso orario da smaltire..

10/08

Prima delle 8.00 sono già in giro. Vado al mercato a comprare qualcosa e a fotografare spiedini di scorpioni, cavallette, stelle e cavallucci marini. Non erano così invitanti da provare ad assaggiare qualcosa. Giro alla ricerca di situazioni, odori, scorci interessanti e sorprese. Non sono un residente nè un turista, mi sento quasi un osservatore disinteressato, come se fossi invisibile e potessi guardare dall’alto la realtà. Mi piace quando riesco a provare questa sensazione. Il taxi mi fa dare il secondo arrivederci alle grandi persone dell’hotel e mi porta in aeroporto. Alle 15.15 dal Terminal 2 prendo un Airbus A300 della China Eastern Airlines che in circa 1 ora e mezza mi porta a Xi’an (€120,00) In autobus raggiungo la Bell Tower, che quasi funge da rotonda nel grande traffico. C’è caldo e umido e non è il massimo portare la valigia tra scale e sottopassaggi. Ho scelto di stare nel Xi’an Bell Tower Youth Hostel, North Street 1, € 14,00. Appena arrivato prenoto il Tour all’Esercito di Terracotta che propongono (€ 35,00) con partenza alle 7 del mattino dall’ostello e faccio le 4 rampe di scale che mi portano in camera. E’ essenziale ma ben curata: letto matrimoniale, divano, doccia, tv, frigo, due ampie finestre con visuale sulla Bell Tower, porta di rete per il pc. Si possono comunque usare gratuitamente 6 pc davanti alla reception. Sono le 20.30 e vado a fare un giro nei dintorni. Il traffico è molto caotico e rumoroso ma la città illuminata è bella. Vado verso le mura dove giocano molti bambini. Arrivo al mercato e ci sono migliaia di banchetti che cucinano di tutto ad una cifra irrisoria. Mi piace girare tra queste bancarelle, compro qualche maglietta e poi mi attira un minuscolo barbecue nella strada. Una donna cucina degli spiedini di carne. Decido di assaggiarli, sono molto invitanti. Li cuoce a fuoco alto poi immerge un pennello in una ciotola e impregna lo spiedino con questa salsa poi getta sopra del pepe. Lo rimette nel fuoco e ripete la stessa operazione per 3 volte. Questo spiedino costa 1Y, praticamente gratis. Lo assaggio e sento il fuoco dentro, credo che il mio corpo abbia raggiunto i 60 gradi. E’ la cosa più piccante che abbia mai mangiato, ma allo stesso tempo è molto buono! Giro un pò nel centro illuminato prima di tornare in ostello.

11/08

Alle 06.45 sono alle reception ad aspettare il pullman ma sino alle 7.15 non si vede nessuno. Chiedo alla reception se è normale questo ritardo e mi dicono che si sono dimenticati di prenotare. 10 secondi di panico e insulti, non posso andare a Xi’an senza vedere l’Esercito di Terracotta. Immagino ci siano autobus di linea che portano lì ma non voglio chiedere a loro. 5 minuti in internet ed esco dall’ostello. Si va all’angolo a sinistra e si sale sul primo autobus che porta alla stazione dei treni (vanno quasi tutti lì). Una volta arrivati, è impossibile non vedere la lunga fila chilometrica che va verso i pullman. Supero indifferente tutta la fila per chiedere se quei pullman vanno all’Esercito di Terracotta. Trovo un ragazzo Basco a pochi passi dal pullman ed è inutile dire che mi sono infiltrato nel loro gruppo. Ci vuole quasi un’ora per raggiungere il sito. L’interno è pulito e con giardini ben curati. Vado nel primo padiglione dove le foto fanno vedere come sono andati avanti gli scavi e come hanno costruito i padiglioni sopra gli stessi, le prime statue con i colori originali, particolari di armature, teste, cavalli, armi. Molte statue sono ancora sotto lo strato orginale di sabbia, in attesa che si trovi un modo per non far perdere i colori originali a contatto con l’aria. Vado nell’ultimo padiglione, quello più grande. Il caldo è tanto ma l’emozione è immensa. Sono in un altro sito patrimonio dell’umanità, ed è giustissimo che sia così. Questo padiglione è immenso e si ha la reale impressione di essere davanti ad un esercito schierato, pronto a caricare. Neanche le foto fanno capire quanto sia bello essere in quel luogo. Lascio il padiglione e torno in autobus in città. Le mura di Xi’an sono alte e imponenti. Sorrido entrando nell’autobus che mi riporta in ostello: non servono biglietti ma si mettono direttamente i soldi dentro una vaschetta all’ingresso del pullman. Tra scooter con 4 persone o carichi di merci all’inverosibile, bici che trainano carrelli di cocomeri e transpalets che girano nelle strade con le centrali nucleari nello sfondo, raggiungo il moderno aeroporto. All’ingresso la sicurezza passa un tamponcino su maglietta e bagagli ma nessuno ha portato con sè l’esplosivo cercato. Ho qualche ora prima dell’imbarco e così vedo gli “sleepbox”, appunto dei box di pochi metriquadri con un letto e il televisore per passare le ore di scalo a pochi euro. Alle 22.15 lascio Xi’an con il volo della China Eastern Airlines per raggiungere in circa 1 ore Chengdu. Fuori dall’aeroporto c’è una lunga fila di taxi con la polizia che gestisce il traffico. Inutile dire quanto tutto sia rapido e organizzatissimo. In venti minuti raggiungo il Starway Flower Hotel Chengdu, dove per € 26,00 ho una gigante camera doppia con arredamenti in legno pregiato, tv satellitare e bagno spazioso in una zona molto tranquilla e a pochi minuti dal centro. Alla reception non parlano benissimo inglese ma fanno di tutto per farsi capire e dare tutti i consigli di cui si ha bisogno. Sono comunque stanco e vado subito a letto.

12/08

La colazione inclusa è tipica di questa regione, quindi molto piccante! Esco presto e vado a prendere l’autobus verso il centro. La fermata è a poche decine di metri, a destra dell’hotel. Raggiungo l’affollatissima stazione centrale poco dopo le 8 e da lì prendo un altro autobus. Oggi vado a vedere il Buddha Gigante di Leshan. Non capisco quale sia la fermata giusta del sito, il pullman supera l’ingresso e mi lascia qualche chilometro dopo. Sono le 12.30, il sole è caldo e l’umido elevato. Dopo l’ingresso nel sito, si segue il percorso tra gli alberi fitti, tra scale e piccole statue sparse un pò ovunque. E’ bello anche lo scorcio della città, sullo sfondo del fiume dove i battelli viaggiano senza sosta carichi di turisti. Si può infatti vedere il Buddha Gigante dal fiume, evitando tutto quello che vi sto per descrivere. Secondo me, comunque, in questo modo si perde tanto. La folla è chiassosa e scomposta, sembrano formiche che corrono ovunque. Bisogna però seguire i loro ritmi per non finire inesorabilmente in fondo alla coda. Si raggiunge così un piazzale con delle bancarelle a sinistra che vendono bibite e gelati e la coda infinita che procede sino all’estremità destra. In fondo si vede il Buddha Gigante, o meglio, si vede la sua testa. Ci si può avvicinare passando a sinistra della fila e lo si vede in tutta la sua interezza, di profilo. Gli occhi socchiusi guardano il fiume, le orecchie sembrano ascoltare la folla ai suoi lati. Ora però è il momento di mettersi in fila, scendere le scale e arrivare letteralmente ai suoi piedi. Se non si è mai andati in Cina, non si ha idea di cosa significhi fare le file con i Cinesi, a casa loro. State certi che ognuno di loro cercherà di superarvi e arrivare prima. E’ un pò una lotta per sopravvivere. Per questo non ci si può distrarre, bisogna combattere a gomiti larghi e pronti a sfruttare ogni varco che si presenterà davanti a voi. E il tutto sotto 40 gradi, mentre loro spingono per comprare un gelato o una bibita dai vari venditori ambulanti buttando poi tutto per terra, sputano, urlano e cercano di accecarti con gli ombrelli anti-sole. Non so quante volte ho pensato “ma chi me l’ha fatto fare?” ma alla fine, dopo 1 ora e mezza abbondante, raggiungo i piedi del Buddha. Ogni dettaglio è perfetto e, risparmiandosi quella guerra stando comodamente seduti in una lancia nel fiume, si perde tantissimo! Mi riposo un pò e poi inizio a sperare che per uscire ci sia un percorso più tranquillo. Non bisogna affrontare i Cinesi, ma il tragitto è comunque pesante, tra scale e lunghe salite. Ci vuole una mezzoretta per raggiungere la fermata dell’autobus e in poco meno di 3 ore sono alla stazione centrale di Chengdu. Le forze non sono tantissime ma decido di tornare a piedi in albergo. E’ molto piacevole la passeggiata nel lungofiume, sembra di essere in un parco sino a quando non si raggiungono gli incroci con strade larghissime e super trafficate. E’ impossibile contare i mezzi dalle 2 alle 4 ruote (non si possono definire scooter o macchine) che sfrecciano lasciandosi dietro nuvole nere. Inizia a diluviare e trovo riparo sotto il balcone di una casa. Il tempo passa e non accenna a smettere, preferisco bagnarmi e tornare in albergo sotto un’acqua sempre più abbondante.

13/08

Alle 7.30 sono già sull’autobus verso la stazione centrale e salgo su un pullman di legno, con i sedili in canna di bambù. I viali larghi, con tante buche e meno traffico, fanno capire che la città si allontana. L’autista mi fa scendere dopo 1 ora e mezza di autobus e continuo a piedi per qualche chilometro nella strada tranquilla e alberata sino all’ingresso della Riserva dei Panda Giganti. Questo non è assolutamente uno zoo ma un centro dove i Panda Giganti (ma non solo) nascono, vivono in cattività e crescono beatamente (sinchè il terremoto non si fa sentire in queste aree martoriate). Dall’ingresso si vedono subito i grandi alberi di bambù e si prosegue sino a vedere, inaspettatamente e all’improvviso, il primo panda sdraiato e con gli occhi chiusi. Ed eccone più avanti altri 2, che tirano il bambù e lo mangiano golosamente. Giocano, si rotolano, cadono, camminano goffi e lentamente, riprendono a mangiare, si abbracciano. Sono una decina e la ventina di persone presenti, li ammira a 2 metri di distanza. Sono splendidi ed è fantastico poterli vedere così, nel loro ambiente, senza nessuno spettacolo finto organizzato per noi. E’ una riserva per il loro bene, non un circo. Verso le 11 vengono aperte delle gabbie e loro entrano dentro senza essere forzati a farlo. Non bisogna pensare male: il caldo è tanto e loro stanno sicuramente meglio lì, ricoperti di gustoso bambù da mangiare, al fresco dell’aria condizionata. Proseguo il giro nella riserva sino a raggiungere una struttura molto grande. Qui i panda trascorrono i loro primi periodi di vita. Ci sono infatti una ventina di incubatrici e all’interno ci sono alcuni neonati. E’ emozionante vedere uno dei dottori responsabili prendersi cura del panda più piccolo, di poche settimane, rosa, lungo forse 10 centimetri e mettergli una pomata per proteggerlo da infezioni varie. In un’incubatrice vicino c’è un altro neonato, poco più grande, inizia a mostrare il suo pelo nero e bianco. Ovunque ci si sposti, ci sono cuccioli di panda, che crescono protetti e accuditi come merita questa specie in via d’estinzione. La struttura a fianco è interamente a disposizione di 6 cuccioli: 5 dormono in bilico tra delle rocce sino a quando il sesto si stanca di arrampicarsi nei tronchi e va a buttare giù dai “letti” gli altri 5, che rotolano per vari metri. Inizia così il gioco tra le risate dei presenti. Li osservo un pò e poi torno nei boschi di questa riserva, facendo un altro inaspettato incontro: a pochi passi da me sta dormendo un cucciolo di panda rosso, mi avvicino e si lascia accarezzare. Ne vedrò molti altri ma tutti più lontani, o a riposarsi sugli alberi o a mangiare dalle ciotole sparse un pò ovunque. Vado a salutare i primi panda giganti che ho visto e poi torno in città. Impegnamoci a salvare i panda! Salgo sul taxi dall’hotel e mi faccio riportare nell’avveniristico aeroporto di Chengdu. L’aereo della Hainan Airlines ha circa 2 ore di ritardo ma le addette della compagnia aerea si accertano che tutti i passeggeri del volo abbiano ricevuto la loro razione di riso, carne e acqua servita rapidamente per il disguido. Quando inizia l’imbarco del volo scoppia il caos: tutti si accalcano al gate per il controllo del biglietto e documento e combattono per entrare in aereo. Bentornati alle file cinesi, questa volta ancor più senza senso dato che il posto in aereo è assegnato. Mha… Salgo per ultimo e decolliamo alle 23.00. Il volo procede tra urla, scambio di posti con chi si alza per andare in bagno e continuo apri e chiudi degli scompartimenti bagagli sopra i sedili.

14/08

Arrivo a Pechino alle 02.00, ritiro il bagaglio e contratto con un taxista abusivo che per 5Y mi porta al Beijing Continental Grand Hotel – East of Bei Chen Road Chaoyang, 8. L’hotel, all’interno del Villaggio Olimpico è un 4 stelle. Ho pagato in anticipo la doppia €81,00 ma alla reception chiedono una carta di credito a garanzia. Prelevo 200Y al bancomat interno e gli lascio la cauzione in contanti. Sono le 3.00 del mattino quando salgo nella gigantesca camera all’ottavo piano con moquette e divani. Affanciandomi alla finestra appare finalmente il tanto agognato stadio: il “nido d’uccello” è illuminato a poche centinaia di metri da me. Non resisto, prendo l’ascensore e vado a piedi verso lo stadio. Provo a fare il giro lungo i cancelli ma le guardie mi impediscono di entrare. Vorrebbero €80,00 per farmi quel “favore”. Ho lasciato i soldi in albergo ma con lo stadio chiuso e le foto che non vengono bene al buio, è inutile pensare di buttare quei soldi. Sono le 4.00 e rinvio il tutto di poche ore.

Alle 8.00 sono davanti ai cancelli e posso finalmente entrare nel Beijing Olympic Park. E’ il primo villaggio olimpico che vedo e, per un’amante dello sport, è molto emozionante. Vado prima verso la piscina, il famoso Cube Water, con le pareti esterne bombate, come se fossero appunto gocce d’acqua. Alle 9.00 è l’ora: si può entrare allo stadio! Inizio la visita dal primo anello. Non c’è l’erba ma si respira comunque l’aria da grande evento. I seggiolini sembrano appena messi, puliti uno ad uno dalla ditta di pulizie che sta lucidando ogni centimetro visibile. Salgo le scale raggiungendo il punto più alto del terzo anello e la visuale è spettacolare. La forma particolare permette di vedere perfettamente da qualsiasi posto. All’interno dello stadio ci sono varie teche che evocano momenti salienti dell’Olimpiade: lo spettacolo inaugurale, la torcia olimpica, il “monopattino” elettrico con le 2 ruote laterali, il podio. E poi una carrellata di foto che raccontano la costruzione dello stadio, dalla prima pietra del 24/12/2003 al taglio del nastro inaugurale. E così si scopre anche che sotto il centrocampo c’è una fossa che può essere usata come piscina, che è stata fatta una gara di auto all’interno e che questo è lo stadio più bello che abbia mai visto… e ne ho visto!

Saluto Pechino e la Cina e vado in taxi all’aeroporto. Ora inizia il secondo viaggio. Il checkin è rapidissimo, d’altronde in aereo ci saranno una quarantina di persone. Supero i controlli e raggiungo il gate. L’aereo è proprio oltre i vetri. Il Tupolev koreano bimotore è bianco con la bandiera della Corea del Nord lungo tutte le fiancate. Tra viaggiatori incrociamo gli sguardi e imbocchiamo il tunnel che ci porta all’ingresso dell’aereo. Appena si entra è comune il pensiero “se non cado con questo aereo…”. Gli interni sembrano in cartongesso e i sedili di una vecchia Lada. Ma non importa, il decollo è puntualissimo alle 13.00. Il menu del viaggio è riso, carne, pomodori, frutta e pane. Premetto che prima della partenza avevo sentito i soliti luoghi comuni del tipo “stanno morendo di fame, non hanno la corrente, non hanno l’acqua, sono schiavi ecc ecc”. Come ogni viaggio, ma qui ancora di più, bisogna lasciar perdere queste banalità e togliersi i paraocchi. E’ vero che non si può vedere tutto liberamente ma è anche vero che spesso ho superato le barriere del programma, guardando oltre il consentito. La prima vista del suolo Koreano lascia meravigliati: boschi, fiumi, molto verde, terreni coltivati e case discrete.

Atterriamo a Pyongyang dopo circa 2 ore di volo. A piedi si raggiunge l’interno dell’aeroporto e possiamo vedere i nostri bagagli scaricati dall’aereo e messi delicatamente nell’unico nastro trasportatore. Dopo il ritiro della valigia mi avvicino alla signora Ha che tiene il cartello con il mio nome. Si forma così il nostro gruppo, simile alle barzellette: 1 londinese, 1 irlandese, 2 svedesi, 3 tedeschi e 1 Cagliaritano. Affidiamo i nostri cellulari alle guardie che lo terranno sigillato in una busta e mi danno il biglietto con il codice per riprenderlo alla mia partenza. Passiamo il controllo bagagli al metaldetector e raggiungiamo il pullmino da 15 posti che ci porterà ovunque in questi giorni. Conosciamo Mister Kim, che insieme a Miss Ha sarà la nostra guida “personale”. Entrambi hanno la spilla con il volto di Kim il Sung. Parlano un inglese perfetto e per me non è facilissimo capire tutto. Ci spiegano subito che loro sono i nostri referenti e qualsiasi cosa dovrà essere concordata con loro. Ma la cosa che è impossibile non notare è che ripetono “Korea”. Tutti noi ci aspetteremmo di sentire “Korea del Nord” e alla nostra logica domanda la risposta lascia senza parole e fa riflettere “per noi la Korea è una, noi vogliamo la riunificazione con il sud. Loro sono nostri fratelli, siamo tutti Koreani. Chi ha diviso la nostra terra sono stati gli usa per avere una base nell’Asia Comunista, ma qui sono stati sconfitti!” Nel tragitto sino all’albergo sono tante le persone nelle strade che ci salutano e nessuno di loro è con le mani in mano. Ognuno fa una piccola cosa: chi pulisce le strade, chi taglia i rami degli alberi, chi sposta le pietre, chi porta il raccolto.. Passiamo davanti al Mausoleo di Kim il Sung dove, sotto una leggera pioggia, guardiamo a distanza le migliaia di persone presenti, tutte con l’ombrello. Una leggera musica dagli altoparlanti rompe il silenzio nella grande piazza, colma di bandiere rosse e koreane. Tutti i palazzi, dalla tipica architettura sovietica, sono sormontati da bandiere e scritte in koreano. Raggiungiamo il Yanggakdo International Hotel, nonostante tutto, uno dei tanti della capitale. Lo sgangherato hotel immaginato un pò ovunque, ha 47 piani, l’ultimo piano è un ristorante e ruota in modo da far vedere a tutti il panorama della città. Vado a letto tardi, dopo una doccia calda e guardando dalla finestra Pyongyang illuminata.

15/08

Appuntamento alle 9 e via in pullmino per la città. Vediamo la Torre della Judge, un parco con numerose statue di pregevole fattura e dove è possibile (non obbligatorio) comprare un mazzo di fiori. Andiamo infatti nel piazzale dove svettano imperiose le statue di Kim il Sung e Kim Jong Il. Qui centinaia di persone si recano a rendere omaggio ai 2 leader lasciando mazzi di fiori e così faccio anche io, inchinandomi sotto una pioggia incessante che rende il momento ancora più forte e significativo. Tutto intorno sculture tipicamente comuniste sembrano essere un tutt’uno con i presenti. Lasciamo il parco e ci dirigiamo alla Torre della Judge. Entrando si possono vedere delle targhe di Stati o Associazioni di tutto il mondo che hanno dimostrato la loro amicizia e vicinanza alla Korea e al suo popolo. Saliamo in ascensore all’ultimo piano e da qui si vede gran parte di Pyongyang. I grattaceli sono innumerevoli così come le piazze e i parchi un pò ovunque. I ponti sul fiume sono attraversati da un continuo via vai di macchine e pullman cittadini, e dall’altra parte si vede la grande piazza davanti al Mausoleo. Migliaia di persone sono radunate lì davanti e all’improvviso iniziano a muoversi coordinatamente, compongono scritte e marciano tutti insieme. Il cielo è sempre più scuro e minaccioso, i grattaceli vengono parzialmente nascosti dalle nuvole basse. Scendiamo dalla Torre e restiamo nella piazza gremita. Mi avvicino ai bambini presenti e scambiamo qualche sguardo e sorriso. Non traspare nessun tipo di tristezza nè speranza di andarsene nè invidia nei nostri confronti. Sono tutti ben vestiti e coperti, seppur quasi tutti uguali. Questo perchè lo Stato li veste gratis dignitosamente. Torniamo in albergo e osservo i palazzoni rovinati in periferia. Ogni Koreano ha diritto anche ad una casa gratis e, pur se le facciate dei palazzi non sono perfette, qui nessuno dorme in strada o è costretto ad occupare per dare un tetto ai propri figli.

Di pomeriggio andiamo in uno dei tanti teatri della capitale. L’ingresso è gratuito sia per noi che per le centinaia di Koreani presenti. Assistiamo ad uno spettacolo circense, con soprattutto trapezisti ed equilibristi. Non sono un grande esperto, ma è stato molto piacevole. Ed è ancor più bello che il tutto è sempre gratis, come se fosse un diritto poter vedere e partecipare a questi spettacoli. Di notte assistiamo ai Giochi dell’Arirang. Arirang significa Riunificazione ed è facile capire a cosa si riferisca. Questi giochi, in realtà spettacoli molto simili alle inaugurazioni delle Olimpiadi, vengono fatti ogni anno tra agosto e ottobre, in concomitanza con il compleanno dell’Eterno Leader Kim il Sung, e hanno una durata imprecisata. Noi parteciperemo ai giochi del centenario. Lo spettacolo si svolge in uno dei numerosi stadi di Pyongyang. L’esterno ha un piazzale molto grande mentre all’interno è uno stadio molto dignitoso, sicuramente più accogliente e confortevole rispetto a quelli a cui siamo abituati noi. Gli spettatori si siedono tutti in tribuna. Il settore opposto è totalmente un muro umano e con i binocoli prestati gratuitamente all’ingresso si possono vedere le migliaia di ragazzi che hanno vari cartoncini vicino a loro. Nelle curva ci sono pochi addetti alle luci e a controllare che tutto vada bene. Lo spettacolo inizia alle 21.00 quando, dopo alcuni secondi di buio per preparare il tutto, compare davanti a noi la casa dove è nato Kim il Sung fatta con i cartoncini. Nel prato sottostante migliaia di ragazzi contribuiscono alla scena, lasciando tutti senza fiato. E’impossibile descrivere la meraviglia ad ogni “schermata” fissa o in movimento, ad ogni gesto artistico nel prato, ad ogni istante in queste 3 ore finite con i fuochi d’artificio. Torno in albergo e ho un’altra sorpresa. Dalla hall dell’albergo si può telefonare in tutto il mondo e si possono persino mandare mail dal pc dell’albergo. Il mittente sarà comunque l’albergo, e chi vuole rispondere dovrà usare quell’indirizzo mail indicando il numero di camera del destinatario. Non ho avuto nessun problema a telefonare o ad inviare e ricevere mail. Non credo neanche siano state filtrate, dato che dubito possano capire il Sardo Campidanese.

16/08

Come sempre appuntamento alle 9.00 con Mister Kim e Miss Ha e in pullmino ci dirigiamo verso il centro. Iniziamo la visita quotidiana con la metro della capitale. E si, perchè a Pyongyang ci sono 2 linee della metro che collegano tutta la città. E’ necessario dire che anche questa è gratis? Le scale mobili ci portano circa 100 metri sotto terra in una delle tante stazioni abbellite con mosaici inneggianti al comunismo e al lavoro. Entriamo nella metro piena di pendolari e scendiamo in varie fermate a fotografare mosaici, dipinti e statue che le caratterizzano. Usciamo fuori e la giornata soleggiata ci fa apprezzare meglio i palazzi scintillanti, i luna park pieni di bambini, le aiuole curatissime e le strade senza un pezzo di carta per terra. D’altronde qualcuno che lavora c’è sempre e ovunque, tutti fanno qualcosa di utile per la comunità. Una delle visite odierne ci porta in un’ospedale. Non vedo queste visite come propaganda, ma come un voler far vedere che anche loro hanno ospedali ottimamente funzionanti, gratuiti, costruiti e gestiti con i soldi statali e l’alta preparazione nelle scuole e università. Non credo sia propaganda far vedere centinaia di incubatrici, sale dove fare radiografie o tac, microscopi, ambulatori pediatrici e dentistici, reparti dove le neomamme stanno minimo 7 giorni… nè credo siano false le targhe che dimostrano che questo ospedale ha ricevuto in vari anni attestati per l’ottima qualità dall’Unicef. Lasciamo l’ospedale e approfittiamo dell’accondiscendenza di Mister Kim per passeggiare per qualche isolato insieme alla folla. Uscendo dai percorsi prestabiliti dovrebbe essere più facile notare qualcosa di brutto, che non ci si vuol far vedere.. ma questo non succede. Di pomeriggio ci spostiamo di qualche chilometro in pullman sino a raggiungere la casa dove è nato Kim il Sung. E’ una casa molto umile in mezzo ad un bosco. Dopo andiamo in un’altra struttura per cui vale lo stesso discorso fatto per l’ospedale: entriamo in una scuola. E’ importante dire che la scuola è completamente gratuita per tutti e include divisa, libri, attrezzature varie ecc. L’interno è incredibile: 3 piani con ascensori, fontane e aiuole, tutto luccicante e ordinato. Gli alunni fanno da guide e rispondono alle varie domande. Oltre le solite materie, di sera gli alunni si trattengono per fare varie attività, tutte in spazi consoni. Possiamo quindi assistere alle lezioni di danza, pianoforte, violino, cucito, informatica (pc con linux), scacchi, canto, lingue (si studia russo, cinese e inglese). In ogni banco è presente un piccolo monitor dal quale vedere l’insegnante e ascoltarla con le cuffie in dotazione ad ognuno. E’ propaganda o una dimostrazione che lo studio ha un’importanza fondamentale? Torniamo in albergo e mi riposo

17/08

Oggi l’appuntamento è alle 8.00 dato che ci aspettano 3 ore di pullman per raggiungere il famoso 38° parallelo. Si va infatti al confine con la Korea del Sud, quello che dovrebbe essere quasi un territorio di guerra. E’ comunque anche una possibilità per vedere, almeno di passaggio, la periferia. Non si vedono grattacieli, le case sono più piccole ma non ruderi, tutti lavorano ma non risparmiano saluti a questi amici venuti da chissà dove. Man mano che il confine si avvicina, aumentano i manifesti che invocano l’unificazione e criticano gli usa. C’è un piccolo labirinto per entrare nella zona militare. Si può entrare negli edifici dove si è discussa la pace, vedere i libri originali con i trattati e le rispettive firme, le foto che testimoniano quei momenti. Tra gli alberi si vedono le truppe sudcoreane, a poche decide di metri, oltre quella linea immaginaria chiamata confine. Torniamo a Pyongyang e con Mister Kim decidiamo di andare al bowling cittadino dove molti giovani si svagano e poi chiudiamo la serata in hotel giocando a ping pong con 2 ragazzi russi che lavorano all’ambasciata. Bevo con loro della vodka parlando del mio precedente viaggio in Russia e di quest’ultima esperienza.

18/08

Lasciamo il “Yanggakdo International Hotel” e Pyongyang per raggiungere la Hollywood Nord Koreana: visitiamo infatti i luoghi dove vengono girati i loro film. E’ in pratica una città con diverse ambientazioni e nonostante il diluvio che ci fa compagnia, visitiamo tutte le varie scenografie. Abbandoniamo il posto che sono ormai fradicio e andiamo a visitare una sartoria, dove una decina di donne realizzano a mano lavori grandissimi e spettacolari. Ci viene poi mostrata una fabbrica dove viene imbottigliata l’acqua. Le bottigliette di plastica arrivano niente poco di meno che dall’italia e la catena di montaggio è piccola ma serve e imbottigliare le bottiglie che verranno date gratis a tutta la popolazione. Lasciamo la fabbrica e ci spostiamo per un’oretta in furgone. Raggiungiamo il posto che ci ospiterà per la notte: una struttura tipo residence con 2 letti /matrimoniali in una camera grandissima e vasca più che profonda in cui farsi il bagno. Mister Kim e l’autista preparano delle arselle appoggiandole in una stuoia e poi mettendo fuoco. Si aprono sbattendole in terra e si vede chi vive in città di mare e chi no…

19/08

Appuntamento per le 8.30 fuori dal residence. Prendo l’ombrello in dotazione nella camera e raggiungo il pulmino sotto la solita pioggia. Oggi andremo a visitare una importante diga a nord-ovest. Questa costruzione voluta e terminata da Kim il Sung, ha impedito al mare di raggiungere villaggi, risaie ecc, permettendo alla popolazione di vivere molto meglio e con più tranquillità. E’ un’opera molto imponente, studiata anche per consentire il passaggio dei pesci, senza creare disagi ai pescatori locali. Torniamo a Pyongyang e visitiamo la nave u.s.a. “Pueblo”, catturata il 23 gennaio 1968 e mostrata come un grande trofeo di guerra, evidenziato anche dalla dichiarazione del Generale dell’u.s. army Gilbert Woodwart che ammette di essere entrato in territorio coreano, subendo la conquista della nave. Conquistiamo la libertà di andare in una sala giochi, uno dei tanti divertimenti gratuiti regalati da Kim il Sung al suo popolo. Giochiamo a bowling, biliardo e ping pong prima di tornare in albergo.

20/08

Mi sveglio presto per godermi l’ultimo giorno in Korea del Nord. La nebbia avvolge Pyongyang ma poi esce un caldo sole che illumina la piazza, già stracolma di persone pronte a fare una delle tradizionali parate. Oggi visitiamo l’università ed è inutile dire che strutture così non sono minimamente paragonabili a quello a cui sono abituati gli studenti nostrani. L’interno sembra un museo con soffitti altissimi retti da colonne decorate, lampadari che illuminerebbero uno stadio, fontane, scale mobili, ascensori rapidissimi e più che capienti, tabelloni a led che indicano gli orari e le aule delle lezioni. Grandissimi banchi singoli e regolabili, quasi come scrivanie, sono attrezzati di radio e televisori da cui vedere l’insegnante. L’audio è perfetto e chi vuole può seguire la lezione nei grandi televisori (una decina in tutto) posti in alto. La biblioteca occupa un intero piano e sono presenti un centinaio di computer (sistema operativo windows98 o ubuntu) con accesso a internet. L’università si affaccia sulla grande piazza davanti alla Torre della Judge da cui salutiamo Pyongyang prima di andare in aeroporto. I controlli prima della partenza sono meno serrati di quello che si diceva (non vengono controllate tutte le foto fatte ma mi vengono sequestrate dal portafoglio 2 banconote che possono usare solo i koreani, che mi aveva dato per collezione Mister Kim). Ci viene riconsegnato il cellulare e alle 17.20 si parte ma per il brutto tempo siamo costretti ad atterrare in non so quale altro aeroporto koreano. Non ho capito benissimo tutto quello che è stato detto, ma sta di fatto che siamo rimasti a terra per quasi 2 ore. In questo modo lo scalo a Pechino non è durato tantissimo, anche se le 2 ore di ritardo in Cina mi hanno fatto lasciare il Terminal 2 verso le 04.00, con il solito fantastico Boeing della Aeroflot.

21/08

Ripercorro praticamente tutto il tragitto della passata Transiberiana, sino a raggiungere puntale alle 06.40 il Terminal F dell’aeroporto Mosca Sheremetyevo. Riparto dal terminal D alle 10.00 per raggiungere alle 11.40 il Terminal 3 di Fiumicino. Giusto in tempo per ritirare i bagagli e fare il check in per il volo Meridiana delle 13.00 che mi riporta a Cagliari.

E’ stato un altro viaggio altamente costruttivo, un’altra esperienza di vita che sicuramente mi fa crescere migliore…



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