Zanzibar, dove il sole infuocato illumina il paradiso
Siamo nel cuore dell’Africa nera dove le palme altissime e la vegetazione lussureggiante fanno da sfondo all’unica strada asfaltata che da Stone Town ci porta alla splendida spiaggia di Kiwengwa caratterizzata da un’immensa distesa di sabbia bianchissima, dal colore turchino dell’acqua che si fa di un blu intenso laddove le onde si infrangono sulla barriera corallina.
E’ un posto fortemente condizionato dalle maree che invitano a fermarsi ad ammirare la bellezza di un mare che cambia ritmicamente aspetto nelle diverse ore del giorno, rendendo questa regione unica e profondamente suggestiva.
Dopo qualche giorno di meritato relax nel meraviglioso resort, ci avventuriamo alla scoperta di Stone Town, o città della pietra, capitale dell’isola. La raggiungiamo dopo circa quaranta minuti di tragitto in bus e il nostro sguardo si perde attraverso il finestrino impolverato ammirando il mutare del paesaggio caratterizzato inizialmente da qualche capanna di fango qua e là, interrotta da strutture adibite a scuole, fino ad arrivare ad un fitto reticolato di palazzi grigi e degradati che ci fan capire di essere arrivati in città.
Un formicolio di persone riempiono le strade. C’è chi cerca di vendere qualche souvenir, chi è fermo ad aspettare un bus che chissà quando arriverà, chi si gusta una fresca coca cola ad un localino tipico. Anche le auto non mancano e suonare il clacson sembra essere una gioia.
Scendiamo e ci incamminiamo verso il porto per prendere la barca che ci porta a Prison Island, così abbiamo modo di “toccare con mano” la vitalità di questa ridente cittadina dalle molteplici attrattive che vanno dagli aspetti storici e architettonici come le case arabe, i portali intarsiati, le moschee, i frequentatissimi mercati di frutta dei vicoli della città, sino a quelle umane caratterizzate da bambini con grandi occhioni dolci che vengono a porgerti un fiore profumato in cambio di qualche soldo, a gruppi di ragazze arabe coperte dal classico velo, nonostante i 35 gradi, che scrutano fuggitive il turista, abbassando immediatamente lo sguardo intimidite. Lungo il tragitto la guida, con fierezza, ci indica la casa natale di Freddie Mercury e anche questa, per noi, è una bella sorpresa.
Saliamo sul caratteristico dhow capitanato da un allegro beach boy e salpiamo alla volta di Prison Island, isola tragicamente conosciuta come una piccola Alcatraz in cui affluivano tutti gli schiavi neri destinati al mercato arabo. L’acqua cristallina fa pensare a tutt’altro che ad un luogo di morte e torture, ma nonostante l’ex prigione sia oggi adibita a bar e a ristorante, fa rabbrividire vedere ancora i ganci nelle celle dove venivano incatenati uomini e dove venivano loro inflitte le peggiori barbarie. I più deboli morivano, i più forti, ahimè, erano pronti ad intraprendere la via della schiavitù.
Poco più in là, il sorriso fa nuovamente capolino sui nostri volti alla vista di una delle più grandi riserve naturali di tartarughe terrestri dalle dimensioni davvero giganti. Le più veterane, di 180 e 175 anni, provengono dalle Seychelles e furono date in dono al sultano di Zanzibar. Oggi si contano più di centocinquanta esemplari.
Lasciamo questo posto suggestivo fino a raggiungere un paradiso terrestre chiamato “Isola che non c’è”. L’unico aspetto che ci riporta alla realtà, è la veduta in lontananza di Stone Town.
In men che non si dica i beach boy piantano sulla sabbia bianchissima una serie di teli colorati che fanno da gazebo per offrici prodotti di prima qualità: cocco, ananas, papaya, mango, banane… serviti da un ottimo te allo zenzero, dalle proprietà, si dice, miracolose.
La distesa d’acqua andrà a poco a poco a coprire la lingua di sabbia, inseguendo il magico gioco delle maree. A pochi metri di profondità questo magico posto ci riserva un magnifico tesoro: una serie di stelle marine dai più svariati colori, rosse, gialle, blu e persino arancioni.
Qualche giorno prima della partenza ci dedichiamo alla visita di un altro posto incantato a nord est dell’isola, sempre accompagnati dal nostro ormai amico beach boy. Raggiungiamo il nord fermandoci, durante il tragitto, in una maestosa foresta di alte piante e di arbusti che racchiudono nei loro “frutti”, le più svariate spezie, la vera risorsa economica del paese. Ci indicano lo zenzero, i chiodi di garofano, la vaniglia, le foglie di aloe, miracolose per chi, come noi, si è bruciato sotto questo sole equatoriale.
Arriviamo finalmente a Kendwa Beach dove il colore cristallino dell’acqua si fonde con quello del cielo.
Dopo svariate nuotate in questa piscina naturale e dopo esserci crogiolati al sole, i nostri palati vengono deliziati da una freschissima aragosta, consumata in uno dei tanti ristorantini tipici del lungomare. La cortesia e la gentilezza degli abitanti del luogo sono una piacevole sorpresa, come è sorprendente del resto, sentirli parlare perfettamente, non solo l’italiano, il francese, l’inglese, ma anche i vari dialetti regionali, regalandoci così un divertente siparietto. Come non bastasse anche i nostri occhi hanno assistito ad uno degli spettacoli più suggestivi ed emozionanti d’Africa: l’infuocato tramonto. Il sole, grande e rotondo, lentamente si nasconde dietro alla distesa d’acqua, colorando anch’essa di rosa, e ci fa capire che anche questa giornata sta per giungere al termine, come del resto la nostra vacanza, lasciandoci nel cuore questo ultimo, pittoresco ricordo.
Jambo Zanzibar, alla prossima!