Argentina fai da te, viaggio intenso tra paesaggi fiabeschi
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Un viaggio in Argentina deve essere pianificato almeno in grandi linee, perché è una nazione molto grande e con tante zone da visitare. Se avete a disposizione tre settimane e vi spostate con l’aereo nelle tratte interne, allora è possibile visitarla in modo abbastanza completo. Se il tempo è tiranno vi consiglio di puntare su due opzioni:
· El Calafate con il Perito Moreno e navigazione sul lago Argentino, Patagonia
· Cascate di Iguazù e Salta con la zona nord ovest
In ambedue i casi merita una sosta di due/tre giorni Buenos Aires.
Per risparmiare, tenete presente che la compagnia Aerolineas Argentinas pratica uno sconto del 20% o 30% se si prenotano almeno tre tratte insieme (30 se si arriva in Argentina con la loro compagnia, altrimenti il 20)
Programma di viaggio di tre settimane:
Roma/Buenos Aires
Due giorni nella capitale
Buenos Aires/Trelew in aereo
Tre giorni a Puerto Pyramides con noleggio auto per visitare la penisola di Valdès e Punta Tombo
Trelew/El Calafate in aereo
Due giorni e mezzo a El Calafate per Perito Moreno e lago Argentino
El Calafate/Salta in aereo
Noleggio auto per visitare Cafayate e la zona di Purmamarca (tre giorni)
Salta/Puerto Iguazù in aereo
Due giorni per le cascate
Puerto Iguazù/Buenos Aires in aereo
Due giorni a Buenos Atres
Buenos Aires/Roma
3 novembre: Roma/ Buenos Aires
Partenza con Alitalia alle 22. La notte trascorre tranquilla in attesa di arrivare a destinazione
4 novembre: Buenos Aires
Alle 6.50 l’aereo atterra in perfetto orario: da questo momento inizia questo viaggio programmato da tempo e studiato nei minimi dettagli. Con il taxi arriviamo all’hotel Reino del Plata, a due passi dalla Plaza de Mayo, l’anima di Buenos Aires. Il personale gentilissimo ci fa subito il checkin, in questo modo possiamo già lasciare in camera i nostri due trolley (viaggiamo sempre con bagaglio a mano per velocizzare le trasferte), fare una doccia e tuffarci nell’esplorazione di questa città. La nostra prima meta è naturalmente la Plaza de Mayo con la Casa Rosada, sede del Governo, la Cattedrale e il Cabildo. In questa piazza ci sono sempre manifestazioni ma il clima è tranquillo e i turisti possono vagabondare senza problemi. I portenos sono cordiali e pur nel traffico di una grande città non si ha mai l’impressione di caos e di inefficienza. Fatto il giro della piazza con visita di rito alla Cattedrale, ci incamminiamo verso Puerto Madero. Come già sapranno i TPC i docks adesso sono stati trasformati in ristoranti e caffè ed è molto piacevole camminare lungo il Rio della Plata godendosi il tepore della loro primavera. Ormai sono le due ora locale e iniziamo ad essere affamati oltre che stanchi. Decidiamo di fermarci a mangiare in uno dei locali con veranda sul fiume e ne scegliamo uno piuttosto affollato (il nostro motto è ” dove c’è gente si mangia almeno discretamente “) Assaggiamo per la prima volta la carne argentina cotta alla brace che supera alla grande la prova del nove: ottima, tenera e saporita. Ho letto che in Argentina piace molto il dulce de leche, una crema caramello con la quale accompagnano la panna cotta o la creme caramel: il famoso flan con dulce de leche, praticamente il mio costante senso di colpa nei confronti della linea ma la golosità è troppa ed il chilo preso in vacanza si può perdere in una settimana!
Stanchissimi, torniamo in albergo per una breve siesta e alle 20, ancora sazi del lauto pranzo consumato (attenzione qui le porzioni sono abbondanti!) decidiamo di recarci sulla Avenida De Mayo per prendere un gelato al caffè Tortoni. Il Caffè è molto bello perché conserva gli arredi e la struttura dell’ottocento, ma il gelato è appena passabile.
5 novembre: Buenos Aires
Mattina dedicata alla scoperta della Boca. La Lonely consiglia di andare con il taxi in questo quartiere, ma di giorno è molto tranquillo e noi abbiamo passeggiato per le sue strade senza mai avere la sensazione di pericolo. I pittori che espongono le loro opere, i ballerini di tango, le case colorate con colori accesi, che danno alle foto scattate un effetto spettacolare, ricordano il quartiere di Montmatre a Parigi ed anche se oggi è tutto studiato per il turista, si respira ancora un’aria bohemienne e di grande allegria. Fa parte della Boca lo stadio Bombonera, all’ingresso del quale si può ammirare la statua del pibe de oro, Diego Armando Maradona.
Per tornare verso il centro decidiamo di prendere l’autobus, idea che si rivela da subito complicata. A Buenos Aires il biglietto si fa direttamente sul mezzo pubblico con una macchina automatica che accetta solo monete spicciole.” Dov’è il problema”? Vi chiederete.
Bene, nessuno, dico nessuno, ha monete spicciole: esistono solo tagli di carta e praticamente se non hai l’abbonamento non riesci a viaggiare. Alla fine, una ragazza veramente gentile ha dato fondo agli spiccioli del suo borsellino per permetterci di fare il biglietto! Scesi in Plaza De Mayo decidiamo di imboccare Avenida Defensa, sia per passeggiare in una delle strade di San Telmo ed ammirare le vetrine dei numerosi antiquari, sia per arrivare al ristorante El Desnivel al numero civico 855. Buona la Mariposa, lombata di manzo da 600 grammi che dividiamo in due, porzione di patate fritte per un esercito e fetta esagerata di flan con dulce de leche da leccarsi i baffi. Prezzi veramente onesti.
Solito intermezzo in hotel e alle 20 decidiamo di cenare vicino all’albergo con una pizza.
Hotel Reino del Plata via Hipolito Yrigoyen 647 Microcentro € 60 a notte con prima colazione a buffet giudizio: ottimo
6 novembre: Buenos Aires/Trelew
Oggi ci spostiamo nella penisola di Valdès per vedere le balene, i leoni marini e i pinguini.
L’aereo parte alle 6.55, perciò alle 5 siamo già in taxi per l’aeroporto ed abbiamo il piacere di vedere la Casa Rosada illuminata con bellissimi toni di rosa.
Dopo due ore di viaggio atterriamo a Trelew, dove ho già prenotato dall’Italia un’auto con Avis e poiché viaggiamo con bagaglio a mano siamo i primi ad arrivare all’ufficio noleggio. Esplichiamo tutta la pratica, ci forniscono una piantina e ci raccomandano di andare piano all’interno della penisola di Valdès, in quanto la strada è sterrata. Da Trelew dobbiamo arrivare a Puerto Pyramides, all’interno del parco, scelta indovinatissima (sarò più esauriente in seguito). Dopo 180 Km siamo all’ingresso del parco, dove acquistiamo il biglietto (130 pesos a persona) e ci dirigiamo al nostro alloggio: Hosteria La Casa de Tia Alicia. Stanza mooolto spartana, ma pulita e colazione praticamente inesistente, perché su un tavolino c’è una brocca per riscaldare l’acqua, qualche bustina di tè e un barattolo con biscotti poco invitanti. Ci rechiamo subito a prenotare l’avvistamento delle balene. Consiglio il Whales Argentina in via Primera Bajada al mar; si riconosce perché è un peschereccio sopraelevato che funge da ufficio: idea simpatica. Il giro costa 490 pesos a persona, vorremmo prenotare l’uscita delle 9,30 ma purtroppo è pieno. Prenotiamo alle 12,30, ma la signorina, sapendo che dormiamo a Puerto Pyramides ci dice di passare alle 9 del giorno dopo: se qualcuno dovesse disdire ci fa imbarcare prima. Sono le due perciò decidiamo di andare a mangiare. Passiamo a La Estaciòn, di fronte all’unica pompa di benzina, ma in modo molto sgarbato il proprietario ci dice che la cucina è chiusa. Ci dirigiamo all’altro ristorante raccomandato dalla guida Routard: The Paradise e penso che sia stata una scelta ottima. Personale molto cortese, sala grande, veduta sulla baia, collegamento wi-fi gratis e cibo veramente ottimo. Lo consiglio. Piove dalla mattina, ma mentre pranziamo il sole riesce a fare capolino tra le nuvole e quando siamo al dolce ormai la pioggia è solo un ricordo. Decidiamo, perciò, di fare subito il giro della penisola: sono 250 Km di sterrato e poiché domani non abbiamo la certezza dell’orario rischiamo di non poter fare il giro con calma. Il giro è lungo, abbiamo impiegato quattro ore e ad essere sinceri è stato un po’ deludente. Lungo la strada si possono vedere alcuni animali come lepri dalle orecchie lunghe, nandù (cugini dello struzzo), guanacos, pecore e cavalli. I leoni marini, che si osservano dall’alto, sono pochi: ne ho visti molti di più e da vicino a San Francisco al Pir 39. La sera abbiamo cenato in un ristorante vicino al mare di cui non ricordo il nome: discreto.
7 novembre: Puerto Pyramides
Alle nove siamo nell’ufficio della Whales e ci accolgono con un sorriso: ci sono dei posti, ci imbarchiamo alle dieci. Decidiamo di fare colazione con toast e cappuccino prima della partenza. Alle 9,45 siamo di nuovo al punto di incontro e: SORPRESA! Per le pessime condizioni del mare non è possibile uscire con il gommone, tutto annullato. I turisti provenienti da Puerto Madryn sono costretti a rinunciare. Per noi, invece, c’è la possibilità di uscire alle 12,30 se le condizioni del mare migliorano. Ecco spiegato perché vi ho detto che dormire a Puerto Pyramides è una scelta indovinata: comunque si riesce ad imbarcarsi con la prima uscita possibile.
Alle 12 viene confermata l’uscita in gommone, ci consegnano impermeabili da indossare e ci conducono all’imbarcadero: l’avventura ha inizio! Appena arrivati al largo iniziano gli avvistamenti: in genere si vede il dorso della balena, la sua coda quando si inabissa in profondità e spesso si riesce a distinguere il balenottero che segue da vicino la mamma. Che dire? E’ un’esperienza comunque particolare, perché pur vedendo poco della balena, si percepisce la sua maestosità e la sua lunghezza, pari al nostro gommone da sessanta passeggeri. Penso che i primi di novembre siano già il limite massimo per vivere questa esperienza. Le balene che hanno partorito presto già si sono avviate verso l’Antartide e rimangono quelle che hanno il balenottero ancora troppo piccolo per affrontare il viaggio.
Ci hanno spiegato che nel mese di agosto le balene sono così numerose che si vedono dalla spiaggia e l’aria risuona dei loro richiami: credo che in questo periodo l’esperienza vissuta regali emozioni indescrivibili ed uniche. Comunque scattiamo tante foto, ogni apparizione di coda viene accompagnata da un “oooh” dei turisti e nell’insieme ci riteniamo soddisfatti.
Sbarchiamo alle due e visto l’orario ci avviamo di nuovo al The Paradise. Questa volta ordiniamo il pranzo tutto a base di pesce e l’ottimo giudizio del giorno precedente viene riconfermato. Compriamo poi l’occorrente per fare dei panini sia per la cena, sia per il pranzo del giorno dopo : ci aspetta un lungo trasferimento a Punta Tombo per vedere la colonia di pinguini.
Puerto Pyramides: La Casa de la Tia Alicia av de les Balenas 400 $Ar a notte
Giudizio: niente di eccezionale, molto spartano.
8 novembre: Punta Tombo
Alle 8 lasciamo Puerto Pyramides; dobbiamo percorrere circa 300 Km verso sud per raggiungere Punta Tombo. Se nel vostro itinerario avete incluso la penisola Valdès, non potete escludere la giornata trascorsa in mezzo ad una colonia di almeno 500.000 esemplari di pinguini. Sono animali mansueti, che non hanno paura dell’uomo e il contatto con loro è davvero ravvicinato. Talvolta si potrebbero carezzare ma il regolamento lo vieta ed è giusto così. I bambini letteralmente impazziscono dalla gioia e persino le mie nipotine ancora mi chiedono di vedere i video dei pinguini! Immagino come sarebbero state contente se avessero avuto la possibilità di essere a Punta Tombo con me: due anni sono pochi, ma il mio proposito è di portarle qui e in Sud Africa! Altra sorpresa: ammirando dal punto panoramico un gruppo di pinguini intenti a pescare, il nostro occhio ormai allenato è riuscito ad individuare in lontananza una balena che stava facendo rotta verso il polo sud.
A pomeriggio inoltrato dobbiamo salutare a malincuore questi simpatici uccelli e prendiamo la via del ritorno verso Trelew. Ho prenotato qui l’hotel, perché il giorno dopo abbiamo l’aereo per El Calafate. Alloggiamo al City Hotel, scelto perché al centro: EVITATELO! E’ stato l’unico hotel veramente pessimo del viaggio. Oltre ad essere decadente (moquette strappata, mobili peggio che vecchi, perdita d’acqua nel bagno) alle due di notte abbiamo scoperto che i giovani di questa città usano il viale sotto l’albergo per fare corse d’auto. Morale della favola non abbiamo chiuso occhio. Ottimo, invece, il ristorante Miguel Angel in av. Fontana 246, di fianco all’hotel Touring club. L’arredamento in legno è elegante, il servizio impeccabile e la cucina veramente squisita. Senz’altro tra i migliori ristoranti del nostro viaggio.
City Hotel 80 $ americani a notte giudizio: pessimo, assolutamente da evitare.
9 novembre: Trelew/El Calafate
Alle sette del mattino siamo già pronti per andare via: preferiamo andare al bar per la colazione. Il nostro aereo parte alle 13,15 perciò decidiamo di visitare il museo paleontologico che si trova sempre in av. Fontana 140 di fronte alla vecchia stazione. Museo piccolo ma interessante con impressionanti scheletri di dinosauri e vari tipi di fossili.
La nostra è una visita veloce, perché in aeroporto dobbiamo riconsegnare l’auto, operazione che si svolge velocemente. L’aereo parte in orario (non abbiamo mai avuto problemi, la compagnia argentina è efficiente e con aerei nuovi) e alle 15,30 atterriamo ad El Calafate. Qui prendiamo il servizio transfer andata e ritorno: il bus navetta ti lascia davanti al tuo albergo e per il ritorno offre lo stesso comodo servizio. Abbiamo prenotato dall’Italia un mini appartamento a El Puente. La proprietaria, sig.ra Paola di origini italiane e veramente gentile, ci accoglie all’arrivo e ci conduce alla nostra abitazione. E’ un monolocale molto ampio con angolo cottura e un bagno grande e moderno. Un’ampia vetrata che dà sul giardino accoglie il tavolo per la colazione e tutto offre una sensazione di casa. Paola ci spiega dove si trova il supermercato, la stazione dei bus e chiacchieriamo un po’ del più e del meno. Anche questa volta la scelta dell’hotel è stata buona: ci troviamo a due passi dal centro e tutto è pulito e funzionale. Sistemate le valigie, usciamo alla scoperta di questa cittadina anche per prenotare il trasferimento al Perito Moreno e la navigazione sul lago Argentino. Per il Perito conviene andare autonomamente, si spende esattamente la metà. Alla stazione dei bus ci sono diverse compagnie di autobus di linea che portano al Perito. Acquistiamo due biglietti della RP Transportes con partenza alle 9.30 e ritorno alle 16.00 al prezzo di 180 pesos a persona. Per la navigazione sul lago Argentino occorre per forza rivolgersi ad un tour operator. Dopo una piccola indagine di mercato, (tutte le agenzie sono vicine e si trovano in via Libertador) optiamo per l’agenzia Fernandez Campbell al numero 867. Terminata l’incombenza del programmare le escursioni dei prossimi giorni, possiamo farci rapire dalla magica atmosfera di El Calafate. Questa è una cittadina piccola ma affascinante: si respira l’aria dei nostri villaggi di montagna con le sue case unifamiliari, a tetto spiovente, spesso costruite con tronchi di legno, i giardini ben tenuti, il rio tumultuoso che passa sotto il ponte di legno all’ingresso di via Libertador…..Un piccolo gioiello incastonato fra il lago e le montagne. Passeggiando, siamo attratti da una vetrina molto particolare: in bella mostra c’è un enorme barbecue con un fuoco schioppettante, intorno al quale cuociono interi mezzi agnelli, tenuti ritti con catene. Impossibile resistere, così ci infiliamo nella sala del Ricks per assaggiare il famoso agnello della Patagonia cotto alla brace ed innaffiato dall’ottimo vino argentino Malbec. Che dire anche la cena è ottima e questa cittadina ci conquista del tutto.
10 novembre: Perito Moreno
Un sole splendido ci dà il buongiorno, meteo ideale per visitare il Perito. Alle 9,30 il bus parte puntuale e il panorama del lago si offre al nostro sguardo avido di catturare ogni più piccolo particolare. All’ingresso del parco nazionale si pagano 130 pesos a persona e l’ansia di ammirare il ghiacciaio rende interminabile l’attesa del dipendente addetto ai biglietti. Finalmente tutti hanno il loro biglietto e la piantina del sito e il bus riparte per la prima tappa: l’imbarcadero per la navigazione sul lago. Questa gita è facoltativa, ma sarebbe un peccato perdere l’esperienza del Perito Moreno visto dal basso. Così tutti ci imbarchiamo, con macchine fotografiche e cineprese pronte ad immortalare uno dei più spettacolari ghiacciai del mondo. Il battello procede lentamente, quasi volesse seguire un copione già sperimentato: l’effetto sorpresa! Dopo un’ansa, il prim’attore si offre superbo ai nostri occhi, un fronte di ghiaccio alto 60 metri e lungo diversi chilometri. Il Perito è un ghiacciaio vivo che si sposta e si allarga continuamente, perché sotto il ghiaccio scorre l’acqua che spinge in avanti il fronte. Vedere il Perito ed innamorarsene è un tutt’uno: è palpitante, scricchiola, si aprono nuove crepe e tu stai lì a scrutare la parete di ghiaccio, pronta a cogliere l’attimo fuggente, il distaccarsi di un pezzo che cade nel lago con un gemito ampliato dall’eco delle montagne vicine che lo trasformano in un boato. Che dire poi del suo colore: azzurro ed ancora azzurro, all’infinito azzurro del cielo, del lago, del ghiaccio. La navigazione dura circa un’ora, poi si torna al punto d’imbarco, si sale sul bus e ci si dirige al punto da cui partono le passerelle per un tragitto a piedi facile e spesso alberato. I percorsi sono due, quello superiore e quello inferiore, è indifferente quale fare per primo. Dalle terrazze è possibile ammirare il ghiacciaio senza rischi ed in alcuni punti si arriva ad una distanza di trecento metri dalla parete di ghiaccio e si ha l’impressione di poterlo toccare! All’ora di pranzo abbiamo la fortuna di trovare posto sulla panca di un belvedere e qui davanti al maestoso Perito che ci regala l’emozione di lastre che si staccano e si tuffano nell’acqua mangiamo quello che ci è sembrato il panino più buono del viaggio. Non sarebbe potuto essere diversamente: quanto spesso capita di assaporare pane e bellezza, companatico e paesaggio mozzafiato?
Alle 16 malinconicamente dobbiamo salutare questo luogo fantastico e fare ritorno a El Calafate: un ultimo sguardo per imprimere bene nella mente questo gigante buono.
11 novembre: lago Argentino
Oggi il prelievo è presso l’hotel alle 7 e 30 ed impieghiamo circa un’ora per il giro degli alberghi. Devo dire che è stato interessante perché abbiamo fatto il giro di El Calafate e ci siamo resi conto che molti alberghi sono decisamente lontani dal centro. La giornata è nuvolosa e quando arriviamo a destinazione inizia a piovere e ben presto la pioggia si tramuta in nevischio. L’imbarco è caratterizzato da una calca pazzesca, perché con il fatto che piove tutti i turisti si rifugiano nel poco spazio coperto e alla fine non viene rispettata la fila ma “chi tardi arriva male alloggia”. Organizzazione pessima. La navigazione è interessante, si toccano i ghiacciai di Upsala, Spegazzini, Onelli e il lato nord del Perito Moreno. Si procede in mezzo agli iceberg, che galleggiano sulla superficie del lago e offrono al turista un piccolo esempio del panorama che si presenta nella navigazione dei due poli. In tarda mattinata il tempo peggiora: piove a dirotto e vento decisamente gelido sferza il viso quando ci si reca sul ponte esterno per vedere più chiaramente i ghiacciai e scattare magnifiche foto. Per fortuna ci siamo ben organizzati ed indossiamo sottogiacca antivento, maglione sottile ma caldo, calze pesanti in microfibra e delle ottime giacche da escursionismo softshell che hanno occupato pochissimo spazio in valigia ma ci hanno assicurato una valida protezione contro il freddo. Le consiglio. Dopo otto ore facciamo ritorno in città e qui cambiamo euro in pesos (ufficio di cambio in via Libertador aperto solo dalle 18 alle 20) e decidiamo di non cenare al Ricks ma alla Vaca Atada per assaggiare la trota. Nell’insieme, il pranzo è stato discreto, ma non all’altezza del Ricks e senz’altro più caro.
El Calafate: Appartamenti El Puente av. Libertador 647 156,00 euro per tre notti Giudizio: ottimo
12 novembre: El Calafate/Salta
Nel pomeriggio ci attende il trasferimento a Salta via Buenos Aires. Preparate le due valigie, usciamo per acquistare i pinguini di peluche per le nostre nipotine e ci fermiamo alla Fabbrica di Cioccolato per assaggiare il rinomato cioccolato della zona. Alle 11 e 30 abbiamo il prelievo e devo dire che è stata la tratta più faticosa, perché occorre atterrare per forza nella capitale e dall’aeroporto internazionale spostarsi con il taxi a quello nazionale da dove partono i voli per Salta. Morale della favola, prelievo a El Calafate alle 11,30, aereo per Buenos Aires alle 13,05 arrivo alle 16, trasferimento di un’ora in città, partenza per Salta alle 20,05 con arrivo alle 22,20. Praticamente distrutti arriviamo tardissimo in albergo, dove ci assegnano una stanza al pianoterra: per una sola notte va bene, domani mattina dobbiamo ritirare l’auto prenotata con Autoescape dall’Italia e visitare questa regione.
13 novembre: Salta/Cafayate
Dopo una buona colazione, ci rechiamo agli uffici dell’Europcar per noleggiare l’auto che abbiamo prenotato dall’Italia. Ad essere sinceri, il servizio offerto è di gran lunga inferiore a quello dell’Avis a Trelew. L’auto è decisamente vecchia, senza aria condizionata e in seguito scopriremo che manca anche un anabbagliante anteriore. Il controllo alla consegna tendono a farlo molto superficialmente e meno male che mio marito ha insistito per segnare tutte le imperfezioni della carrozzeria e del parabrezza. Infatti alla riconsegna pretendevano che l’incrinatura del vetro fosse stata fatta da noi, ma al controllo dei fogli di consegna hanno dovuto gioco forza ammettere che il parabrezza era stato consegnato già segnato. Perciò vi consiglio, qualunque autonoleggio interpelliate, di controllare bene e far segnare tutto. Alle 10 siamo pronti, ritiriamo i bagagli lasciati in albergo, compriamo i panini e ci avviamo verso Cafayate. Decidiamo di seguire la statale 68 ed evitare il giro da Cachi, Molinos, Cafayate: occorrono almeno 10 ore di viaggio e un’auto in condizioni migliori della nostra . Preferiamo non rischiare. La giornata è splendida e fino a la Vina la strada scorre rettilinea, attraversando cittadine tranquille e sonnolente e subito balza agli occhi come questa zona sia molto simile ai villaggi impervi del Messico e i suoi abitanti non abbiano nulla di europeo. Abbiamo la possibilità di ammirare alcuni cactus giganteschi sui bordi della strada e queste piante ci affascinano e stupiscono per le loro dimensioni. Nella seconda parte di questo nostro viaggio, quello a Tilcara, avremo modo di constatare che in questa arida e selvaggia zona dell’Argentina i cactus sono praticamente l’unico esempio di vegetazione. Dopo la Vina inizia il tratto più spettacolare ed affascinante; in 50 chilometri si susseguono paesaggi mozzafiato, si procede molto lentamente per non farsi sfuggire neppure un angolo di magia. Siamo nella Quebrada de las Conchas, dove l’acqua e il vento hanno scolpito le montagne color ocra ed hanno creato un paesaggio surreale, che ricorda tantissimo i canyon americani. Pannelli verdi segnalano le formazioni più belle.
Arrivando da Salta, la Garganta del Diablo dà il suo maestoso saluto al turista ed insieme all’Anfiteatro che dista un centinaio di metri sembra voler ricordare che la bellezza e la potenza della natura non ha eguali e l’uomo non può che rimanere immobile e stupefatto davanti a tanta bellezza ed imponenza. Dopo 5 Km ci si imbatte nelle Tres Cruces, da dove si gode il panorama della valle, e dopo altri 6 Km incontriamo El Sapo, una roccia a forma di rospo gigante (sapo in spagnolo significa rospo). Proseguendo, si trova la Casa de Loros (pappagalli), l’Obelisco, la Ventana, una specie di fisarmonica in terra rossa ed ocra in cui si apre una finestra. L’ultima formazione che si incontra è Los Castillos, montagne a forma di castello, imponenti ed affascinanti. Dopo circa altri 30 Km si arriva a Cafayate, una bellissima cittadina in stile coloniale, con le campagne vicine coltivate a vigneti. Questa zona è rinomata per la qualità dei suoi vini. Abbiamo prenotato all’hotel Cerro de la Cruz, nuovo e molto accogliente in puro stile coloniale. La stanza affaccia sul patio interno e tutto è silenzioso. Ci avviamo quindi verso la piazza centrale, dove si concentrano ristoranti, bar, negozi di souvenir. In attesa dell’ora di cena, sediamo al tavolino di un bar ed ordiniamo una cerveza e una porzione di tapas e ci disponiamo ad osservare il via vai di turisti e di locali, dalle marcate fattezze degli indios. Su Tripadvisor consigliano il ristorante Quilla Huasi ma alle 20,30 era ancora chiuso. Perciò stanchi della giornata trascorsa in viaggio e decisamente affamati, optiamo per La Carreta de Don Olegario proprio sulla piazza principale. Buona cena accompagnata da un altrettanto buon vino argentino. Un altro giorno è terminato e con tristezza sappiamo che questo bel viaggio argentino sta volgendo al termine. Ancora due tappe e si ritorna a Roma.
Cafayate: Hotel Cerro de la Cruz Colon Esquina Coronel Santos 4427 43 euro a notte con ottima prima colazione e parcheggio gratis nel cortile dell’hotel
14 novembre: Cafayate/Salta/Tilcara
Dopo un’abbondante ed ottima colazione partiamo per raggiungere Tilcara al nord, passando nuovamente per Salta. Sono circa otto ore di auto. Fino a San Salvador de Jujuy la strada è ottima. Da Salta fino a Jujuy sono 120 Km di superstrada (più veloce della ruta de la Cornisa n.9). Lasciando questa cittadina alle spalle, si imbocca la quebrada de Humahuaca, che serpeggiando affianca il Rio Grande e conduce in un’Argentina completamente diversa da quella che abbiamo incontrato finora. E’ l’Argentina andina, simile per paesaggio ed etnie alla vicina Bolivia, con altitudini superiori ai 2500 metri, ovunque solo cactus di tutte le dimensioni e le montagne di terra rossa, verde, grigia. A 20 Km da Purmamarca c’è il villaggio di Tumbaya con le sue capanne di argilla e paglia, oltre a una piccola chiesa del XVIII secolo. Dopo Purmamarca, proseguendo per Tilcara, si entra nella valle dei Pittori, così chiamata perché il fianco delle montagne ha riflessi ocra, rossi, verde, ardesia, quasi una tavolozza per pitturare un quadro immenso. Poco prima di Tilcara, dove abbiamo prenotato per la notte, decidiamo di proseguire per Humahuaca, superando la linea del Tropico del Capricorno, in modo da dedicare il giorno successivo a Purmamarca e alla grande salina. Humahuaca, a 41 Km da Tilcara, dalle strade strette che si intersecano ad angolo retto, ha il suo centro nella piazza centrale tutta lastricata e con grandi alberi di pere che offrono frescura e riparo dalle temperature torride (a novembre il termometro segnava 37°). Intorno alla piazza sorge la Iglesia de la Candelaria, la torre del Municipio in stile coloniale e il monumento all’Indipendenza. La stanchezza ora si fa sentire, acquistiamo una bottiglia di acqua minerale fredda e torniamo verso Tilcara. Anche questa cittadina è piccola con la sola strada principale asfaltata e la piazza centrale che fa da fulcro della vita sociale.
L’hotel scelto è formato da stanze con bagno ed angolo cottura che si affacciano sul patio interno, attrezzato con divani e gazebo. Il silenzio è assicurato, come struttura avrebbe bisogno di qualche piccolo lavoretto, ma il proprietario, un ragazzone indigeno, è simpatico e disponibile. Attenzione, con lui vivono due cani di taglia grande, non proprio rassicuranti per chi ha paura di questi animali (sono buoni e tranquilli). Per cenare scegliamo il ristorante El Patio e per la prima volta assaggio la carne di lama, specialità di questa regione: buona.
Tilcara: Hotel La Casona av. Belgrano 135 € 60 a notte con colazione Giudizio: colazione scarsa, stanza discreta (tenete conto che la zona si affaccia adesso al turismo, perciò c’è ancora tanto da migliorare)
15 novembre: Tilcara/Purmamarca/Grande Salina/Salta
Prima tappa dell’itinerario di oggi è la grande salina che si trova a 75 km da Purmamarca. La strada è tortuosa e si snoda fra paesaggi bellissimi: montagne con pareti di terra rossa, verde, grigia, il Rio Grande che si snoda a valle con anse altrettanto tortuose, cactus, sempre e solo cactus che si inerpicano fino alla cima delle alture. E’ un paesaggio brullo, ma affascinante ed ancora una volta è la fragilità dell’uomo che si misura con la potenza della natura. Il punto più alto raggiunge i 4170 m, per poi ridiscendere fino ad un altopiano a 3500 m. Dopo circa 8 km dall’incrocio con la strada n. 40, un’immensa distesa bianca si estende a perdita d’occhio. Siamo arrivati alla Salinas Grandes , con un’estensione pari a quella di Buenos Aires. E’ uno spettacolo forse unico (ho visto la distesa di sale nella Valle della Morte nel Nevada), e vi assicuro che si rimane senza parole e il numero notevole di fotografie che scattiamo renderanno solo in parte giustizia a tale bellezza. Gli operai intenti al loro duro lavoro, scavano dei bacini da cui ricavano il sale e che si riempiono di acqua dagli splendidi riflessi azzurri. Ripensando da casa a questo viaggio, devo dire che quello che colpisce di più in Argentina è proprio la brillantezza e l’intensità dei colori del paesaggio: è una natura selvaggia, che sorprende il visitatore in qualunque angolo si trovi. Alle 14 siamo a Purmamarca, famosa per il Cerro de Los Siete Colores cioè la montagna dai sette colori. Il popolo andino, forse influenzato dalla natura così colorata, ama a sua volta il colore e persino il cimitero di questa piccola città ha particolari tombe multicolori. Da qui parte il Paseo de los colorados, un sentiero che gira per tre km intorno alla famosa montagna. Ci fermiamo nella piazza dove pranziamo in un bel ristorante sempre in stile coloniale La Posta. I giudizi delle recensioni sono discordanti, noi abbiamo ordinato il maiale cotto con la senape e devo dire che la carne era buona. Terminato il pranzo, abbiamo visitato il cimitero ed abbiamo percorso solo un tratto del sentiero, infatti ci attendeva il viaggio di ritorno a Salta e avremmo preferito riconsegnare l’auto entro le 20 (a Salta è difficile trovare un parcheggio in strada). Il viaggio fila liscio come l’olio e riusciamo a consegnare l’auto in tarda serata. Torniamo quindi all’hotel dove avevamo pernottato la prima volta, il San Francisco e ci assegnano una bellissima camera al primo piano. E’ un albergo pulito con personale sempre a disposizione ed offre una abbondante prima colazione. Lo consiglio. Qui a Salta fa già molto caldo e la città si anima in tarda serata. Ci rechiamo come sempre nella piazza centrale dove è possibile ammirare municipio e cattedrale e sediamo ai tavoli esterni di una pizzeria. Il tempo trascorre piacevolmente in mezzo a questa coreografica gente che passeggia in piazza e riusciamo a mandar giù l’enorme pizza che avevamo ordinato (una in due!) Domani nel primo pomeriggio ci attende il volo per Iguazù.
16 novembre: Salta/Iguazù
Il nostro volo parte alle 13,25, perciò abbiamo il tempo (abbiamo fatto il ceckin sempre via internet) di visitare il museo MAAM, dove sono conservate in perfetto stato le mummie di due bambini sacrificati agli dei. Una spedizione andina sul vulcano Llullaillaco a 6700 m ha riesumato queste due mummie, una bambina e un bambino di 5 e 6 anni, sepolti praticamente storditi dalla coca, ma tragicamente ancora vivi, insieme ai loro giocattoli, indumenti, vasellame come sacrificio umano alla loro divinità Inca. Ogni sei mesi viene cambiata la mummia esposta per evitare il loro deterioramento. Museo piccolo, ma con spiegazioni e reperti molto interessanti sulla vita degli Inca, che nel momento del loro massimo splendore avevano conquistato questo territorio dell’Argentina. Tuttavia, la visita lascia un non so che di amaro in bocca: è dura osservare quel corpicino e non pensare a quale morte orribile abbia fatto, da solo, sotto terra al buio, senza il conforto della mamma. In nome della religione si sono perpetrati i più orrendi crimini fin dagli albori dell’umanità. Alle 12 un taxi ci conduce in aeroporto per arrivare in un altro luogo incantevole: Iguazù.
L’aereo della Aerolineas Argentinas atterra ad Iguazù che è già buio. Anche qui ci serviamo dello shuttle (uscendo dagli arrivi subito a destra c’è l’office) che per 70 pesos ci conduce direttamente all’hotel già prenotato dall’Italia: Palo Rosa Lodge.
Salta: Hotel San Francisco, av. Caseros 160 € 60 a notte con colazione Giudizio: ottimo
17 novembre: Cascate Iguazù lato brasiliano
La struttura alberghiera è formata da bungalow in legno, provvisti anche di angolo cottura, e da un edificio ad un piano con le camere. La nostra è molto ampia, così come il letto e di mattina, alla luce del sole, scopriamo che il tutto è immerso in uno splendido, lussureggiante giardino tropicale, dotato anche di piscina che nelle calde serate estive può rivelarsi ottimale. Oggi è domenica, perciò decidiamo di visitare il lato brasiliano delle cascate, perché abbiamo letto sulle guide che nei weekend il lato argentino è davvero affollato, in quanto molti argentini dalla capitale si trasferiscono qui per una breve vacanza. Fatta un’abbondante colazione a buffet, seguiamo il consiglio del giovane proprietario e ci dirigiamo a piedi al confine con il Brasile. Sono esattamente dieci minuti di cammino, vidimiamo il nostro passaporto alla dogana senza difficoltà e ci dirigiamo alla fermata del bus che si trova subito dopo i controlli sulla via che porta alle cascate. Ci sono molti taxi che arrivano vuoti dal lato argentino (trasportano turisti che dal lato brasiliano passano a quello argentino per visitare l’altro versante delle cascate) e si fermano per offrirvi un passaggio: contrattate decisi, perché pur di non fare un viaggio a vuoto accettano 100 pesos per portarvi all’ingresso delle cascate. Sono circa 20 km dal confine. Per pagare il biglietto di ingresso si possono usare rial, pesos, dollari ed euro, ma il resto viene dato sempre e solo in rial. Stesso discorso per tutti gli acquisti all’interno del parco, perciò conviene munirsi di panini e bibite prima di arrivare in Brasile. Fatto il biglietto un bus interno trasporta i turisti al punto dal quale ha inizio l’unico sentiero che porta alle cascate. E’ una passeggiata di un chilometro e mezzo ed occorrono circa tre ore per fare tutto il percorso. Che meraviglia! Dal lato brasiliano si ha una vista d’insieme delle cascate e vi assicuro che lo spettacolo a cui assisterete è sorprendente ed inebriante. L’emozione è grande, dovunque volgiate lo sguardo, le imponenti cascate ipnotizzano e si fa veramente fatica a procedere verso un altro punto di osservazione. Il percorso corre lungo la collina ricca di vegetazione, finché si arriva al clou dello spettacolo: una lunga passerella passa sotto il salto Uniòn, la cascata alta 82 metri, parte centrale della Garganta del Diablo, sicuramente il tratto più bello ed imponente di tutte le cascate. Sarete avvolti da una nube permanente di vapore acqueo, che bagnerà vestiti e capelli, fra un boato assordante dell’acqua che precipita a valle. Che dire, sono emozioni forti che non possono essere descritte a parole! Purtroppo qui il sentiero termina e con un ascensore si torna sulla via principale, dove i bus vi riportano all’ingresso del parco. Anche per il ritorno in albergo abbiamo usato un taxi: eravamo fermi ad aspettare il bus, si sono avvicinati diversi tassisti offrendo i loro servigi ed abbiamo scelto quello che per 100 pesos ci ha portato alla frontiera. Qui c’è una zona franca dove ci hanno detto è possibile fare ottimi acquisti, ma noi abbiamo proseguito oltre, perché non avremmo saputo dove mettere gli eventuali acquisti. Passata nuovamente da soli la frontiera, dopo i soliti dieci minuti eravamo al Palo Rosa Lodge. Per cenare, abbiamo scelto un ristorante molto famoso a Puerto Iguazù: El Quincho del Tio Querido, a due passi dal nostro albergo. Essendo sabato, c’era un duo che suonava e cantava, ma a dir la verità non ci è piaciuta la carne. Abbiamo ordinato una grigliata mista ma i pezzi commestibili erano pochissimi, perché o duri o interiora che noi non mangiamo.
18 novembre: Cascate Iguazù lato argentino
Dall’albergo ci dirigiamo verso la strada parallela dove passa il bus del Rio Uraguay. La fermata è vicino all’ufficio di cambio, ma se alloggiate al Palo Rosa sarà il giovane proprietario a darvi tutte le indicazioni necessarie. E’ una tratta urbana che in mezz’ora vi conduce all’ingresso delle cascate. Fatto il biglietto di ingresso, c’è il treno ecologico che porta alla Estaciòn Cataratas, che è possibile raggiungere anche a piedi attraverso il Sendero Verde. Naturalmente abbiamo optato per questa seconda soluzione e devo dire che è una passeggiata veramente gradevole fatta in mezzo alla foresta. Alla Estaciòn si dipartono due circuiti, quello superiore e quello inferiore. Abbiamo percorso prima quello superiore, lungo circa 650 metri, che permette di ammirare le cascate dall’alto. Si susseguono le cascate di Dos Hermanes, Chico, Ramirez, Bossetti, Adamo ed Eva e il magnifico salto San Martin. Il circuito inferiore è più lungo e raggiunge prima di tutto il rio Iguazù, che placido scorre sotto le passerelle. In seguito, si sale, attraverso prospettive sempre diverse, ammirando le stesse cascate viste poco prima dall’alto, fino a raggiungere il belvedere della cascata Bossetti, maestosa nella sua vicinanza. Basta allungare la mano per toccare l’acqua che precipita con un fragore assordante ed insieme impressionante. Al termine dei due circuiti si prende il treno ecologico alla Estaciòn Cataratas che in 15 minuti ci porta alla Estaciòn Garganta del Diablo. Una lunga passerella (più di 1000 metri) attraversa il rio Iguazù ed è possibile ammirare nugoli di farfalle variopinte che si posano tranquille sulle vostre braccia e in acqua pesci gatto dalle dimensioni a dir poco enormi, oltre a testuggini d’acqua che fanno capolino dagli scogli affioranti. Al termine della passerella, una nuvola di vapore acqueo annuncia quella che si può tranquillamente definire, senza tema di smentita, una delle meraviglie del mondo: è il punto in cui il salto Uniòn si schianta nella gola del diavolo. E’ uno spettacolo senza uguali, centinaia di metri cubi di acqua che compiono un salto di ottanta metri in mezzo ad un ribollire di schiuma, un fragore incessante, arcobaleni che si formano in continuazione per la rifrangenza dell’acqua, centinaia di piccoli uccelli che si gettano in picchiata verso il fondo della cascata, per poi risalire in volo verso i fianchi della cascata stessa. Dopo tante foto e video riprese, si rimane immobili, affacciati al belvedere ad ammirare questo spettacolo della forza della natura e vi assicuro che è veramente difficile riuscire a staccarsi da questo panorama per tornare indietro. Calcolate almeno sei ore per fare i due circuiti, perché non si può non rimanere anche mezz’ora fermi ad ammirare queste cascate. Argentina e Brasile discutono tra loro quale lato sia più bello: scegliere è difficile, perché il lato brasiliano permette di avere una veduta d’insieme di tutti i salti e vi assicuro che la scenografia architettata da madre natura è affascinante, mentre dal lato argentino si vedono le cascate da vicino, dall’alto e dal basso. Un discorso a parte merita la Garganta del Diablo: da ambedue i lati regala emozioni forti ed irrepetibili. Un panino consumato ai tavolini dei tanti punti ristoro che si incontrano costituisce il nostro veloce snack. Alle 16 il nostro giro si è ormai concluso, si riprende alla fermata del parco il bus della compagnia Rio Uraguay e torniamo a Puerto Iguazù, arricchti da una esperienza davvero unica. Decidiamo di terminare questa bellissima giornata cenando al ristorante La Vaca Enamorada in avenida Repubblica Argentina 79. Su Tripadvisor le recensioni sono favorevoli e devo dire che le nostre aspettative sono state soddisfatte. L’ambiente è rilassante, ci sono solo dieci tavoli e Alberto, che ha lavorato ad Orvieto, intrattiene gli ospiti, spiegando loro il menù. Ottimi gli antipasti (chicchi d’uva al gorgonzola e mascarpone, e gamberi saltati in padella), la lasagna da evitare, buona la carne. Invece della solita carne alla brace, Alberto propone carne imbottita o carne cotta lentamente nel latte. Anche il dolce e il vino hanno soddisfatto il nostro palato. Il conto è sui 500 $ argentini, un po’ caro rispetto agli standard del luogo, ma per una serata diversa con sapori che ricordano l’Italia e cibi comunque buoni è un prezzo che si paga volentieri. Il nostro ritorno all’albergo è mesto: domani si parte per Buenos Aires e fra due giorni dovremo dire definitivamente addio all’Argentina.
Puerto Iguazù: Palo Rosa lodge ruta 12 km 1640 45$ americani a notte con prima colazione a buffet giudizio: ottimo
19 novembre: Puerto Iguazù/Buenos Aires
Lo shuttle ci preleva in orario per il trasferimento in aeroporto; il volo per Buenos Aires parte alle 12,15 e dopo due ore toccheremo il suolo della capitale per l’ultima volta. Con il taxi arriviamo nuovamente all’hotel Reino del Plata: siamo stati bene durante la prima parte del soggiorno e non c’è motivo di cambiare albergo. Anche questa volta la camera ci soddisfa ed organizziamo questi ultimi due giorni di soggiorno argentino. Domani abbiamo deciso di trascorrere la giornata a Tigre, dopodomani di dedicare la mattina ad un giro nella parte della città che ancora non abbiamo visitato ed assistere in serata ad uno spettacolo di Tango Show con cena.
20 novembre: Tigre
Tigre è una cittadina a 30 km a nord di Buenos Aires, che sorge alla confluenza di due grandi fiumi: il Rio Paranà e il Rio de la Plata. Deve il suo nome al giaguaro, che qui viene chiamato Tigre: il delta fluviale proteggeva il primo insediamento di Buenos Aires dall’assalto di questo felino. Dalla stazione di Retiro della capitale parte ogni 15 minuti un treno che impiega da una a due ore per arrivare a Tigre. Qui ci sono diverse possibilità per visitare il delta: catamarano, per chi ha poco tempo perché in un ora e mezza compie il giro, una lancha, che impiega due ore ed infine la lancha colectiva, un battello di legno che fa un servizio di trasporto per gli abitanti. Impiega quattro ore andata/ritorno ma è un’esperienza formidabile, perché si viaggia con i locali, si assiste alla consegna di posta o pacchi lungo il tragitto ed addirittura al ritorno nel pomeriggio la lancia carica i bambini che escono da scuola e tornano alle loro case. Il paesaggio è un susseguirsi di canali, di isolotti su cui sorgono le case tutte con il proprio attracco di legno. Alcune case sono vere ville anche lussuose, residenza estiva e dei fine-settimana dei ricchi portenos, altre sono molte semplici o persino decadenti, alloggi di famiglie che vivono qui tutto l’anno. Le imbarcazioni scivolano silenziosamente sull’acqua, fatta eccezione per la lancha colectiva che ha un motore piuttosto rumoroso, lungo le rive ricche di alberi e piante. Chi aspetta la lancia lo fa sul pontile di legno: la barca si avvicina ed avviene lo scambio di lettere, medicine, pacchi e persino di taniche da cinque litri di acqua potabile. Al ritorno si assiste sempre alla stessa scena: i cani dell’abitazione aspettano sul pontile i bambini che tornano da scuola e accolgono i loro padroncini con salti di gioia e scodinzolii agitati di coda. Se non si ha fretta e ci si lascia conquistare dallo scorrere del tempo senza condizionamenti, allora è un’esperienza che consiglio di fare.
21 novembre: Buenos Aires
Oggi dedichiamo la giornata ad una camminata tranquilla in città. Ci rechiamo prima all’obelisco, poi al teatro Colòn e indietro verso la city e la zona pedonale di avenida Florida. Passeggiamo quasi senza meta per immergerci completamente nella vita di questa grande metropoli e ci ritroviamo in Plaza de Mayo. Decidiamo di visitare il museo de la Casa Rosada, l’ingresso è gratuito ed è possibile assistere ai video che narrano le vicende storiche e politiche dell’Argentina. Sono esposti anche cannoni, carrozze, vestiti appartenuti a vari presidenti della nazione. Mangiamo in avenida de Mayo al ristorante Plaza Asturias, ornato da bella mattonelle blu, verdi e gialle. Questo ristorante è famoso per il pesce, ma a dire la verità forse abbiamo sbagliato ad ordinare perché la pietanza era riso con ceci e moscardini. Riso tantissimo e moscardini quasi assenti, quindi porzione troppo abbondante ma di sapore e qualità scadente.
Ultima tappa del nostro tour argentino sarà stasera lo spettacolo di tango al teatro Piazzolla in av. Florida. Abbiamo prenotato anche la cena e sinceramente temiamo che il tutto sia ad uso e consumo del classico turista. In albergo ci hanno consigliato questo locale e lo abbiamo scelto anche per la vicinanza all’hotel, che non ci obbliga a prendere un taxi. La prima sorpresa piacevole è la location: un ex cabaret dall’atmosfera molto elegante ed ovattata con i tavoli posizionati nella platea liberata dalle poltrone. Intorno i palchi ornati con velluto rosso e fregi dorati, molto particolari e piacevoli. La cena, con scelta fra due menù e vino compreso, non è nulla di eccezionale, ma in questi 20 giorni abbiamo notato che esclusa la carne alla brace la cucina argentina non è particolarmente saporita. Lo spettacolo di tango è di alta qualità. Cinque coppie di ballerini si alternano tra loro e con cantanti e le due ore di spettacolo volano. Il nostro giudizio è che i cento euro a persona spesi per questa serata sono altamente ripagati dalla bellezza dello spettacolo, dalla bravura dei ballerini e dall’atmosfera fine-secle del teatro.
23 novembre: Buenos Aires/Roma
Alle 14,15 parte il nostro volo Alitalia per riportarci a Roma. In conclusione posso consigliare questa Nazione come meta di un viaggio turistico. E’ una terra affascinante, che offre paesaggi sempre diversi ma ugualmente straordinari, gente molto disponibile e nell’insieme prezzi onesti. Questi i pro. I contro sono essenzialmente due: i costi dei voli, che mettono a dura prova la disponibilità finanziaria e le distanze enormi fra le varie località, che costringono o ad utilizzare l’aereo per gli spostamenti (leggi costi) o a fare una scelta di ciò che si vuole visitare. Personalmente, ho preferito nel 2012 non fare il mio viaggio sabbatico (lo chiamo così perché per quasi un mese fuggo in terre lontane) in modo da rientrare nel budget annuo stabilito e per il tempo non ho problemi perché siamo pensionati. A chi lavora consiglio di prendere le ferie tutte insieme e dedicare almeno tre settimane a questa splendida Argentina.