Cambogia, viaggio fai da te nella terra dei khmer

Cambogia non è solo la bellezza di Angkor; è la pace dei templi, il profumo d'oriente, il sorriso della gente
Scritto da: lauretta1611
cambogia, viaggio fai da te nella terra dei khmer
Partenza il: 07/01/2014
Ritorno il: 23/01/2014
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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E’ un viaggio che ha inizio quattro mesi prima della partenza, in quanto abbiamo deciso di affrontare questa avventura nel sud-est asiatico completamente da soli, io Laura e mio marito Gabriele.

Non starò a fare un resoconto dei costi, dei locali, degli alloggi e trasporti utilizzati; il nostro diario vuole essere una guida ed un insieme di consigli utili per affrontare il viaggio in completa indipendenza.

Prima di tutto ci siamo muniti della lodevole Lonely Planet; poi tramite Expedia abbiamo prenotato i voli. Infine abbiamo prenotato gli alberghi valutando le recensioni su Tripadvisor e Booking.com.

Il nostro consiglio prima di partire è quello di stipulare sicuramente un’assicurazione di viaggio e di munirsi di visto, acquistabile molto facilmente sul sito e-visa della Cambogia.

Detto questo partiamo per la Cambodia.

Mercoledì 8 gennaio 2014

Atterriamo nel minuscolo aeroporto di Phnom Phem di prima mattina.

Appena usciti dall’aeroporto veniamo investiti dal profumo d’Oriente, fatto di odori di cibi di strada, incenso e anche smog.

Un taxi ci porta al nostro hotel e ne approfittiamo per guardarci la città che già di prima mattina è affollata di macchine, motorini e tuk-tuk .

A piedi ci addentriamo per le stradine di Phnom Phen, dove il caos regna ovunque; il traffico è disordinato, rumoroso, ma i luoghi ci permettono di vedere la vera vita degli abitanti.

Il primo monumento che ci si presenta è il Mausoleo all’Indipendenza, situato in un bellissimo parco ben curato dove non è difficile trovare gente di ogni sesso ed età intenta a fare footing e monaci buddisti con le loro vesti arancioni.

Proseguiamo e mentre arriva l’ora del tramonto ci troviamo nei pressi del Palazzo Reale; con le luci inizia tutto ad assumere un effetto particolare, la gente si appresta a rendere omaggio ai templi sul lungofiume; è un insieme di profumi di incenso, di fiori di loto, di rituali sacri.

Ci fermiamo un attimo a guardare incuriositi queste atmosfere d’oriente.

Rientriamo in albergo, ci aspetta una lunga notte senza sonno.

Giovedì 9 gennaio 2014

Con un tuk-tuk ci rechiamo al Palazzo Reale; è molto simile a quello di Bangkok, ci sono bellissimi giardini ben curati. La pagoda d’argento ci sorprende per il pavimento fatto completamente in piastrelle d’argento, la maggior parte delle quali ricoperte da tappeti per proteggerle dall’usura. Al centro troneggiano un piccolo Buddha di smeraldo e uno d’oro ad altezza naturale, ricoperto da ben 9400 diamanti.

Ci sono molti turisti ma tutti passeggiano tra questi luoghi in religioso silenzio.

Al pomeriggio decidiamo di andare a visitare i Killing Felds, ossia i campi di sterminio del periodo dei Kmer Rossi.

Con il tuk-tuk si rivela una gita intensa, anche se molto interessante; la rete stradale che ci conduce fuori città è soggetta a lavori continui, quindi la strada è polverosa, intasata dai mezzi, piena di buche.

La visita ai campi di sterminio di svolge in un percorso predefinito che seguiamo silenziosamente ascoltando le nostre audio guide in italiano. Al primo impatto va detto che non impressionano come lo sono stati per noi Auswitz o Dachau, anche se le storie che sentiamo raccontare sono veramente atroci, incredibilmente disumane.

Il campo non è molto ben curato, regna un po’ di disordine, ma questo non cambia il senso di disagio nel pensare cosa la mente umana sia capace di perpetrare ai propri simili, soprattutto bambini.

Proseguiamo il nostro giro in mezzo ai laghetti, e spesse volte ci troviamo di fronte a fosse scavate.

L’ultima tappa riguarda il gigantesco mausoleo, dove sono riposti molti resti umani, tra cui teschi e ossa.

Rientriamo in città per dirigerci verso il Mercato Russo, ma per noi è una vera delusione in quanto molto caotico, angusto; simile al mercato di Istanbul anche se quest’ultimo è molto più affascinante e vario.

Decidiamo così di rientrare in albergo.

Dopo cena ritorniamo in zona palazzo reale e ci concediamo una lunga passeggiata sul lungo fiume, per poi rientrare; ci attende la seconda notte insonne.

Venerdì 10 gennaio 2014

Al mattino presto siamo pronti per affrontare un lungo viaggio che ci porterà dalla capitale a Battanpang.

La strada è lunga 289 chilometri; ci vorranno cinque ore per percorrerla.

Lungo il tragitto vediamo passare villaggi sonnacchiosi, bambini nelle loro divise immacolate che si recano a scuola in bicicletta, campi di riso e di coltivazioni varie.

Giungiamo dunque nella seconda città più grande della Cambogia, anche se per noi tale appellativo risulta un po’ esagerato; è adagiata sulle sponde di un fiume, e al suo interno si possono ammirare parecchi edifici in stile coloniale, alcuni ristrutturati, altri lasciati un po’ andare.

Alla sera ceniamo in un delizioso ristorante con cucina tipica Kmer.

Sabato 11 gennaio 2014

Quest’oggi ci attende un tour interessante; puntuale alle ore 09.30 arriva il nostro autista So Phon con il suo tuk-tuk giallo bello ordinato.

Prima tappa Bamboo Train; consiste in un binario singolo costruito dai francesi in epoca coloniale, sul quale corrono “treni” fatti semplicemente da una tavola di assi di legno che poggiano su due coppie di rotaie.

Va detto che il binario non è molto dritto, anche se il vero problema si presenta all’arrivo di un bamboo train dalla parte opposta, in quanto non sono presenti scambi.

A questo punto uno dei due treni viene completamente smontato per permettere all’altro di passare, poi viene rimontato e si riparte.

Il nostro viaggio su questo mezzo insolito prosegue così per circa un’ora tra andata e ritorno, passando in mezzo a paesaggi fantastici, fatti di campi coltivati e risaie

Con noi viaggia un ragazzo inglese che sta girando per il sud-est asiatico da 9 settimane.

Riprendiamo il nostro viaggio in tuk-tuk alla volta di Prasat Banan; il nostro autista ne approfitta per fare una deviazione in aperta campagna. Passiamo così in mezzo ai campi, alle risaie e alle piantagioni di mimosa ossia una pianta senza fiori gialli usata dai cambogiani per insaporire le zuppe kmer.

Arrivati al Prasat Banan ci aspetta una scalinata di 358 gradini irregolari, ma giunti in cima si gode di uno spettacolo veramente incredibile.

Il sito è composto da cinque templi stile kmer che pare siano stati di ispirazioni per la costruzione del ben più celebre Angkor Wat.

Ridiscendiamo quindi e ci dirigiamo a Phnom Sampen.

Il nostro autista decide di percorrere una scorciatoia, ma la stradina si rivela piena di buche, a volte voragini; la polvere si insinua ovunque, il sole di mezzogiorno è cocente.

Per accedere al tempio si può percorrere un sentiero in salita oppure affidarsi a giovani locali muniti di motorini.

Arrivati a metà strada della salita la nostra guida ci porta a visitare un tempio adorno di disegni dai colori sgargianti e poi ci accompagna verso le grotte dove molte persone vennero uccise da parte dei kmer rossi.

Usciti dalle grotte saliamo fino ad arrivare ai piedi di due templi: uno piccolo induista e uno più grande buddista.

Ne approfittiamo per goderci il panorama e la vista a 360°.

Si è fatto ormai tardi e rientriamo a Battampang, sudati, impolverati, scottati dal sole, ma con la mente piena di immagini che ci hanno emozionato.

Domenica 12 Gennaio 2014

Oggi lo spostamento prevede come meta finale Siem Reap.

Avremmo voluto fare la traversata in barca sul fiume, sicuramente molto affascinante, ma in questo periodo il livello dell’acqua è molto basso ed i tempi di percorrenza sono molto lunghi (circa 7 ore).

Decidiamo così di raggiungere Siem Reap con un’auto privata.

Siem Reap si presenta come una piccola cittadina, sviluppatasi grazie all’attrazione turista di Angkor, e ci colpisce subito per il brulicare di gente, per le tantissime bancarelle, i mercati ed i numerosi locali aperti fino a notte tarda.

E’ attraversata da un fiume che di sera viene illuminato creando uno spettacolo suggestivo.

Lunedì 13 Gennaio 2014

Ha inizio il nostro tour alla scoperta di Angkor. Fuori dall’albergo ci sono alcuni tuk-tuk in attesa di clienti; contrattiamo il prezzo con un ragazzo molto giovane, timido e riservato ma molto disponibile, che ci porterà in giro per Angkor durante i nostri tre giorni.

Facciamo subito il pass per tre giorni e poi via, alla scoperta del Ta Phom.

Siamo sorprendentemente affascinati da quanto la natura si sia impossessata delle costruzioni fatte dall’uomo; i templi e le costruzioni sono avvolte da enormi radici di alberi secolari; a volte queste ultime sono talmente grosse che distruggono ma allo stesso tempo avvolgono i resti impedendone il crollo.

All’interno del sito troviamo una monaca buddista che ci augura buon anno e buona fortuna; siamo invasi dal profumo di incenso e da un senso di serenità mistica che ci accompagnerà per tutta la giornata.

Usciamo da Ta Phnom ed il nostro autista di tuk-tuk ci conduce alla prossima meta: bantey Kdey, un monastero buddista di dimensioni ridotte.

Di fronte, all’uscita scorgiamo il Sra Srang, un bacino d’acqua riservato al re e alla sue concubine per le abluzioni; a fare da guardia due statue enormi di leone poste al centro.

Per oggi il giro dei templi si conclude qui, ma non la giornata.

Ci facciamo portare al villaggio galleggiante di Chong Kneas.

Si trova a circa 20 chilometri da Angkor e durante il tragitto in tuk-tuk abbiamo modo di vedere la campagna cambogiana, con le sue risaie e l’acqua del lago Tonle Sap che inizia a farsi strada tra la vegetazione ed i villaggi. Già iniziamo a scorgere le prime palafitte. Ad un certo punto la strada termina e scorgiamo l’approdo delle imbarcazioni.

Il biglietto per il giro in barca di un’ora è un po’ caro per lo standard del paese, però siamo consapevoli che forse non avremo più modo di ritornarci e quindi decidiamo di acquistare il biglietto.

Abbiamo l’impressione che qui sia tutto molto turistico e anche la gente ci sorprende, in quanto non ritroviamo la gentilezza ed il sorriso incontrato fino ad ora. Percepiamo un senso di freddezza e quasi di furbizia verso i turisti che non ci convince molto.

Il giro in barca ne vale però assolutamente la pena; è un susseguirsi di immagini di vita quotidiana, ambientata su barche che fungono da casa, negozi, officine, scuole e chiese. Intorno a noi barche con a bordo pescatori, bambini che giocano.

A completare, un intrico di mangrovie che fanno da cornice a questo spettacolo.

Ad un certo punto ci propongono la visita ad una scuola galleggiante ma prima ci portano ad un negozio dove enormi quantità di sacchi di riso sono stipati in attesa del turista. I prezzi di vendita sono esagerati ed inoltre siamo scettici sulla vera necessità di tali quantità di riso per le scuole; come detto in precedenza avvertiamo una sorta di furbizia che non ci convince molto; decidiamo così di non comprare niente e non visitare neppure la scuola. Siamo certi che ci si presenteranno altre occasioni di manifestare la nostra bontà e fare beneficienza in maniera diretta.

E’ stata l’unica occasione presentataci che ci ha un po’ innervosito ma non guastato la giornata.

Rientriamo all’imbarcadero e riprendiamo il nostro tuk-tuk.

A pochi chilometri sorge un piccolo santuario, Phnom Krom, situato su una collinetta; si accede attraverso una ripida scalinata, ma una volta arrivati in cima si gode di una vista meravigliosa. Non ci sono turisti, è una meta poco pubblicizzata, e questo ci permette di vivere in totale silenzio e tranquillità questo momento.

Vediamo così da un’altra prospettiva i villaggi galleggianti ed il panorama circostante.

Rientriamo in albergo, stremati dalla giornata impegnativa, assolata e sempre polverosa.

Alla sera passeggiamo per la città di Siem Reap, dove quantità enormi di turisti affollano le vie, i mercati, i ristoranti e bar. La temperatura è gradevolissima e restiamo fuori fino a tardi.

Martedì 14 gennaio 2014

Puntuale alle 8.30 ci aspetta il nostro personale autista di tuk-tuk che questa mattina ci porterà alla scoperta del famoso Angkor Wat.

Arriviamo all’ingresso del tempio dopo aver percorso un bellissimo viale alberato. L’aria di prima mattina è frizzantina.

Come previsto c’è moltissima gente che si appresta ad entrare; l’ingresso è affascinante e tutto intorno un fossato fa da cornice a questo immenso capolavoro. Vediamo molti monaci buddisti nelle loro vesti arancioni, tutti dotati di diavolerie elettroniche che si accingono a fotografare e farsi fotografare con tablet e macchine fotografiche modernissime. È una scena curiosa e divertente.

Passiamo il ponte che sovrasta il fossato e di colpo iniziamo a scorgere questa meraviglia. E’ imponente e pur essendoci moltissima gente che lo affolla, un particolare senso di pace ci avvolge. Con la nostra guida personale, la Lonley Planet, ci apprestiamo a visitare il primo livello che si mostra pieno di bassorilievi ben raffigurati. Il secondo livello salendo, è quello meno interessante, forse perché incompiuto. Salendo infine delle scale ripidissime e irregolari arriviamo al terzo livello. Qui il panorama è fantastico e la foresta che scorgiamo attorno al complesso è immensa e di grande impatto visivo. Quando scendiamo prendiamo una stradina poco affollata che si rivela un’ottima scelta; ci sono pochi turisti ed è un ottimo sito per scattare foto all’insieme di Angkor Wat

Lo ammiriamo da tutti i suoi lati e a nostro parere la vista dell’insieme è migliore rispetto alla visita interna sui vari livelli. E’ tutto ben ordinato, pulito, ben curato e quel senso di pace che continua a farci compagnia lo rende un monumento molto speciale.

Usciamo da Angkor Wat e dopo pochi chilometri in tuk-tuk arriviamo all’Angkor Thom.

La prima visita è destinata al bayon, la struttura dai volti enigmatici che ti guardano e ti osservano da ogni parti ti trovi. Bisogna salire un po’ di scale per arrivare al livello superiore, dove i volti enormi si presentano nella loro totalità; giganti, impassibili sono lì quasi a curare e vegliare sul turista. Ci fermiamo molto tempo ad ammirarlo; è incredibilmente bello e affascinante. Usciti dal Bayon ci dirigiamo alla volta di Baphuon, un monastero con scale molto ripide; un bellissimo ingresso sopraelevato rispetto alla strada ci conduce all’ingresso. Anche qui, dall’alto è possibile godere di un fantastico panorama. Scendendo dal lato opposto alla salita su una facciata ci troviamo di fronte ad una statua di Buddha sdraiato, fatto in blocchi di arenaria. Il volto è ben visibile, sembra un puzzle fatto di sassi, mentre gli arti inferiori risultano molto rovinati e forse incompleti. E’ veramente enorme, 60 metri di lunghezza. Passeggiando arriviamo poi a quello che rimane della corte reale; infatti ben poco è rimasto in piedi, ma è comunque piacevole passeggiare in questo sito che somiglia ad un enorme parco dove è possibile abbandonarsi un attimo al riposo e alla frescura sotto gli alberi.

Infine passeggiamo lungo la lunghissima tribuna utilizzata in antichità per assistere alle cerimonie pubbliche del re, adorna di statue di elefanti. Ci immaginiamo lo sfarzo nei momenti delle cerimonie e delle parate.

Mercoledì 15 gennaio 2014

Oggi la prima tappa è dedicati ai templi di Roulos, forse meno famosi e turisticamente meno conosciuti rispetto a quelli di Angkor.

Sono situati a circa 20 chilometri da Siem Reap ed il viaggio in tuk-tuk ci permette di osservare la città che si sveglia, la gente che va al lavoro, i bimbi sulle moto che vanno a scuola. A quest’ora il traffico è caotico e disordinato; scorgiamo però una fila interminabile di tuk-tuk che si apprestano a portare i turisti nei vari siti di Angkor Wat.

Arriviamo ai templi di Prasat keak e poi Bakong; sicuramente minori rispetto a quelli di Angkor ma precedenti come epoca a quest’ultimo e comunque molto interessanti. Inoltre il turismo di massa qui non ha ancora messo radici e possiamo ammirare i templi e fare fotografie con molta calma.

Dopo i templi di Roulos ritorniamo ad Angkor attraverso una stradina di campagna; assaporiamo questi brevi tragitti perché ci permettono di osservare la vita reale e quotidiana dei cambogiani per niente invasa e compromessa dal turismo.

Arriviamo a East Meabon passando sopra una passerella; arriviamo ad un bacino idrico usato per le abluzioni del re ma a dire il vero questo sito non ci affascina molto, quasi niente.

Facciamo tappa al Ta Som; è una vera sorpresa, per certi versi simile al Ta Phon.

Infatti un gigantesco albero sovrasta una porta detta “gopura” con un intreccio di rami fantastico; è una perfetta cornice naturale per l’ingresso.

L’ultimo sito della giornata è il Preah Khan, un tempio veramente grande, dove anche qui la natura si è impossessata delle meraviglie create dall’uomo.

Un gigantesco albero con le sue radice avvolge una struttura, la sua forza incredibile anche qui ha modificato le forme, ma le tiene comunque insieme, facendo cambiare drasticamente volto alla costruzione originaria.

E’ ancora presto per godersi il tramonto ma decidiamo comunque di salire al Phnom Bakeng, una piccola collinetta, in cima alla quale è stato eretto un wat tuttora in funzione; la strada sterrata si inerpica in mezzo alla foresta e questa ci protegge dal sole che nel pomeriggio è alto in cielo.

Arrivati in cima abbiamo una vista a 360° su tutto il sito di Angkor; all’inizio fatichiamo un po’ a trovare il punto esatto dove è situato Angkor Wat, ma poi finalmente si presenta ai nostri occhi.

E’ bellissimo osservarlo dall’altro, si erge imponente in mezzo alla foresta che lo circonda. Ci fermiamo un po’ a scattare fotografie, a goderci questo panorama e questa quiete, dovuta anche ai pochi turisti arrivati fin qui a quest’ora; molti infatti si appresteranno più tardi a salire la collina per godersi il tramonto su Angkor Wat.

Rientriamo in albergo, è stata una giornata intensissima e necessitiamo di un po’ di riposo, ma dura poco.

Dopo una rinfrescata siamo pronti a ritornare al sito, vogliamo goderci questa ultima serata ammirando ancora una volta le facce del Bayon che cambiano luce al calare del sole.

Passiamo ancora una volta davanti ad Angkor Wat e vediamo tantissima gente che si appresta ad ammirare il tramonto, chi sulle sponde del fossato, chi all’interno.

Al Bayon sono giunti pochi turisti a quest’ora; il sole che tramonta,l’aria che si rinfresca, il suono delle cicale nel silenzio assoluto creano uno scenario impagabile, degno dell’ultima serata ad Angkor.

Pare anche che i volti impassibili di colpo prendano a sorridere, e ci congedano con un saluto da questo magnifico luogo.

Giovedì 16 gennaio 2014

Oggi partiamo alla volta di Kompong Thom; raggiungiamo questa città in meno di due ore; la strada è scorrevole e passa in mezzo alla campagna e sparuti villaggi cambogiani. Kompong thom si rivela una città molto piccola anche se dai palazzi e dalle case in costruzioni pensiamo sia in fase di sviluppo turistico. E’ un’ottima meta per chi da Siem Reap si dirige verso Phnom Penh. La città non offre niente al turista, però da qui è possibile accede al Phonm Santuk, un santuario buddista meta di pellegrinaggi nella zona. Ci arriviamo con il solito tuk-tuk, questa volta guidato da un ragazzo forse alla prime armi; è tremendamente lento nel viaggiare, prudentissimo fino all’esasperazione. Impieghiamo così 45 minuti per percorrere 18 chilometri. Giunti quasi a destinazione ci appare un villaggio specializzato nella lavorazione della pietra. Sulla strada ci sono molte botteghe e laboratori con scalpellini intenti a dare forma a statue di Buddha di ogni dimensione, elefanti e immagini sacre; li vediamo sgrezzare grossi blocchi di marmo, scalpellare, lisciare; la maggior parte di queste statue finirà in un wat. Arriviamo alla nostra meta; abbiamo due possibilità per arrivare al santuario: salire su una moto e percorrere in breve la strada, oppure salire 808 gradini. Ovvia la seconda scelta!

I gradini non sono ripidissimi, a tratti molto dolci: su entrambi i lati della scalinata vi sono poste statue di uomini che sorreggono un serpente che da cima arriva in fondo.

Nell’ultimo tratto alcune scimmie ci fanno compagnia. Il wat è grande, ci sono molte statue di Buddha ma pur essendo importante non è tenuto molto bene; regna disordine ed un po’ di sporcizia. Rientriamo poi nel nostro lodge, ridiscendendo la scalinata e ripercorrendo la lunga e lenta strada impolverata in tuk-tuk.

Questa sera non abbiamo voglia di uscire, quindi decidiamo di cenare nel nostro lodge.

Ci gustiamo il tipico riso fritto, gustato già più volte durante il nostro viaggio, accompagnato dalla superba birra locale, la Angkor. Tutto questo in un ambiente sereno, immerso nella natura e nel piacevole silenzio lontano dai rumori della città.

Venerdì 17 Gennaio 2014

Partiamo oggi alla volta di Phom Penh; si prevede un viaggio lungo e faticoso; i chilometri da percorrere non sono molti ma la strada in tutto questo tratto è sconnessa e polverosa. Sono in corso numerosi lavori che presumiamo portino alla costruzione di un’autostrada che collegherà Siem Reap e Phom Penh.

Ci guardiamo intorno, la polvere è ovunque, anche le foglie degli alberi hanno cambiato colore, passando dal verde al marrone terra, talmente sono impolverati.

Vediamo tantissimi ragazzi di ogni età che escono da scuola, tutti nelle loro divise bianche e blu, diretti a casa, chi i bicicletta chi in motorino.

Va detto che durante i nostri spostamenti abbiamo visto tantissime scuole nuove ben curate e ordinate, segno della voglia di ricominciare da parte delle nuove generazioni, dopo l’annietamento totale della cultura perpetrato dai kmer rossi nel periodo buio.

Anche gli innumerevoli lavori in corso ci fanno pensare ad una Cambogia che ha voglia di ricominciare, che vuole tornare agli splendori del periodo coloniale.

Nel primo pomeriggio arriviamo a Phom Penh e non perdiamo l’occasione di gustarci ancora un po’ questa città.

Ritornare qui dopo 10 giorni ci sorprende; abbiamo imparato a conoscere la gente cambogiana, il loro stile di vita e adesso capiamo ancora meglio l’anima di questa città che ci sorprende per la forza che dimostra nel voler cambiare volto, protratta verso il futuro, senza dimenticare però il periodo coloniale che la rese la perla d’Asia.

Sabato 18 gennaio 2014.

Partiamo per tre giorni di relax a Sihanoukville. Abbiamo scelto un resort un pò al di fuori della città, sulla spiaggia di Indipendence.

L’ albergo negli anni ’60-’70 è stato luogo di villeggiatura di importanti personaggi del cinema, della politica e del jet-set. Soggiorniamo nella parte nuova, costruita da pochi anni, le cui villette si affacciano sul mare con una vista fantastica.

Il mare è molto bello, pulito e la spiaggia di sabbia bianca finissima ci permette di fare lunghe passeggiate, di goderci il relax in un ambiente sereno e verdeggiante.

Martedì 22 gennaio 2014

Termina oggi la nostra esperienza in questo paese che ci ha sorpreso sopra ogni aspettativa.

Temevamo di trovare una terra provata e duramente colpita dalla guerra, con mille difficoltà e arretramento.

Abbiamo invece scoperto un paese giovanile, con una forza incredibile di ricominciare, di lasciare alle proprie spalle il dolore passato che l’ha tristemente resa famosa.

Un paese la cui gente ci ha accolto con la propria generosità, disponibilità e con quello sorriso che ci ha accompagnato ogni giorno del nostro viaggio.

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