Florida: parchi e shopping
13 Giugno
Sveglia alle 3:30, per poter essere in Malpensa 2 ore prima del volo: quando ho prenotato c’era un volo diretto da Milano a Miami, ma poi Alitalia ha pensato di toglierlo e siamo quindi stati costretti a fare uno scalo a Roma. Partiti da casa ci siamo recati in uno dei parcheggi satellite intorno a Malpensa: mia moglie insisteva che prenotando online sarebbe stato più economico, ma poi si è verificato l’esatto contrario. Arrivati in aeroporto, c’era solo uno sportello aperto e nessuno in giro; l’impiegata ci ha chiesto di effettuare il check in ad una delle macchine self-service presenti in salone, ma la maledetta macchina si è rifiutata di leggere la banda ottica del passaporto di mia figlia, e quindi abbiamo dovuto fare il check in manuale. Una ricca colazione, e poi via sul volo per Roma. Arrivati a Roma abbiamo dovuto correre per passare attraverso il controllo passaporti, poi sul trenino per il gate G, visto che avevamo poco margine. Arrivati sull’aereo, fila 20, ho avuto subito una brutta impressione: nella fila dietro c’era una bambina di 9 mesi che ha pianto quasi in continuazione, e quando non piangeva scalciava contro lo schienale del mio sedile. Il volo dura 10:40, quindi alla fine ero esausto e alquanto innervosito.
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Arrivati a Miami alle 14 ci mettiamo in coda per il controllo immigrazione: oltre un’ora e mezza di coda! Passato il controllo recuperiamo i bagagli (che nel frattempo erano stati tolti dal nastro trasportatore e parcheggiati di lato) e prendiamo il trenino che ci porta ai car rental, dove ci attende un’altra coda infinita. Avevo prenotato una full size (per poter contenere i bagagli), ci danno invece un SUV grande e spazioso; l’aggiunta della Kasko (che mia moglie vuole dopo aver sentito le disavventure di una sua collega) fa lievitare il prezzo a oltre $600 per 2 settimane. Presa la macchina ci dirigiamo verso South Beach (o SoBe), il navigatore che ho sul telefono fa le bizze e probabilmente non abbiamo preso la strada più breve. Da notare che ho sempre rispettato i limiti d velocità, ma mi superavano tutti a destra e sinistra. Arriviamo finalmente all’Hotel Pestana South Beach, il personale è cordiale e accogliente, e il fattorino mi dice che il parcheggio sul lato opposto della strada va bene (ed è gratuito!) mentre sull’altro lato è riservato ai residenti (non avevo visto il cartello) e si rischia una multa salatissima. Una veloce doccia e ci incamminiamo lungo Collins Avenue e Lincoln Road, una strada piena di negozi (in gran parte cineserie) e bar / ristoranti. Troppo tardi per l’Happy Hour (che termina alle 19) ne scegliamo uno che sembra avere prezzi bassi pur sembrando pulito e ben messo; ordiniamo 2 Margarita e 3 mega hamburger. Al prezzo base vanno aggiunte le tasse e il 18% di mancia “obbligatoria”, il che porta la cifra totale a oltre $90 per 3 hamburger – negli Stati Uniti i camerieri sono pagati al minimo sindacale, e vivono praticamente di mance che, per consuetudine, sono tra il 15 ed il 20%. Stanchi per la lunga giornata torniamo in albergo a dormire.
14 Giugno
Usciamo al mattino, destinazione Ocean Drive – abbiamo fatto colazione in un bar molto carino, nonostante il caldo una leggera brezza ha reso la temperatura sopportabile. Mia moglie e mia figlia si sono lanciate su colazioni veramente impegnative, io ho preso solo caffè, spremuta d’arancia (ottima) ed un croissant. Il croissant era grande come 3 dei nostri, e me l’hanno portato con frutta, marmellata e due porzioni di burro (che ho rifiutato). Conto finale oltre i $50 (tasse e gratuity incluse). Proseguiamo la passeggiata lungo Ocean Drive, ammirando e fotografando gli hotel coloratissimi dell’Art Deco District. Foto d‘obbligo anche all’edificio che fu la casa di Gianni Versace.
Ritorniamo all’hotel passando da Washington e Collins Ave., con stop lunghissimi da GAP e Victoria’s Secret. Stop anche da Walgreens per fare il pieno di medicinali contro raffreddore e doloretti vari, costano meno che in Italia e sembrano essere più efficaci. In hotel un tuffo in piscina per rinfrescarci, e poi via verso Little Havana. Complice una cartina non molto precisa ed un navigatore ancor meno preciso, arriviamo si a Calle Ocho, ma a 15 isolati di distanza. Poco male, abbiamo così l’occasione di fare quattro passi a Brickel, poi riprendiamo la macchina e ci dirigiamo a Little Havana, o “la pequeña Havana” come un simpatico signore l’ha chiamata dandoci indicazioni per raggiungerla. Da notare come bastasse mostrarsi indecisi con una cartina in mano perchè qualcuno si fermasse offrendosi di aiutarci… Little Havana in effetti mi ricorda molto Cuba, camminiamo per un pezzo e poi ci fermiamo a dissetarci alla Fruteria Los Pinareños, dove fanno frullati di frutta buonissimi sul momento: anans per mia moglie, mango per mia figlia e canna da zucchero per me. Avevo già provato il succo di canna alla Havana anni fa, ma allora me l’avevano servito con rum bianco e lime… anche liscio e freddo è buonissimo. Una puntatina al Domino park, dove persone di ogni età giocano a domino, per una foto ricordo: moglie e figlia a fianco di un anziano signore che si fa chiamare “abuelo” (nonno). A Little Havana abbondano anche i negozi di sigari dove oltre a venderli te li fanno sul posto, entro in uno di questi dove il proprietario ne sta fumando uno enorme, e decido di acquistarne uno – ma di dimensioni più abbordabili. Torniamo a South Beach sotto un acquazzone (ribattezzato in seguito “il battirone delle 5” perchè quasi ogni pomeriggio ce ne toccava uno), arrivati davanti all’hotel ci scontriamo con il più tipico dei problemi: la mancanza di parcheggio. Dopo diversi giri infruttuosi decido di mettere la macchina in un parcheggio a pagamento: $30 per una notte. La sera decidiamo di andare a cenare su Ocean’s Drive da CJ al numero 600 (angolo 6th) dove mangiamo due enormi granchi e gamberoni (spesa totale $130 in tre) innaffiati da un Mojito. Una lunga camminata per rientrare in hotel dove abbiamo una sgradita sorpresa: alcuni ospiti dell’hotel a due camere di distanza tengono musica disco ad altissimo volume. Chiamiamo la reception un paio di volte e qualcuno interviene per farli smettere, almeno fino alle 6 della mattina dopo quando la musica ad alto volume riprende: una telefonata in reception e ai maleducati (ispanici a giudicare dagli insulti) viene sequestrata la cassa per iPhone presente in camera.
15 Giugno
Sveglia alle 8, appena pronti vado a recuperare la macchina al parcheggio e poi check out con rimostranze per la nottata infernale. Avevo intenzione di fare colazione al Puerto Sagua sulla Collins, come suggerito dalla guida Lonely Planet, ma quando arriviamo lì il posto sembra fatiscente e non troppo pulito, quindi torniamo su Ocean’s Drive per fare colazione in uno di quei ristoranti che propongono offerte speciali. Dopo colazione partiamo alla volta delle Everglades; prendiamo la 41 (Tamiami Trail) fino all’ingresso di Shark Valley. L’ingresso costa $10 per la macchina, ma siccome il parcheggio è pieno dobbiamo aspettare finchè non esce un’altra macchina. Decidiamo di fare il giro con guida su una specie di bus completamente aperto, sono circa 15 miglia in 2 ore durante le quali vediamo (e fotografiamo) una quantità di uccelli di vario tipo: aironi blu, bianchi etc. I primi alligatori che vediamo sono dei cuccioli di 30-40 cm. di lunghezza, ed ero abbastanza deluso, ma proprio verso la fine del giro ne incontriamo due adulti. Da notare che nonostante il caldo e l’umidità non abbiamo trovato nemmeno una zanzara.
Riprendiamo la 41 diretti a Naples, lungo la strada troviamo altri due alligatori morti, investiti dalle macchine e lasciati a bordo strada. Arriviamo a Naples nel pomeriggio, deliziosa città particolarmente pulita e ordinata. L’hotel (Trianon) è ottimo, abbiamo una camera spaziosa e ben arredata, ma il condizionatore che parte a intervalli regolari è molto rumoroso; ho provato a spegnerlo per la notte, ma era troppo caldo e ho dovuto riaccenderlo. Un giro sulla 5th Avenue, la strada principale di Naples, piena di ristoranti ma dove i negozi sono tutti chiusi: riapriranno la sera per la ‘movida’ notturna. Lungo la strada mia moglie aveva adocchiato un ristorante chiamato Rib City e sia lei che mia figlia avevano voglia di baby back ribs, quindi ci rechiamo lì. Io prendo la specialità del giorno, un piatto che avrebbe saziato un camionista con costine di maiale, carne di manzo, patatine e coleslaw, le due signore si dividono un piatto chiamato a ragione Feast for Two: impossibile finire tutto.
16 Giugno
Colazione continentale all’hotel, un sollievo dopo due breakfast ipercalorici – e i muffin erano proprio buoni, per non parlare della spremuta d’arancia. Prendiamo la US41 verso nord, diretti a Venice o Sarasota. Durante il tragitto facciamo una deviazione a Bonita Beach e Fort Myers Beach: tipiche località di mare, con deliziose casette in tonalità pastello e libero accesso alla spiaggia bianchissima (non sabbia ma minuscole conchiglie!). Da lì procediamo verso Sanibel, altra isoletta dal sapore caraibico; è domenica, e tutte le spiagge sono prese d’assalto da famiglie con sdraio, ombrelloni e frigo portatili. E’ anche la Festa del Papà negli US. Proseguiamo sulla 41, e a Fort Myers ci fermiamo in un outlet (primo di una lunga serie) dove facciamo qualche acquisto approfittando di sconti pazzeschi. Trovo persino una banconota da $20 in terra! Lasciato l’outlet proseguiamo per diverse miglia fino ad un ristorante sulla strada che si chiama Bahama Breeze – per la prima volta dall’inizio del viaggio posso concedermi una bella insalata! Mentre siamo dentro a mangfiare fuori si scatena un acquazzone violentissimo, che fortunatamente dura esattamente come il nostro pranzo. Nel pomeriggio andiamo a visitare Venice, altra località tipicamente balneare che, dopo l’acquazzone, si è praticamente svuotata. Troviamo pochissima gente per la strada (qualche turista come noi) e numerose coloratissime riproduzioni di delfini e tartarughe lungo la strada principale. Inizialmente avevamo pensato di pernottare a Venice ma, non avendo prenotato, decidiamo di allungarci verso nord fino a Sarasota.
Arriviamo a Sarasota alle 18, la città è ben più grande di Venice, e sul mare ci sono due isole: Siesta Key e Longboat Key, collegate con lunghi ponti. Prima di Siesta Key troviamo una gigantesca statua che raffigura il bacio tra un marinaio e una ragazza (famosa foto alla fine della 2° guerra mondiale), identica a quella che si trova al porto di Civitavecchia. La ricerca dell’hotel non è facilissima, non avendo previsto niente in anticipo, alla fine troviamo un Best Western sulla 41 che non avremmo mai scelto se avessimo pianificato una sosta qui. Perlomeno la cena al Phillippee Creek è fantastica: ostriche freschissime, mezza aragosta e gamberetti ad un prezzo ridicolo per i nostri standard. Rientro in hotel alle 22:00 e via a dormire, almeno fino alle 4:00 quando mi chiama al telefono una collega che non sapeva io fossi in ferie: colpa mia, così imparo a spegnere il telefono di notte.
17 Giugno
Il programma per oggi prevede di arrivare a Tampa, ma con una fermata lungo la strada all’outlet di Ellenton, per il quale ho stampato una montagna di coupon dopo essermi registrato su internet ai Chelsea Premium Outlets. Purtroppo molti coupon sono validi solo per acquisti superiori ad una certa soglia, i prezzi sono comunque talmente bassi da essere estremamente convenienti. A parte una breve sosta per uno snack, durante il solito acquazzone, gli acquisti ci portano via gran parte della giornata; torniamo alla macchina alle 17, e questa volta trovo in terra una carta di credito che mia figlia porta all’ufficio Lost & Found. Partiamo per Tampa, l’hotel prenotato è il Sailport Waterfront Suites, un complesso formato da appartamenti di diverse dimensioni e di proprietà di singoli. Il nostro appartamento è una favola! Due camere da letto, due bagni, un soggiorno spazioso, un cucinino e un balcone che da’ sul mare: finalmente ho dormito in un king bed! La sera ceniamo in un altro Bahama Breeze, a mezzo miglio di distanza dall’hotel ma non raggiungibile a piedi. Il mojito è super, e mia figlia scopre che l’età legale per bere alcolici in Florida è di 21 anni (lei ne ha 18), deve quindi accontentarsi di un ‘virgin’ piña colada, cioè senza rum. Approfittando della presenza di una ‘laundry’ nell’hotel mi faccio cambiare una montagna di monete per fare il bucato, ma il detersivo costa 5 volte più del normale e decido di rimandare.
18 Giugno
Prima di lasciare Tampa facciamo un giro a Ybor City, il quartiere creato da Italiani, Cubani ed altri immigrati. Anche qui troviamo una quantità di negozi che vendono sigari, e in un museo (o sorta di) c’è la targa del Guinness dei Primati per il sigaro più grande del mondo: oltre 50 metri! La storia dice che una volta i migliori sigari venivano confezionati a Key West ma poi, a causa di scioperi e di ingerenze dei sindacati, quasi tutte le aziende spostarono la produzione a Ybor. Nonostante l’ora (le 10:00) per strada non c’è quasi nessuno, solo davanti alcuni negozi di sigari c’è qualcuno che beve il caffè e fuma. Partiamo da Tampa alle 11 diretti a Orlando, con un obiettivo reciso: portare mia figlia da Abercrombie & Fitch. La signorina ha già verificato che a Orlando c’è un negozio A&F presso il Florida Mall, quindi ci rechiamo lì. Dopo i previsti acquisti, dal momento che abbiamo deciso di visitare i due parchi a tema Universal, provo a informarmi in giro. Nel Florida Mall ci sono diversi banchi che propongono biglietti scontati per i parchi a tema, quindi provo a sentire in uno di questi; all’inizio la proposta sembra allettante, 2 giorni per 3 persone a $300 anzichè $400 e oltre, ma presto viene fuori l’inghippo: per avere i biglietti a quel prezzo bisogna prima recarsi in un posto dove, dalle 8 alle 10, cercheranno di convincerci a comprare un’unità immobiliare. Nonostante lo sconto notevole, ricordando le gite nostrane con vendita pentole annessa, decido di rifiutare l’offerta. I biglietti per Universal li compro su Internet, dove li pago circa $400 contro i $460 che pagherei prendendoli all’ingresso. L’hotel prenotato (Wingate by Wyndham) è a 800 metri dall’ingresso ai parchi e offre una navetta gratuita – nonostante la vicinanza è impensabile andare piedi. Al check in veniamo accolti da una signora (Beatriz) veramente gentile e prodiga di consigli: da come comprare i biglietti a quali ristoranti utilizzare. L’hotel ha anche una laundry che utilizziamo per lavare e asciugare le cose fin qui utilizzate.
19 Giugno
Il primo giorno lo dedichiamo al Kennedy Space Center; io ero già stato qui nel 1999, ma trovo alcune differenze (e non tutte per il meglio). Non si può considerare proprio un “theme park”, ma molti aspetti sono simili, a partire dalla coda per acquistare i biglietti di ingresso: avendo più di 55 anni avrei diritto ad uno sconto di $4, ma decido di rinunciare e fare i biglietti ad una macchina automatica, pur di non fare 30-40 minuti di coda. All’ingresso c’è il “giardino dei razzi” dove fanno bella mostra di se i principali razzi vettore utilizzati dalla NASA; poco oltre c’è un’attrazione da parco divertimenti: il simulatore di lancio dello shuttle. Ci precipitiamo a farla per evitare la folla; a sentire il video di descrizione è la simulazione più realistica possibile, in realtà si provano solo un po’ di scossoni e nient’altro, ma serve comunque per cominciare a immergersi nell’atmosfera. Più interessante è il viaggio, a bordo di un bus, verso la Saturn V facility. Vedere la ricostruzione della sala controllo che ha portato gli astronauti sulla luna, e vedere dal vivo il vettore Saturn V (il più grande mai costruito) è impressionante. Come è impressionante vedere la tecnologia dei computer a bordo dell’Apollo: un qualunque telefonino odierno ha una capacità di calcolo enormemente superiore. Un’altra cosa da notare sul tragitto Orlando-KSC ritorno: credo di aver pagato il pedaggio una decina di volte (ogni volta tra $1 e $2), contrariamente alla credenza che le autostrade americane sono gratuite. Inoltre devo essere passato senza accorgermi sotto una specie di telepass, perchè una volta ritornati in Italia mi sono ritrovato un addebito di più di $20 sulla carta di credito. La prossima volta presterò maggiore attenzione. Il rientro a Orlando avviene sotto l’immancabile acquazzone del pomeriggio. La sera, tanto per cambiare, andiamo a mangiare in un ristorante a buffet che si chiama Golden Corral: si paga l’ingresso e la prima bibita, poi si può mangiare e bere senza limitazione. Alla cassa facciamo la conoscenza di una simpatica coppia di colore di una certa età, saputo che siamo italiani lui si illumina e ci racconta di quando era in Marina di stanza a Napoli.
20 Giugno
Universal Studios: l’hotel dispone di un servizio navetta comodo e gratuito. Si arriva facilmente all’ingresso del parco, poi però bisogna camminare un bel pezzo lungo la “City Walk” per arrivare al bivio: a destra si va agli Universal Studios, a sinistra si va all’ Islands of Adventure. Oggi cominciamo con gli Universal Studios, anche perchè c’è l’apertura della nuova attrazione Transformers. Purtroppo come noi l’ha pensato un altro milione di persone, la folla è incredibile. All’ingresso una serie di cartelli ci avvisa che Transformers apre nel primo pomeriggio, quindi mia figlia ed io decidiamo di cominciare con un tipico rollercoaster che si trova vicino all’ingresso – non l’avessi mai fatto: prima una coda lentissima a causa di “problemi tecnici”, quando poi riusciamo a partire prendo una tremenda botta al fianco sinistro che mi fa male per diversi giorni (al rientro in Italia scoprirò che è una costola incrinata), e quasi mi volano via cappello e occhiali. Tutto per qualche secondo di adrenalina pura. Usciti dal rollercoaster moglie e figlia si infilano in un’altra attrazione, io invece vado a vedere a che punto sono i preparativi di Transformers. Nonostante le migliaia di persone che ho davanti riesco a scorgere in lontananza Steven Spielberg che fa il giro e saluta la folla. La presentazione prosegue con attori travestiti da Transformers (chissà come hanno fatto a farli così alti) e altri da soldati del NEST, esplosioni (finte) e razzi (veri, uno ha preso in pieno un piccione) e per finire alcuni passaggi di 5 jet militari. Tralascio il resoconto del resto della giornata per arrivare al dunque: nel pomeriggio ci mettiamo in coda per vedere la nuova attrazione, un cartello dice “120 minuti di attesa” ma poi dagli altoparlanti avvisano che a causa di “problemi tecnici” il ritardo è “indefinito”. Mentre siamo in coda arriva il solito acquazzone pomeridiano che ci inzuppa per bene, ma almeno convince molte persone ad abbandonare, così ce la caviamo con soli 90 minuti di coda. Fatta l’attrazione posso dire con franchezza che non ne valeva assolutamente la pena. Quindi, fradici ed infreddoliti, ce ne torniamo in albergo con la stessa navetta.
21 Giugno
Non ce la sentiamo di tornare agli Universal, e quindi decidiamo di anticipare ad oggi l’attività di shopping selvaggio che tradizionalmente facciamo il 22, compleanno di mia moglie. A Orlando ci sono due outlete che fanno parte della catena Chelsea Premium Outlets, uno chiamato International e l’altro Vineland; mia moglie dopo un attento esame dei negozi preferisce il secondo. Nella hall dell’albergo un totem propone percorsi per varie località, incluso uno di questi outlet; siccome il tragitto prevede di passare per Vineland Avenue ritengo – erroneamente – che sia quello che cerca mia moglie. Giunti sul posto devo subire le rimostranze della consorte, la quale però comincia ad esplorare negozi “tanto siamo già qua”. Alla fine arriviamo anche nell’outlet scelto da mia moglie, che si rivela invece deludente. Unico punto degno di nota è il regalo per il compleanno di mia moglie: lei desidera una borsa griffata Michael Kors, quindi entriamo nel negozio relativo. Lei guarda e tocca tutto, ma non riesce a decidersi; facciamo un altro giro e alla fine torniamo lì, dopo un’altra mezz’ora finalmente si decide a scegliere una borsa. La prossima volta le do direttamente un buono.
22 Giugno
Seconda giornata nei parchi Universal, questa volta a Islands of Adventure. Il parco è diviso per temi, la prima parte con i supereroi Marvel – cominciamo con il rollercoaster dedicato a Hulk, che da’ il colpo di grazia al mio costato indolenzito: evidentemente Hulk è più arrabbiato del solito. Ma il punto centrale del parco è il magico ambiente di Harry Potter, con una riproduzione incredibilmente fedele degli ambienti visti nei film – imponente l’edificio di Hogwarts. Anche qui la maggior parte delle attrazioni è più adatta ai teenagers, infatti mia figlia li prova tutti mentre io mi limito a sorseggiare una burrobirra (butterbeer), fresca e deliziosa. La parte relativa a Jurassic Park è stata rimodernata rispetto all’ultima volta che sono stato qui (nel 1999); un paio di attrazioni dedicate a Popeye ci consentono di rinfrescarci adeguatamente, infatti ne usciamo bagnati fradici; ma niente paura: spendendo solo $5 si possono usare delle cabine dove lampade a infrarossi e getti d’aria calda consentono una rapida asciugatura a chi detesta restare con i vestiti bagnati addosso. Verso l’uscita passiamo nuovamente nell’area dedicata ai supereroi Marvel, e noto che alcuni addetti stanno mettendo dei nastri come transenna, allora decidiamo di fermarci e aspettare per vedere cosa succede. Dopo neanche 5 minuti arrivano i personaggi Marvel a bordo di potenti quad: riconosco l’Uomo Ragno, Capitan America e Tempesta, ma mi manca la cultura fumettistica per riconoscere gli altri. Questi personaggi si fermano a fare foto con i bambini che si mettono ordinatamente in coda. All’uscita dal park ci fermiamo da Margaritaville per due fantastici frozen margarita ed una montagna di nachos. In attesa della navetta per tornare in hotel passiamo anche all’Hard Rock Café: rispetto al 1991 (mio primo viaggio a Orlando) è scomparsa l’enorme replica in cemento di una chitarra Fender Stratocaster: peccato.
23 Giugno
Lasciamo Orlando diretti verso la costa Atlantica, in particolare verso Daytona Beach. Inizialmente avevamo pianificato di arrivare a St.Augustine, ma la strada è piuttosto lunga e abbiamo deciso di tagliare qualcosa rispetto al piano. A Daytona la prima cosa che si incontra è il circuito automobilistico Nascar, dove è possibile fare un tour guidato per 15$ a testa. Abbiamo trovato un hotel economico in riva al mare, il Beachside Motel: sembra quasi una pensioncina a conduzione familiare rispetto agli hotel immensi che lo affiancano; alla reception sono molto cordiali anche se mi hanno fatto un interrogatorio piuttosto approfondito. Sarà perchè gli ho dato la carta d’identità anzichè il passaporto? Comunque, appena posate le valigie ci fiondiamo in spiaggia: quello oche mi lascia perplesso è che le automobili possono circolare ed essere parcheggiate in spiaggia. L’acqua è incredibilmente calda, eppure poche persone fanno il bagno, e restano vicine alla riva. Dopo aver sguazzato un po’ rientriamo all’hotel, che ha accesso diretto alla spiaggia, una rapida doccia ed un bagno anche nella minuscola piscina. Nel frattempo altri ospiti stanno allestendo un barbecue di fianco alla piscina. Essendo una località di mare i ristoranti abbondano, alla reception ci consigliano di andare a mangiare in un ristorante caratteristico alla fine di un molo, poco distante dall’hotel. Potremmo raggiungerlo camminando sulla spiaggia, ma preferiamo andare in macchina: la notte infatti, in questo periodo, le tartarughe escono dall’uovo per recarsi in mare e la presenza di persone o luci forti (è proibito usare il flash sulla spiaggia) potrebbe disorientare le piccole tartarughine e metterle in pericolo. Il ristorante (Crabby Joe) è alla buona, ma la qualità del pesce è indiscussa: altra scorpacciata.
24 Giugno
Partiamo da Daytona Beach diretti a sud sulla US1 (più lenta ma più panoramica), destinazione West Palm Beach. Lungo la strada facciamo numerose deviazioni per visitare le località di mare che incontriamo, ma alla fine si somigliano un po’ tutte: Merritt Island e Cocoa Beach, Vero Beach, Jensen Beach, e così via. A West Palm Beach non avevamo prenotato un hotel, facciamo fatica a trovare hotel con camere disponibili, e i prezzi sono inspiegabilmente molto alti. Decidiamo allora di proseguire verso sud, e visto che ormai si è fatto tardi ci fermiamo a Boca Raton, una piccola e simpatica cittadina che conoscevo già perchè l’azienda per cui lavoro ha una sede importante lì. A Boca ci fermiamo in un Best Western Plus (University Inn) che si trova sulla strada (Federal Hwy), dove il prezzo della camera colazione inclusa è incredibilmente basso. L’hotel è più che decoroso e dispone di piscina, il direttore è un simpaticone con una vena umoristica che tira fuori chiacchierando amabilmente con gli ospiti.
25 Giugno
Giornata dedicata più che altro all’ozio: dopo colazione andiamo a fare un giro a Fort Lauderdale, compresa sosta a The Galleria, un enorme shopping mall dove mia figlia vuole andare per vedere un altro negozio Abercrombie & Fitch. Il parcheggio è immenso, bisogna prendere attentamente dei riferimenti se si vuole ritrovare la macchina dopo. Rientrando a Boca Raton, mi fermo io per una commissione: tempo fa avevo assaggiato un bourbon incredibilmente buono e forte chiamato Booker’s, praticamente introvabile in Italia, decido quindi di fermarmi in un negozio di liquori molto ben fornito. Non solo hanno il Booker’s, ma hanno anche la versione legale del Moonshine, il famoso whiskey di contrabbando che viene venduto in barattoli di vetro tipo Bormioli. Alla fine compro due bottiglie di Booker’s e un barattolo di Moonshine, dopodichè mi devo fermare in un punto spedizione FedEx per comprare nastro da imballaggio e 10 metri di bubble-wrap, la plastica mille bolle usata per confezionare e proteggere. Con abbondanti strati di bubble-wrap le mie bottiglie saranno al sicuro anche in valigia. Dal momento che in molte occasioni mi avevano fatto notare le coloratissime unghie delle signore americane, dopo pranzo mia moglie e mia figlia decidono di andare a ‘farsi le unghie’ in un nail shop nel centro di Boca. In quel negozio le addette sono bravissime a fare upsell: le mie signore dovevano farsi le unghie alle mani, e invece si fanno mani e piedi con una serie di smalti che richiedono 2 ore e lampade UV per indurire. Nemmeno la vernice per le macchine… La seconda parte del pomeriggio è dedicata al riposo in piscina, visto che è praticamente l’ultimo giorno qui in Florida.
26 Giugno
È giunto il momento del rientro. Devo dire che due settimane sono state forse troppe, e non vedo l’ora di tornare a casa. Finiamo di impacchettare i nostri bagagli in mattinata e, con molta calma, ci dirigiamo verso Miami per andare all’aeroporto. Come sempre, è meglio riportare la macchina con il pieno per evitare di pagare il carburante che manca uno sproposito. I distributori vicino all’aeroporto lo sanno bene, infatti lì la benzina costa un dollaro in più al gallone rispetto agli altri – poco male, basta fare mezzo miglio in più per trovare un distributore con prezzi normali, faccio il pieno e vado a riconsegnare l’auto. Al check in l’addetto mi dice che due dei tre biglietti hanno assegnato un posto ‘comfort’ (che vuol dire un po’ più spazio per le gambe), e ovviamente toccano a mia moglie e mia figlia. I controlli in uscita sono molto più rapidi, dopo il check-in abbiamo un sacco di tempo per visitare i negozi dentro l’aeroporto, ma non compriamo niente: a parte i prezzi più alti, non resta più niente da comprare… Sull’aereo questa volta niente bambini che piangono (strano), il mio posto è dietro a quelli di moglie e figlia, e di fianco a me siede una giovane e simpatica signora di Miami, con una gran voglia di chiacchierare. Mia moglie, davanti, mostra il suo carattere siciliano super-geloso: non interviene nella conversazione, e si limita a lanciarmi occhiate da incenerirmi. Finalmente decolliamo: e anche questa è finita.
Ultim’ora: negli Stati Uniti è più che normale pagare il conto al ristorante con la carta di credito. Vi portano una specie di cartelletta con il conto e una tasca proprio per inserire la carta di credito, poi la portano via per ‘strisciarla’ e ve la riportano indietro con l’importo iniziale e lo spazio per aggiungere la mancia (di solito tra il 15% e il 20%). C’è quindi un lasso di tempo in cui non avete più sott’occhio la vostra carta di credito.
A distanza di mesi, ieri mi ha chiamato American Express per informarmi che qualcuno aveva cercato di usare la mia carta in una farmacia e in un hotel in Florida – in conseguenza di questo tentativo di frode mi hanno bloccato la carta, ma dato che è stato un tentativo con ‘strisciata’ è evidente che la mia carta è stata clonata. Il suggerimento che do quindi è: non perdete mai di vista la carta di credito…