Madagascar, la Route du Sud
Indice dei contenuti
Volo aerei Abbiamo trovato un volo Air France da Bologna, con scalo a Parigi, a 1.006 euro a testa, un vero affare! Dall’Italia abbiamo prenotato anche il volo interno con Air Madagascar da Tuléar ad Antananarivo, € 215 a testa. Prendendolo direttamente in Madagascar avremmo risparmiato un 30% ma essendo alta stagione avremmo corso il rischio di non trovare posto.
Noleggio auto Dopo molte indecisioni, abbiamo deciso di noleggiare una macchina, perché girando in taxi brousse, gli scassati e simpatici pulmini che vengono usati in prevalenza dalla gente del posto, stipati fino all’inverosimile di gente e di bagagli, non avremmo potuto raggiungere alcune delle mete che volevamo includere nel nostro itinerario ma anche perché abbiamo letto di qualche problema sicurezza nel paese. A dire il vero abbiamo poi incontrato diversi turisti che hanno scelto il taxi brousse e non hanno avuto alcuna difficoltà. Abbiamo noleggiato la macchina con Tanya Tours (www.tanya-tours.com), € 35 al giorno, con autista. Inizialmente avevamo cercato una vettura senza autista, ma i prezzi diventavano più alti, oppure si rischiava di avere una macchina in pessime condizioni e alla fine abbiamo deciso di adeguarci a questa prassi malgascia. In questo modo abbiamo potuto lasciare la macchina a Tuléar e tornare in aereo dopo essere stati ad Anakao. Per chi volesse evitare l’agenzia ci sentiamo di consigliare caldamente il nostro chauffeur, Harison, un ragazzo giovane, molto professionale, che parla perfettamente francese e inglese (harinatane@yahoo.fr, +261 324010210).
Vaccinazioni e medicine Eravamo già vaccinati contro epatite A e B, tetano, febbre gialla. Abbiamo deciso per scrupolo di fare la profilassi antimalarica con il Lariam, anche se il nostro itinerario e la stagione non erano ad alto rischio (e infatti abbiamo trovato poche zanzare, solo a Tana, all’Isalo e a Tuléar). Abbiamo portato con noi una fornita farmacia da viaggio, che comprendeva antibiotici ad ampio spettro, antiinfiammatori, disinfettante, cerotti, antidiarroici, pomate contro le punture di insetti. Se si prevede di fare trekking consigliamo di portare anche del ghiaccio secco, nel caso di cadute e di contusioni (in molte zone del Madagascar non c’è l’elettricità, figuriamoci il ghiaccio).
Carte di credito e bancomat In Madagascar è difficile trovare bancomat e locali che accettino Mastercard, meglio avere con sé una carta Visa. Tenete presente che le banche si trovano solo nelle città più grandi e che c’è il limite di prelievo di 400.000 Ar per operazione.
Sicurezza La situazione politica in Madagascar non è ancora stabile dopo il colpo di stato del 2009. Da allora, complice anche il crollo iniziale del turismo, la povertà è aumentata, così come la corruzione. Di conseguenza, ci sono zone del paese che sono a più rischio, a livello di sicurezza, soprattutto quelle più interne e più povere e le grandi città. In generale, dopo il tramonto, vista anche la quasi totale assenza di illuminazione pubblica, è meglio evitare di girare a piedi da soli, soprattutto se si hanno con sé zaini o macchine fotografiche vistose. Noi, comunque, non abbiamo avuto assolutamente nessun tipo di problema.
Diario di viaggio 4 luglio – Antananarivo
Arriviamo ad Antananarivo alle 22.30 e passiamo la notte al Manoir Rouge, a Ivato, vicinissimo all’aeroporto (57.000 Ar per la stanza). Ci vengono a prendere gratuitamente all’aeroporto. È un bel hotel, molto comodo per chi vuole restare nei dintorni dell’aeroporto.
5 luglio – da Antananarivo a Ambositra
Alle 8 viene a prenderci in albergo Harison, il nostro chauffeur, che ci accompagna in agenzia per sbrigare le pratiche del noleggio dell’auto. Alle 10 si parte. Lasciamo Antananarivo e imbocchiamo la famosa RN7. La prima parte del tragitto, da Tana a Fianarantsoa, attraversa la regione degli altopiani centrali, la regione dei Merina, i discendenti degli antichi re del Madagascar, e dei Betsileo. Il paesaggio è stupendo, dominato dal verde brillante delle risaie e dal rosso della terra con cui sono costruite le piccole capanne dei villaggi. È a questa terra che deve il suo soprannome l’“isola rossa”. Passata Fianarantsoa, il paesaggio si farà via via più desertico e montuoso preannunciando il massiccio montuoso dell’Andringitra, per trasformarsi poi, dopo Ihosy, in arida steppa simile a savana e in foresta spinosa, popolata di varie specie di baobab. Sono queste le terre dei Bara, i pastori, tradizionalmente nomadi, famosi per essere abili ladri di zebù, e dei Sakalava, diffusi in tutto il sud ovest del Madagascar. Ci fermiamo a pranzo un po’ prima di Antsirabe, in un ristorante lungo la strada, Au randez-vous des pecheurs, dove proviamo il nostro primo, ottimo, filetto di zebù. Nel pomeriggio visitiamo rapidamente Antsirabe coi suoi laboratori artigianali e le vie coloniali attraversate da decine di colorati pousse-pousse, versione locale dei risciò. Nota per le sue acque termali, oggi Antsirabe ha un fascino un po’ decadente da ex città coloniale. Raggiungiamo Ambositra poco prima del calar del sole. Ci fermiamo al Motel Violette, dove spendiamo 32.000 Ar per una doppia un po’ trasandata, vista risaie (i bungalow dall’altra parte della strada sono decisamente più curati). Cena al Motel, molto deludente (visto soprattutto come lo decantava la Lonely Planet).
6 luglio – da Ambositra a Antoetra
Colazione al Motel Violette e visita della città di Ambositra, molto animata perché è sabato, giorno di mercato. Non compriamo nulla però nelle botteghe artigianali, perché ci sembra tutto troppo turistico. In effetti è così, ma ci ritroveremo poi per acquistare le stesse cose a Tana alla fine del viaggio! Proseguiamo per Antoetra e ci fermiamo per la notte in un bellissimo eco-lodge gestito da una coppia di francesi, Sous le soleil de Mada, dove spendiamo 118 euro per la notte + la cena e il trekking di 2 giorni nei villaggi Zafimaniry. Nel pomeriggio assistiamo a un famadihana, che si svolge su una collina vicino al nostro albergo. Il famadihana, o retournement des morts, è una grande e gioiosa festa di esumazione e di risepoltura dei defunti, che si celebra in questo periodo dell’anno e comporta un ingente esborso per le famiglie che partecipano. Cena con gli altri ospiti del lodge, tutti insieme su un unico tavolo.
7 luglio – villaggi Zafimaniry
Partiamo per il trekking nei villaggi Zafimaniry, che si rivelerà una delle esperienze più belle di tutto il viaggio. Arriviamo in macchina ad Antoetra, dove incontriamo la nostra guida, con cui partiamo in direzione di Falarivo e Ambohimanarivo, per arrivare infine a Sakaivo. Il paesaggio è bellissimo. I villaggi, con le loro case e i granai in legno decorato, costruiti senza usare chiodi, sono stati dichiarati dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità. Passare la notte a Sakaivo, senza elettricità, senza bagni, senza acqua corrente è come fare un tuffo nel passato. Ceniamo a lume di candela alle 18.30. Alle 20 tutto il villaggio dorme.
8 luglio – da Antoetra a Fianarantsoa
Ritorniamo ad Antoetra. Il percorso è piuttosto faticoso: 550 m di dislivello da fare tutti nella prima ora di cammino, con un tasso di umidità piuttosto elevato. Nel percorso verso la capitale Zafimaniry vediamo molti abitanti del villaggio che piantano piccoli eucalipti e la guida ci spiega che si tratta di progetto di rimboschimento coordinato dal capo villaggio, che mira a reintegrare le sempre più scarse risorse della foresta secondaria. Ad Antoetra troviamo Harison che ci aspetta in macchina e partiamo alla volta di Fianarantsoa, fermandoci in un hotely lungo la strada per mangiare qualcosa. A Fianar facciamo il pieno e prenotiamo 2 posti sul famoso treno FCE (Fianarantsoa-Cote Est) per il giorno successivo. Passiamo la notte all’Hotel Cotsoyannis (Ar 51.500), stanza semplice e silenziosa, pulizia non impeccabile, ma wi-fi gratuito e ottimo ristorante. 9 luglio – Ranomafana Colazione all’alba e via, in stazione, dove ci dicono che il treno non partirà fino al pomeriggio. Decidiamo di cambiare programma e andare in macchina a Ranomafana. In poco più di un’ora siamo all’ingresso del parco. Scegliamo di fare il giro più lungo, di circa 6 ore, che prevede il passaggio nella foresta primaria. Nella prima parte del percorso, che si snoda all’interno della foresta secondaria, c’è infatti moltissima gente, anche gruppi. Nonostante ciò riusciamo a vedere diversi lemuri: il piccolo lemure del bamboo, il lemure dalla fronte rossa, il lemure dorato, il lemure dal ventre rosso e il sifaka. Nella foresta primaria, che si differenzia per il tipo di vegetazione, è più difficile avvistare i lemuri, perché gli alberi sono molto alti, ma c’è il vantaggio di potersi allontanare dalle zone più battute dai turisti. Spediamo 25.000 Ar a testa per l’ingresso, più 75.000 per la guida. Le tariffe delle guide, piuttosto alte in tutti i parchi del Madagascar, sono valide per gruppi da 1 a 4 persone. Se c’è la possibilità converrebbe accordarsi con altri turisti per fare un gruppetto da 4, in modo da dividere la spesa. Alle 17.30 partecipiamo ad una visita notturna, che si svolge non all’interno del parco, ma lungo la strada nei pressi dell’ingresso. Avvistiamo il piccolo microcebio, attirato con delle banane spalmate sui rami degli alberi ai limiti della foresta, e diversi camaleonti. Nel complesso siamo un po’ delusi da questa visita, ma è anche vero che non ci sono molte cose da fare a Ranomafana la sera! Dormiamo all’Hotel Mania (50.000 Ar), in un bel bungalow, carino, pulito con una bella vista. La cena in hotel, prenotata nel pomeriggio, è forse la peggiore del viaggio.
10 luglio – da Ranomafana a Manakara
Facciamo colazione in paese e partiamo per Manakara. A differenza di quanto sembra nella mappa della Lonely Planet, la strada è asfaltata e in buono stato. In meno di 4 ore siamo arrivati. Ci sistemiamo all’hotel Lac Vert, in un bel bungalow (50.000 Ar). Visitiamo Manakara Be, stretta fra il mare e il Canal des Pangalanes, con i suoi larghi viali e i suoi begli edifici erosi dalla salsedine, che le conferiscono un’aria malinconica da stazione balneare in abbandono. Il ponte che collega le due parti della città è crollato nel 2012, sotto il peso di un camion merci che non avrebbe dovuto passare da lì… La sera ceniamo da Chez Clo, un ristorante cinese con una decina di tavoli in tutto. L’aspetto non è per nulla invitante: non c’è nessuno, le tovaglie sui tavoli sono sporchissime, ma a sorpresa il cibo è ottimo ed economico.
11 luglio – Manakara
Visitiamo il Canal des Pangalanes con Patrice, simpatica guida, molto preparata, che non smetterebbe mai di raccontare aneddoti e particolari sulla vita del Madagascar. È uno dei pochi che porta i clienti al Trou du Commisaire, dove è possibile fare il bagno in mare e si può mangiare al riparo di alcune tettoie. Il tour prevede la visita di un villaggio di pescatori, di una piccola piantagione di vaniglia e di una distilleria artigianale di oli essenziali. Il pranzo, a base di pesce e aragosta, è ottimo. Spendiamo 50.000 Ar a testa. Purtroppo il tempo non ci assiste e a metà giornata comincia a diluviare, ma la piroga è coperta e il percorso è comunque molto interessante. Cena in albergo perché Chez Clo è chiuso.
12 luglio – da Manakara a Fianarantsoa
Riproviamo a prendere il treno FCE, in direzione contraria, da Manakara a Fianarantsoa. Questa volta sembra che il treno voglia partire. Prendiamo un biglietto di prima classe, 40.000 Ar con la prenotazione obbligatoria per i turisti. Anche in prima classe c’è parecchia gente (e anche qualche volatile) e oltre a noi ci sono altri 3 stranieri, francesi. Il paesaggio che si gode dal treno è spettacolare: le rotaie, costruite negli anni ’30, attraversano 67 ponti e 48 gallerie, facendosi strada attraverso piantagioni di banane, fiumi, colline ricoperte da una fitta vegetazione. Ad ogni fermata si ripete lo stesso, colorato e caotico rituale: decine di donne e di ragazzini si affollano intorno al treno per vendere ai passeggeri le loro mercanzie. Ogni stazione ha la sua specialità: scope, banane, frittelle, noccioline, spezie… Purtroppo il treno non è più molto affidabile, i guasti sono frequenti e le fermate per caricare merci possono essere molto lunghe. È difficile prevedere a che ora arriverà a destinazione e difatti noi arriviamo a Fianarantsoa alle 3 del mattino. 20 ore per nemmeno 170 km di viaggio! Torniamo a dormire al Cotsoyannis, che è poco distante dalla stazione.
13 luglio – Fianarantsoa
Colazione con calma in hotel, poi ci concediamo un paio di ore di internet prima di andare verso la piantagione di tè di Sahambavy. Purtroppo però è sabato e la piantagione si può visitare solo fino alle 9 del mattino. Torniamo delusi a Fianar e andiamo in auto al belvedere, dove veniamo assediati da un numeroso gruppo di bambini che cercano di vendere delle cartoline e di farsi dare un po’ di soldi. Parlano anche italiano e sono veramente insistenti! Nel pomeriggio passeggiamo un po’ per la haute ville, che con le sue vie acciottolate e tranquille e le sue tante chiese è la cosa più vicina al nostro concetto di centro storico che abbiamo incontrato in Madagascar. Pensavamo di essere raggiunti anche qui dai bambini, invece no, nessuno fa caso a noi. Torniamo a piedi verso l’albergo, con sosta in banca per prelevare un po’ di soldi, dal momento che ad Ambalavao non siamo sicuri di trovare un bancomat funzionante. Ci fermiamo poi Chez Ninie per una birra nel bel terrazzino interno. Per cena andiamo, su consiglio di Harison, alla Petite Bouffe, locale molto frequentato dalla gente del posto, con specialità cinesi, poco distante dal nostro hotel. Mangiamo bene ma alle 20 ci accorgiamo di essere gli unici clienti rimasti e che i camerieri stanno chiudendo!
14 luglio – Ambalavao
Partiamo per Ambalavao, circa 50 km a sud di Fianarantsoa. Poco dopo aver lasciato la città il paesaggio comincia a cambiare, diventando più brullo e si intravede, in lontananza, il massiccio dell’Andringitra. Appena arrivati andiamo alla riserva d’Anja, a 7 km dal paese. La Réserve d’Anja è una riserva privata, gestita dalla comunità locale, che cerca di promuovere il turismo e l’occupazione nella regione. A onor del vero bisogna dire che la guida che ci accompagna parla a stento un po’ di francese e di inglese, ma riusciamo comunque a capirci. Facciamo il tour di 4 ore, che prevede l’osservazione dei lemuri e dei camaleonti, delle piante medicinali, di alcune grotte, delle tombe e l’arrivo in un punto panoramico. Qui, a differenza del parco di Ranomafana, qui si trova solo una specie di lemuri, i lemuri catta, quelli con la coda ad anelli bianchi e neri, e sono abituati alla presenza dell’uomo, per cui si lasciano avvicinare tranquillamente. Il momento migliore per vederli, ci dicono, è la mattina presto o il pomeriggio quando scendono dagli alberi per andare ad abbeverarsi. In effetti in tarda mattinata, quando cominciamo il giro, sono tutti appollaiati sugli alberi a fare la siesta e solo alla fine del percorso riusciamo a vederli bene e a fotografarli mentre ci attraversano la strada, vicinissimi. Spendiamo 10.000 Ar a testa per l’ingresso, più 48.000 Ar per la guida. Nel pomeriggio visitiamo la fabbrica di seta selvatica, un piccolo stabilimento dove si può assistere a tutte le fasi della lavorazione artigianale della seta, sia quella ottenuta da bachi coltivati che quella ottenuta da bachi selvatici, e facciamo qualche acquisto. Poi passeggiamo un po’ per la città, che ci sembra molto animata, visitiamo il mercato e ci fermiamo a vedere alcuni ragazzi che giocano a pétanque, lo sport nazionale, simile alle nostre bocce.
15 luglio – da Ambalavao a Ranohira
Facciamo colazione con calma e andiamo a visitare la fabbrica della carta Antaimoro, presso l’Hotel des Bouganvillées, dove si possono vedere al lavoro le artigiane che producono questo particolare tipo di carta, ottenuta dalla corteccia di un cespuglio locale, e decorata con fiori freschi raccolti direttamente nel giardino del laboratorio. Dopo la visita partiamo per Ranohira. Il paesaggio è sempre più desertico e assolato man mano che ci si allontana da Ambalavao. Lungo la strada incontriamo molte mandrie di zebù che si dirigono verso nord, verso la capitale. Alcune faranno tutta la strada a piedi, impiegando 5 settimane per arrivare ad Antananarivo, altre invece si fermeranno ad Ambalavao, dove c’è il più grande mercato di zebù di tutto il paese, ogni mercoledì e giovedì mattina. Presto ci lasciamo alle spalle le montagne dell’Andringitra e, passata la caotica Ihosy, ci addentriamo nell’altopiano di Morombé, una distesa assolata di aridi cespugli, senza alberi, senza fiumi, senza vita, a perdita d’occhio.
Dopo circa 4 ore arriviamo a Ranohira e ci si innalza davanti, maestoso, il massiccio dell’Isalo, modellato dal vento. Ci sistemiamo per la notte a Chez Alice in un simpatico bungalow in stile africano, proprio di fronte all’Isalo, per 34.000 Ar a notte. Nel pomeriggio andiamo alla sede del parco per decidere il percorso da fare nei 2 giorni successivi e ingaggiare una guida che parli italiano. Il parco dell’Isalo, il più visitato del Madagascar, è tutto tranne che economico e ai costi d’ingresso e della guida occorre aggiungere quelli dei trasporti per arrivare all’inizio dei sentieri. In alcuni casi infatti occorre un fuoristrada, o un mezzo abbastanza vecchio da non temere nulla Decidiamo di non dormire all’interno del parco, perché non abbiamo attrezzatura da campeggio e perché ci costerebbe più che rimanere nel nostro bungalow. Il primo giorno faremo il percorso classico, quello che fanno tutti i turisti che si fermano una sola giornata e che comprende la Piscina naturale e Namaza, il sentiero che porta alla cascata delle Ninfe. Il secondo giorno visiteremo i canyon. Spesa totale, 37.000 Ar a testa di ingresso per 2 giorni, più 113.000 Ar per la guida il primo giorno e 60.000 il secondo.
16 luglio – Parco dell’Isalo
Primo giorno di trekking nel Parco dell’Isalo. Riusciamo, un po’ faticosamente, ad arrivare all’inizio del sentiero con la nostra macchina, poi si comincia a salire a piedi sul massiccio. Il panorama dall’alto è bellissimo. Proseguiamo verso la piscina naturale, dove facciamo un tuffo nonostante l’acqua sia gelata, poi proseguiamo verso la Cascata delle Ninfe. Nel percorso vediamo 3 tipi di lemuri, compreso il bianco sifaka, più difficile da avvistare. Con il lemure fulvo e con il catta abbiamo invece un incontro fin troppo ravvicinato durante la sosta per il pranzo. Meglio evitare di mangiare banane! Nel complesso siamo molto soddisfatti del primo giorno nel parco, i panorami sono stati davvero magnifici. Ci godiamo il tramonto sul massiccio dal terrazzo del bungalow poi decidiamo di uscire per cena e andiamo allo Zebù Grillé, che però si rivela una pessima scelta.
17 luglio – Parco dell’Isalo e Tuléar
Secondo giorno di trekking. Visitiamo il Canyon dei Topi e il Canyon dei Makis. Per raggiungere il vecchio villaggio di Ranohira, alla base dei canyon, dobbiamo prendere un altro mezzo perché la nostra macchina non può arrivarci. Il fuoristrada proposto dal parco costa 60.000 Ar. Riusciamo però a trovare un taxi scassato che ci porta per 40.000 Ar. Cominciamo ad addentrarci nel Canyon dei Topi ma dopo poco dobbiamo tornare indietro perché la strada è diventata inaccessibile dopo le ultime frane. L’unico Canyon che si può percorrere è quello dei Makis, ma nessuno ce l’aveva detto prima. È vero che sono praticamente identici, ma per correttezza avremmo preferito saperlo… Anche se secondo la Lonely Planet i canyon dell’Isalo non hanno nulla da invidiare a quelli dell’Arizona, a nostro parere il secondo giorno di trekking si può tranquillamente evitare. Rientriamo a mezzogiorno e partiamo subito per Tuléar dove arriviamo dopo circa 4 ore. Subito dopo Ranohira attraversiamo il villaggio di Ilakaka. Divenuta famosa per il commercio di zaffiri, dopo la scoperta di un giacimento nelle vicinanze, Ilakaka potrebbe tranquillamente trovarsi nel far west americano. Su consiglio di Harison non ci fermiamo però a visitare la miniera della Color Line, che a suo dire non ha nulla a che vedere con il nostro concetto di miniera ed è solo un buco scavato a mano dai minatori (l’ingresso costa 20.000 Ar). Proseguendo la strada verso Tuléar incontriamo anche parecchi baobab e diversi campi di cotone, che ci fermiamo a fotografare. Una volta arrivati in città ci sistemiamo da Chez Lala (21.000 Ar) e andiamo a prendere un aperitivo al Bo Beach, poi cena al Corto Maltese per festeggiare l’ultima sera in compagnia di Harison.
18-23 luglio – Anakao
Prendiamo la barca per Anakao, dopo essere passati in banca e a fare l’ultimo pieno di benzina. Il trasferimento via mare per Anakao viene fatto da 2 compagnie, l’Anakao Express, indipendente, e il Trasfert Anakao, di proprietà di un hotel, che serve però anche gli altri alberghi. Il costo è lo stesso, 80.000 Ar a testa, andata e ritorno. Prima di partire è inevitabile scegliere la struttura a cui farsi lasciare perché alcuni hotel sono molto lontani e raggiungibili solo via mare o camminando sulla spiaggia. Noi ci facciamo lasciare all’Auberge Peter Pan, senza aver prenotato, ma avendo solo parlato telefonicamente col proprietario, Dario, che ci ha detto di avere molti bungalow liberi (l’alta stagione deve ancora cominciare). Con Chez Emile, che però non ha bungalow sulla spiaggia, il Peter Pan è l’unico hotel all’interno del villaggio, con i suoi pro e i suoi contro. Si possono vedere i pescatori che partono al mattino o che riparano le piroghe sulla spiaggia, ma si deve fare anche i conti con l’abitudine degli abitanti di usare le spiaggia come toilette. In ogni caso, qui l’atmosfera è molto vivace e si mangia davvero bene! Anche la pizza, con mozzarella di zebù, cotta nel forno a legna, è ottima. Siamo così soddisfatti della scelta che decidiamo di fermarci 6 giorni e di non andare anche a Ifaty, come avevamo inizialmente pensato. I primi 2 giorni c’è un vento così forte che facciamo fatica a stare in spiaggia. Ne approfittiamo per riposarci un po’ e per fare grandi letture (grazie alla piccola biblioteca che Dario e Valerio mettono a disposizione dei loro ospiti). Nei giorni successivi il vento si ferma e riusciamo a fare qualche escursione con la piroga a motore: visitiamo la vicina isola di Nosy Ve, che ospita una rara colonia di fetonti, e andiamo a vedere le balene che da luglio a settembre attraversano il canale del Mozambico. Un’emozione incredibile. Meno entusiasmante lo snorkeling, che si può fare nei pressi del reef, vicino all’isola, reso difficoltoso dalla marea e dalle forti correnti. Sicuramente da queste parti è meglio fare immersioni.
24 luglio – da Tuléar ad Antananarivo
Torniamo a Tuléar e prendiamo un taxi per l’aeroporto (20.000 Ar). Il nostro volo per Antananarivo è puntuale e arriviamo a Tana alle 12.30. Prendiamo un taxi per il centre ville (35.000 Ar) e ci facciamo lasciare all’Hotel Sakamanga, che avevamo già prenotato. L’Hotel è molto bello, labirintico, pieno di opere d’arte e oggetti legati alla storia del paese. La stanza non è molto spaziosa, considerato il costo (30 euro), ma è graziosa e pulita. Pranziamo alla Creperie Bretonne Le Phare ed esploriamo i dintorni. Per cena andiamo all’Hotel coreano Arirang, che si trova in fondo alla via del Sakamanga. Dall’esterno non ispira molta fiducia, ma all’interno si scopre un ristorante in piena regola. Mangiamo molto bene e spendiamo 56.000 Ar.
25 luglio – Antananarivo
Passiamo la nostra ultima giornata in Madagascar a vagare per i mercati di Antananarivo, che si susseguono senza quasi soluzione di continuità tra le vie caotiche della città. Andiamo anche al Marché de la Digue, il mercato più turistico, dove ci sono solo bancarelle di souvenir. Qui si può trovare di tutto: oggetti in legno, in rafia, la carta Antaimoro, la seta souvage, la vaniglia. Concludiamo la giornata passeggiando fino alla città alta dove si trova il Palazzo della Regina e c’è un bellissimo panorama. Ceniamo, benissimo, al ristorante del Sakamanga, e prendiamo un taxi per l’aeroporto.
Veloma Madagascar!