Roatan e Cayos Cochinos
Premessa. Pianificando il viaggio con una decina di giorni scarsi dalla partenza, in questo caso specifico, conveniva acquistare un pacchetto già pronto rispetto al fai da me. Dove? In Honduras, presso l’isola di Roatan, con la formula Roulette. Ciò significava non sapere, fino al giorno prima della partenza, né il nome della struttura prenotata (Media Luna Resort & Spa o Henry Morgan) né la compagnia aerea e gli orari del volo charter (Neos, Blue Panorama o Air Italy-Meridiana Fly). Le certezze, comprese nella quota di € 990 a persona, erano le spese di gestione pratica, l’assicurazione medico-bagaglio, le tasse aeroportuali, l’adeguamento carburante, i trasferimenti da e per l’aeroporto di arrivo, il trattamento di all Inclusive per 9 giorni/7 notti.
Una scocciatura, per noi romani, la partenza e il rientro da Milano Malpensa.
Lo stesso identico spiccicato pacchetto finito veniva offerto da kawamaviaggi.com (€ 1.150 x pax), da jollyrogertour.it (il tour operator dal quale comprano tutte le agenzie che stracciava il prezzo a loro e lo aveva più alto per noi privati: € 1.080 x pax), da lastminute.com (€ 1.037,50 x pax), da borsaviaggi.it (€ 1.024 x pax), da caesartour.it (€ 1.015 x pax) e da genovagando.it (preventivo iniziale di € 1.090 x pax e, contrattando un po’, di € 990 x pax). A quest’ultimo, per il competitivo prezzo, per la correttezza e professionalità del dir. Commerciale, sig. Gianmarco, il bonifico bancario. L’agente, nel corso di una telefonata, ci “spifferava” che la storia della formula roulette era tutta una “montatura” per vendere, a prezzi più bassi, il Media Luna, Resort che in quella settimana era semivuoto. Facendo una simulazione su booking, i prezzi delle camere, tra le più belle e confortevoli, andavano dagli € 63 agli € 298 al giorno in formula all inclusive. Però!
Giovedì 29 agosto. Partiamo da Roma Tiburtina con l’intercity notturno Salerno-Torino affollato di vacanzieri e lavoratori stagionali (€ 48 a persona). L’aria condizionata è fortissima e condividiamo lo scompartimento con altri quattro ragazzi che, non si sa come, riescono a dormire come angioletti. La scelta di viaggiare di notte è per non prendere un giorno di ferie in più, non pagare una notte in hotel a Milano (l’unico albergo vicino l’aeroporto è lo Sheraton, B&B € 95 la stanza) e perché le compagnie low cost sotto data sono high cost (per di più molte arrivano a Linate e a Orio al Serio) e i treni (Italo e Freccia Rossa) hanno i prezzi ancor più alti.
Venerdì 30 agosto. Puntualissimo l’arrivo alla stazione di Milano Porta Garibaldi, un biglietto di € 10 a persona per il Malpensa Shuttle (www.trenord.it) e alle 8,30 siamo in aeroporto. Poco prima del check-in presso il banco Air Italy – dalle 9,30 in poi – un addetto della Jolly Roger tour conferma i fogli di convocazione. Ultima colazione italiana con cappuccino Illy a € 1,60 e finalmente si parte.
I posti vicino le uscite di sicurezza, un po’ più spaziosi, che chiediamo sempre per l’altezza del mio boy, costano € 65 l’uno in più, ma la scelta di non sborsare altri soldi è azzeccatissima! L’aereo è semivuoto e ci si può spostare dai posti 12GH assegnati occupando liberamente file da quattro. Le ore di volo saranno 10. Dopo la prima servono il pranzo (ravioli ricotta e spinaci con crema di funghi, focaccia prosciutto cotto e formaggio, bottoncino con prosciutto crudo, insalatina di mais e dolcetto all’albicocca), a metà viaggio uno snack (tarallucci) e prima dell’arrivo panino e biscottini. Proiettano quattro film, tutti in italiano. Veramente divertente Parental guidance e non male The lucky one, già visti La mia vita è uno zoo con Matt Damon e quello con Clint Eastwood. Si cerca di dormicchiare un po’, si scambiano due chiacchiere con hostess e steward, si legge la rivista di bordo e si comincia il libro E l’eco rispose di Husseini.
Puntualissimo l’atterraggio a Roatan dove sono le 16,30 mentre in Italia è passata la mezzanotte. Il fuso orario è di 8 ore in meno rispetto al nostro paese.
L’aria è calda, umida, è un po’ coperto, ma lo immaginavamo, speriamo solo non piova… troppo. Siamo una trentina di persone, quasi tutte dirette al Media Luna Resort & Spa (www.hmresorts.com).
All’uscita del piccolo aeroporto ci aspetta un ragazzo dell’hotel mentre un italianissimo venditore di escursioni distribuisce il suo volantino intrattenendoci e pubblicizzando due tours in catamarano (Roatan e Cayos Cochinos). Si chiama Ruggero Leonardi, ma sulla maglietta bianca e la piccola brochure si propone come Roger’s cat-cruises (www.rogercatcruises.com). E’ molto intraprendente e sul piccolo depliant invita a leggere recensioni e informazioni sul suo conto. Noi lo avevamo già fatto e lo terremo sicuramente presente dopo esserci un po’ guardati in giro.
Il pulmino ci porterà a destinazione in una ventina di minuti di sali e scendi su strade asfaltate e sterrate che tagliano una rigogliosissima e verdeggiantissima natura. Scorgiamo qualche fatiscente paesino mentre cala già il buio e sono appena le 17,30.
L’accoglienza è cordiale e gustosa grazie a un dolce e dissetante frullato di banana, anguria e ananas.
Qualche formalità per il check-in e finalmente ci sistemiamo nello spaziosissimo bungalow n. 111 arredato da armadi a muro e un grande letto a baldacchino. In camera ci sono: aria condizionata, pala ventilatore, tv satellitare, cassetta di sicurezza, frigo (all’interno del quale due bottigliette d’acqua liscia desalinizzata da riempire, una volta bevute, nei dispenser sparsi per il villaggio) e nel bagno l’asciugacapelli, qualche campioncino di shampoo-balsamo, una saponetta e un paio di asciugamani puliti ma un po’ grigi. Sul bel terrazzino in legno, che si affaccia sul curatissimo giardino (quante belle e coloratissime piante di ibisco!), un tavolino, due sedie, una pala ventilatore, un’amaca e tanta pace!
Un’avvertenza di poco rilievo: dalle 4 alle 4,30 e dalle 16 alle 17 ogni giorno ci saranno interruzioni di corrente.
Una doccia, un po’ di relax e alle 20 siamo davanti l’abbondante menu a buffet internazionale e nostrano che accontenta tutti i palati. Scegliamo un tavolino fronte baia nel ristorante anfiteatro e ci serviamo più volte mentre gentilissimi camerieri passano per sparecchiare o portarci qualcosa da bere. Opto per squisite porzioni di una cernia enorme, riso, vegetali locali (la pataste è una sorta di zucchinona) e tanta frutta tropicale (avocado, papaya, ananas, banane, ma anche cocomero, pompelmo e arancia). La zona per i già nostalgici offre pasta, pizza, maiale, pollo e tanti contorni caldi e freddi.
Belli satolli facciamo una passeggiatina perlustrativa. La spiaggia privata è piccolina, attrezzata con lettini (i teli da mare ci verranno dati domani mattina) e si trova su Half Moon Bay. Bella grande la piscina all’aperto per adulti e bimbi, c’è n’è una idromassaggio e sempre utile la connessione wi-fi gratuita nelle aree comuni. Per gli sportivi una saletta con qualche attrezzo fitness, per gli amanti dello shopping un negozietto e per chi si vuole concedere una coccola una spa Maya per massaggi e manicure.
Pare ci sia anche un minimo di animazione, non stasera ed estremamente soft durante la settimana.
La stanchezza si fa sentire e alle 22, dopo aver osservato delle gigantesche farfalle nere a pois verdi che nuotano sott’acqua, file disciplinate di formiche giganti color ruggine intente a trasportare grossi pezzi di foglie, pipistrelli che riposano dentro le abat-jour, iguane furtive… andiamo a nanna.
Sabato 31 agosto. La prima colazione è un tripudio di bontà per tutti i gusti. Almeno quattro tipi di dolci (cornetti, ciambelle…), pane da tostare o già tostato e spolverato di cannella su cui spalmare diverse marmellate, miele o cioccolato, frutta fresca, cereali, uova in tutte le cotture e per chi preferisce la colazione internazionale… pancake, waffle con sciroppo di acero, wurstel, platano fritto, fagioli e molto altro. Caffè espresso bevibile, cappuccino molto buono, latte freddo o caldo, tea, succhi di frutta… Facciamo il pieno di energie e siamo pronti per il briefing. Il responsabile della Jolly Roger tour presenta se stesso e le tre persone dell’animazione, una delle quali illustra le escursioni che verranno organizzate in settimana: il giro dell’isola ($ 69 a persona), la possibilità di andare sulla spiaggia di Palm Beach con pranzo al sacco ($ 15 a persona), di essere accompagnati con $ 5 a persona nel noto ristorante Gio’s a mangiare granchi, aragoste… (circa $ 50 a coppia).
E’ poi il turno dello staff del centro subacqueo Aqua Adventures, tutta un’altra gestione, che propone: una gita all’Istituto di biologia marina dove si può avere un incontro più che ravvicinato con una ventina di delfini ($ 100 più $ 35 a persona per nuotare una mezz’oretta con loro nella Antony’s Key; un’escursione all’isola di Barbareta ($ 140 a persona) comprensiva di pranzo con aragosta e una giornata alle Cayos Cochinos ($ 150 a persona), le informazioni, per questa gita, le danno direttamente al banco. Volendo si può noleggiare l’attrezzatura per lo snorkeling e il tutto può esser saldato in moneta locale (lempiras: 20 ogni $), in euro, in dollari o con carta di credito, ma in questo caso il prezzo sarà maggiorato del 12%.
E’ ora di spalmare ben bene la crema solare protezione 50+ perché il sole è veramente cocente. Neanche il tempo di arrivare sulla spiaggetta e subito veniamo punti dai sand flies, insetti più piccoli di moscerini che lasciano macchiette rosse e piatte le quali, magari non subito, ma dopo qualche ora o giorno, cominciano a prudere. Sembriamo avere la peste bubbonica, la varicella… e sulla pelle ancora chiara si notano ancor di più le punture! Ci guardiamo in giro e vediamo che non è stato risparmiato nessuno. Il consiglio dei ragazzi del villaggio è di passare dell’olio Johnson’s sopra la crema protettiva, mentre il mio è di stare ammollo nella calda e cristallina acqua del mare il più possibile!
In alcuni tratti ci sono dei sassolini, dei pezzetti di corallo e visibilissimi sono almeno cinque specie di pesciolini, alcuni incuriositi dai nostri piedi.
A metà mattinata una bruschettina e un cocktail (frullato con o senza rum) ci vengono serviti in spiaggia e alle 12,30, quando il sole diventa insopportabile, ne approfittiamo per una doccia e per ritrovarci, dopo un’oretta, davanti al buffet che offre sempre tanti piatti tra cui almeno quattro tipi di dessert.
Il pomeriggio trascorre tra una partita a pallavolo e una canoata/kayakata.
Il villaggio è quasi deserto. Siamo arrivati in 32, più qualche altro ospite che già c’era… e considerando che il villaggio può contenere credo fino a massimo 250 persone (ha 126 cabanas)… ce lo godiamo alla grande. Qualora fosse stato pieno o anche mezzo pieno, però, lo spazio forse sarebbe stato un po’ risicato. Ci troviamo in una gabbia dorata che diventa un angolo di Paradiso solo se si è in pochi, anche perché non vi è possibilità di spostarsi né via mare (la baia è chiusa da scogliere), né a piedi via terra (siamo in mezzo a una giungla).
Domenica 1° settembre. Questa seconda notte passa, causa fuso orario o troppo silenzio, tra un risveglio e l’altro, ma sarà piacevole rigirarsi tra le lenzuola ascoltando le onde del mare, il cinguettio di un volatile (la colomba dalla corona bianca o gli avvoltoi dai colli rossi o poiane nere), o il verso di qualche animaletto. Fuori la nostra stanza iguane endemiche, basilisco (tra l’iguana e la lucertola, che si muove su due zampe e ha una sorta di cappello), ranocchie, lucertole color smeraldo e un armadillo fanno la guardia.
Domani vorremmo girare un po’ l’isola indipendentemente dalle escursioni proposte dal resort – che ci sembrano un po’ care – e perché preferiamo essere meno condizionati.
Presso la reception ci informiamo sui costi per il noleggio di un motorino ($ 35 al giorno) e per quello di un’auto ($ 55 al giorno).
Chiacchierando con Xavier, il cameriere del bar, scopriamo che è lui il proprietario della macchina a noleggio e la affitterebbe direttamente a noi per $ 40 al giorno senza cauzione e senza contratto.
Veniamo pure a sapere che Christobal, l’elettricista-riparatore di impianti di aria condizionata nell’hotel, fa il tassista, proprio domani ha la giornata libera e il giro dell’isola ce lo fa fare per $ 70 totali, starà con noi tutto il giorno, ci accompagnerà dove vorremo – aspettandoci ogni volta – e, se dovessimo trovare un’altra coppia interessata, potremmo dividere la spesa. Affare fatto!
Prendiamo una cartina alla reception, un simpatico cameriere, Giorgio, che parla un italiano perfetto e ha visitato il nostro paese quattro volte, ci indica e scrive tutti i punti di interesse (oltre a quelli che avevamo segnato già noi leggendo qua e là e prendendo spunto dalle mete dell’escursione) e ci augura buon viaggio!
Per cena il piatto forte è un dentice al forno così grande che ne riesco a fotografare solo la testa, tante le bistecchine di maiale e il resto più o meno simile ai giorni precedenti.
L’animazione di oggi? Coppie di bambini e ragazzi locali che per una mezz’oretta si esibiscono in caratteristici balli honduregni di cui ne viene spiegata prima l’origine. Le femmine indossano lunghi e larghi vestiti colorati, mentre i maschi una camicia bianca, un pantalone nero e un cappello chiaro modello panama. Uno spettacolino breve, piacevole e divertente soprattutto quando invitano a danzare gli altri ospiti del villaggio (noi decliniamo).
Lunedì 2 settembre. Colazioniamo di buon ora e Giorgio ci porta pure della carta stagnola qualora volessimo prepararci dei panini o prendere delle uova, della frutta e fare un pic-nic su qualche spiaggia deserta. Accettiamo l’invito e pensiamo a quando, in altre strutture, ci sono cartelli intimidatori nei confronti di chi porta anche solo una briciola fuori dal ristorante.
Christobal è puntuale e si presenta con una delle due Toyota Matrix che possiede. Ci dice che, oltre a quelle, ha anche una Toyota Corolla acquistate, nel corso di qualche anno (€ 7.000 circa l’una) separatamente dalla licenza il cui costo è solo $ 700. Non sono diesel perché avrebbe dovuto pagare altissime supertasse, ma a benzina, il cui costo per noi è quasi irrisorio: € 1 al litro! Chi le guida? I suoi due fratelli, Mario e Gilbert. Praticamente è un piccolo padroncino che si dà molto da fare visto che, a soli 25 anni, ha già moglie e tre figli (sua solo Christel di due anni).
La parte dell’isola che vorremmo vedere oggi è quella che si chiama propriamente Roatan e la cui capitale è Coxen Hole (covo di Coxen, un famoso pirata).
Prima sosta presso un mirador: praticamente scattiamo un po’ di foto da una collinetta panoramica dove qualche bancarella espone piccoli oggetti d’artigianato e grosse conchiglie (illegali da portare in Italia, si rischia una multa fino a € 1.800).
Seconda sosta presso il parco delle iguane. L’ingresso costa $ 8 a persona, ma quando siamo in biglietteria sbirciamo un po’ all’interno e ci rendiamo conto che non offre un granché di spettacolare per noi che siamo andati alle Galapagos. Sì, ci sono diverse iguane a cui poter dare da mangiare, scimmie, qualche tartaruga, pappagallo in gabbia, galli e gallinelle… ma preferiamo proseguire.
Giorgio ci aveva segnalato il Gumbalimba Park (www.gumbalimbapark.com, $ 30 a persona), dove si poteva praticare anche il canopy tour e visionare una grotta di pirati, ma Cristobal ce ne propone un altro meno costoso e più ricco di animali. Ci fidiamo di quest’ultimo e… non ce ne pentiamo affatto!
Entriamo al Mayan Eden eco-park ($ 10 a persona) dove il sig. José, con tanta passione e in italiano, ci dà varie spiegazioni sia all’interno del farfallario (uova-bruco-baco e 35 specie di mariposa che svolazzano sulle nostre teste) sia in giro qua e là tra gli animali non in gabbia come i colorati colibrì e i tre tipi di scimmie che ci saltellano intorno e dalle quali ci possiamo far abbracciare (urlatrice, dalla faccia bianca o cebo cappuccino e ragno – la quarta specie, quella della notte o leone per la morbidezza e colore del suo pelo o Kopi Luwak per il colore simile al costoso caffè è in gabbia -) e quelli che per sicurezza (alcuni mangerebbero gli altri) sono all’interno di recinti. Tra questi i due serpenti velenosi (uno è il corallo, l’altro color bianco), i cerbiatti dalla coda bianca, il lanosissimo caprone, il lentissimo bradipo, i formichieri uno nero e uno beige con i cuccioli, l’occhialutissimo procione, il grosso topo-coniglio, il topo dalle dimensioni di una gigantesca nutria e che fa il verso del maiale, il gatto che mangia più di un chilo di carne al giorno e che ha più le sembianze di un leopardo, due lunghissimi ara macao (pappagalli dalle piume prevalentemente rosse), due più piccoli verdi smeraldo e i tucani. Alcune riproduzioni di sculture Maya al centro del parco completano la soddisfacente visita di un’ora che consiglio vivamente ad adulti e bambini.
Pit-stop presso un altro mirador, sulla cui collinetta vi è una struttura all’interno della quale solitamente si può andare per mirare entrambe le coste, ma oggi è chiusa per mancanza di turisti (e noi che siamo?).
Di fronte, su una piazzetta, la Roatan Rum Company dove si possono assaggiare fino a cinque tipi di cake al rum (originale, alla banana, al cocco, ai frutti tropicali…) e quattro tipi di ron (originale, al caffè, al cioccolato…). In vendita anche alcune salse ($ 7 l’una) al rum ma c’è da dire che, a parte queste ultime che non ho più trovato da nessuna parte, il resto è acquistabile a prezzi decisamente inferiori in qualsiasi supermercato.
E’ giunta l’ora di pranzo. Dove mangiucchieremo i nostri panini e la nostra fruttina? Ma presso l’Henry Morgan (nome in onore al corsaro che capitanava pirati inglesi), un resort della stessa catena del Media Luna, che si affaccia su West Bay, un tratto di spiaggia più ampio, dalla sabbia più bianca e dai colori più limpidi e al quale possiamo liberamente accedere e fruire di tutti i servizi (bagno, spiaggia, lettini, piscina, distributori di acqua potabile…) gratuitamente. Con $ 10 a testa avremmo anche potuto mangiare e bere con formula all inclusive dal momento in cui il proprietario (un giovane console italiano, che qui ha anche un ufficio e la residenza insieme alla moglie) è lo stesso, anche se la gestione dei due villaggi è affidata a persone diverse. La posizione di questo hotel è certamente in una zona più vivace e dà la possibilità di stare più a contatto con la gente locale, di trovare escursioni a meno… ma è pur vero che il soggiorno sarebbe stato meno tranquillo per la presenza, sulla battigia, di tanti altri turisti che sbarcano dalle navi da crociera le quali attraccano, anche quattro al giorno per cinque giorni a settimana, a poche centinaia di metri. La vacanza sarebbe stata meno relax e in più la struttura è un po’ più vecchiotta e la presenza di sand flies maggiore, però è anche il luogo dove vedere uno dei tramonti più suggestivi in assoluto! Insomma, un po’ di pro e un po’ di contro. A voi la scelta.
Qui vicino ci era stato consigliato, da altri turisti, di pranzare al Bananarama dove gamberi al cocco o aragosta o pesce fresco fritto si potevano gustare per $ 25 circa a persona, ma noi preferiamo panino e lungo bagno.
Cristobal, come d’accordo, puntuale come uno svizzero (qui sono atipici rispetto agli appuntamenti dei latino americani… che hanno un’ora sempre molto approssimativa!), ci viene a riprendere dopo un paio d’ore per portarci a fare un giretto a West End, la tipica cittadina di mare piena di localini, negozi, curiosi venditori di cocco fresco verde o giallo che con tanto di macete spaccano e invitano a berne il succo, o, meglio, la tanta acqua che contiene ($ 1 a cocco). Ovviamente lo prendiamo!
Molto economico sarà acquistare le sigarette, anche se i fumatori sostengono che, a parità di marca, non hanno lo stesso sapore e comunque sono più leggere (una stecca di Marlboro rosse $ 11).
Prendiamo la via del ritorno e ci fermiamo presso una tienda per dei souvenir (calamite, magliette, parei…) e l’Eldon’s supermakets a French Harbour per bottiglie di rum (il ron plata premium è quello che bevono i locali e le bottigliette da ml 375, a $ 3,50 l’una, sono comode da portare, mentre il Pirate Grog da ml 750 ha una simpatica etichetta che ne racconta la storia), dolcetti vari (gli stessi della casa del ron a € 5 in meno la scatola da cinque confezioni!), frutta secca… Il conto si può pagare in lempiras o in dollari e il resto sarà nell’una o nell’altra moneta. I prezzi esposti, in questo caso, sono già comprensivi di tasse, ma per altri acquisti, prima di pagare, chiedere se sono incluse.
Bellissima gita, cominciata alle 8,30 e conclusa alle 19 con tanti ringraziamenti a Christobal (cell. 33875701) che prenotiamo anche per domani decisi a dedicare la giornata all’altra parte dell’isola.
Martedì 3 settembre. Spaccando il secondo alle 8,30 il tassista Christobal si fa trovare pronto per scorazzarci tra le vie di Santos Guardiola (in onore al Presidente José, fondatore dell’Honduras), la parte est dell’isola, la cui capitale, in realtà un villaggio di pescatori, è Oak Ridge. Arriviamo in questa cittadina di 150.000 abitanti e passiamo nelle viuzze che avevamo visto dalla cima di una collinetta.
La seconda tappa è, a poche centinaia di metri, Panditon (credo!) detta anche Piccola Venezia perché le case di legno colorato si affacciano sui canali formati dal mare nelle piccole insenature. Sono piccole imbarcazioni i mezzi di trasporto principali e noi decliniamo l’invito dei “gondolieri” a salire perché l’acqua non è pulita e in alcuni punti ci sono veri e propri accumuli di detriti.
Proseguiamo per Punta Gorda dove di fronte il lungomare in tante palafitte, a volte un po’ fatiscenti, abitano i Garifuna, dalla pelle molto scura, discendenti dagli schiavi nigeriani che transitavano da queste parti prima di andar a raccogliere cotone nelle piantagioni americane.
A piedi ci addentriamo per le stradine sterrate, tra baracche e “villette” recintate da staccionate sulle quali vengono spesso incollate enormi conchiglie. Siamo incuriositi di come vivano semplicemente, sembra un villaggio povero, ma sicuramente il cibo c’è per tutti (la stragrande maggioranza delle donne è corpulenta e gli uomini ben scolpiti e tonici). Le prime stanno a casa a cucinare (friggono tutto) e a far figli, i secondi prevalentemente a pescare.
Si avvicinano alcuni bimbi, tiro fuori una matita, poi una penna, un pennarello… si sparge la voce e vengo attorniata e “inseguita” discretamente da tanti bambini sorridenti che non fanno altro che dire Thank you e rimanere in attesa di qualcos’altro “un otro, un otro”…). Avevo portato anche dell’abbigliamento, prevalentemente femminile (avendo due nipoti di 3 e 5 anni…) e il momento della consegna è stato emozionante. Una mezz’ora assimilabile alla mezzanotte del 24 dicembre. Contenti tutti, saluto, faccio qualche carezza, scattiamo insieme delle foto, e privata felicemente anche di un marsupio, sono pronta a proseguire la gita.
Da ora in poi la strada sarà sterrata, il paesaggio più selvaggio, incontaminato e completamente isolato.
Passiamo per Punta Blanca – dove non ci fermiamo a vedere le due case due -, per Marble Hill – dove è segnalata una delle due discariche (Basurero/Garbage Dump) a cielo aperto dell’isola – e arriviamo a Diamond Rock dove ci divertiamo a raccogliere ovos, i frutti da cui si ricava un ottimo succo ma che mangio non spremuti (poca polpa e grosso nocciolo). Ai bordi della strada tanti alberi, l’aria è aromatizzata e il terreno è a pois arancione visto che assomigliano a nespole della grandezza di un’oliva verde dolce.
A Paya Bay (www.payabay.com), una piccola insenatura con una bella, tranquillissima spiaggetta su cui affaccia un resort esclusivo, ci fermiamo per delle foto e anche lì troviamo qualcosa da raccogliere: manghi! Hanno un colore giallo-verde e sono gustosissimi! Si sbucciano con la facilità delle banane e la loro polpa è succosa, dolcissima e fibrosa.
Nuovamente in macchina per Camp Bay, l’ultima meta del viaggio, un angoletto paradisiaco e selvaggio dove palme, alberi di mandorlo fanno da ombrelloni e… null’altro. La baietta non è pulitissima, ci sono frutti, gruzzoletti di alghe secche, funghetti trallallà… ma sono solo resti di madre natura. L’acqua è uno specchio turchese e, almeno per il momento, nessun insetto fastidioso e pungente all’orizzonte. Raccogliamo mandorle fresche e secche, ci arrangiamo per spaccarle e mangiarle; ci sfiziamo a “sgranocchiare” (poca polpa e molto seme) l’uva della spiaggia (sea grape o coccoloba uvifera) dagli acini violacei e dalle sembianze di olive nere.
L’appetito vien mangiando (un altro po’!) e, nonostante inizialmente avessimo pensato di pranzare a La Sirenas (Camp Bay) o al Sacrificio (Punta Gorda), due ristoranti tipici e consigliati da honduregni e turisti per la freschezza dei piatti di gamberi, aragoste e calamari ($ 25-35 per persona), decidiamo di tornare, in una quarantina di minuti, al resort in quanto fa molto caldo, siamo carichi di buste di frutta e ci dispiace per il nostro tassista che alle 16 deve iniziare a lavorare come elettricista. Alle 13,45 siamo davanti al ricco buffet del Media Luna.
Nel tardo pomeriggio vediamo del movimento fronte mare, in un ampio spiazzo in legno… cosa si sta allestendo? Un palco? Più o meno sì, ma non per la serata honduregna prevista per stasera, ma perché al tramonto verrà celebrato un matrimonio. Viene stesa una stola turchese, cosparsa di petali appena raccolti, 14 sedie vengono rivestite di bianco e un arco montato e addobbato con rampicanti. Ed eccola, una coppia de El Salvador, davanti un sacerdote che legge anche alcuni passi religiosi, in compagnia di pochi intimi e di diversi curiosi quali siamo… pronuncia il fatidico sì! Che carini! Non sono giovanissimi ma molto teneri e… quasi quasi mi commuovo!
La cena di stasera, ma è una coincidenza, prevede tra gli altri già noti, piatti tipici honduregni, molti dei quali fritti (pesce, pollo), per alcuni versi simili a quelli messicani (ma anche un po’ spagnoli e africani) come le tortillas di mais (con quesillo ossia ripiene di formaggio fuso o ricoperte da uno spezzatino di carne piccante) e le “piadine”. Personalmente ho apprezzato le baleadas (tortillas di farina bianca avvolte da grandi foglie di banane con un ripieno di fagioli fritti, salsa piccantina e formaggio).
Il tutto accompagnato da uno spettacolino di una mezz’oretta durante il quale donne e uomini ruotavano su se stessi, si spostavano con piccoli passetti mentre battevano velocemente i piedi e muovano con un ritmo molto accelerato il bacino. In un’altra esibizione indossavano delle maschere o tenevano in mano delle ceste.
Mercoledì 4 settembre. Da qualche giorno, prima con sms, poi telefonicamente, poi incontrandolo fuori il Resort, avevamo contatti con Ruggero per l’escursione in catamarano alle Cayos Cochinos. Dopo qualche problema iniziale di organizzazione, dovuta al fatto che saremmo partiti solo se si raggiungeva un numero minimo di 6 partecipanti, che il prezzo speciale di $ 120 a testa poteva esser applicato con un minimo di 12 paganti, dopo esserci chiariti sulla tassa di $ 10 a persona per entrare nel parco (sul depliant non vi era scritto compresa o esclusa) ed esserci fatti includere nel prezzo i $ 10 a persona per il trasporto Media Luna-spiaggia di West Bay, siamo pronti a goderci appieno la giornata.
Partenza dall’albergo alle 6,30 e dopo un’oretta di saliscendi su strade a volte sterrate e, quando asfaltate, piene di buche, arriviamo sulla spiaggia per imbarcarci. Il catamarano non è enorme, ma in 12 più un bambino quali siamo si starà comodi. Le vele sono altissime e imponenti, ma di vento ce n’è ben poco e per la gita di una sola giornata, sarà più funzionale utilizzare i tre motori a discapito delle sole carezze del vento e del rilassante rumore delle onde.
Ci vengono offerti cornettini (purtroppo non appena sfornati) e un caffè preparato con due moka italianissime. Un po’ scarsina come colazione, abituati alle mille delizie del resort, ma apprezziamo la buona volontà.
La navigazione è piacevole, chi sta all’ombra della vela, chi si spaparanza al sole, chi si sdraia sulla rete anteriore e si lascia rinfrescare dalle onde che sbattono sotto il mezzo, chi chiacchiera con l’equipaggio ossia con Ruggero, col suo giovane figlio Riccardo o con l’aiutante honduregno.
Buone tre ore e ancoriamo davanti una cartolina: mare turchino, isoletta dalla spiaggia bianca latte e “ciuffo di palme” sopra.
Indossiamo pinne, maschera e boccaglio (a disposizione gratuita) e via, alla scoperta dei limpidi fondali. Durante lo snorkeling ammiriamo i tanti coralli, molti dalla forma di un ventaglio, diverse specie di pesci colorati – ma non sono moltissimi – e rimaniamo stupiti dalla quantità, bellezza e soprattutto grandezza delle conchiglie. Approdiamo, a nuoto, nell’isoletta di Cayo Timon e come esploratori la giriamo… in meno di cinque minuti!
Risaliamo sul catamarano e dopo esserci dissetati con una delle tantissime bibite fresche offerteci, ci rimettiamo in moto.
Ogni tanto Ruggero rallenta, spegne i motori e ci dà spiegazioni degli isolotti che ci attorniano, quasi tutti privati. Ne approfittiamo per fotografare, tra le altre, Cayo Paloma, una di quelle vissute dai famosi durante i reality.
Il pranzo lo consumeremo sull’isola di Chachahuate, dove vive la comunità di pescatori dei Garifuna di circa 120 persone su un’area di due Km2. Chachauate significa gemelle, e infatti l’isola sulla quale sbarchiamo ne ha una identica dirimpettaia collegata a questa da una lingua di sabbia bianca che durante la bassa marea affiora e da dove stanno tornando, su una barchetta in legno, i bimbi più grandi da scuola, carinissimi con la divisa bianca e blu. “Parcheggiamo” tra le piccole imbarcazioni dei pescatori; bambini piccolissimi che stavano facendo il bagno ci raggiungono timidamente. In lontananza sventola la coloratissima biancheria stesa dalle donnone e sotto alcune tettoie ci si dà da fare per attrezzare delle “esposizioni” di accessori realizzati con conchiglie o in legno. L’unico dispiacere è vedere la bellissima battigia un po’ trasandata e sporca. Faccio un giro tra le casupole, mi addentro per le viuzze – per terra solo ed esclusivamente sabbia -, scorgo donne che lavano pentolone e piatti utilizzando bacinelle e uomini che puliscono il pescato. Nessuno s’infastidisce se chiedo di scattare foto durante queste attività e a una signorona con più figli piccoli (mi sembra fossero tutti suoi) regalo uno zaino pieno di vestiti per bimbi e miei per le ragazzine più grandicelle. Un piccoletto di massimo due anni s’infila subito, da solo, e al contrario, una mia canottierina; gli arriva quasi alla caviglia e si mette a correre eccitato accompagnato dal mio sorriso e da quelli degli astanti. Ruggero, intanto, sotto una tettoia e su un tavolo, allestisce il pranzo da lui preparato: pasta fredda tricolore. Una sorpresa positiva per chi non vuole appesantirsi durante una giornata di mare e non vuole mai allontanarsi dalle sue origini, un po’ negativa per chi vuole gustare qualcosa di tipico e locale. Nel frattempo ci racconta delle gite di due giorni, quando dopo il tramonto si accende un generatore di corrente (dalle 18 alle 21) e poi, tra balli e canti locali, illuminati solo dai falò, mentre si gusta pescato fresco e soprattutto aragosta, si conclude in allegria la serata. Ora i tempi sono veramente stretti, più si sta in panciolle, meno snorkeling possiamo fare e in più c’è il rischio di rientrare con il buio. Arrivederci a questo stile di vita così lontano da noi e tutti sul catamarano direzione Cayo Cochino Mayor/Grande mentre davanti a noi svolazzano gigantesche fregate e imponenti pellicani bruni. Più ci avviciniamo a questa meta più l’acqua diventa, da azzurra, a verde smeraldo, un colore incredibilmente brillante e intenso. Ci tuffiamo nelle calde acque a qualche centinaia di metri dalla riva. Alcuni approdano anche lì, io preferisco guardare i fondali o galleggiare oziosamente, ma la bellezza del momento viene guastata dalla presenza di piccole e trasparenti meduse (Jellyfish) che danno fastidiose scossette non lasciando, almeno quelle, alcun segno tangibile né duraturo. E vabbè, ma proprio una vacanza di pizzichi e mozzichi! Non abbiamo tempo per la passeggiata fin sopra la verdeggiante collinetta da cui si ammira un panorama mozzafiato (la fanno quelli della gita di due giorni); sono solo le 14,30 ed è già ora di rientrare.
Una bustina di platano fritto alla paprika (simile alle nostre Crik Crok) come snack e poco prima del tramonto attracchiamo davanti l’Henry Morgan dove ne approfittiamo per rifocillarci un po’, andare in bagno, cambiarci e prendere qualcosa da bere.
Ringrazio, saluto e commento con Ruggero la giornata. Premettendo che è andato tutto bene, ho apprezzato la sua passione, il mettere a nudo la storia della sua vita tra soddisfazioni e difficoltà (in questo momento, per esempio, è molto in contrasto con i resort che offrono lo stesso percorso, su barconi a motore o catamarani da 30 posti, a prezzi più o meno uguali), il suo darsi tanto da fare per rendere la crociera indimenticabile, ma siccome mi è simpatico, ho voluto essere onesta con lui e mi sono permessa di dargli alcuni consigli affinché i clienti che verranno, staranno ancor meglio.
I suggerimenti?
1) la gita di un giorno, per chi alloggia al Media Luna è troppo pressante. Il tempo che ci s’impiega per andare e tornare si ruba alla navigazione e al relax, consigliare loro quella di due giorni;
2) gita di un giorno ok per chi alloggia in hotel a West Bay, ma prevedere colazione, pranzo e snack un po’ meno essenziali; è vero che si sta tutto il giorno in barca, ma qualcosina in più o tipica avrebbe accontentato più persone. In alternativa, colazione non inclusa (e poi offrire ugualmente caffè e cornettini), pranzo al sacco (lo prepara l’hotel e magari a sorpresa la pasta fredda);
3) essendo uno dei pochi con la patente nautica e un catamarano di medie dimensioni, puntare sull’esclusività del servizio: pochi passeggeri da coccolare e far rilassare in gite di due giorni, senza corse e tempi stretti. In questo modo, con una proposta che non si scontra con altre, si evitano tira e molla, proposte al ribasso, scontri verbali tra concorrenti, diffamazioni reciproche… che stressano un po’ noi clienti che dobbiamo decidere per chi optare e in qualche maniera schierarci. E comunque… grazie a Ruggero per averci portato in posti meravigliosi, buon lavoro a lui e buona gita a chi gli darà, come noi, e non ce ne siamo pentiti, fiducia!
Stasera durante il luculliano buffet, musica dal vivo con il mitico Mr Texas! Non sappiamo chi sia ma canta benissimo e ascoltarlo è piacevole.
Giovedì 5 settembre. Dopo aver percorso la quasi sessantina di km di lunghezza per gli 8 di larghezza di Roatan, antico rifugio dei corsari inglesi, e aver navigato tra le isole meno estese delle Bay Islands (Isole della Baia) proprio di fronte l’Honduras, oggi stazioniamo al Resort. Il mare è incantevole, il reef e i fondali sembrano un acquario naturale. Certo, la quantità e le specie di pesci non hanno nulla a che vedere con le Maldive, il Mar Rosso… qui la barriera corallina sarà pure la seconda più lunga al mondo (dopo quella australiana), ma è un po’ scarsa di fauna. Chi fa diving, però, ha avuto la possibilità di nuotare con una ventina di squali, tornare con qualche dentino ricordo che, si dice, porti fortuna… e infatti la fortuna è stata di rivederlo tornare sano, salvo e contento! La quantità di corallo e la flora marina è impressionante così come la grandezza delle conchiglie.
Chiacchierando con qualche cameriere veniamo a sapere che il salario base mensile per uno di loro, per una donna delle pulizie o per un operatore ecologico è di circa $ 400.
Parlando di situazione politica, invece, qualcuno ci confessa di non amare molto l’attuale Presidente della Repubblica Porfirio Lobo e a novembre, quando saranno trascorsi quattro anni dalla sua elezione, voterà sperando nella vittoria della destra liberale e non dell’attuale sinistra nazionale.
Stiamo conoscendo un popolo tranquillo, sconvolto solo dal colpo di stato del 2009 che arrestò tutte le attività turistiche sulle quali si basa gran parte l’economia del paese.
Molto turismo, poi, lo hanno riportato le varie edizioni del reality show l’Isola dei famosi. Pare che lo staff si appoggiasse all’Henry Morgan per il cibo (e venivano nutriti anche i famosi), gli alloggi, gli spostamenti e lo studio dei copioni (sì, sembra non fosse tutto così casuale e spontaneo… molte situazioni venivano studiate a tavolino). Personalmente non ho seguito le trasmissioni, ma altri ospiti del villaggio, che invece lo avevano fatto, ed erano sicuramente molto più curiosi di me, se ne sono fatte raccontare tante e ne hanno sentite delle belle.
Per ciò che concerne la “storia” del Resort, invece, ci dicono che prima era gestito da I grandi viaggi (era “un gran bel momento”), poi da Alpitour (“e non andava male”), poi da altri tour operator non italiani. Per un periodo i principali clienti erano canadesi, volevano trovare un piccolo Paradiso silenzioso dove non vi fossero schiamazzi di alcun genere e per accontentarli nacque il divieto ai minori di 12 anni di venire. Oggi il console ha aperto il turismo a tutti e in alcuni periodi, come in questa ultima settimana della stagione (la struttura riaprirà il 22 ottobre), i bimbi sono accettati gratuitamente, i single non pagano il supplemento, alcune stanze sono gratuite per famiglie con disabili (al Media Luna li abbiamo visti con i nostri occhi) e il cibo in abbondanza (dell’Henry Morgan) viene portato agli orfanatrofi. Bravi!
Nel tardo pomeriggio inizia un gran via vai nella zona piscina. E’ la serata di arrivederci sotto le stelle. Come fanno ogni due giorni inizia, una bella disinfestazione, così potremo mangiare senza essere importunati da sand flies, mosquitos, zanzare e insetti fastidiosi in genere. Sarà tutto allestito all’aperto, dal buffet ai tavoli (volendo se ne può prenotare uno e banchettare con i nuovi amici).
La serata è piacevolissima, c’è un cantante che suona dal vivo e al quale facciamo qualche applauso perché se lo merita!
Il menu è ricco di ciò che di più buono nel corso della settimana avevamo gustato e molto altro. Megadentice al forno in bellavista, fettuccine all’aragosta, paella mare e terra, carpaccio di pesce… tante verdure grigliate, crude, al forno… pastarelle, due tipi di torta, frutta… Da bere s’inizia con un cocktail poco alcolico e poi… si ordina quel che si vuole.
A fine serata ci divertiamo a essere gli spettatori di un giochino che propongono gli animatori e al quale partecipano altri villeggianti. Chi sbaglia… beve rum… poi rum e coca e… chi beve di più… sorpresa! Non perde, ma vince una maglietta! Noi, nel frattempo, sorseggiamo le ultime piña colada e daiquiri piña che eravamo soliti farci preparare dopo cena.
Venerdì 6 settembre. Ultima mezza giornata di mare, alle 12,15 bisognerà lasciare le stanze e alle 14,30 si starà già sul pulmino direzione aeroporto. Salutiamo quest’isola che ha una natura rigogliosa, grazie agli improvvisi acquazzoni che fra un po’ inizieranno con frequenza quotidiana per terminare a dicembre e che si alterneranno al sole cocente che ci ha accompagnati per quasi tutta la settimana. Solo un giorno è piovuto per un paio d’orette, ma è stato quasi un bene per la nostra pelle che, nonostante l’alta protezione, si era un po’ bruciacchiata e cominciava a spellarsi. Beh, se ci fossimo fidati delle previsioni del tempo consultate sul web dall’Italia, avremmo cambiato meta. Erano pessime, non davano alcuna speranza, mentre le persone del luogo hanno sempre detto che il clima è un po’ bizzarro e non molto prevedibile fino al giorno prima. Inoltre, questo, nelle zone caraibiche, è il periodo degli uragani che però qui non arrivano mai o giungono con una forza minima.
Check-out: restituiamo alla reception i due teli mare, i due telecomandi (tv e aria condizionata) e non paghiamo alcun extra (qualora avessimo perso la chiave della stanza, però, avremmo sborsato $ 50!). Assistiamo al chiarimento di qualche episodio. A chi durante il soggiorno ha noleggiato il motorino ed è rimasto a piedi perché era finito l’olio (ovviamente era stato andato a prendere con un’auto) è stato offerto un passaggio gratuito per essere accompagnato a comprare souvenir… a chi ha noleggiato la macchina tramite reception si chiedono i danni per dei graffi riscontrati in un secondo momento. Il primo non è interessato all’invito, il secondo, da gran signore, per chiudere la spiacevole e ingiusta situazione dà una lauta mancia al proprietario dell’auto (il barista).
Durante il trasferimento in aeroporto, una coppia, fan della serie TV Fantasilandia, in onda negli anni ’80, fa fermare il pulmino per una foto ricordo davanti alla location del telefilm e cioè il Fantasy Island Beach Resort.
In aeroporto paghiamo la tassa d’uscita dal paese $ 39,24 (accettata anche la moneta locale).
Il duty free è praticamente inesistente. Pochissimi e un po’ cari negozietti, qualche bar e neanche un tabaccaio.
Il volo Air Itally-Meridiana Fly è puntuale, alle 17,30 partiamo per Cancun dove faremo uno scalo di un paio d’ore. Rimaniamo seduti tutto il tempo aspettando l’imbarco degli altri passeggeri e… al contrario dell’andata, ora i posti (noi abbiamo 6AB) sono quasi tutti occupati dal momento in cui è salito chi aveva prenotato un soggiorno di due settimane e gli italiani che hanno finito la stagione.
Decolliamo alle 21,40, dopo un’oretta verrà servita la cena: lasagne, insalatina, una fetta di salmone affumicato, un trancio di pizza rustica prosciutto cotto e sottiletta e un dolcino marmellata e cioccolata. Proiettano un paio di film, io mi dedico alla lettura e alla scrittura di questo reportage, il mio boy a sonnecchiare scomodamente un po’.
Sabato 7 settembre. Aggiorniamo gli orologi, un’oretta prima di atterrare viene servita la colazione: cornetto e barretta ai cereali anche se sono le 14,30, ora italiana. Arriviamo puntualmente a Milano Malpensa e nel mentre aspettiamo le valigie, ci scambiamo, con poche ma belle persone, i contatti per non perderci di vista. Per molti il viaggio finisce qui, per noi ne comincia un altro per raggiungere la sempre più adorata e unica capitale.
Buon viaggio! Luna Lecci