Armenia in fiore
Come al solito organizziamo un ”viaggio solidale” utilizzando alberghi, ristoranti e mezzi gestiti esclusivamente dai locali. L’undici giugno, nel pomeriggio, partiamo da Siracusa. Volo Alitalia da Catania per Roma in coincidenza con un altro volo Alitalia per Yerevan dove arriviamo alle 4,15. Troviamo ad attenderci la nostra ottima guida Shushan Martyrosan che ci accompagnerà per quasi tutto il viaggio. Nella tarda mattinata, dopo un riposo di poche ore ed una sosta al Segafredo per un caffè, partiamo per la regione dell’Ararat diretti al Monastero fortificato di Khor Virap, molto panoramico, ai piedi del biblico monte Ararat, oggi parzialmente coperto di nubi. In una fossa, che visitiamo, all’epoca piena di serpenti e di scorpioni, re Tiridate, nel III secolo d.C., rinchiuse San Gregorio evangelista. Dopo 13 anni di reclusione, San Gregorio –miracolosamente evitato dai rettili e nutrito di nascosto da una vedeva- guarì il re dalla pazzia e questi, convertitosi, fece dell’Armenia la prima nazione cristiana. In effetti la cristianizzazione dello Stato fu voluta – come avvenne successivamente con Costantino- per creare un collante culturale e religioso nella popolazione sottoposta a continue pressioni e forze centrifughe dagli stati confinanti. Accanto alla cappella, costruita sulla fossa, sorge la Chiesa principale di Surp Astvatsatsin. A poche centinaia di metri dal Monastero-fortezza , corre il filo spinato che delimita la zona di nessuno con la Turchia: nazione, quest’ultima, attualmente ostile all’Armenia. La sera pernottiamo a Goris, presso l’hotel Cristy a conduzione familiare. L’albergo, nuovo anche nella biancheria, ha ampie stanze ed il personale è gentile e disponibile. Squisita la cena, soprattutto l’arrosto di maiale che mi ricorda sapori dei tempi andati.
Il giorno successivo, 13 giugno, dopo avere visitato il “ponte del diavolo”, che sovrasta una gola dove scorre un impetuoso fiume che forma delle cascatelle e dei laghetti, ci rechiamo al fotogenico monastero fortificato di Tatev appollaiato sopra uno sperone di roccia. Nel complesso è visibile una colonna, detta “Canna”, la cui peculiarità era di annunciare, inclinandosi, l’arrivo dei terremoti o della cavalleria nemica. Il monastero, sede di monaci amanuensi, conserva ancora resti di refettori, stalle e cucine. Dal monastero raggiungiamo il paese di Tatev con la funivia più lunga del mondo (5.765 mt, € 6), sorvolando la spettacolare vallata del fiume Vorotan. Nel pomeriggio visitiamo Khndzoresk, un villaggio rupestre abitato fino al 1950, molto simile alla nostra Pantalica ed ai Sassi di Matera. Lungo la strada, come il giorno precedente e quelli successivi, ci fermiamo innumerevoli volte per ammirare e fotografare l’indescrivibile paesaggio transcaucasico con monti dalle cime innevate, gole profonde e prati di un verde vivo ingentilito da bande di fiori multicolori che danno vita ad una tavolozza armonica di colori mai visti prima. Il tutto allietato da un’aria profumata e frizzantina, considerati i 2.000 mt di altitudine.
La mattina successiva partiamo da Goris, per effettuare una prima sosta a Karahunge, un sito preistorico di megaliti, più piccoli ed antichi di quelli di Stonehenge, ma aventi la stessa funzione di culto e di antico osservatorio astronomico. Il sito, risalente al V millennio a.C., lo raggiungiamo dopo una piacevole passeggiata fra campi fioriti e profumati al centro di una immensa conca racchiusa da lontane ed evanescenti montagne innevate. Ci rechiamo, poi, al sito dove sorgeva l’antica università di Gladzor, l’Atene dell’Armenia. Attualmente è rimasta solo una chiesa medioevale e l’annesso cimitero. Nel pomeriggio breve visita ad un antico cimitero ebraico del XIII secolo e piacevole passeggiata nel villaggio di Yegheghis dove familiarizziamo con un vecchio erudito ex combattente e dove veniamo invitati a visitare una casa da una famiglia del luogo. Proseguiamo per il resort Lucy, ex colonia estiva comunista, dalle camere spartane. Comunque il resort è fornito di una bella piscina, un piccolo parco con divertimenti e passatempi, una cucina passabile e, in più, di telescopi per osservare il cielo stellato. Il giorno successivo, 15 giugno, partenza verso il nord est dell’Armenia con prima sosta ad un caravanserraglio, completamente coperto, appollaiato sul passo di Selim, a 2410 mt di altezza. Di qui passava la via della seta. I mercanti, provenienti dall’oriente e dall’occidente, trovavano rifugio, con i loro asini, in un antro buio, protetto da un doppio ingresso ad angolo retto, per impedire l’entrata di aria gelida e della neve che qui cade fino alla fine di aprile. Il paesaggio, come al solito, è spettacolare. Successivamente visitiamo il cimitero monumentale di Noraduz con centinaia di Khatchkar (croci di tufo) del IX secolo. Dopo una sosta con pranzo sul lago Sevan, saliamo su di una collina dove sorge l’omonimo monastero e da dove si gode di una vista superba del lago. Non mancano, ovviamente, immense distese di prati in fiore. Nel pomeriggio visita al monastero di Goshavank dove di trova un khatchkar ricamato, unico come fattura. Un discorso particolare va fatto per queste croci in tufo presenti in tutta l’Armenia. I khatchkar venivano eretti, nel periodo medioevale, per motivi di devozione, per commemorare una vittoria o per motivi funerari. Sulle croci non è mai rappresentato il Cristo agonizzante in quanto le croci vogliono simboleggiare la resurrezione richiamando, con le foglie disposte ai lati, in basso, l’albero della vita. La sera pernottiamo a Dijlian, al resort Haghartsin, immerso nel verde, con una bella piscina e pieno di ragazzi. Cena nel resort, dopo di noi, il Presidente della Repubblica armena che ha presenziato ad una gara di scacchi.
Il giorno successivo, 16 giugno, prima di lasciare il paese visitiamo un complesso turistico-alberghiero che un armeno americano della diaspora ha voluto restaurare: balconi in legno, viuzze strette, insegne di melograno beneauguranti. Il tutto secondo i canoni dei vecchi centri storici. Partiamo, quindi, per il nord per visitare i complessi monastici di Haghpat, dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’umanità, e di Sanahin. Prima di recarci ai monasteri, però, ci fermiamo ad Alevardi per assistere alla messa secondo il rito armeno. Messa suggestiva che inizia con letture del vecchio testamento. Si chiude, poi, un sipario che nasconde l’altare per riaprirsi, dopo qualche istante, a simboleggiare l’avvento del nuovo testamento. I celebranti scendono, poi, in processione -fra i fedeli, i quali donano incenso ed offerte- accompagnati da portatori del simbolo zoroastriano del sole. La discesa, simbolo della venuta di Cristo sulla terra, è osannata da incenso e da canti medioevali. Il tutto per una durata di due ore… La sera pernottiamo ad Hagpat. Per raggiungere l’albergo “Q”, inaugurato a fine aprile, percorriamo uno stretto sentiero sterrato, in parte al limite con un precipizio ed in parte circondato da alberi di ciliegio e di albicocco. Il bellissimo panorama è, però, rovinato dal fumo di una gigantesca ciminiera della vicina miniera di rame. La mattina successiva partiamo per la regione di Aragatson dove visitiamo la fortezza di Ambered, costruita su un promontorio a lato del quale scorrono due fiumi. Il solido muro che protegge l’altro lato non ha impedito la presa della fortezza da parte dei mongoli. Il luogo è molto suggestivo. La stradella che conduce alla piccola chiesa sottostante è fiancheggiata da fiori profumati e multicolori. Dopo la visita al monastero di Hovhannavank, dove sarebbe stato sepolto San Giovanni Battista, e di Sagmosanvank, puntiamo su Yerevan dove pernottiamo al Bass Boutique hotel.
La mattina successiva, partenza per il complesso monastico di Haricihavank, del VII secolo, già sede estiva del Catholicos, accanto al quale, attualmente, c’è un seminario. Nel corso della visita ascoltiamo un suggestivo coro di 16 seminaristi. Ad ora di pranzo ci rechiamo a Gyumri dove pranziamo benissimo, per meno di 10 €, uno squisito arrosto di storione preceduto da filetti ed uova di trota. Nel pomeriggio visitiamo l’imponente ma diroccata cattedrale di Talin. Qui veniamo sorpresi da colpi secchi che individuiamo, subito dopo, per cannonate antigrandine. Il cielo è diventato improvvisamente minaccioso. Il tempo di salire sull’autobus e veniamo investiti da una scarica di chicchi di grandine che trasformano il paesaggio da primaverile in invernale avendo, la grandine, imbiancato la strada e la zona circostante. Rientriamo, con il buon tempo, a Yerevan. Iniziamo, con mia moglie Lalla, la scoperta della città che si rivela moderna, piena di giovani e con taxi per niente cari. Con l’equivalente di meno di 2 € si raggiunge qualsiasi destinazione in città. Mercoledì 19 giugno la nostra guida Shushan è impegnata e la sostituisce un giovanotto dal carattere un po’ spigoloso ma preparatissimo in materia religiosa. Proprio quello che ci voleva poiché oggi visitiamo Etchmiadzin, sede del Catholicos, l’equivalente del nostro Papa e, quindi, sede del Vaticano armeno. Scopriamo, poi, che la nostra guida è un ex seminarista già segretario del predetto Catholicos con il quale, pare di capire, non corre buon sangue. Ci fermiamo prima alla cattedrale di Zvartnots, dichiarata patrimonio dell’umanità, costruita nel VII secolo e capolavoro dell’architettura medioevale. La cattedrale, che si ergeva su tre livelli, crollò a seguito di un terremoto. Anche se costruita quadrata, appare di forma circolare in quanto la parte esterna è formata da un poligono circolare a 32 facce. Alla fine della visita si esibisce un trio polifonico molto suggestivo per il luogo e per la scelta dei canti medioevali e folcloristici. Giunti a Etchmiadzin visitiamo la cattedrale –immersa in piacevoli giardini lungo i quali si trovano numerose croci in tufo- costruita su un antico tempio pagano. La nostra guida ci presenta vescovi e prelati con i quali ha studiato. La Cattedrale e la vicina chiesa di Santa Hripsine, sono, comunque, di una maestosità inferiore alle mie aspettative. Visitiamo, quindi, un’antica azienda vinicola dove abbiamo modo di pranzare con numerosi stuzzichini e di ubriacarci con assaggini di vini pregiati.
Il 20 giugno lo dedichiamo alla visita di Yerevan. Il tempo minaccia pioggia che, poi, non ci sarà, salvo qualche goccia d’acqua. Iniziamo con la statua di 29 mt, chiamata ”Madre Armena” che troneggia, con la spada sguainata, in cima ad una collina che sovrasta la città. Quindi scendiamo in città per la visita al Matenadaran , il museo delle miniature e dei manoscritti antichi. Un ultima visita è riservata al memoriale del genocidio degli armeni ed al mausoleo del ricordo formato da 12 pilastri di basalto, posti in cerchio ed inclinati verso il centro. Alla base, un fuoco perenne. Pranziamo, in una panetteria, per meno di 5 €, con frittelle e dolci ripieni di ogni ben di Dio. Nel pomeriggio visita alla monumentale scalinata denominata Cascade ed utilizzata come centro d’arte. Successiva immersione in un mercatino dove si vende di tutto. Unica delusione, per le donne, visti i prezzi, è di avere già comprato i souvenirs. La sera ci rechiamo allo spettacolo di luce, acqua e suoni che si tiene in piazza della Repubblica. Uno spettacolo imperdibile! Il 21 giugno ci rechiamo nella regione di Kotayk. Visitiamo prima il monastero di Geghard, dichiarato patrimonio dell’umanità, interamente scavato, dall’alto, nella roccia. Questo monastero custodiva la lancia che aveva trafitto il costato di Gesù. Un quintetto intona, per noi, canti religiosi. Quindi ci fermiamo al tempio ionico di Garnì dove ascoltiamo degli artisti che si esibiscono intonando canti appropriati al luogo. Sosta, per il pranzo, in un agriturismo dove assistiamo alla cottura del pane azzimo negli appositi forni sottoterra. Buonissimo il pane con il formaggio e le erbette arrotolate al suo interno. Il nostro viaggio volge al termine. La sera, dopo la cena, ritorniamo in piazza della Repubblica per rivedere i giochi di acqua. Breve sonnellino e ripartenza per l’Italia.
Conclusioni
L’Armenia è un Paese molto povero. Lo stipendio medio si aggira sui 200 € mensili. Di conseguenza tutti i generi di prima necessità costano poco. Per mangiare bene si spende meno di 10 €. I mezzi di trasporto sono a buon mercato. Le strade sono sconnesse e non si superano, come media, i 50 Km orari. La segnaletica stradale è quasi inesistente e, dove c’è, è incomprensibile. E’ un Paese dai grandi spazi e dagli innumerevoli monasteri. La manutenzione di quest’ultimi, purtroppo, è carente. Anche i monasteri dichiarati patrimonio dell’umanità sono in condizioni di degrado. Meta consigliata, a mio avviso, a chi ha già molto viaggiato, a chi ama la natura incontaminata, a chi ama riassaporare i sapori antichi e rituffarsi negli stili di vita anni ’50.