In India per il Maha Kumbh Mela

Kumbh Mela: il Grande Raduno, una delle feste più grandi al mondo intero e non solo dell'India.
Scritto da: valmio
in india per il maha kumbh mela
Partenza il: 22/01/2013
Ritorno il: 11/02/2013
Viaggiatori: gruppo
Spesa: 2000 €
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In India per il MAHA KUMBH MELA

Kumbha Mela: Il Grande Raduno, una delle feste più grandi al mondo intero e non solo dell’India.

Decine di milioni di persone quest’anno hanno partecipato al Maha Kumbha Mela ad Allahabad (Prayag, una volta) , in India, nell’Uttar Pradesh ed io ero tra queste.

Inseguivo questo sogno da 11 anni da quando ho scoperto questa festa vedendo delle diapositive e ne sono rimasta folgorata, mi sono documentata e, ..… finalmente è arrivato il giorno della partenza. All’aeroporto di Venezia qualche problema con il volo, il nostro è stato cancellato causa neve a Francoforte, meno male che eravamo tutti in anticipo e così siamo riusciti ad imbarcarci in quello prima. Francoforte – Delhi, arriviamo con 1 ora di ritardo. Cambiamo i soldi in aeroporto, è stato il peggior cambio, carichiamo i bagagli sul nostro bus e partiamo subito per Agra. Lungo la strada per arrivare ad Agra ci fermiamo a Vrindavan, quartier generale degli Hare Krishna nel mondo. Questo è il luogo in cui si ritiene che Krishna si sia abbandonato ai propri passatempi da adolescente, giriamo un po’ il paese e visitiamo il Govind Dev Temple (tempio del divino mandriano), con un chiaro riferimento a Krishna, in arenaria rossa e poi la Casa delle Vedove. Ripartiamo per Mathura. Mathura, è un antico centro culturale e religioso, un’importante centro di pellegrinaggio per gli hindu, sulla riva occidentale dello Yamuna, i quali credono che Krishna, la famosa incarnazione di Vishnu, sia nata qui. Ripartiamo per Agra , arriviamo tardi, ceniamo al Laxmi Villa e la notte la passiamo al Tourist Rest Hause.

Mattino h 7.30 partiamo, destinazione Sikandra, per visitare il mausoleo del grande Akhbar. Siamo i primi, fa un po’ freddo, c’è una nebbiolina ma è bellissimo. I prati tutti attorno al sito sono ben curati, è pieno di caprioli e scoiattoli. Ripartiamo per Itimad-ud-Daulah, il Piccolo Taj Mahal, la piccola ma elegante tomba-giardino del tesoriere dell’impero moghul, uno scrigno di gioielli in marmo, anche qui per nostra fortuna c’è poca gente. Poi andiamo a visitare il Forte Rosso sulla riva occidentale dello Yamuna. Biglietto d’ingresso per i non indiani è di 50 rupie(meno di 1€). Il forte fu fatto costruire dall’imperatore Akbar tra il 1565 e il 1573, ha dei bastioni grandiosi di arenaria rossa a mezzaluna che abbracciano un enorme complesso di edifici di stili vari, è circondato da un profondo fossato che un tempo era riempito con le acque dello Yamuna. Dichiarato patrimonio mondiale dall’Unesco dal 1983. Da qui se è sereno si può ammirare il Taj Mahal. Il pranzo lo facciamo al Sanya Palace Hotel, si mangia molto bene ed ha una terrazza dove si gode una bella vista sul Taj Mahal, ve lo consiglio sia per il cibo che per la vista. Dopo il pranzo lo visitiamo, compreso nel prezzo del biglietto (per i non indiani 750 rupie), ti danno i calzini di nylon ed una bottiglietta d’acqua. … ditemi chi non lo conosce il Taj Mahal? E’ uno dei monumenti più famosi al mondo, fu costruito dall’imperatore moghul Shah Janan in ricordo della moglie prediletta morta nel 1631. Dichiarato anch’esso patrimonio mondiale dall’Unesco dal 9 dicembre 1983 e nel 2007 è stato inserito fra le 7 meraviglie del mondo. Questa prima parte del viaggio per me è stato un ritorno, c’ero già stata poco più di 2 anni fa, …. da qui inizia una nuova scoperta. Alle 21.40 da Agra prendiamo il treno per Allabahad dove arriviamo alle 9.30 invece delle 5.30. In stazione c’è una folla incredibile, tra i binari succede di tutto. C’è chi si lava, chi dorme, chi mangia, chi vende. Mucche che girano libere e tranquille sulle rotaie, altre che cercano cibo nella spazzatura, chissà quante buste di plastica hanno in corpo, la gente si ferma al loro passare e ne hanno un senso di rispetto, un po’ difficile per noi da comprendere.

…la “festa” si avvicina. Saliamo su dei fuoristrada prenotati dall’Italia, ci sono costati parecchio, ma non c’era altro e ci siamo fatti portare al Marwar Camp. Qui rimaniamo per 3 notti. Il nostro campo tendato dista circa 3 km dal forte, la passeggiata si fa volentieri anche perché si percorre la riva del Gange o Ganga al femminile per gli indiani, il fiume più venerato dell’India e lungo il suo corso c’è vita. Fedeli, migliaia, migliaia e migliaia di fedeli che sono accampati: vanno ad immergere nel Gange perché partecipare ad un bagno rituale di un Maha Kumbha, sostengono gli indù, significa assicurarsi una vita futura libera da ogni attaccamento mondano. Lo scopo è quello di liberarsi dai condizionamenti dell’esistenza materiale e, attraverso il bagno, purificarsi. Nelle scritture vediche è detto che abitando per almeno tre giorni alla confluenza dei tre fiumi sacri (Triveni Sangam, il “triplice incontro” fra i fiumi) si conquista la salvezza, e bagnandosi nelle acque sacre, nei momenti propizi, si ottiene la liberazione dal ciclo di morti e rinascite, purificandosi. Centinaia di barbieri lavorano continuamente poiché è necessario radersi prima del bagno sacro. Molti bambini hanno la loro iniziazione al Kumbh e questo è considerato di grande auspicio. Molti muoiono al Kumbh. E se morire a Varanasi per un Indù rappresenta la massima aspirazione, morire al Kumbh dà al devoto la certezza di essere un bagyawan, un “benedetto”. Si vedono molte donne che si gettano tutte assieme, si immergono e riemergono in rapida sequenza creando delle situazioni bibliche drammatiche e spettacolari. Escono con il corpo intirizzito e la mente esultante. Sono assorte ed hanno gli occhi chiusi. Pregano e bevono l’acqua del Gange (la più inquinata del mondo) e si abbandonano all’abbraccio del fiume. Sorrisi rossi, è il betel che masticano in continuazione. C’è un Mahant (capo sadhu), su un palanchino viene portato verso la riva per farlo abbandonare anche lui all’abbraccio del Gange. I sadhu hanno i capelli arruffati , anche loro sono stati brahmini, il loro tempo terreno è suddiviso in quattro stadi: il primo periodo dedicato agli studi religiosi, il secondo alla famiglia, il terzo al ritiro, l’ultimo è destinato alla preparazione alla morte. I sadhu sono considerati già morti e per questo sono molto rispettati; quando muoiono veramente non vengono cremati, ma sepolti, perché il loro funerale è già virtualmente avvenuto. Questi asceti rinunciano ad ogni legame famigliare e sentimentale, come al possesso di qualsiasi cosa. Vivono in completa solitudine di elemosine e tutto il loro tempo è dedicato alla divinità che hanno scelto. Per raggiungere l’illuminazione più rapidamente, spesso si sottopongono a mortificazioni estreme, come non sedersi o sdraiarsi per anni, smettere di parlare o stare con un braccio sollevato fino all’atrofizzazione dell’arto. Esistono varie sette di sadhu, che si distinguono le une dalle altre dai vari segni sulla fronte, dai colori dei vestiti, dalla pettinatura e dagli ornamenti. Per esempio i sadhu seguaci di Vishnu sono pochissimo vestiti con semplici pezze di stoffa bianca ed hanno disegnato sulla fronte due linee verticali. Quelli che adorano Shiva indossano poche vesti di color ocra ed hanno disegnate sulla fronte tre linee orizzontali. Le donne non possono diventare sadhu. Molti pellegrini sulla riva raccolgono l’acqua benedetta del Gange in bottiglie coperte di fango, per renderle meno fragili per poi portarle a parenti ed amici malati. Centinaia di piccole fiammelle preparate su foglie di pipal (arti) si staccano lentamente dalla riva e vengono fatte fluttuare sull’acqua per aiutare gli spiriti ancestrali a trovare la loro strada, tra preghiere , canti e suoni assieme a tante coroncine di fiori, soprattutto arancioni. Dagli altoparlanti, ad un volume quasi fastidioso, si levano canti, invocazioni che si sentono per tutta l’area della riva del Gange. Lungo la riva hanno messo migliaia e migliaia di sacchi di sabbia per cercare di non far franare l’argine del fiume, degli uomini spargono paglia per mantenere pulito ed asciutto il suolo, lungo la stessa hanno costruito ponti galleggianti sul Gange e tutta la tendopoli è organizzata in settori, divisa da strade perpendicolari con acqua e bagni. Il pellegrinaggio indù del Kumbha Mela è considerato il raduno religioso più grande al mondo e uno dei più antichi. Si svolge ogni tre anni sulle rive dei fiumi sacri in quattro luoghi a rotazione (Allahabad, Nasik, Ujjain e Haridwar). L’evento principale è il bagno collettivo nel fiume, un rito di purificazione. Viene celebrato quando Giove è in acquario ed il Sole è in ariete. Quest’anno Allahabad ha ospitato, per la prima volta da 144 anni, il Maha (grande) Kumbha (vaso) Mela (pellegrinaggio). Si stima che, tra il 14 gennaio e il 10 marzo 2013, quasi cento milioni di persone abbiano partecipato all’evento, riunite in uno spazio enorme, un’area di 20 kmq, alla confluenza (sangam) del Gange, dove lo Yamuna e il mitico fiume sacro ed invisibile Sarasvati si incontrano. Le origini del raduno si perdono nella leggenda e nella mitologia Hindu. Dei e demoni si contendevano il dono più prezioso, l’urna sacra, Kumbh che racchiudeva l’amritha, nettare dell’immortalità. Il dio Jayanta si tramutò in corvo e riuscì a sottrarre l’urna e con quella fuggì, inseguito dai demoni. Durante la fuga si fermò 4 volte a riposare sulla terra. Ogni volta alcune gocce di amritha uscirono dal vaso bagnando il suolo. Da queste gocce nacquero le quattro città sacre. La fuga durò in tutto 12 giorni, ma poiché un giorno degli dei corrisponde a un anno degli uomini, il Kumbha Mela viene celebrato ogni 12 anni sullo stesso posto. Feste minori si tengono ogni 6 anni (Ardh Kumbha: “mezza urna”). Io ero partita per assistere al Paush Purnima Snam il 1° dei sette bagni sacri, ma non siamo riusciti a capire per quale motivo la processione dei Naga (sadhu, i più importanti, non indossano abiti e sono ricoperti di sola cenere di sterco di vacca), che si doveva tenere verso le 4 del mattino è stata annullata. …. Che grande delusione. Alzati all’1 di notte e percorso i 3km per arrivare al sangam, con tutti i vestiti addosso, faceva un freddo incredibile, per aspettare la processione e …. la processione non c’è stata. C’era lo stesso un “fiume umano” di fedeli, ondate di pellegrini andavano velocemente ad abbandonarsi al Gange nonostante la bassa temperatura. Un fiume magico di fedeli. In occasione di ogni Kumbha, coloro che aspirano a diventare naga vengono iniziati. L’aspirante può appartenere a qualsiasi casta o credo, ma deve aver vissuto nove anni nel primo grado di iniziazione come brachmachari (colui che ha rinunciato ai piaceri terreni), deve aver digiunato per ventiquattro ore e poi essersi immerso nel Gange durante il Kumbha. I rituali vengono eseguiti al riparo di tende. La cerimonia raggiunge il suo culmine quando il capo sadhu colpisce per tre volte con un bastone il fallo dell’iniziato per ucciderne i centri nervosi. Il 10 febbraio 2 pellegrini sono morti travolti dalla folla lungo la riva ed altri 36 morti ci sono stati alla stazione ferroviaria di Allahabad sempre per la ressa della gente. Quante emozioni ho provato a questo Kumbha Mela, …… difficile da spiegare, la festa è una gioia per gli occhi, un evento straordinario.

Sono le 8.30 e partiamo per Varanasi, conosciuta anche con i nomi di Kashi (città della luce) e chiamata anche Benares, si stende sulla riva occidentale del Gange ed è uno dei luoghi più sacri indù dell’India. Attraversiamo bei paesaggi rurali e lungo la strada ci fermiamo a Vindhachal per visitare il tempio, ci sono moltissimi fedeli e nessun turista. Verso le 12.30 riprendiamo il bus per giungere a Chunar da dove prenderemo la barca per arrivare a Varanasi. La barca è un po’ piccolina, ci stiamo appena noi con i nostri bagagli (siamo un gruppo di 16 persone). Il paesaggio è molto bello e rilassante, lungo il fiume ci sono diversi tipi di uccelli, pescatori lungo la riva ed in barca, ragazzini che si tuffano e soprattutto donne che fanno il bucato. Dopo un po’ ci fermiamo lungo la riva a visitare un villaggio ed a sgranchirci un po’ le gambe, è stato molto piacevole soprattutto per la loro curiosità verso di noi. Il sole sta per tramontare, …noi in questa barchetta che navighiamo sul Gange. … stiamo per arrivare a Varanasi, fa freschetto e c’è una leggera foschia, …. mi sembra di essere tornata indietro nel tempo, …. sembra essere dentro ad un film. Non potevamo arrivare in un momento migliore, sono le 18.15 e siamo davanti al Dasaswamedh Ghat, uno dei più importanti ed affollati ghat (rampe di scalini in cemento costruite in riva al fiume per facilitare il bagno, a Varanasi se ne contano circa 90). Tutte le sere verso quest’ora inizia la cerimonia serale. Dal ghat ci sono balli, musica ed in acqua decine e decine di imbarcazioni di tutte le misure di turisti e non che vanno a fare la loro puja (offerta, preghiera) ….che atmosfera incredibile ed indescrivibile. I pellegrini hindu vengono a bagnarsi nelle acque del fiume per purificarsi da tutti i peccati e inoltre questo è un luogo propizio in cui morire, poiché esalando qui l’ultimo respiro ci si sottrae al ciclo delle rinascite e si va direttamente in cielo. E’ una città magica. Centro della cultura e della civiltà da oltre 2000 anni vanta di essere una delle più antiche città al mondo tuttora abitate.

Questa mattina iniziamo a scoprire la parte nuova della città. Iniziamo da Benares Hindu University poi New Vishnawat temple , questo edificio è aperto a tutti senza distinzione di casta o di religione. Dunga Temple o comunemente noto come Monkey Temple ( tempio delle scimmie), e poi al Bharat Mata Temple. Questo tempio spoglio e dedicato alla “madre India” e presenta un rilievo in marmo con la mappa dell’India. Se c’è ancora qualcuno che come me spedisce tuttora le cartoline, questo è uno dei 2 posti di tutto il viaggio dove le ho trovate. Pomeriggio Sarnath, circa 10 km a nord-est di Varanasi. Sarnath è sacra ai buddisti quanto Varanasi agli indù. Questa città è il simbolo della nascita del Buddismo. Fu qui, infatti che il Buddha rivelò i principi chiave della sua dottrina: le quattro nobili verità, l’ottuplice sentiero e la via della liberazione del continuo ciclo di nascita e morti alle quali l’anima è sottoposta. Buddha incoraggiò i suoi seguaci ad evitare piacere ed austerità e fondò la prima comunità monastica. Visitiamo il museo che è tra i più importanti dell’India e le rovine dei monasteri e templi, qui ci rimaniamo fino al tramonto.

Stamane all’alba verso le 6.30 prendiamo la barca per farci un giro lungo il Gange per avere un contatto diretto con la vita che si svolge sulle sue rive: i fedeli hindu si immergono nelle acque della sacra Ganga e rivolti verso il sole nascente compiono le abluzioni rituali del mattino. Vedere questa città e la sua vita che c’è lungo il fiume da una barca è un ”rito” da non perdere. Finito il giro in barca, attraverso i vari ghat a piedi ed arrivo al Manikarnika Ghat, uno dei più sacri e antichi. Questo è il ghat principale usato per le cremazioni e per gli indù è uno dei posti più propizi per farsi cremare. I cadaveri vengono trasportati al Gange su barelle di bambù e avvolti in un sudario, spesso d’orato o argentato, ricoperti di fiori e prima di procedere alla cremazione vengono immersi nel fiume fino alle ginocchia e poi il corpo adagiato sulla pira con la testa a nord ed i piedi a sud. Nessuno piange e non ci sono donne. Parte della legna viene posta sopra al corpo, che viene cosparso di polvere di legno di sandalo. E’ il figlio maschio maggiore che conduce il rito, compie 5 giri attorno ad essa e poi l’accende a partire dai capelli, la testa ed il volto del defunto sono scoperti. Ci sono i dom , gli intoccabili, sono i guardiani del fuoco sacro, svolgono un fondamentale compito sociale e religioso: sono infatti una sorta di “agenti” del dio Shiva ed hanno il compito di sovrintendere al passaggio dal mondo dei vivi a quello dei morti. Quando la cremazione è terminata, si getta acqua per spegnere il fuoco ed il figlio raccoglie le ceneri nell’urna, che poi devono essere restituite al Gange. Una cremazione dura 4-5 ore. Tutto attorno a questo ghat una montagna di legna, la legna costa cara, soprattutto quella di sandalo che generalmente viene usata per persone importanti. Le pire funerarie bruciano notte e giorno su questo ghat delle cremazioni. Qui non si può fotografare, ma qualche scatto ”scappa”. Alle 14 partiamo per il giro della citta Vecchia, tra templi, negozi e viuzze molto strette, ci perdiamo ed arriva sera. …sempre più affascinante questa città. La sera andiamo a sentire in po’ di musica al Brown Bakery, poi io ritorno un hotel perché non sto molto bene ed invece gli altri vanno a cena al Dolphin rest, ma non sono rimasti contenti e l’hanno trovato pure caro.

Oggi, sempre di buon mattino vado a farmi un giro dove fanno le cremazioni dei poveri (con forno elettrico). Sotto “casa” ci sono già le donne che modellano le pizze di dang (sterco di vacca essiccato usato come combustibile). Lungo la riva c’è chi prega, chi si bagna, i dhobi ( lavandai), solo uomini che si ammazzano di fatica con le gambe immerse nelle acque melmose per lavare le lenzuola e tovaglie dei vari alberghi e poi li stendono ad asciugare sulle gradinate, … che meraviglia tutti questi colori. Proseguendo salgo ed entro nel mercato della frutta, anche qui tanti colori, sia per la merce esposta molto ordinata, sia per i sari, ….quanti sorrisi. Faccio qualche acquisto, qui si trovano anche i calzini per le ciabatte infradito che avevo visto ai piedi dal primo giorno indossate ai locali, ma non in vendita. …. quanto mi piace girare da sola, fermarmi per fare qualche foto o scambiare qualche parola o semplicemente un sorriso o un gesto. Varanasi non l’ho trovata per niente pericolosa. È’ già arrivata l’ora di salutare questa magnifica città, però non ve ne dovete andare se prima non siete andati a prendere un lassi al Blue Lassi, nella zona dell’ Alka Hotel (dove eravamo alloggiati noi) al Meer Ghat. Lassi è la tipica bevanda indiana a base di yogurt, ce ne sono di salati (con spezie) o dolci, che prevedono l’aggiunta di zucchero e frutta fresca. Sono buoni e belli da vedere. Che fascino questa Varanasi: la si può amare, la si può odiare, ma non restarle indifferente. Alle 15.50 abbiamo il treno per Vidisha, partiamo alle 16.30 arriviamo alle 9.15 con ben 2,30 di ritardo.

Una delle cose che non avevo fatto nei miei precedenti viaggi in India era di viaggiare in treno. Con questo viaggio di treni ne abbiamo presi addirittura 3 e tutti notturni. …. è un’esperienza senz’altro da fare, fa parte di un viaggio in India. Non sono i nostri treni, sono un po’ scomodi, nel vagone non ci sono porte, una tenda separa i vari scompartimenti. In treno non ci si annoia affatto, si sono bimbi che incuriositi ti squadrano fissi e timidi, qualcuno ti chiede da dove arrivi, altri che ti offrono cibo, loro mangiano in continuazione. Tantissimi profumi, tantissimi odori. Ci consegnano le lenzuola ed i cuscini per la notte. Proviamo a metterci a dormire; c’è qualcuno a cui da fastidio il ventilatore, ci sono i russatori e …. la notte è un po’ movimentata su questo treno. Però è un’esperienza da fare.

Qui prendiamo un altro pulmino che ci accompagnerà per qualche giorno fino ad Aurangabad. La prima tappa di oggi è Sanchi. Oggi è una bellissima giornata e pure calda. Stiamo andando verso il sud dell’India e la temperatura inizia a salire. Bellissima, una bella sorpresa questa Sanchi. Costruita dall’imperatore Ashoka nel III° sec. A.C., gli stupa che sono rimasti ora sono tre, originariamente erano di più, situata sopra una collina è uno dei siti buddisti meglio conservati e più estesi dell’India. Molti degli edifici sono stati racchiusi in una zona cintata in cima alla collina alta più di 90 m, … io sono rimasta affascinata da quello principale, ha dei meravigliosi portali d’accesso o “torana”, coperti di rilievi. Dal 1989 il sito è patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Ripartiamo, e dopo una cinquantina di km arriviamo a Bhopal . Bhopal, capitale del Madhya Pradesh, la città è circondata da colline e si allunga sulle rive di 2 laghi artificiali, l’Upper e il Lower Lake. La città vecchia, a nord dei 2 laghi, è un dedalo di viuzze, bazar affollati e moschee antiche. A sud si estende la parte nuova, con sobborghi alberati e zone industriali. Visitiamo lo State Museum, vicino al lower Lake, poi visitiamo la moschea di Modi Masjid che è arricchita da 2 minareti di colore rosso scuro. La moschea di Jama Masjid che si trova all’interno del bazar, poi la piccolissima Dhai Seedi Ki Masijd ed infine la strepitosa Taj-ul-Masjid, una delle più grandi moschee di tutta l’India, un enorme edificio rosato, sormontato da tre cupole bianche ed affiancata da 2 giganteschi minareti a 18 piani. Impressione generale che suscita questa moschea è più di maestosità che di bellezza. È venerdì e stanno facendo la preghiera, non ci fanno problemi, peccato che siamo al tramonto. Rientriamo, andiamo a cena al Zam Zam vicino al nostro albergo il Sonali Regency.

La prima visita di oggi la facciamo alla Union Carbide. All’Union Carbide la notte del 3 dicembre 1984, dai suoi impianti fuoriuscirono 40 tonnellate di metil-isocianato, un gas tossico utilizzato per la produzione di pesticidi e morirono più di 16.000 persone, cui va aggiunto l’ oltre mezzo milione di persone che ha riportato danni permanenti alla salute. Il cancello è aperto, entriamo, ma arriva immediatamente un guardiano con un militare armato, ci caccia immediatamente ed in malo modo. Usciamo ed andiamo a vedere di fronte la statua che hanno eretto in memoria e sul muro hanno disegnato dei murales, relativi al disastro ….toccante. Per fortuna riusciamo a ripassare alla moschea di Taj-ul-Masjid, la sera prima era stata un po’ troppo veloce per me la visita e non mi aveva soddisfatto. Entriamo nella moschea dove si stanno svolgendo gli esami, ci sono studenti di varie età, tutti belli allineati ed in silenzio. Ripartiamo per Ujjain e lungo la strada abbiamo il primo incontro molto veloce con la popolazione Rabari. C’era una carovana di cammelli con diverse donne super colorate ed eleganti, piene di bracciali bianchi, un uomo alto e fiero con dei gran bei baffoni scuri avvolto in un vestito bianco ed un turbante rosso. …. Ehh…. sembrava uscito da un sogno. ….dopo ve la descrivo un po’ meglio questa etnia, …perché l’incontro è durato di più. Procediamo e dopo un po’ di km incontriamo un matrimonio. ….ovviamente ci fermiamo e ci facciamo prendere anche noi dalla festa ed inseguiamo il corteo danzando con loro. Loro molto incuriositi della nostra presenza e noi contentissimi per questo incontro. Lo sposo è sopra un cavallo, dietro ad un furgoncino con sopra uno stereo con varie casse a tutto volume, in testa ha le nostre vecchie stelle filanti che andavano di moda qualche hanno fa per addobbare l’albero di Natale e ghirlande di fiori arancioni, sembra più sofferente che contento. Peccato, ma dobbiamo ripartire per il tempio di Mahakaleshwar. Dedicato a Shiva, il tempio è il più importante di Ujjain perché custodisce uno dei dodici jyoti lingam (lingam di luce) dell’India, lingam (simbolo fallico o simbolo di Shiva), createsi naturalmente che si ritiene siano dotati di correnti di potere. Arriviamo al tempio , depositiamo zaini, scarpe e macchine fotografiche e ci dirigiamo verso l’ingresso. C’è una lunghissima coda, stiamo decidendo il da farsi quando veniamo avvicinati da un addetto del tempio e ci dice che se noi paghiamo l’urgenza di 151 rupie, possiamo entrare subito. Detto, … e fatto. Entriamo, percorriamo vari corridoi, giungiamo al grande cortile con una vasca, si incontra una grande statua di Ganesh, giriamo i numerosi tempietti , scendiamo dove c’è lo jyoti lingam e dove i bramini benedicono e ricevono le offerte, lo abbiamo fatto anche noi e sempre in mezzo ad una gran folla di fedeli. All’uscita del tempio c’è il toro Nandi. Questo è d’argento: sussurrandogli i nostri sogni-desideri in un orecchio, e tappandoli l’altro, lui li porta a Shiva e li farà realizzare. … Noi ci mettiamo in fila per il toro Nandi. Il toro Nandi è entrato nel pantheon induista come divinità a se stante nella simbologia induista, il toro simboleggia sia la forza che l’ignoranza, e il fatto che Shiva lo utilizzi come proprio veicolo significa che la figura divina è alta a rimuovere l’ignoranza ed a concedere la forza ai propri discepoli. Le quattro zampe rappresentano la Verità, la Rettitudine, la Pace e l’Amore. Poi visitiamo il Temple Harsiddh, si riconosce perché all’ingresso ci sono due alte torri in pietra annerite, costruito durante il periodo maratha , racchiude una famosa immagine della dea Annapurna e poi scendiamo nei rilassanti Ram Ghat. Ripartiamo per Indore ed arriviamo che è già buio. Prenotiamo e ceniamo al Karlinga hotel. Dopo cena, usciamo a fare 2 passi e davanti al nostro hotel sentiamo della musica, incuriositi andiamo a vedere: è un matrimonio. Rimaniamo a festeggiare con loro tra balli e canti, ci invitano anche a mangiare e ci offrono da bere.

Oggi la nostra meta è Omkareshwar. Partiamo, il paesaggio è rilassante, arriviamo prima di pranzo, prendiamo possesso delle stanze ed affittiamo due barche per fare il giro dell’isola che si trova alla confluenza dei due fiumi il Narmada e Kaveri, ed arriviamo fino alla diga. Omkareshwar è una delle mete più incantevoli di tutta l’India, considerato un luogo sacro dagli induisti, l’isola vista dall’alto ha la forma del sacro simbolo Om. Lunga 2 km e larda uno, ha scogliere frastagliate a sud ed a est, è piena di templi, grotte e ghat. Saliamo il Shri Omkar Mandhata Temple, dedicato a Shiva, anche qui è custodito un altro dei famosi dodici jyothir lingam dell’India, saliamo anche la torre bianca, …. che bellissima vista da quassù. Ci sono altri templi induisti e giainisti, scendiamo e ci riposiamo (oggi fa un gran caldo), nello splendido palazzo del maharaja, che vive qui. Poi prendiamo il sentiero verso est, lungo la strada, ci fermiamo sotto una tettoia e ci facciamo un ottimo thè bollente allo zenzero, riprendiamo un po’ le forze per andare a visitare il Siddhnath Temple con bellissimi bassorilievi di elefanti ed un’ottima vista dall’alto. Scendiamo in paese, bighelloniamo ed incontriamo un altro matrimonio. Quanta gente, quanti regali, quanti gioielli e le donne con dei sari bellissimi. ….un’altro giorno di vacanza se n’è andato.

Partenza per Maheshwar, attraversiamo una zona arida, poi coltivazioni di frumento, orzo e papaia, lungo la strada moltissimi peperoncini messi ad essiccare, finalmente arriviamo in questo importante luogo di pellegrinaggio indù. Abbiamo qualche difficoltà a trovare la strada che ci porta al paese, ma poi lo troviamo. Arriviamo al forte, visitiamo il palazzo della regina Ahilyabai , il tempio di Shiva, scendiamo i ghat e da li poi prendiamo 2 barche e ci facciamo accompagnare ad un’isoletta e passeggiamo fino ad arrivare a delle cascate. Sono le 13, fa un gran caldo. Al ritorno vado a visitare la Rewa Societyn una fabbrica di tessuti, si possono anche vedere i tessitori al lavorano su telai a mano. Mentre sto sbirciando i vari tessuti, vedo una bella signora (già al mattino ci eravamo incrociate e scambiato sorrisi), ha una bellissima sciarpa-stola, tra tutte le pashmine che vende non ne vedo nessuna stile della sua, cerco di farmi spiegare a gesti (noi italiani su questo siamo dei grandi), lei mi fa capire che non ne ha di uguali e mi mette al collo la sua, …lasciandomi senza parole. Partiamo per Mandu. Lungo la strada anche oggi abbiamo avuto un altro bellissimo incontro: di nuovo i Rabari. Ci siamo accorti di questi strani tavoli dalle gambe lunghe e colorate ai lati della strada, poi bellissime donne e non potevamo non fermarci. Avevano allestito un campo vicino a un pozzo d’acqua e con delle giare di varie misure l’ andavano a raccogliere. I Rabari sono pastori nomadi dediti all’allevamento di cammelli; allevatori non per libere scelte individuali, ma per un preciso disegno divino. Uno dei tanti gruppi tribali che abitano i confini con l’India ed il Pakistan, vivono in piccoli villaggi nel deserto salato. Originariamente “nomadi” a pieno titolo, i Rabari conducono oggi un tipo di vita “seminomade”. Trascorrono nei villaggi i mesi estivi, nei quali si concentrano i grandi eventi rituali: in primo luogo i matrimoni. A fine ottobre, passata la festività del Diwali, giunge il momento di riprendere i sentieri della transumanza, quando arriva il primo monsone, tra maggio e giugno, tornano indietro tra Gujarat e il Rajastan. Le donne hanno dei splendidi costumi, indossano gonna camicetta e scialle a colori sgargianti e finemente decorati con specchietti e perline, indossano sempre tutti i loro gioielli. Enormi orecchini che dai lobi arrivano al naso, grossi cerchi bianchi di varie misure come bracciali, collane importanti ed alle caviglie grossi anelli d’argento. Hanno stupendi sguardi neri incorniciati da vari tatuaggi, un altro elemento di bellezza. Gli uomini sono alti, con fisici asciutti, grandi baffi neri, pantaloni e camicia pieghettata bianca, anche loro portano orecchini d’argento e turbante colorato. ….uomini di altri tempi. Ripartiamo dopo questo bellissimo incontro ed arriviamo a Mandu. La zona è piena di baobab, questa città abbandonata, arroccata su una cresta delle Vindhya Mountains, chiamata anche “Città della Gioia” si estende su un’area di circa 20 kmq ed è uno dei luoghi più romantici e pittoreschi dell’India. Notte al Malwa Resort. Oggi, iniziamo il giro dal Royal Enclave e visitiamo il Jahaz Mahal (Palazzo della nave) bellissimo e ben tenuto, si trova in mezzo a 2 laghi artificiali, poi Hindola Mahal (palazzo oscillante) molto simile ad una chiesa, una volta palazzo dei piaceri, vicino vi è il pozzo Champa Baoli. Al Village Group visitiamo la Jama Masjid, la grande moschea e la splendida tomba di Hoshang Shah, è la prima tomba in marmo dell’ India ed è costruita in proporzioni perfette, vi è sepolto il più potente sultano Malwa. Pomeriggio partiti per Rupmati’s Pavillon, la vista da quassù è notevole, da andare ovviamente al tramonto, ma lungo la strada prima di arrivare al forte, incrociamo un altro sito con caravanserraglio, diverse tombe e moschee, …. Ovviamente ci fermiamo.

Oggi tappa di trasferimento quasi 400 km per arrivare a Jalgaon. Lungo la strada ci fermiamo a prendere della frutta e qualche samosa, antipastino indiano fritto, spesso a forma triangolare di farina, farcito di verdure, carne e spezie locali e poi sosta al tempio Sikh di Burbanpur. E’ buio e finalmente arriviamo in hotel, il Royal Palace, dove abbiamo anche deciso di cenare perché distrutti e poi diritti a letto. Anche oggi ci aspettano un bel po’ di km. La prima tappa la facciamo alle grotte di Ajanta, scoperte all’inizio del secolo scorso da un gruppo di cacciatori inglesi, dichiarate patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Sono trenta magnifiche grotte incavate, scolpite nel fianco roccioso di una gola stretta del fiume Waghora ed occupano questa scarpata a forma di ferro di cavallo. Stupende. Verso le 14,30 partiamo per Ellora dove giungiamo alle 18.00 dormiamo al Kailas hotel e la cena la facciamo al Maharajà dall’altra parte della strada.

Questa mattina visitiamo le 34 grotte di Ellora, un capolavoro. Uno dei maggiori tesori d’arte dell’India. Sono scavate in una scarpata lunga 2 km. Le grotte si dividono in tre gruppi distinti: buddiste, giainiste e indù. Ci prendiamo una guida ed iniziamo da quelle giainiste (dalla 30 al 34), sono le più semplici, poi passiamo a quelle buddiste (dalla 1 alla 12), mi è piaciuta moltissimo la n° 10, e poi quelle indù (dal 13 al 29). La più bella delle grotte scavate nella roccia di Ellora è quella occupata dal magnifico Kailasanatha Temple (la n° 16), dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Questo enorme complesso, prende il nome dal monte Himalayano su cui risiede il Dio Shiva, misura 81 m per 47m, fu scavato in un’ enorme parete rocciosa, hanno iniziato dalla cima proseguendo verso il basso. …..Straordinario. E’ ora di partire e ci facciamo accompagnare alla stazione di Aurangabad , depositiamo i bagagli ed andiamo in cerca di un ristorante, il treno per Mumbai ce l’abbiamo alle 22. Ceniamo al Kailash e non è niente male.

Questo tratto in treno è stato più tranquillo delle altre 2 notti precedenti, meno russatori, ecc, ecc , solo un po’ freddo nello scompartimento. Arriviamo puntuali, ….peccato, sono solo le 5.45. Usciamo dalla stazione, la città è ancora addormentata, prendiamo dei taxi e ci facciamo portare al nostro albergo il Traveller’s Inn che si trova a due passi dalla Victoria Station. Depositiamo i bagagli, facciamo colazione e poi a piedi andiamo al Gateway dell’India, noi la nostra visita la iniziamo da qui, dal più famoso emblema della città. Fatto costruire per celebrare la visita dei reali inglesi in India. Per entrare ci sono dei controlli, zona di molti turisti e venditori. Mumbai (già Bombay), capitale del Maharashtra, è la città più dinamica, cosmopolita e affollata dell’India. Centro finanziario e maggior porto del Paese, Mumbai è anche la sede della più grande industria cinematografica mondiale, nota come Bollywood. Poi entriamo al Taj Mahal Hotel, caratteristico per la cupola rossa, fatto costruire nel 1903, ha splendidi archi e colonne in stile moresco, maestose scalinate e gallerie. Lui, l’hotel stupendo, raffinati arredi, spazi verdi, la piscina un’oasi di pace nella frenetica città. Ti senti catapultato indietro nel tempo. Splendida posizione sul mare di fronte al Gate Of India, usciti girato l’angolo a 100 mt bimbi pulciosi, che vivono per strada chiedendo rupie, rupie. Per chi vuole fare acquisti di classe, 15-20 minuti a piedi dalla Gateway c’è un negozio bellissimo soprattutto per donne, il Gioielli Popli and Son: tantissimi orecchini, anelli, collane e bracciali bellissimi, tutti pezzi unici. Il proprietario parla italiano e ti offre anche dell’ottimo caffè e cioccolatini. Alle 13.30 partiamo per un giro della città. Tra le varie proposte che ci hanno fatto quelli dell’albergo, noi abbiamo optato per questa. Iniziamo dall’ Università e Corte di Giustizia, poi passiamo al lungomare Marine Drive e il Jain Temple, piccolo tempio Jainista molto colorato, la fortuna ha voluto che ci fosse una cerimonia con canti di donne, molto interessante, poi andiamo al Gandhi Bhavan, collocato in una palazzina d’epoca è un piccolo museo che racconta la sua vita e la sua lotta, per me una visita da non mancare se si va a Mumbai. Tappa al Dhobi Ghat, è la lavanderia pubblica a cielo aperto più grande al mondo. Ci sono 700 piattaforme di lavaggio, ci lavorano soprattutto uomini, che vivono nelle capanne intorno alle lavanderie, assieme alle loro famiglie, lavoro che si tramanda di generazione in generazione. Qui vengono lavati abiti, panni di alberghi, ospedali e industrie provenienti da ogni parte della città, i panni rimangono appesi fino all’essicazione. Vista dall’alto per i fotografi è un bell’insieme, ma se pensi che ci sono uomini con la gambe immerse nell’acqua e soda fino ai polpacci tutto il giorno, … che lavoro disumano! Saliamo sul nostro pulmino ed attraversiamo tutto la città per andare nello slum più grande di Mumbai, terzo al mondo dopo Islamabad e città del Messico, dove hanno girato The Millionaire. Siamo accompagnati da 2 guide, anche perché è pericoloso entrarci da soli e ci si può perdere. Ci spiegano il trattamento delle plastiche, delle pelli, c’è un odore nauseabondo, lavorano in condizione disumane per poche rupie al giorno. Fuori c’è una giornata di sole stupendo ma dentro è buio e non entra un filo di luce, sembra notte, qualcuno di noi non ce la fa e vede l’ora di uscire. Torniamo, ormai c’è poca luce, io assieme a qualche altro compagno di viaggio ci facciamo lasciare alla Victoria Station. Nel 2004 è stata dichiarata patrimonio dell’ umanità dall’Unesco. Il più imponente esempio di architettura gotico-vittoriana in India, è ornata in modo stravagante con cupole, guglie ed archi, spesso viene scambiata per un famoso palazzo o per una cattedrale. E’ bellissima. Ogni giorno transitano più di mille treni. Mi è piaciuta moltissimo la sala delle prenotazioni con il tetto in legno, bellissime vetrate e ceramiche colorate e grate di ferro e poi uscendo c’è uno stupendo pavone intarsiato.

Il mio viaggio purtroppo finisce qui, con un bagaglio di immagini ed emozioni sempre più ricco, ora mi attende un intenso lavoro di “metabolizzazione”… e così il mio viaggio continua!

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sadhu al Kumbha Mela

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Dhobi Ghat, la lavanderia a Mumbai

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campo Rabari

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lo sposo

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uomo Rabari

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mercato a Varanasi

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lavandai e cremazioni sul Gange a Varanasi

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incontri lungo il Gange per Varanasi

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sadhu Naga al Kumbha Mela

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il sito di Sanci

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Victoria Station a Mumbai

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la protagonista

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si scaldano prima di immergersi nel Gange

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sari stesi in riva al Gange ad Allahabad

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sadhu in riva al Gange ad Allahabad

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fine della cena al Kumbha Mela

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sadhu in fila per la cena al Kumbha Mela

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sadhu ricevono la cena in riva al Gange

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sadhu mette la paglia sulla spiaggia di Allahabad

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...tutti lo fotografano, il Taj Mahal

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scene di vita quotidiana a Omkaresh

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grotte di Ajanta, la n° 19



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